Steroid-Dependent Nephrotic Syndrome Due to Minimal Change Glomerulonephritis Treated with Rituximab

Abstract

47-year-old woman suffering from minimal lesion glomerulonephritis previously undergone high-dose steroid therapy and subjected to exacerbations of nephrotic syndrome after therapy discontinuation. It was decided to initiate off-label treatment with Rituximab at a dosage of 375 mg/m2 administred at zero-time, one-month and three months with good therapeutic response and resolution of the clinical laboratory picture. The therapy was well tolerated and had no side effects. This scheme could be an alternative to the conventional therapeutic scheme with steroids or other classes of immunosuppressive drugs, especially in order to avoid problems related to prolonged exposure to steroid therapy.

Keywords: minimal change glomerulonephritis, Rituximab, steroid-dependent nephrotic syndrome

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Introduzione

La glomerulonefrite a lesioni minime (Minimal Change Disease ‒ MCD) rappresenta circa il 15% delle sindromi nefrosiche dell’adulto. Sebbene l’esatta eziologia della MCD rimanga sconosciuta, nella patogenesi sembra giocare un ruolo importante l’attivazione del sistema immunitario. La MCD è generalmente considerata autolimitante con decorso benigno e con un rischio estremamente basso di progressione verso un end-stage renal disease. Tuttavia negli adulti le manifestazioni cliniche sono più severe. Nuovi approcci sono stati adottati nel tentativo di limitare la sindrome nefrosica negli adulti con MCD. La terapia deve essere in grado di indurre una rapida remissione, evitare recidive e limitare gli effetti avversi [1].

Ci sono pochi trial clinici volti a valutare la terapia in questa condizione negli adulti. Il gold standard per il trattamento rimane tutt’oggi la terapia corticosteroidea [2]. Tuttavia solo il 30% degli adulti va incontro a remissione in 8 settimane, che rappresenta il tempo medio di remissione nei casi pediatrici. Negli adulti che hanno risposta alla terapia il 25% va incontro a relapse e il 30% diventa steroide-dipendente [3].  Inoltre il prolungato uso di steroide provoca numerosi effetti collaterali.

L’approccio terapeutico nella MCD non responsiva alla terapia steroidea si avvale di altri farmaci immunosoppressivi quali inibitori delle calcineurine, ciclofosfamide, micofenolato. 

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IgA nephropathy and granulomatosis with polyangiitis-overlap: a rare coexistence of two glomerular nephropathies with remission after steroids and rituximab

Abstract

Granulomatosis with polyangiitis (GPA) is an ANCA-positive systemic vasculitis that mainly involves lungs and kidneys. This condition rarely overlaps with other glomerulonephritides. A 42-year-old man with constitutional symptoms and haemophtoe was admitted to the Infectious Diseases department, where he was subjected to fibrobronchoscopy with BAL (broncho-alveolar lavage) and lung transbronchial biopsy that showed histological signs of vasculitis. The association with severe acute kidney injury with urine sediment alterations (microscopic haematuria and proteinuria) led the consultant nephrologist to a diagnosis of GPA. Thus the patient was transferred to the Nephrology department. During the hospitalization, the worsening of the clinical course and the development of alveolitis, respiratory failure, purpura, and rapidly progressive kidney failure (nephritic syndrome – serum creatinine 3 mg/dl) required the start of steroid therapy, according to EUVAS. The presence of florid crescents in 3 out of 6 glomeruli in the renal biopsy and the IgA positive immunofluorescence allowed to make a diagnosis of overlap of GPA and IgA nephropathy. Rituximab (RTX 375 mg/m² per week for 4 weeks) and plasma exchange (7 sessions) were added to steroid therapy. During follow-up, partial functional recovery was achieved after 4 months, whereas total regression, i.e. the absence of protein and red blood cells in urine sediment, was reached during the 4-years follow-up. The main therapy during the first 2 years of follow-up was RTX, followed by mycophenolate mofetil for the remaining 2 years.

Keywords: granulomatosis with polyangiitis, ANCA-associated vasculitis, IgA nephropathy and granulomatosis with polyangiitis-overlap, rituximab

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Introduzione

La nefropatia a depositi mesangiali da IgA (IgAN) e la glomerulonefrite ANCA-associata sono nefropatie che solo raramente si presentano in concomitanza. A causa dell’esiguità dei dati attualmente disponibili in letteratura, la patogenesi, il trattamento e la prognosi di queste due malattie, presenti simultaneamente, non sono ad oggi ben definiti. La prevalenza di tale overlap è compresa tra lo 0,2% ed il 2% [14]. L’IgAN è la più comune glomerulopatia primitiva [5] con una prevalenza, calcolata sulla base della diagnosi istologica su biopsie renali, compresa tra il 3% ed il 16% [6, 7]. È interessante segnalare che uno studio autoptico su reni normali ha evidenziato come circa il 4,8% dei glomeruli sottoposti ad analisi istologica presentava depositi mesangiali ad IgA in assenza di storia di nefropatia nota [8]. Istologicamente la nefropatia ad IgA è caratterizzata da depositi mesangiali di IgA a cui possono essere associate IgG o IgM [911]. La glomerulonefrite ANCA-associata è caratterizzata da proliferazione extracapillare pauci-immune [12, 13]. A seguire riportiamo un caso di overlap di entrambe le forme istologiche con una successiva revisione dei dati disponibili in letteratura, confrontando i differenti quadri clinici, gli approcci terapeutici e le prognosi.

 

Caso clinico     

M.M. è un paziente caucasico di 42 anni con anamnesi positiva per pregresso tabagismo ed asma bronchiale allergica. Si segnala circa 5 anni prima episodio non meglio documentato di “nefrite” dopo assunzione di FANS. Si rilevava negli anni costante microematuria, mai indagata. Nel maggio 2017 il paziente riferiva comparsa di sintomi costituzionali con astenia, mialgie, artralgie diffuse migranti, rigidità e impotenza funzionale delle grandi articolazioni. In occasione di una valutazione reumatologica veniva posto il sospetto di artrite reumatoide e si iniziava terapia steroidea con parziale beneficio. Nel luglio 2017 dopo episodio di emoftoe si effettuava radiografia del torace che documentava: “disomogeneo addensamento del lobo inferiore destro con broncogramma aereo sfumato e disomogeneo addensamento a carico del lobo inferiore sinistro” per cui il paziente eseguiva terapia antibiotica (ceftriaxone e claritromicina).

Per il persistere di artralgie, forte astenia ed emoftoe, in data 27/07/2017 il paziente si recava in Pronto Soccorso e veniva ricoverato presso il Reparto di Malattie Infettive in isolamento respiratorio nel sospetto di malattia tubercolare, successivamente esclusa (esame diretto e colturale per BK su espettorato negativi; negativa la ricerca di PCR per M. tuberculosis; negativo il Quantiferon). Gli esami ematochimici documentavano: anemia (Hb 8,5 g/dl – Htc 27 % – MCV 88 fL), leucocitosi neutrofila (GB 12.360/µl – N: 85%), PTL 420.000/µl, creatininemia 1,2 mg/dl, azotemia 90 mg/dl, incremento indici di flogosi (PCR 20 mg/dl), ma procalcitonina (PCT) negativa. L’esame urine presentava sedimento attivo (microematuria con emazie dismorfiche). La sierologia per HBV/HCV/HIV era negativa, la antigenemia urinaria per pneumococco/legionella negativa, emocolture negative (su tre campioni), markers per miceti (β-D-glucano e galattomannano) negativi, CMV-DNA negativo. Gli esami di autoimmunità evidenziavano positività c-ANCA/anti-PR3 ad alto titolo (IF +++; anti-PR3: 315 U/ml – vn<5), anti-GBM negativi; ANA, ENA, C3, C4, FR e crioglobulinemia e dosaggio IgG, IgA, IgM nella norma. In data 08/08/2017 veniva sottoposto a HRCT del torace e a fibrobroncoscopia con lavaggio bronco-alveolare (BAL) e biopsie trans-bronchiali multiple. La HRCT mostrava segni di interstiziopatia con aspetto a “ground-glass” (Fig. 1-A), il BAL risultava suggestivo per emorragia polmonare, la biopsia polmonare mostrava reperti compatibili con quadro di vasculite ed alveolite emorragica (Fig. 1-B).

 TC del torace con rilievo di interessamento polmonare con impegno interstiziale
Figura 1: Immagine TC del torace con rilievo di interessamento polmonare con impegno interstiziale con aspetto a vetro smerigliato (A); biopsia polmonare compatibile con quadro di vasculite ed alveolite emorragica (B).

Per progressivo deterioramento della funzione renale (creatininemia da 1,2 mg/dl a 3,0 mg/dl) con sindrome nefritica e poi proteinuria nefrosica (5 g/die), si eseguiva consulenza nefrologica con trasferimento in Nefrologia, dove il paziente eseguiva biopsia renale. L’esame istologico dimostrava: presenza di semilune floride in 3/6 glomeruli (Fig. 2B-C). L’immunofluorescenza risultava positiva con IgA 3+ diffusi con IgG 2+, C3 +1 a livello del mesangio e delle anse capillari (Fig. 2A).

