In Memory of John Stewart Cameron

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Il 30 luglio 2023 ci ha lasciato John Stewart Cameron. Nefrologo di fama mondiale, socio onorario della SIN, è stato un grande amico della nefrologia italiana. La sua popolarità in Italia è dovuta alle sue grandi doti di maestro di una specialità medica che lui stesso ha contribuito a far nascere e sviluppare.

Nato nel 1934 in Scozia, Cameron studiò medicina presso la Guy’s Hospital Medical School. Dopo la laurea, il suo primo interesse scientifico fu rivolto al diabete [1]. Grazie a una sovvenzione della Fullbright Foundation si recò alla Cornell University di New York per lavorare con Ernest Lovell Becker, allievo di Homer Smith. In tale sede, oltre ad apprendere la tecnica della biopsia renale e dell’emodialisi si dedicò allo studio della proteinuria approfondendo in particolare l’aspetto della sua selettività nelle glomerulopatie, fatto che lo portò alla identificazione del cosiddetto “indice di Cameron”, che lo fece conoscere alla comunità nefrologica internazionale [2]. Nel 1965 istituì al Guy’s Hospital una Renal Unit autonoma, completa di servizio dialitico, tra le primissime al mondo, attirandovi validi collaboratori. Da allora i suoi interessi scientifici si allargarono dapprima al campo delle glomerulopatie ed alla loro terapia e successivamente al trapianto renale, al metabolismo purinico e alla urolitiasi. La fama derivante dai suoi contributi scientifici e la grande capacità di comunicatore lo resero un popolare conferenziere e visiting professor in tutto il mondo, in particolare in Italia dove fu anche relatore al VI congresso della International Society of Nephrology a Firenze, nel 1975 [3]. La sua fama attrasse alla sua Renal Unit un grande numero di giovani ricercatori e clinici. Per fare un esempio, nel solo biennio 1975-1976 tra laboratorio e corsia giunsero da diversi Paesi sei borsisti a lungo termine e otto visiting fellows a breve termine, tra i quali due italiani. Tale fenomeno continuò nei venti anni successivi e questo spiega l’importanza del ruolo formativo svolto a livello mondiale dalla Renal Unit diretta da Cameron. Ma non solo, essa accoglieva regolarmente conferenzieri di grande prestigio internazionale, diventando così una fucina di cultura nefrologica prestigiosa e unica. Gli oltre 600 tra articoli scientifici e monografie pubblicati da Cameron ne sono la dimostrazione. In campo formativo tra i tanti testi spicca l’Oxford Textbook of Clinical Nephrology del 1998.

A questi risultati scientifici si aggiunsero numerosi ed importanti riconoscimenti in qualità di Presidente della European Dialysis and Transplant Association/European Renal Association (1984-1987); del Tenth International Congress of Nephrology (1987); della UK Renal Association (1992-1995); della International Society of Nephrology (1993-1995). Nel 1998 fu insignito della onorificenza di Commander of the Order of the British Empire (CBE). Nel 2003 gli fu conferito il Jean Hamburger Award della International Society of Nephrology e, nel 2004, il David M. Hume Award della  National Kidney Foundation.

Nel 1996, all’età di 62 anni, per motivi di salute Cameron anticipò il suo ritiro dall’ospedale. In quella occasione i suoi colleghi organizzarono una festa in suo onore che si tenne il 18 ottobre dello stesso anno [4]. Vi parteciparono oltre 200 ospiti invitati da tutto il mondo, a dimostrazione del suo ruolo nello sviluppo della nefrologia internazionale.

Come professore emerito Cameron rimase attivo per molti anni come divulgatore scientifico e come storico della nefrologia [5]. Mantenne anche viva l’amicizia con i suoi ex collaboratori di tutto il mondo mediante una corrispondenza periodica che si è protratta nel corso degli anni.

Per spiegare il successo e la popolarità di Stewart Cameron non basta citare la mole e la qualità delle sue pubblicazioni e i numerosi riconoscimenti ma vanno ricordate anche la sua cultura enciclopedica (non limitata alla medicina), la ricchezza dell’eloquio e la schiettezza nei rapporti umani. Gli studenti lo amavano per la precisione con cui affrontava gli argomenti complessi rendendoli comprensibili. I colleghi lo apprezzavano per la franchezza con cui dimostrava il dissenso motivandolo con argomenti scientifici allo stesso modo con cui lui stesso apprezzava la discussione ben argomentata. Nemico delle banalità e della sciatteria nei resoconti scientifici, raramente si usciva da un incontro con Cameron senza qualcosa di nuovo.