Quadro di glomerulonefrite compatibile con vasculite microscopica con pattern di danno prevalentemente
Figura 2: Quadro di glomerulonefrite compatibile con vasculite microscopica con pattern di danno prevalentemente a semilune (3/6 glomeruli) sovrapposta a nefropatia a depositi mesangiali di IgA. In particolare si evidenzia: immunofluorescenza positiva per IgA (A); immagini di microscopia ottica (colorazione PAS) con evidenza di due glomeruli con proliferazione extracapillare (B e C) ed interstizio renale (D).

In considerazione dell’anamnesi (microematuria persistente), nonché dei test immunologici che rilevavano positività dei c-ANCA/anti-PR3 ad alto titolo e della presenza di elementi clinici ed istologici patognomonici per vasculite, veniva posta la diagnosi di sindrome pneumo-renale da granulomatosi associata a poliangite (GPA) sovrapposta a nefropatia a depositi mesangiali di IgA.

Durante la degenza in Nefrologia, le condizioni cliniche si aggravavano ulteriormente. In particolare peggiorava il quadro clinico respiratorio: persisteva tosse con emoftoe, peggiorava la dispnea per sforzi lievi, compariva insufficienza respiratoria con necessità di O2 terapia con Ventimask (all’emogasanalisi arteriosa: PaO2/FIO2=283). Una nuova HRCT confermava l’interessamento dell’interstizio polmonare con estese opacità alveolari. Comparivano anche porpora cutanea, ipertensione arteriosa e macroematuria. Un’ecocardiogramma transesofageo escludeva la presenza di endocardite. Il videat otorinolaringoiatrico e la TC del massiccio facciale non mettevano in evidenza segni macroscopici di coinvolgimento da vasculite delle vie aree superiori. La ricerca su tampone nasale di colonizzazione da Staphylococcus Aureus era negativa. Nei giorni tra il 19 e il 21 agosto 2017 si somministravano boli di metilprednisolone 1000 mg, seguiti da terapia orale (prednisone 1 mg/kg/die). Si iniziava plasmaferesi (7 cicli totali in circa 10 giorni). Si eseguiva terapia di induzione con Rituximab (RTX -375 mg/m² alla settimana per quattro settimane, pari a 900 mg per dose). Dopo l’inizio della terapia si è assistito a rapido e progressivo miglioramento del quadro clinico con graduale remissione dei sintomi sistemici.

Una successiva HRCT del torace di controllo effettuata a una settimana di distanza confermava l’iniziale risoluzione degli addensamenti parenchimali. Il paziente veniva dimesso con valori di creatinina pari a 3,2 mg/dl, sedimento attivo, dimezzamento di oltre il 50% della proteinuria (<2 grammi/die) e risoluzione della macroematuria. In regime di DH la terapia di induzione della remissione richiedeva la III e la IV somministrazione di RTX [14]. Il paziente veniva sottoposto a stretto monitoraggio clinico-laboratoristico presso l’ambulatorio di immunopatologia renale. Si continuava terapia steroidea con tapering del prednisone a 5 mg a 6 mesi. Al quarto mese dalla terapia di induzione si è assistito ad un recupero completo della funzione renale (creatininemia 1 mg/dl, eGFR pari a 92 ml/min/1.73 m2 sec. CKD-EPI) con risoluzione della microematuria e valori di proteinuria di circa 0,5 g/die in corso di terapia con ACE-inibitore e sartano a bassi dosaggi. La terapia di mantenimento con RTX è stata portata avanti per due anni (500 mg ogni 6 mesi) [15]. Successivamente è stata iniziata terapia con micofenolato mofetile (500 mg due volte al giorno).

A 4 anni dall’inizio della terapia di induzione il paziente è in ottime condizioni cliniche, gli esami ematochimici mostrano normofunzione renale, il sedimento urinario è negativo, la proteinuria è assente. Gli ANCA risultano negativi, i CD 20 sono ancora soppressi. A causa dei bassi valori di pressione arteriosa il paziente al momento assume sartano a basso dosaggio (Losartan 12,5 mg/die).

 

Revisione della letteratura

In letteratura sono stati riportati poco più di 30 case report e 7 case series di pazienti con positività per glomerulonefrite ANCA-positiva e malattia a depositi mesangiali di IgA. Di seguito riportiamo una rapida revisione della letteratura dal 1992 ad oggi relativa principalmente alle metanalisi disponibili sull’argomento trattato. Si segnala una prevalenza del sesso femminile, un’età media di insorgenza avanzata (oltre la quinta decade d’età), una prevalenza del pattern p-ANCA/MPO-ANCA. Le terapie di induzione sono state imperniate principalmente sull’utilizzo di steroide e ciclofosfamide, non risulta nei paper analizzati l’impiego di rituximab.

O’Donoghue et al. [16] nel 1992 hanno valutato la presenza di ANCA in 100 pazienti con IgAN e 30 bambini con porpora di Henoch Schonlein (HSP). Due pazienti con IgA hanno presentato titoli elevati di pANCA mentre nessun bambino con HSP era ANCA-positivo. Questi due pazienti non hanno mostrato rapido declino della funzione renale o sintomi sistemici correlati a vasculite. Altri 20 pazienti con IgAN e 10 bambini con HSP sono stati valutati longitudinalmente e prospetticamente per la comparsa di ANCA; tuttavia nessuno ha sviluppato autoanticorpi dopo un periodo di 2 anni di osservazione. Gli autori concludevano che gli ANCA non sono coinvolti nella vasculite presente nella HSP o nella patogenesi del danno glomerulare presente nella nefropatia ad IgA.

Allmaras et al. [17] nel 1997 hanno valutato 3 pazienti affetti da IgAN con un quadro di insufficienza renale rapidamente progressiva e titoli elevati di p-ANCA.  Due pazienti su 3 sono diventati dipendenti dalla dialisi nonostante l’immunosoppressione ottenuta con metilprednisolone e ciclofosfamide. La funzione renale è successivamente migliorata in entrambi i pazienti fino ad interrompere completamente il trattamento sostitutivo. Alla luce dell’efficacia del trattamento immunosoppressivo, lo stesso è stato continuato secondo lo standard di cura delle vasculiti ANCA-associate. Gli autori concludevano che una immunosoppressione precoce sia stata di beneficio in questa categoria di pazienti, che può rappresentare un nuovo subset di IgAN.

Haas et al. [18] nel 2000 hanno valutato una coorte di 6 pazienti con glomerulonefrite ANCA ed IgAN. Dei sei pazienti affetti da IgAN, 4 presentavano anticorpi anti-PR3, un paziente aveva anticorpi anti-MPO ed un paziente aveva entrambe le forme. I glomeruli presentavano minore iper-cellularità endocapillare e mesangiale rispetto a pazienti con IgAN senza ANCA. Per 5 pazienti vi è stato un follow-up: 3 di loro hanno recuperato la funzione renale dopo trattamento con ciclofosfamide e steroide. Gli altri due hanno avuto necessità di dialisi in fase acuta ed anche successivamente.

Bantis et al. [19] nel 2009 hanno valutato una coorte di 8 pazienti affetti da IgAN con positività ANCA.

Sono stati analizzati retrospettivamente 393 pazienti con IgAN, 8 dei quali hanno presentato ANCA-positività (5 MPO e 3 PR3). Nella stessa coorte sono stati individuati, inoltre, 26 pazienti con semilune in più del 10% dei glomeruli disponibili e sono stati usati come controllo negativo. Degli 8 pazienti tutti hanno presentato GN rapidamente progressiva; 3 macro-ematuria e tutti tranne uno dei sintomi sistemici; sei hanno presentato coinvolgimento polmonare; nessuno ha presentato porpora; tutti avevano sedimento attivo; 3 hanno presentato sindrome nefrosica; 7 ipertensione. Al confronto con il gruppo di controllo i pazienti ANCA-positivi erano più anziani e presentavano più frequentemente segni sistemici; tendevano ad avere una maggiore alterazione della funzione renale alla diagnosi, livelli di Hb più bassi, più elevati valori di proteinuria e macroematuria; in generale, quindi, si presentavano con un quadro clinico più grave e, tutti, con GN rapidamente progressiva.

Istologicamente nel gruppo ANCA la percentuale media di semilune era del 54,3 +/-18%. Circa 1/5 erano semilune fibrose. Era presente solo lieve iper-cellularità mesangiale; iper-cellularità endo-capillare solo in 4. Era presente atrofia tubulare lieve-moderata accompagnata da diversi gradi di fibrosi interstiziale. All’immunoistochimica tutti e 8 i campioni presentavano IgA nel mesangio. Alla microscopia elettronica oltre a depositi elettrondensi nella matrice mesangiale era presente una diffusa e focale perdita di processi podocitari. Non erano presenti depositi sub-endoteliali o sub-epiteliali. I pazienti ANCA presentavano un più grave quadro istologico: una maggiore percentuale di semilune. L’iper-cellularità mesangiale era marcatamente aumentata nei pazienti ANCA negativi rispetto agli ANCA-positivi.

Per quanto riguarda la risposta al trattamento tutti i pazienti con ANCA hanno ricevuto terapia immunosoppressiva di induzione con corticosteroide e ciclofosfamide secondo gli standard; come mantenimento ciclofosfamide (n=2), azatioprina (n=4), MMF (n=22). Nessun paziente ha avuto necessità di dialisi. La funzione renale è migliorata in tutti i pazienti dopo 6 mesi di terapia e si è mantenuta stabile nel follow-up; si è assistito anche ad un miglioramento della proteinuria media e dei valori di emoglobina. In 4 pazienti è stata effettuata una biopsia renale di controllo dopo trattamento: non erano presenti necrosi, sinechie o semilune; la sclerosi glomerulare e l‘IFTA erano, però, in peggioramento. All’IF le IgA erano ancora presenti. Dei 26 pazienti ANCA negativi 12 hanno ricevuto terapia immunosoppressiva (ciclofosfamide e steroide n=5; solo steroide n=5; MMF n=2); il resto dei pazienti è stato trattato con ACEi e/o fish-oil. A differenza dei pazienti ANCA-positivi non è stato osservato, a 6 mesi dal trattamento, un significativo miglioramento della funzione renale. Nel follow-up a lungo termine dei pazienti ANCA negativi si è osservato, anzi, un ulteriore peggioramento della funzione. Gli autori attribuiscono, come spiegazione a questo scenario, una terapia immunosoppressiva più aggressiva istituita per i pazienti con IgAN ANCA-positivi.

Yang et al. [20] nel 2015 hanno valutato 20 pazienti affetti contemporaneamente da IgAN e glomerulonefrite ANCA-associata. Sono stati selezionati retrospettivamente 3543 pazienti con IgAN. 20 di questi pazienti hanno presentato positività ANCA. Sono stati creati 3 gruppi: pazienti con IgAN e vasculite ANCA; pazienti con solo IgAN; pazienti con solo vasculite ANCA.

Il peggioramento della funzione renale è risultato maggiore tra i pazienti con positività ANCA ed IgAN o solo affetti da vasculite ANCA rispetto ai pazienti con sola IgAN.

I sintomi sistemici erano più frequenti nei pazienti con positività ANCA ed IgAN e in pazienti con vasculite ANCA rispetto ai pazienti con IgAN. Vi erano inoltre livelli comparabili di Hb (livelli più bassi) e VES/PCR (valori più alti) nei pazienti con ANCA-IgAN e vasculite rispetto ai pazienti con IgAN. Istologicamente non sono state osservate differenze statistiche nella composizione delle semilune tra i tre gruppi, se non per la presenza di necrosi fibrinoide che era minore nei pazienti con IgAN. Dopo terapia immunosoppressiva, il 75% dei pazienti ANCA IgAN ha interrotto il trattamento dialitico, mentre non vi sono stati sospensioni tra i pazienti con solo IgAN. Non vi è stata differenza statistica nella percentuale di ESRD tra i tre gruppi a 6 mesi dalla biopsia o al termine del follow-up.

Gli autori suggeriscono che lo screening per ANCA debba essere preso in considerazione in alcuni pazienti IgAN soprattutto se anziani con manifestazioni severe, sintomi sistemici o necrosi fibrinoide alla biopsia.

Xin Huang et al [21] nel 2015 hanno valutato 14 pazienti affetti da IgAN e con ANCA-positività (12 MPO-ANCA; 2 PR3-ANCA) [7]. Di questi, 3 presentavano severe manifestazioni cliniche con semilune alla biopsia renale in più del 50% dei glomeruli esaminati, proteinuria nefrosica, ematuria ed insufficienza renale. Gli altri 11 pazienti non presentavano semilune, avevano una proteinuria variabile, ematuria e più bassi valori di creatinina. Fra i tre pazienti con semilune trattati con steroide e ciclofosfamide, uno è diventato dipendente dalla dialisi al momento della biopsia ed è rimasto in dialisi anche dopo la terapia; il secondo paziente è deceduto per problematiche cardiologiche e l’ultimo ha mostrato miglioramento della funzione renale dopo la terapia e non ha sviluppato ESRD 26 mesi dopo la biopsia. 7 pazienti senza semilune sono stati trattati con steroide, ciclofosfamide, ACEi e medicine tradizionali cinesi; 6 hanno mostrato una stabilizzazione della malattia renale o un miglioramento della stessa; solo uno è progredito verso ESRD.

Lijiao Xie et al [22] nel 2018 hanno valutato un totale di 2390 pazienti affetti da IgA. 35 presentavano anche positività ANCA e sono stati inoltre arruolati 40 pazienti non ANCA-positivi. I pazienti ANCA-positivi sono stati successivamente divisi in due gruppi, con o senza sintomi sistemici di vasculite. Dei 35 pazienti ANCA-positivi, 14 (40%) presentavano sintomi sistemici. Pazienti ANCA-positivi con sintomi sistemici presentavano una più breve durata di malattia, peggiore funzione renale, livelli più bassi di albumina ed emoglobina, una più alta incidenza di insufficienza renale rapidamente progressiva e moderata-severa atrofia tubulare. I pazienti ANCA-positivi con sintomi, inoltre, avevano una peggiore sopravvivenza renale rispetto sia agli ANCA-positivi senza sintomi che agli ANCA negativi.

 

Discussione

La coesistenza di vasculiti sistemiche ANCA-associate (AAV) e IgA Nephropathy con evidenza istologica di crescents e depositi di IgA mesangiali in IF e ME, con sierologia positiva per autoanticorpi ANCA MPO/PR3, è un’entità clinico-istologica overlapping ancora da definire.

Vengono pertanto esaminate separatamente le peculiarità cliniche, istologiche, patogenetiche e terapeutiche delle due entità nosologiche.

Manifestazioni cliniche ed immunopatologiche

La AAV sono malattie sistemiche che coinvolgono i vasi di piccolo calibro (capillari, arteriole, venule) ed includono tre entità cliniche, la granulomatosi con poliangite (GPA), la poliangite microscopica (MPA) e la granulomatosi eosinofila con poliangite (EGPA). Si tratta di malattie rare con un’incidenza di 1,2-2 casi su 100.000. La lesione Istologica caratterizzante è la capillarite necrotizzante in organi target differenti nelle tre forme. La nefropatia AAV-relata è una glomerulonefrite necrotizzante associata con proliferazione extracapillare, pauci-immune [23]. GPA e EGPA presentano inoltre caratteristici granulomi infiammatori, ricchi di eosinofili nell’EGPA. Le caratteristiche cliniche comuni sono importanti sintomi costituzionali spesso all’esordio, seguiti da sindrome nefritica e insufficienza renale a rapida progressione, fino all’ESRD.

Le AAV sono la causa più frequente di sindrome pneumo-renale. La sindrome pneumo-renale entra in diagnosi differenziale con altre malattie di interesse nefrologico come la malattia di Goodpasture, la crioglobulinemia mista essenziale, il LES, la sindrome da anticorpi antifosfolipidi, la vasculite da IgA (in passato nota come malattia di Schoenlein Henoch) e la IgAN con andamento sistemico [24]. La grande variabilità ed il carattere sistemico del quadro spiega la difficoltà della diagnosi.

La IgAN è la nefropatia primitiva più diffusa nei paesi occidentali con incidenza di 2,5 casi/100.000. Depositi mesangiali di IgA sono presenti tra il 3% ed il 16% in biopsie renali dei soggetti sani [25]. La Tabella 1 sintetizza i principali quadri clinici associati alla IgAN. Scenari clinici aggiuntivi da considerare in diagnosi differenziale sono la vasculite da IgA (o Porpora di Schonlein-Henoch) [26] e la IgAN con sindrome pneumo-renale [27, 28].

QUADRI CLINICI
  • MICROEMATURIA
    può essere associata a proteinuria lieve moderata
  • MACROEMATURIA
    spesso accompagnata ad infezione delle alte vie aeree
  • SINDROME NEFRITICA
    con insufficienza renale rapidamente progressiva con crescents
  • SINDROME NEFROSICA
    con caratteristiche simili alla glomerulonefrite a lesioni minime
  • INSUFFICIENZA RENALE ACUTA
    può essere associata a macroematuria
Tabella 1: Manifestazioni cliniche in corso di IgA Nephropathy.

Patogenesi

I meccanismi patogenetici alla base delle vasculiti ANCA-associate e della IgAN sono differenti.

Nelle vasculiti ANCA-associate gli antigeni PR3 e MPO, normalmente presenti nei granuli primari dei neutrofili, sono causativi di malattia. Un trigger infettivo o ambientale o altro può determinare l’attivazione dei neutrofili, attivando l’esposizione di PR3 e MPO sulla superficie cellulare. La formazione ed il successivo legame degli autoanticorpi ANCA a questi autoantigeni scatena l’attivazione dei neutrofili, che aderiscono all’endotelio vascolare. La successiva degranulazione dei neutrofili porta al rilascio di specie reattive dell’ossigeno (ROS), proteasi e NETs (neutrophil extracellular traps) con danneggiamento dell’endotelio. Segue il reclutamento delle cellule T e dei monociti che amplificano il danno tissutale [29].