Infine, non va dimenticato l’amore per l’Italia sempre dimostrato da Cameron. I tanti nefrologi italiani che per periodi più o meno lunghi hanno frequentato la sua Renal Unit sono sempre stati accolti con grande spirito di amicizia e sono sempre tornati “a casa” con un prezioso bagaglio di conoscenze. Regolare fu la sua partecipazione ad eventi scientifici in Italia ma ancora più frequenti sono stati i suoi viaggi e vacanze in luoghi spesso sconosciuti a noi italiani.

Nel momento dell’addio a Stewart Cameron vogliamo qui riconoscere il grande contributo che ha dato alla crescita della nefrologia mondiale e italiana.

John Stewart Cameron (secondo da destra) assieme a Hans Gurland (primo da destra), Vittorio Andreucci e Luigi Migone (terzo e quarto da destra) durante una riunione a Parma nel 1972 per l’organizzazione del congresso dell’EDTA tenutosi a Firenze
John Stewart Cameron (secondo da destra) assieme a Hans Gurland (primo da destra), Vittorio Andreucci e Luigi Migone (terzo e quarto da destra) durante una riunione a Parma nel 1972 per l’organizzazione del congresso dell’EDTA tenutosi a Firenze nello stesso anno (da: Fogazzi GB, Schena FP. Persone e Fatti della Nefrologia Italina (1957-2007). Milano, Wichtig 2007: 189).

 

Bibliografia

  1. Cameron JS, Rees JR. The effect of small doses of insulin and glucagon on the human liver. Clin Sci 1964; 27: 67-76.
  2. Cameron JS, White RHR. Selectivity of proteinuria in children with the nephrotic syndrome. Lancet 1965; 1: 463–468. https://doi.org/1016/s0140-6736(65)91593-x.
  3. Cameron JS. Influence of treatment upon the natural history of glomerulonephritis. Proceedings of the Sixth International Congress of Nephrology, Florence 1975. Basel, Karger, 1975: 492-499.
  4. Pattison J, Sacks S. Festschrift for Professor Stewart Cameron. Nephrol Dial Transplant 1997; 12: Page 1296. https://doi.org/10.1093/ndt/12.6.1296.
  5. Cameron JS. A History of the Treatment of Renal Failure by Dialysis. Oxford, Oxford University Press, 2002.

In memoria di Giuseppe Curatola

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Recentemente è venuto a mancare Giuseppe (Peppino) Curatola, un nefrologo di valore e il fondatore dell’uso dell’ecografia in Italia.

Peppino ha speso tutta la sua vita professionale alla nefrologia di Reggio Calabria. Nei primi anni ‘80, il direttore della nefrologia del tempo, il Prof. Quirino Maggiore, fece in modo che l’unità operativa fosse dotata di un ecografo. Gli ecografi degli anni ‘80 erano strumenti ingombranti e di resa limitata. Le immagini rese sulla scala dei grigi erano ancora poco definite e richiedevano uno sguardo integrativo e penetrante per essere interpretate. Peppino si appassionò all’ecografia e accumulò una grande esperienza. Utilizzò lo strumento con grande intelligenza applicandolo alla distinzione delle malattie urologiche nell’ insufficienza renale, ottenendo una buona discriminazione tra queste condizioni. Il suo lavoro “The value of ultrasound as a screening procedure for urological disorders in renal failure” pubblicato su Journal of Urology nel 1983, rimane un classico della diagnostica ecografica.

Egli utilizzò lo strumento anche per studi funzionali investigando la variazione del volume renale in risposta alla furosemide e applicando la tecnica allo studio dell’ipertensione reno-vascolare e pubblicò il lavoro su Nephron, la rivista nefrologica leader del tempo, nel 1982. Fu uno dei fondatori del gruppo di studio di ecografia della SIN che coordinò negli anni della fondazione. Peppino si impegnò a diffondere l’ecografia tra i nefrologi e gli internisti e tantissimi frequentarono il suo laboratorio per apprendere la tecnica.

Peppino era un cattolico che viveva la religione come elemento guida per far bene e distribuire il bene nella vita quotidiana. Condividevo con Lui un’amicizia profonda e ininterrotta anche quando, dopo esser andato in quiescenza, si trasferì a Firenze. Con Lui e altri due amici-colleghi di lunghissima data, Carla Ciccarelli, Sergio Sisca, e Francesco Pizzarelli, condividevo una conversazione quotidiana intensa su tutti i temi, da quelli personali a quelli generali. Peppino era per me una fonte di stimolo per meditare sui gradi temi che hanno influenzato il mio pensiero. Uno su tutti, il lungo saggio del teologo Mancuso, “Io e Dio” che mi donò una decina di anni fa alimentando discussioni articolate e incisive sul credo religioso. Peppino era una bella persona e un’anima ricca e generosa. Mancherà ad Adriana, Maria Irma, Vincenzo ed Eugenio, e a tutti quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerlo.