La patogenesi della IgA Nephropathy segue un modello multiple-hit. Alcuni dati suggeriscono che la fonte di IgA1 glicosilate patogene possano essere le plasmacellule (produttrici di IgA1) situate nel tessuto linfoide associato alle mucose. Le plasmacellule attivate subiscono un cambio di classe tramite meccanismi sia T-cell dipendenti che indipendenti. I fattori BAFF (B-cell activating factor) e APRIL (a proliferation-inducing ligand) sono fondamentali per l’induzione delle cellule B indipendente dalle cellule T, con lo switch a plasmacellule che producono IgA1. I pazienti con IgAN hanno livelli aumentati della sottoclasse IgA1 prevalentemente in forma polimerica, che mostra una glicosilazione aberrante. Ne consegue la formazione di anticorpi IgG diretti contro le IgA. Il legame IgG-IgA comporta la formazione di immunocomplessi “nefritogeni” che si depositano nel mesangio, possono attivare il complemento ed innescare la glomerulonefrite [25].

Risposta alla terapia

Il network di esperti dell’EUVAS (European Vasculitis Study Group) ha avuto un ruolo di primo piano in importanti trials terapeutici, che consentono oggi di disporre di raccomandazioni e linee-guida sia nella terapia di induzione che del mantenimento della remissione delle vasculiti ANCA-associate.

Gli steroidi ad alte dosi endovena seguiti da steroide per os e boli di ciclofosfamide sono alla base della induzione della remissione nelle AAV e nella IgAN con proliferazione extra-capillare ed insufficienza renale rapidamente progressiva. Ancora meno chiaro sembra l’utilizzo di RTX nei casi di IgAN, a differenza di quanto oggi accada per le AAV, in cui RTX ha dimostrato pari efficacia della ciclofosfamide [30, 31].

Overlap tra IgAN e AAV

L’alta incidenza della nefropatia IgAN potrebbe suggerire che la co-esistenza di vasculite AAV e IgAN, sulla base delle differenze cliniche e patogenetiche, possa essere casuale.

D’altra parte, alcuni studi hanno indicato come la presenza di depositi di IgA nei campioni bioptici potrebbe rappresentare lo stadio iniziale di una GN pauci-immune ANCA-associata [20]. IC contenenti IgA potrebbero scatenare l’infiammazione con conseguente danno glomerulare tipico delle AAV. Comunque, Bantis et al hanno osservato che i depositi ad IgA erano ancora presenti nei campioni tissutali anche 6 mesi dopo la terapia, come un possibile trigger essenziale nella formazione di ANCA, mediata da citochine (TNF, IL-8) e molecole di adesione) e attivazione policlonale di cellule B con formazione di ANCA.

Tuttavia, queste ipotesi e questi dati, se pur molto affascinanti in quanto forniscono un’ipotetica associazione causativa tra le due entità prese in esame, si scontrano con i dati forniti dalla maggior parte dei case series (se pur limitati) che abbiamo analizzato. In letteratura su entrambe le nefriti è stato ipotizzato il possibile ruolo patogenetico dello Staphylococcus Aureus nasale, come fattore di attivazione del processo patogenetico e possibilità di recidiva di malattia.

Dall’analisi della letteratura, i casi di overlap ANCA/MPO sono stati descritti come pattern più frequente. A nostra conoscenza tutti i pazienti sono stati sottoposti a terapia di induzione con steroide e ciclofosfamide. La maggior parte dei paper analizzati concorda nell’affermare che i pazienti con IgAN e AAV abbiano alcune caratteristiche peculiari rispetto ai pazienti affetti da IgAN: età maggiore alla diagnosi, più gravi manifestazioni sistemiche, compreso il polmone, un più rapido e severo peggioramento della funzione renale con frequente necessità di terapia dialitica, anemia più severa, indici di flogosi più elevati.

Queste caratteristiche cliniche assimilano i pazienti con AAV a quelli con IgAN.

Nel nostro case report, le caratteristiche peculiari del paziente sono la giovane età e la positività ANCA/PR3. In fase acuta la vasculite ha manifestato un decorso clinico aggressivo con manifestazioni sia renali che extrarenali (sindrome pneumo-renale, porpora, artralgie). Il nostro case report rappresenta un caso sottoposto a terapia di induzione e di mantenimento con RTX, con ottimale risposta clinica sia in fase acuta (non ESRD, non ventilazione assistita di secondo livello), sia in fase di follow-up. A 4 anni dalla diagnosi segnaliamo normofunzione renale, assenza di sintomi costituzionali e di manifestazioni extrarenali di vasculite. Inoltre l’uso di steroide (schema EUVAS con decalage a 6 mesi) e RTX (sia in fase di induzione che di mantenimento) ha determinato una remissione completa, con normalizzazione del sedimento urinario. Inoltre, in corso di follow-up si segnala assenza di complicanze infettive e costante negatività per la ricerca dello stafilococco aureo al tampone nasale. All’ultimo controllo clinico, la terapia si basa su micofenolato mofetile a dosaggio di mantenimento (500 mg due volte al giorno) e sartano (losartan 12,5 mg/die).

 

Conclusioni

Il legame tra la vasculite ANCA-positiva e la IgA nephropathy ad oggi appare ancora poco chiaro per differenti aspetti. Nel nostro case report la diagnosi clinica di IgAN (microematuria persistente) ha preceduto quella istologica di overlap (GPA e IgAN). Abbiamo assistito ad un’ottima risposta clinico-bioumorale alla terapia di induzione con steroide e RTX, pertanto incoraggiamo questo approccio. A quattro anni dalla diagnosi il paziente non mostra segni di attività di entrambe le malattie. A nostro parere la risposta clinica ottimale con remissione completa e stabile potrebbe essere legata anche allo schema terapeutico di induzione della remissione e allo schema di mantenimento con RTX, in quanto la AAV del nostro caso è classificabile come GPA, più responsiva al RTX rispetto alle altre AAV non granulomatose.

 

Ringraziamenti

Si esprime un sentito ringraziamento alla Dott.ssa Gina Gregorini (UO Nefrologia, ASST Spedali Civili di

Brescia) che ha contribuito a revisionare l’articolo.

 

Bibliografia

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Anti-Glomerular Basement Membrane Disease: new insights on an old disease

Abstract

Anti-glomerular basement membrane disease is a rare small-vessel immune-complex vasculitis (incidence <1/1.000000/year), characterized by the presence of serum antibodies directed against glomerular and pulmonary basement membrane antigens. It is characterized by rapidly progressive crescentic glomerulonephritis, active urinary sediment, subnephrotic proteinuria and oligo-anuria, often coupled to alveolar haemorrage. The main renal lesion on histology specimen is the presence of crescents, often associated to fibrinoid necrosis and linear pattern anti-glomerular basement membrane antibodies positivity on direct immunofluorescence. Lung involvement can be determined clinically, radiologically or by bronchoscopy, by isolation of macrophagic hemosiderin deposits. In order to rapidly remove the pathogenetic autoantibody, plasmapheresis is the mainstay of treatment, associated with cyclophosphamide and steroids, both to control the inflammation and reduce antibody production. A deep knowledge of the pathogenetic mechanisms involved in the anti-GBM disease is mandatory to reach a more and more appropriate diagnostic-therapeutic approach: on one hand, new triggers of the disease (SARS-COV2 infection) and new pathogenetic autoantigens (laminin-521, peroxidasin) have been identified; on the other hand, new therapeutic approaches to lower antibody clearance emerged. The monoclonal anti-CD20 antibody Rituximab can be reasonably used in refractory disease with persistence of antibody anti-GBM, or where standard therapy is not suitable. IdeS (Immunoglobulin G degrading enzyme of Streptococcus pyogenes), which cleaves pathogenetic IgG in a specific site, could be used in place of apheresis, if associated with immunosuppressive therapy. New studies are necessary to better understand pathogenesis, etiology, and treatment options. Key words: Anti-GBM, vasculitis, laminin-521, COVID-19, RItuximab, IdeS

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Introduzione

La malattia da anticorpi anti-membrana basale glomerulare (AA-MBG) è una rara vasculite dei piccoli vasi causata da immuno-complessi (come classificata nel Revised International Chapel Hill Consensus Conference Nomenclature of Vasculitides del 2012) [1]. Questa interessa i capillari glomerulari e/o quelli polmonari ed è caratterizzata dalla presenza di anticorpi sierici diretti contro gli antigeni della membrana basale. Clinicamente si presenta con emorragia alveolare e glomerulonefrite crescentica rapidamente progressiva. La malattia di Goodpasture fu descritta per la prima volta da Stanton e Tange nel 1958 [2] in onore di Ernest Goodpasture, che nel 1919 l’aveva identificata per la prima volta, scambiandola per un caso atipico di influenza [3]. Fino al 1964 la malattia ha avuto una diagnosi prettamente clinica; in seguito, con l’avvento delle tecniche di immunofluorescenza, Scherr, Grossman, Wilson e Dickson hanno descritto rispettivamente la deposizione lineare delle IgG a livello delle MBG e la glomerulonefrite (GN) da AA-MBG in toto [4, 5]. L’eponimo “Malattia di Goodpasture” è rimasto di uso comune per identificare interessamento renale e polmonare di pazienti in cui si era dimostrata la presenza di AA-MBG. Tuttavia, come emerge dalla letteratura, l’assenza degli anticorpi specifici non esclude la presenza della forma atipica della malattia, caratterizzata da antigeni (es. laminina-521 (LM521), perossidasina), epitopi o sottoclassi IgG atipici, quindi non rilevati dai kit di laboratorio attualmente disponibili in commercio [6, 7].

 

Epidemiologia

L’AA-MBG è una malattia rara, con un’incidenza inferiore ad 1/1.000000/anno nelle popolazioni europee: rappresenta l’1-2% di tutte le glomerulonefriti ed il 10-15% di tutte le glomerulonefriti crescentiche rapidamente progressive. La distribuzione per età è di tipo bimodale (terza e sesta decade) con picco di incidenza nella terza decade e lieve prevalenza maschile [8]. La presentazione renale e polmonare concomita prevalentemente nella terza decade mentre negli anziani è più comune l’interessamento renale isolato [8-12].

Nel 21-47% dei pazienti è possibile riscontrare positività per anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili (ANCA) con prevalenza per gli anti-mieloperossidasi (MPO) [6, 9, 13-19].

Alcuni fattori ambientali quali fumo di sigaretta ed inalazione di idrocarburi possono contribuire allo sviluppo di sintomatologia polmonare: l’infiammazione locale indotta dall’inalazione delle tossine altera la permeabilità capillare e la struttura quaternaria della membrana basale alveolare, esponendo antigeni sequestrati agli autoanticorpi [8, 20-24].

 

Eziologia e patogenesi

L’AA-MBG è dovuta ad una reazione autoimmune ai danni di componenti della membrana basale polmonare e glomerulare. Nella sua forma più comune, la risposta autoimmunitaria è data dalla produzione di anticorpi specifici diretti contro l’“antigene Goodpasture”, ovvero gli epitopi EA ed EB del dominio non-collagenosico (NC1) della catena α3 del collagene IV, che è normalmente sequestrato all’interno della struttura quaternaria (nel siero dei pazienti possono essere presenti anticorpi con titolo inferiore diretti contro altre catene del collagene, forse prodotti secondariamente alla risposta primaria contro la catena α3) [6, 8, 25-27].

Nei pazienti con doppia positività AA-MBG e ANCA la presenza degli ANCA induce infiammazione a livello glomerulare e quindi predispone l’esposizione degli epitopi del collagene, stimolando la produzione di anticorpi specifici [8, 28].

Negli ultimi anni, tuttavia, nuovi studi hanno dimostrato che pazienti con positività per AA-MBG possono presentare anche anticorpi anti-perossidasina (una perossidasi extracellulare che contribuisce alla creazione dei cross-link sulfiliminici che stabilizzano gli NC1 opposti nella molecola del collagene) o anti-laminina-521 (LM 521, un componente della membrana basale matura) [6, 29].

Come capita per molte malattie autoimmuni, per la Malattia di Goodpasture sono stati identificati fattori genetici predisponenti, come il fattore HLA di tipo II DRB*1501: l’esposizione a fattori scatenanti (fumo di sigaretta, inalazione di idrocarburi, litotrissia, vasculite ANCA-associata (VAA), infezione da SARS-COV2) può più facilmente indurre in questi pazienti modifiche conformazionali della struttura della membrana basale, con conseguente slatentizzazione della malattia [6, 8, 30-32]. Inoltre, parallelamente alla risposta umorale, anche le cellule T hanno un ruolo diretto nella patogenesi (come dimostrato dalla presenza di infiltrato infiammatorio mononucleare nei reperti bioptici), forse per una autoreattività determinata da multipli fattori (non sono stati ad oggi identificati epitopi patogeni delle cellule T nell’uomo), che favorisce lo sviluppo dell’autoimmunità per alterazione della membrana basale e conseguente esposizione degli epitopi chiave [8, 33-40].

 

Presentazione clinica e diagnosi

Malattia da AA-MBG tipica

Nella maggioranza dei casi (80-90%), la malattia si presenta con una glomerulonefrite crescentica rapidamente progressiva, caratterizzata da sedimento urinario attivo, proteinuria subnefrosica e oligo-anuria, accompagnata da emorragia alveolare nel 40-60% dei casi. Nel 10% dei casi la presentazione è atipica, con titolo anticorpale anti-MBG variabile, prevalenza di coinvolgimento polmonare più o meno grave, e minimo o nessun interessamento renale.

La presenza di emorragia alveolare può essere determinata clinicamente, radiologicamente o tramite broncoscopia, con riscontro al lavaggio bronco-alveolare di depositi macrofagici di emosiderina.

La diagnosi di malattia da AA-MBG è posta sulla base della presenza di AA-MBG sierici (prevalentemente IgG1 e IgG3); in caso di coinvolgimento renale, il gold-standard è la biopsia renale, caratterizzata da positività all’immunofluorescenza diretta per AA-MBG con pattern lineare. Alla microscopia ottica, la lesione cardine è costituita da semilune floride, spesso associate a necrosi fibrinoide, presenti nel 95% dei pazienti nel 90-100% dei glomeruli. La microscopia elettronica invece ha scarsa utilità, se non per determinare la presenza di eventuali concomitanti glomerulopatie [7, 8].

Varianti della Malattia da AA-MBG

Nel 10% dei casi, la malattia da AA-MBG ha una presentazione clinico-laboratoristica atipica. La letteratura ne è ricca: vi sono casi di positività ad AA-MBG di classe IgG4, non rilevati dai kit convenzionali, associati a manifestazione cliniche severe ma quasi esclusivamente renali e vi sono casi con AA-MBG sierici negativi, immunofluorescenza su preparato renale positiva in assenza di semilune alla microscopia ottica e manifestazioni cliniche modeste sia da punto di vista renale che polmonare [7, 8, 41, 42].

Sono descritti inoltre casi in cui coesiste una nefropatia membranosa (NM) anti-recettore della fosfolipasi A2 negativa o una positività per ANCA (GN associata a doppia positività ANCA/anti-MBG). Nel primo caso, i pazienti presentavano una malattia da AA-MBG meno aggressiva, ma con proteinuria più elevata, quadro istologico renale con caratteristiche di NM ed un numero inferiore di semilune [7, 43].

Il 21-47% di pazienti con malattia da AA-MBG presenta ANCA-positività (70% ANCA-MPO, 27% ANCA-PR3, 3% ANCA-MPO/PR3), mentre solo il 10% dei pazienti con VAA presenta positività per AA-MBG. Non è certo quale sia il meccanismo che porti alla doppia positività, ma è stato dimostrato che la positività degli ANCA precede quella degli AA-MBG, suggerendo che sia il processo infiammatorio a livello glomerulare ad indurre lo sviluppo della malattia da AA-MBG. La prognosi di questi pazienti è nettamente peggiore rispetto a quelli con positività esclusiva ad AA-MBG, sia in termini di mortalità che di recidive a distanza, quest’ultime paragonabili ai pazienti con VAA. Per questo motivo, necessitano di un follow-up più stretto e di una terapia immunosoppressiva di mantenimento [6-8, 13-19].

Malattia da AA-MBG post-trapianto

In caso di malattia renale terminale, si può ricorrere al trapianto con buona sopravvivenza. Tuttavia, se effettuato in presenza di AA-MBG, nel 50% dei casi si assiste a recidiva di malattia sul graft. Per questo motivo è raccomandata la persistenza di siero-negatività per almeno 6 mesi prima di essere sottoposti a trapianto renale [7, 8, 44].

Malattia da AA-MBG post-trapianto nella Sindrome di Alport

La Sindrome di Alport è dovuta a mutazione di geni che codificano le catene tessuto specifiche del collagene di tipo IV, prevalentemente α5. Dopo il trapianto renale, l’esposizione degli antigeni presenti sulla membrana basale glomerulare del graft e precedentemente sconosciuti al sistema immunitario dell’host, può comportare lo sviluppo di AA-MBG. Contrariamente a quanto succede per la malattia da AA-MBG classica, non vi è una risposta agli epitopi EA ed EB della catena α3, ma a degli epitopi specifici della catena α5. Per questo motivo, gli AA-MBG non sono sempre dosabili nel siero dei pazienti (solo nel 5-10%) e anche la clinica, probabilmente a causa della terapia anti-rigetto, è raramente grave. Quando si sviluppa, ad ogni modo, è generalmente molto precoce e spesso porta a fallimento del graft [7, 8].

Malattia da AA-MBG da Alemtuzumab

L’alemtuzumab è un anticorpo monoclonale anti-CD52 utilizzato nel trattamento della sclerosi multipla che può determinare l’insorgenza di nefropatia membranosa e malattia da AA-MBG nella fase di ripopolazione linfocitaria, per elevata autoreattività. In caso di utilizzo del alemtuzumab per altre necessità (es. farmaco di induzione al trapianto renale) non sono stati descritti casi di malattia da anti-GBM (nel caso del trapianto, probabilmente a causa dell’immunosoppressione massiva) [45-47].

Malattia da AA-MBG in gravidanza

È estremamente rara, ma nei casi descritti si presenta prevalentemente nel secondo trimestre: a causa del passaggio degli anticorpi IgG attraverso la barriera placentare, può scatenare una sindrome rene-polmone nel feto con conseguente aborto (spontaneo o indotto) o parto di feto morto [47-49].

 

Trattamento

Il trattamento, fin dal 1976 e ancora approvato dalle linee guida, consiste in sedute di plasmaferesi (PLEX) per rimuovere rapidamente l’autoanticorpo (specialmente in caso di severo coinvolgimento polmonare) in associazione a ciclofosfamide (CYC) e corticosteroidi (CS) sia per controllare l’infiammazione, sia a scopo immunosoppressivo per bloccare la produzione anticorpale (Tabella I) [8, 50, 51].