Lettera a Francesco. In memoria di Francesco Quarello (16/08/1944 – 7/10/2020)

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Stäfa (Zurigo), 04.11.2020

Caro Francesco,
abbiamo percorso un meraviglioso tratto del nostro viaggio assieme!
Erano anni frizzanti quelli, i primi anni ‘70, quando iniziasti la tua attività come medico volontario presso la Nefrologia dell’Ospedale S. Giovanni – Molinette di Torino (novembre 1971), inserendoti in un piccolo gruppo di giovani entusiasti che avrebbero poi dedicato la vita a questa nuova disciplina. 

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In memory of Giovanni Civati (14/11/1939-12/7/2020)

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Per chi ha iniziato il lavoro di nefrologo all’ospedale Niguarda negli anni Settanta è facile ricordare Giovanni Civati come un “maestro” che possedeva il raro talento di coniugare la passione per la professione medica con una grande umanità nel rapporto con i pazienti, che lo ricambiavano con una fiducia in lui veramente speciale.

Civati ha fatto parte della prima generazione dei collaboratori del Professor Minetti, che aveva seguito dalla Medicina Interna dell’ospedale di Sesto S. Giovanni al Niguarda per l’apertura del reparto di Nefrologia, diventandone il primo aiuto e succedendogli poi come Primario nel novembre 1994.

 

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In memory of Professor Cambi

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Il Professor Vincenzo Cambi è stato un clinico di grande spessore scientifico, un innovatore nel campo dell’emodialisi e una pietra miliare nella storia della nefrologia italiana ed internazionale.

Nato a Varese, in Lombardia, nel 1937, si era laureato in Medicina all’Università di Parma. Nel 1969 iniziò a frequentare come Senior Fellow la divisione di malattie renali dell’Università di Washington a Seattle (USA), diretta dal Professor B.H. Scribner e centro all’avanguardia della terapia dialitica a livello mondiale. Se a Seattle la dialisi era diventata una terapia applicabile anche ai pazienti con insufficienza renale cronica, e non solo agli acuti, questo era merito del prof. Scribner che aveva inventato un accesso vascolare riutilizzabile, lo shunt artero-venoso. A Seattle il professor Cambi si inserì nel gruppo di giovani medici, futuri grandi della nefrologia come H. Tenckoff, J.W. Eschbach, G.Stricker, attratti dal carisma del professor Scribner e dalla sua capacità di geniale sperimentatore e affascinante didatta. Ma la dote del professor Scribner che più aveva colpito il professor Cambi era la sua sensibilità umana, che si traduceva nell’ansia di salvare con la dialisi pazienti altrimenti destinati al decesso. Con la stessa determinazione e con l’entusiamo dell’innovatore rientrò in Italia e lavorò come Assistente e poi, dal 1972, Professore Associato nel dipartimento di Medicina e Nefrologia dell’Università di Parma, diretto dal Prof. Migone, grande maestro e caposcuola della nefrologia italiana.

 

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In ricordo di Giuseppe (Peppe) Enia

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È venuto a mancare il 28 dicembre scorso Giuseppe (Peppe) Enia. La mia amicizia con Lui risale ai primi anni ’70 quando, assieme a Silvio Maringhini suo amico di studi negli anni dell’Università a Palermo, fece un giro delle nefrologie Italiane per cercare opportunità di formazione ed esperienza professionale. Entrambi decisero di fermarsi per qualche tempo a Reggio Calabria nel reparto allora diretto dal prof. Quirino Maggiore. Peppe si fece subito apprezzare per la sua perspicacia e la sua applicazione che erano un tutt’uno con la sua gentilezza e disponibilità. In quegli anni conobbe la sua amata consorte Silvana, una valente archeologa, e questo contribuì a radicarlo a Reggio Calabria.

Peppe amava l’attività clinica e la sua dedizione era proverbiale. Il suo rapporto con i pazienti era ricco ed empatico. I casi complessi lo intrigavano e i pazienti in cui le sofferenze della malattia si accompagnavano a problemi sociali lo addoloravano. 

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In ricordo di Umberto Buoncristiani

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È venuto a mancare l’11 maggio Umberto Buoncristiani, punto di riferimento della nefrologia e primo responsabile della unità di nefrologia dialisi e trapianto di Perugia.

Un male incurabile, veloce e subdolo ha portato via Umberto Buoncristiani alla sua famiglia e all’effetto dei sui cari.

Buoncristaini è stato un nefrologo di fama mondiale che ha creato la nefrologia in Umbria partendo prima come assistente del Prof Gigli, poi diventando primario del Servizio di Dialisi di Perugia.

Da allora ha fatto crescere il centro dapprima facendolo assurgere a Struttura complessa di nefrologia e Dialisi con letti propri e poi ha permesso, incentivato e creato il programma di trapianto renale in Umbria che ha consentito a centinaia di pazienti umbri, e non solo, di abbandonare la macchina per una vita migliore e di alto profilo.