Il vantaggio di un rapido avvio della PLEX, e la conseguente rapida riduzione del titolo degli anticorpi (circa 60-65% per seduta), ha un impatto sulla prognosi sia renale che del paziente [8, 12, 52].

Un’alternativa alla PLEX è l’immunoadsorbimento (IA), una tecnica extracorporea che, a seconda del sistema utilizzato, consente la rimozione del 71-86% degli autoanticorpi per sessione, con l’ulteriore vantaggio di minimizzare le reazioni allergiche poiché non necessità di sostitutivi proteici (albumina) o accessi venosi centrali [52, 53]. 

CS CYC PLEX/ IA

Dose iniziale:

  • Prednisone 1 mg/kg per os (max 60 mg)
  • Metilprednisolone ev 1g/die per 3 giorni consecutivi e poi per os
  • Riduzione a 20 mg/die entro 6 settimane
  • Sospensione entro 6 mesi

Dose iniziale: 2-3 mg/kg per os

  • Adeguare per funzione renale (riduzione del 25% se eGFR 45-59 ml/min; del 40% se eGFR 30-44 ml/min; del 50% se eGFR 15-29 ml/min; del 60% se eGFR <15 ml/min o dialisi)
  • Max 2 mg/kg se età > 55 anni
  • Se leucopenia 75% della dose
  • Da proseguire per 3 mesi
  • Non ci sono dati sufficienti sulla somministrazione in bolo

PLEX:

1–1.5 di volume plasmatico (massimo 4000 ml) or 60 ml/kg, utilizzando albumina o plasma fresco congelato. Giornalmente fino alla scomparsa/titolo non significativo degli autoanticorpi

IA:

  • Pazienti allergici a emoderivati
  • Peso corporeo superiore a 80/90 Kg (con la PLEX non possono essere raggiunti i volumi ideali)
Tabella I: Terapia della malattia da AA-MBG [6-8,50-53].

 

Outcome e terapia di mantenimento

La letteratura concorda su una sopravvivenza ad un anno pari all’80-90%, con sopravvivenza renale strettamente dipendente dal grado di alterazione della funzione renale alla diagnosi, preservazione della diuresi e necessità di emodialisi in corso di malattia [7].

Le recidive sono piuttosto rare (intorno al 3%) e spesso associate alla continua esposizione ad irritanti polmonari (es. fumo, idrocarburi). In questi casi non esistono delle indicazioni precise nelle linee guida per cui si opta per l’immunosoppressione con steroidi e citotossici; negli ultimi anni si sono avuti buoni risultati con il Rituximab (RTX) [8, 12, 47, 50, 54-57].

In assenza di recidive, a meno di malattie concomitanti (es. doppia positività con ANCA, specialmente PR3 o nefropatia membranosa), la terapia di mantenimento non è generalmente necessaria oltre i 6 mesi richiesti per il decalage dello steroide [6-8, 47, 50].

 

Nuovi risvolti di una malattia antica

Nuovi autoantigeni: laminina-521

Il repertorio di autoantigeni coinvolti nella malattia da AA-MBG è in espansione: la laminina è una glicoproteina di membrana, uno dei maggiori costituenti della membrana basale. Ne esistono almeno 16 isoforme tessuto-specifiche, con una struttura trimerica assemblata da un repertorio di 5 catene a, 4 b e 3 g [58].

La laminina riveste il ruolo di autoantigene in diverse malattie autoimmuni: la laminina-332 nel pemfigoide mucoso, la laminina gi nel pemfigoide anti-p200 e nel lupus eritematosus cutaneo, la laminina-511 nella pancreatite autoimmune [59, 60].

La laminina-521 (LM521, a5b2g1) è l’isoforma maggiormente rappresentata nella membrana basale glomerulare matura e si trova in quantità relativamente più abbondante nella MB alveolare; il suo ruolo nella patogenesi della malattia è stato indagato inizialmente in modelli animali: topi transgenici per la catena a5 della laminina umana (LAMA5) sono stati incrociati con femmine wild-type. Alla prima gravidanza le femmine hanno sviluppato una risposta anticorpale anti-LAMA5: nelle gravidanze successive, il trasferimento placentare delle IgG materne tramite sacco vitellino ha comportato lo sviluppo di glomerulonefrite anti-GBM nei neonati transgenici (non nei wild-type) [61].

Sulla base dei dati precedenti, il ruolo patogenetico della laminina-521 nell’uomo è stato indagato in uno studio retrospettivo: sono stati testati 101 pazienti con AA-MBG e 185 controlli (30 controlli sani e 155 controlli con malattia renale) tramite un dosaggio immunologico a fase solida in grado di misurare le IgG specifiche per la laminina-521 ricombinante, con struttura ed attività simili a quella nativa. Anticorpi anti-laminina-521 (prevalentemente IgG1 e IgG4) sono stati individuati nel 33% dei pazienti con AA-MBG ma in nessun controllo sano, né con altra malattia glomerulare. In particolare, gli anticorpi sono stati rilevati nel 51,5% dei pazienti con coinvolgimento di malattia sia renale che polmonare, contro un 33% dei pazienti con coinvolgimento esclusivamente renale (P=0.005). La presenza degli anticorpi era associata significativamente alla presenza di emorragia alveolare (P=0.005), emottisi (P=0.008) e fumo di sigaretta (P=0.01), senza alcuna associazione con marcatori di danno renale [62].

In conclusione, gli anticorpi anti-laminina 521 hanno un ruolo patogenetico nella malattia da anti-GBM, in particolare potrebbero contribuire al coinvolgimento polmonare di malattia [29].

Nuovi trigger di malattia: la pandemia da SARS-COV2

La presenza di cluster spazio-temporali di malattia da AA-MBG ha lasciato spazio all’idea che fattori ambientali, fra cui quelli infettivi, possano contribuire allo sviluppo della patologia [2, 4].

Durante la pandemia da SARS-COV2, un cluster di malattia è stato identificato nell’area geografica a nord-ovest di Londra: fra dicembre 2020 ed aprile 2021 sono stati diagnosticati 8 nuovi casi, 5 volte di più rispetto all’incidenza attesa di 1.5 milioni/anno. Tutti i pazienti hanno sviluppato sintomi prodromici aspecifici: il test molecolare anti-SARS-COV2 alla presentazione è risultato negativo nei 5 pazienti testati; tuttavia, in 4 pazienti su 8 sono stati riscontrati livelli circolanti di IgM e/o IgG, suggerendo infezione pregressa. Due ulteriori case report hanno proposto la stessa associazione [30-32].

Sebbene l’associazione causale sia solo speculativa, l’infezione da SARS-COV2 potrebbe stimolare una risposta immunitaria aberrante che si renderebbe evidente a settimane dalla risoluzione dell’infezione acuta, sviluppando una AA-MBG.

Nuove terapie per la clearance anticorpale

Rituximab

Recentemente il RTX è diventato un farmaco di largo impiego nel campo delle glomerulonefriti, in particolare nelle vasculiti ANCA-associate, nella nefrite lupica e nella nefropatia membranosa [63-65].

Negli ultimi anni numerosi case-report e reviews hanno indagato l’uso del RTX nella terapia della malattia da AA-MBG, in associazione alla terapia classica ed in sostituzione della CYC. Il RTX è un’opzione terapeutica teoricamente valida: il ruolo patogenetico degli AA-MBG è stato precedentemente dimostrato su modelli animali e in studi clinici [8, 66] e la terapia si basa sulla rapida eliminazione degli anticorpi patogenetici. Inoltre, l’interazione B-T cellulare precede e stimola lo sviluppo anticorpale: cellule B e T sono state riscontrate a livello renale [67].

Il RTX è un anticorpo monoclonale chimerico anti-CD20: il CD20 è un antigene di membrana specifico dei linfociti B e coinvolto sia nella differenziazione B cellulare e produzione anticorpale, che nella stimolazione B-T cellulare.

Jain et al. hanno comparato 22 case-reports presenti in letteratura: in 14 casi su 15, l’uso del RTX nelle forme refrattarie alla terapia classica o recidivanti ha comportato una rilevante riduzione dei livelli di AA-MBG circolanti con risoluzione della sintomatologia associata, senza tuttavia permettere la sospensione della terapia dialitica dove iniziata; inoltre, se utilizzato come regime primario in sostituzione della ciclofosfamide, il Rituximab sembrerebbe facilitare la rapida riduzione dei livelli anticorpali circolanti, senza però preservare necessariamente la funzione renale.

La dose di RTX utilizzata è variabile nei diversi studi: 375 mg/m2 per 2-6 settimane o 1000 mg 1 o 2 dosi a 2 settimane. Inoltre, la PLEX rimuove dal plasma circa il 65% del farmaco, che deve quindi essere somministrato dopo la seduta e almeno 48 ore prima dalla seduta successiva [57, 68].

Data la rarità e severità della patologia, non esistono attualmente in letteratura studi controllati e randomizzati che confrontino RTX con la terapia standard, né esiste evidenza sulla terapia delle forme di malattia refrattarie o recidivanti. Sulla base dei dati a disposizione, il RTX può essere ragionevolmente utilizzato nei casi di malattia refrattaria alla terapia standard con persistenza di AA-MBG; può essere inoltre un’alternativa alla terapia standard nei casi questa non fosse consigliata (es. nei pazienti giovani al posto della CYC per preservare la fertilità) [57].

Imlifidase (IdeS)

Nell’ottica di ottenere un rapido ed efficace cleavage anticorpale, fra le nuove terapie in studio si annovera l’endopeptidasi IdeS (Immunoglobulin G degrading enzyme of Streptococcus pyogenes), comunemente conosciuta con il nome di Imlifidase. L’IdeS cliva le IgG in un sito specifico a livello della regione cerniera, generando frammenti F(ab’)2 e Fc ed inibendo la citotossicità complemento mediata ed il richiamo di neutrofili [69].

Scoperta da Bjork nel 2008, ha mostrato risultati promettenti in diversi modelli animali di malattie autoimmuni (es. porpora trombotica trombocitopenica, malattia di Guillan Barrè e glomerulonefriti) causando una rapida e specifica clearance delle IgG circolanti, senza riscontro di effetti avversi [70, 71]. Jordan et al. hanno somministrato Imlifidase in 25 pazienti con elevata sensibilizzazione HLA in attesa di trapianto renale da donatore con HLA incompatibile, permettendo una desensibilizzazione efficace in 24 su 25 pazienti, con sospensione dell’aferesi [72].

Sulla base dei dati precedenti, l’IdeS è stata introdotta nella gestione della malattia da AA-MBG come terapia vicariante PLEX/IA nelle forme non responsive. In pregressi modelli animali, il pretrattamento con IdeS aveva permesso una riduzione sia dei livelli di IgG circolanti, che dei depositi lineari di IgG su biopsia renale (90% in meno rispetto ai controlli), rimuovendo la porzione Fc degli anticorpi legati alla membrana basale glomerulare e prevenendo il danno indotto da complemento e neutrofili [73].

Nel 2019 Soveri et al. hanno trattato con IdeS 3 pazienti con glomerulonefrite da anti-MBG refrattaria alla terapia. I pazienti non avevano coinvolgimento polmonare ed erano sottoposti a terapia dialitica sostitutiva (creatinina all’ingresso: 534, 837 e 2046 mmol/L). La percentuale di semilune glomerulari alla biopsia renale, direttamente proporzionale alla prognosi di malattia, era compresa fra l’84% ed il 100%. Una singola dose di Ides (0,25 mg/kg) ha comportato una completa clearance degli anticorpi circolanti in tutti i pazienti entro 2 ore. In confronto, una singola seduta di PLEX rimuove circa il 60% delle IgG totali, necessitando diversi giorni per una riduzione sotto i livelli di tossicità; una seduta di IA comporta una rimozione di circa l’80% delle IgG totali. Tuttavia, dal punto di vista clinico, nessun paziente ha beneficiato di un miglioramento della funzione renale, ma l’output urinario è migliorato in 2 pazienti su 3. L’IdeS ha un effetto transitorio sulle IgG: in tutti i pazienti si è verificato un rebound anticorpale dopo 6-13 giorni, necessitante nuovamente l’uso della PLEX.

Ad una analisi istopatologica, il segmento Fc è risultato assente in tutti i casi: Ides agisce anche a livello dei depositi anticorpali renali. In due pazienti su 3 è stata riscontrata una positività lineare del segmento Fab’ lungo la membrana basale glomerulare, il cui ruolo patogenetico in assenza del frammento Fc è ancora discusso [74].

In uno studio di fase IIa recentemente concluso sono state valutate l’efficacia e la sicurezza di una singola dose di Imlifidase nella terapia della malattia da AA-MBG. Lo studio europeo multicentrico ha incluso 15 pazienti con severo danno renale acuto (eGFR <15 ml/min per 1.73 m2) o refrattari alla terapia, in assenza di anuria da più di 48 ore o non sottoposti a dialisi da più di 5 giorni. All’ingresso 10 pazienti erano in dialisi. Una singola dose di Ides (0,25 mg/kg) ha comportato una completa clearance degli anticorpi circolanti in tutti i pazienti entro 6 ore; tuttavia, nel giro di 7 giorni in media, 10 pazienti hanno necessitato terapia con plasmaferesi per un nuovo aumento dei livelli di IgG. A 6 mesi, 10 pazienti non necessitavano di terapia dialitica (eGFR mediano 27 ml/min/1.73m2), 1 paziente è morto e 4 sono rimasti in dialisi (GOOD-IDES01, NCT03157037).

Per il suo effetto rapido, efficace ma transitorio sulle IgG, l’IdeS può essere utilizzato come sostituto dell’aferesi, se associato a terapia immunosoppressiva che inibisca la produzione anticorpale attiva a origine dai linfociti B e riduca l’entità del noto rebound anticorpale. L’eventuale ripetizione di una seconda dose di IdeS per scongiurare l’effetto rebound non è attualmente indicata: lo sviluppo di una risposta anticorpale anti-farmaco da una parte potrebbe scatenare una risposta da ipersensibilità, dall’altra ridurre l’efficacia del farmaco stesso. Per ora, plasmaferesi ed immunoassorbimento restano terapie fondamentali per la gestione della malattia da anti-GBM.

Non è da escludere la possibilità che la rapida clearance delle IgG IdeS-mediata non abbia necessariamente un correlato clinico, essendo coinvolti nella patogenesi della malattia diversi fattori indipendenti (es. cellule T, IgM). Un maggior livello di evidenza è necessario per stabilire l’utilità clinica di questa nuova opzione terapeutica nella malattia da AA-MBG, stabilirne eventualmente la dose e lo schema adeguato [6, 69].

 

Conclusioni

Nell’era della medicina personalizzata, una profonda conoscenza dei meccanismi patogenetici alla base dell’anti-GBM è necessaria per un’appropriatezza diagnostico-terapeutica sempre maggiore, soprattutto nel campo delle malattie rare. Nuovi studi sono necessari per identificare indicatori clinici e patologici che possano meglio predire la risposta al trattamento.

 

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  69. Rafat C, Luque Y. IdeS in anti-glomerular basement membrane disease: Is this the new deal? Kidney Int 2019, 96 (5), 1068-1070, https://doi.org/1016/j.kint.2019.08.017.
  70. Johansson BP, Shannon O, Björck L. IdeS: a bacterial proteolytic enzyme with therapeutic potential. PLoS One 2008, 3 (2), e1692, https://doi.org/10.1371/journal.pone.0001692.
  71. Collin M, Björck L. Toward Clinical use of the IgG Specific Enzymes IdeS and EndoS against Antibody-Mediated Diseases. Methods Mol Biol 2017, 1535, 339-351, https://doi.org/1007/978-1-4939-6673-8_23.
  72. Jordan SC, Lorant T, Choi J. IgG Endopeptidase in Highly Sensitized Patients Undergoing Transplantation. N Engl J Med 2017, 377 (17), 1693-4, https://doi.org/1056/NEJMoa1612567.
  73. Yang R, Otten MA, Hellmark T et al. Successful treatment of experimental glomerulonephritis with IdeS and EndoS, IgG-degrading streptococcal enzymes. Nephrol Dial Transplant 2010, 25 (8), 2479-86, https://doi.org/1093/ndt/gfq115.
  74. Soveri I, Mölne J, Uhlin F, Nilsson T, Kjellman C, Sonesson E, Segelmark M. The IgG-degrading enzyme of Streptococcus pyogenes causes rapid clearance of anti-glomerular basement membrane antibodies in patients with refractory anti-glomerular basement membrane disease. Kidney Int 2019, 96 (5), 1234-1238, https://doi.org/1016/j.kint.2019.06.019.

Kidney involvement in Waldenström’s disease – case report

Abstract

Waldenström’s disease is a rare haematological neoplasm involving B lymphocytes, characterized by medullary infiltrated lymphoplasmacytic lymphoma and by the presence of a monoclonal M paraprotein. Although rarely, this condition may lead to heterogeneous renal involvement and cause severe renal failure.

We report the clinical case of a patient with overt nephrotic syndrome in Waldenström’s disease treated with a combination chemotherapy (rituximab, cyclophosphamide, dexamethasone) until complete renal and haematological remission.

 

Keywords: Waldenström’s disease, nephrotic syndrome, rituximab, cyclophosphamide, dexamethasone

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Introduzione

La malattia di Waldenström (WM) è una rara neoplasia ematologica coinvolgente i linfociti B, caratterizzata da un linfoma linfoplasmocitico con infiltrato midollare e dalla presenza di una paraproteina M monoclonale [1]. Essa rappresenta il 2% di tutte le neoplasie ematologiche, con un’incidenza annuale negli Stati Uniti di 0.57 su 100,000 persone, una età mediana di 71.5 anni al momento della diagnosi ed una maggiore prevalenza nel sesso maschile e nella etnia caucasica [2,3].

L’eziologia della WM non è conosciuta e le basi genetiche non sono ancora del tutto chiare. La cellula da cui origina la malattia sembra essere il linfocita B maturo ed attivo; attraverso fasi consecutive di mutazioni genetiche tale cellula dà origine ad un clone, dapprima benigno come gammopatia monoclonale di significato incerto (MGUS IgM) e successivamente maligno (WM) [4].