Ha introdotto, per primo in Umbria e tra i primi in Italia, la tecnica dialitica che ha consentito la vita a migliaia di persone, ha migliorato la terapia domiciliare con innovazioni tali da essere considerato uno dei più importanti nefrologi internazionali esperti di dialisi permettendo l’applicazione di sistemi e modalità che ancora oggi tutto il mondo usa, facilitando la qualità della vita a tutti i dializzati.

Ha contribuito in prima persona all’affermazione della Scuola di Specializzazione di Perugia, cosi tanto apprezzata che molti dei giovani nefrologi formati a Perugia hanno trovato collocazione in prestigiosi centri nefrologici nazionali ed internazionali fuori dai confini umbri.

I nefrologi lo ricordano per la creazione della “Y” in dialisi peritoneale, rilanciando tale metodica e facendola diventare uno standard, per le prime sperimentazioni della dialisi senza acetato, per la dialisi domiciliare e quotidiana che, a distanza di anni, sono state oggetto di pubblicazioni nelle riviste internazionali più prestigiose.

Le sue geniali intuizioni sono ancora attuali e non passa mai tanto tempo che qualcuno non citi il suo lavoro. Le sue intuizioni e suoi risultati sono tuttora alla base delle nuove sperimentazioni ed apparecchiature di dialisi domiciliare quotidiana.

Ma non sarebbe giusto non parlare di altri aspetti del suo lavoro che lo hanno reso simpatico e conosciuto nel mondo nefrologico sia medico che infermieristico. Sua, con il collega Di Paolo, è stata l’idea del corso di aggiornamento in Tecniche Nefrologiche e Dialitiche che distribuiva come atti dei convegni libri diventati miti e si svolgeva ad anni alterni a Perugia e Siena. Sono rimaste leggendarie le partecipazioni di centinaia degli infermieri da tutta Italia, primo esempio di coinvolgimento e partecipazione attiva alla cura nefrologica di tutto lo staff sanitario, così come sono rimasti mitici i momenti conviviali che accompagnavano questi eventi e che lo hanno sempre visto a fianco della adorata moglie Renata.

Al convegno e ai libri si affiancò presto la rivista di Tecniche Nefrologiche e Dialitiche ora diretta da Marco Lombardi che ha saputo conservare e preservare un patrimonio di conoscenza ed innovazione importante e innovativo per il periodo in cui si svolgeva.

Come tutte le persone eccellenti ha dovuto lottare perché la vita gli ha riservato momenti non certo piacevoli colpendolo nei suoi affetti più intimi con la perdita della figlia Cristina. Ha superato con forza e dignità questi momenti ed ha continuato nella sua missione per il bene comune.

È stato vicino alla moglie Renata e vicino a Lei ha passato le ultime ore testimoniandole ancora una volta il suo affetto e il profondo legame.

In sintesi ha creato la nefrologia umbra con riconoscimenti nazionali ed internazionali di alto livello, non solo testimoniati dall’alto numero di pubblicazioni su riviste scientifiche al top del grading mondiale (alcuni dei suoi lavori sono entrati nel gruppo alla base delle linee guida americane ed italiane sulla dialisi) ma anche per i premi internazionali assegnati alla carriera, premi, riconoscimenti ed apprezzamenti che evidentemente non gli hanno permesso di evitare le amarezze, la delusione e la tristezza dell’ultima parte della carriera quando, massimo esperto di dialisi, si è visto smembrare il reparto da lui diretto e togliere la responsabilità della sezione di dialisi.

La sua perdita amareggia pazienti, colleghi, nefrologi italiani ma soprattutto chi, come noi, nati professionalmente con lui e grazie a lui come nefrologi. Abbiamo iniziato giovanissimi e tra tante baruffe, incoraggiamenti e delusioni ci ha permesso di conoscere la nefrologia spronandoci a fare sempre meglio e sicuramente dobbiamo ai suoi insegnamenti, alle sue invenzioni e alla sua collaborazione la nostra carriera scientifica e di prestigio nazionale.

Lo ricordiamo con affetto e riconosciamo in lui colui che ha creato e spinto sempre verso il passo successivo ogni iniziativa, non accontentandosi mai dell’ottenuto ma cercando sempre il nuovo e il migliore. Qualche volta ci è riuscito, altre volte no e altre solo in parte; ma ha sempre e comunque voluto costruire riuscendo a fare della sua struttura un punto di riferimento scientifico internazionale tra i più importanti nel panorama nefrologico.

Esprimiamo, a nome mio personale, della SIN e credo a nome di tanti colleghi che lo hanno conosciuto ed apprezzato, le condoglianze alla sua adorata Renata e ai figli ricordandolo con affetto.