 

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State of art and new perspectives in the induction regimen of ANCA-associated vasculitis with renal involvement: from histopathology to therapy

Abstract

Anti-neutrophil cytoplasmic antibodies (ANCA)-associated vasculitis (AAV) are rare autoimmune diseases characterised by medium and small vessels inflammation. Renal vasculitic involvement is one of the most severe manifestations, with high mortality in case of a delayed diagnosis and a significant impact on patients’ long-term prognosis. Histological classifications and scores for the definition of renal involvement in AAV exist and correlate with the renal outcome. Current induction regimen consists of a high dose of glucocorticoids and immunosuppressive drugs: cyclophosphamide (CYC), rituximab (RTX) or a combination of both. RTX use is expanding thanks to randomised control trials suggesting its non-inferiority compared to the standard CYC therapy in general AAV and a better safety profile; its cost has also reduced thanks to the availability of biosimilars. However, the equivalence of RTX and CYC in patients with severe renal involvement is still debated.

The quest for the ideal induction regimen in AAV is moving towards a more personalized approach: on the one hand, efforts are made to use already existing therapies in the most appropriate way; on the other, new insights into AAV pathogenesis has allowed the discovery of new targets, such as the complement factor C5a.

Thanks to this new AAV management, renal outcome and overall survival has visibly improved. New studies are needed to reach a more personalized approach in the induction regimen of ANCA-associated glomerulonephritis and AAV in general.

 

Keywords: ANCA, vasculitis, glomerulonephritis, rituximab, cyclophosphamide, renal biopsy

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Introduzione

Le AAV, vasculiti ANCA-associate (anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili), sono rare vasculiti necrotizzanti autoimmuni che coinvolgono i vasi di medio e piccolo calibro. Le AAV includono tre patologie differenti: la granulomatosi con poliangioite (GPA, in passato nota come malattia di Wegener), la poliangioite microscopica (MPA) e la granulomatosi eosinofila con poliangioite (EGPA, in passato nota come sindrome di Churg Strauss) [1]. L’incidenza in Europa è rispettivamente di 2.1-14.4, 2.4-10.1 e 0.5-3.7 per milione e la prevalenza di 46-184 per milione. La sopravvivenza a 5 anni è intorno al 74-91% per la GPA, 45-76% per l’MPA e 60-76% per l’EGPA [2]. Il picco di incidenza si colloca fra i 65-75 anni, con una lieve prevalenza maschile.

Nel corso della malattia, circa il 90% dei pazienti sviluppa anticorpi ANCA, rivolti contro proteine contenute nel citoplasma dei neutrofili: sebbene esistano degli overlap, gli ANCA anti PR3 (anti-proteinasi 3) sono più frequenti nella GPA, mentre gli ANCA anti MPO (anti-mieloperossidasi) nella MPA; il 40% dei pazienti con EGPA sviluppa positività agli ANCA, in prevalenza MPO, spesso associata a forme con coinvolgimento vasculitico. Esistono alcune eccezioni: il 10% dei pazienti è ANCA negativo ed è possibile sviluppare entrambi gli anticorpi, prevalentemente nelle forme secondarie [3,4].

 

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Posterior Reversible Encephalopathy Syndrome (PRES) induced by Rituximab in two patients with vasculitis, and treated by hemodialysis

Abstract

Small and medium vessel vasculitides, either ANCA-associated or caused by anti-GBM antibodies, are multisystemic diseases with predominantly renal involvement that often require dialysis support; clinical remission can be induced with immunosuppressive therapies including apheretic treatments, high doses of steroids, and immune suppressants. In addition to the complications resulting from the primary pathological process, those associated with the immunosuppressive therapies are not negligible.

Reversible Posterior Encephalopathy Syndrome (PRES) is a clinical condition with a hyperacute onset, which can complicate the evolution of vasculitides while treated by immunosuppressive therapy. Relevant pathogenic factors are represented by alterations of the cerebral blood-brain barrier or vasogenic and/or brain edema phenomena, also related to uncontrolled hypertension.

We describe two cases of patients with systemic vasculitides, rapidly progressive renal failure (RPGN) requiring dialysis, and poor response to the initial immunosuppressive therapy who were treated subsequently with rituximab. PRES developed immediately after administration of the drug, which, however resulted effective on the course of the vasculitis in one case and not effective in the other.

In both cases, the subsequent radiological controls showed a total resolution of the encephalic alterations observed during the acute phase.

Keywords: PRES, Rituximab, ANCA-associated vasculitis, Anti-GBM Glomerulonephritis, Iatrogenic complications.

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Introduzione

Le vasculiti, gruppo eterogeneo di patologie accomunate da una flogosi di tipo autoimmune dei vasi di piccolo e medio calibro, sono malattie rare e comprendono la Granulomatosi con Poliangioite (GPA), incidenza annua, in Europa, di 2.5 casi per 100.000 di abitanti (1) e la Glomerulonefrite da Anticorpi anti Membrana Basale Glomerulare (GN anti-GBM), 1 caso per milione di abitanti l’anno nella popolazione caucasica (2).

 

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Steroid-resistant focal segmental glomerulosclerosis treated with cascade plasmafiltration and rituximab

Abstract

A 39-year man with primary steroid resistant focal segmental glomerulosclerosis (FSGS) was treated with mycophenolate mofetil and ACE-inhibitors. After six months a different therapeutics approach was mandatory due to the worsening of renal function and the relapse of proteinuria at the nephrotic range. The combination of cascade plasmafiltration and single dose of rituximab (375 mg/m²) achieved clinical remission and improved renal function in six months follow up. Cascade plasmafiltration in association with rituximab can be considered as a salvage method for primary steroid-resistant FSGS. Clinical trials should be carried out for protocol approval.

Keywords: focal segmental glomerular sclerosis, steroid-resistant focal segmental glomerular sclerosis, cascade plasmafiltration, rituximab

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Introduzione

La glomerulosclerosi focale e segmentaria (FSGS) è una podocitopatia ad etiologia polimorfa, la cui risposta alla terapia è molto variabile (1). Ancora oggi l’uso dello steroide rappresenta l’approccio di prima linea e traccia l’outcome clinico indirizzando nelle forme cortico-dipendenti o cortico-resistenti, a protocolli terapeutici differenti (24). Possibili opzioni alternative prevedono l’uso degli inibitori della calcineurina (CNI), la ciclofosfamide, il micofenolato mofetile (MMF), il rituximab (RTX), l’ACTH ed l’abatacept (5, 6). Ulteriori approcci includono le tecniche aferetiche, ossia il plasma exchange (PE), la LDL aferesi (LDL-a), la plasmafiltrazione a cascata (PFC) e l’immunoassorbimento (IA) (7). Di seguito riportiamo un caso di FSGS primitiva cortico-resistente trattata con PFC e RTX. 

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Membranous glomerulonephritis (MGN), ongoing studies

Abstract

The membranous nephropathy (MN) is the major cause of nephrotic syndrome in in the adult, account for 20% of cases with annual incidence is 1 in 100.000.
In the past 10 years, the role of podocytes has been identified; environmental triggers in genetically predisposed patients can activate podocytes to exhibit antigenic epitopes (receptor of phospholipase A2, thrombospondin type 1) that become targets of specific autoantibodies with subsequent complement activation. The discovery of this mechanisms has opened new horizons in the therapy of MN and novel drugs are available with more specific mechanism of action.
Rituximab, a monoclonal antibody directed against CD20 expressed by lymphocytes B, has been used in several trials and appears able to induce remission of nephrotic syndrome in 60% of patients (GEMRITUX trial) with similar risk profile. Nowadays it remains to define the most effective therapeutic pattern.
In MN, the concept of targeting disease control, has permit novel therapies with specific blocking mechanisms (belimumab) and non-specific (ACTH) and new therapeutic options, such as ofatumumab, bortezomib and eculizumab, that have allowed to recognize pathological processes involved in the glomerular diseases.

Key Words: Membranous Glomerulonephritis, membranous nephropathy, Rituximab, ECULIZUMAB

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Background

La glomerulonefrite membranosa (GMN) è diagnosticata nel 20% dei casi di sindrome nefrosica dell’adulto, la sua incidenza annuale è di 1 caso ogni 100.000 per anno, vengono diagnosticati quindi 10.000 nuovi casi all’anno in Europa (1).

Negli ultimi 10 anni ne sono stati definiti i precisi meccanismi patogenetici che hanno aperto nuovi scenari di trattamento.

Cosa c’è quindi di nuovo e sostanziale nella nefropatia membranosa?

In sintesi la novità degli ultimi anni è che tale glomerulonefrite è una malattia del podocita che, probabilmente in risposta a stimoli ambientali non ancora chiaramente identificati e su una potenziale predisposizione genetica, espone epitopi di antigeni che diventano bersaglio di anticorpi che determinano attivazione del complemento.

Queste acquisizioni hanno avviato dal punto vista della ricerca una serie di vie per la comprensione dei meccanismi caratterizzanti lo sviluppo della malattia. Sono diventati quindi oggetto di studio i marcatori podocitari in grado di attivare il sistema immunitario, le cellule che producono anticorpi diretti contro gli antigeni esposti e la via di attivazione del complemento (23).
 

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