Gennaio Febbraio 2020 - Articoli originali

Peritoneal dialysis in the Lazio region: results from 2017 regional audit

Abstract

In 2011, a first peritoneal dialysis audit was held in the Lazio region to analyze the problems hindering the spread of this method and to improve the quality of care through the sharing of best practices across Centers. A scientific board was therefore set up, representing all the Centers offering PD, in order to assess clinical effectiveness using KPIs (Key Performance Indicators) and to quantify the objectives to be achieved. The analysis made it possible to identify the main problems and take action, all the while monitoring progress through KPIs.

A second audit was carried out in 2017 and the collected data was analyzed and compared with the findings of the previous study. Overall, data showed an increase in prevalence, although the incidence showed a slight decrease. Indicators on the change of dialysis treatment, the dropout from domiciliary treatment and the incidence of late referral appeared stable over time. A slight improvement was observed in clinical data on peritonitis and on the length of hospitalization.

All participants in the audit declared that sharing and discussing clinical practices had been really useful. In addition, through the drafting of practical documents (guides for patients, guidance on informed consent, protocols of clinical follow-up), a number of tools have been provided to ensure a uniformly high level of care across the different regional Centers.

 

Keywords: audit, peritoneal dialysis, best practices, Key Performance Indicators (KPI), protocols

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Introduzione

L’insufficienza renale cronica terminale (ERSD) si associa ad un incremento della morbidità e della mortalità dei pazienti ed a un deterioramento della loro qualità di vita (QoL) [1]. La richiesta di una tecnica sostitutiva che possa conciliare una migliore QoL con le necessità depurative/ultrafiltrative del paziente spinge verso una sempre maggiore adozione di DP o emodialisi domiciliare (HHD) [1]. Su questa linea si pone anche il recente Piano Nazionale della Cronicità, che sottolinea tra gli obiettivi generali l’importanza della dialisi domiciliare in alternativa alla dialisi ospedaliera [2]. Inoltre, i costi di gestione del paziente in dialisi domiciliare, che essa sia dialisi peritoneale o home hemodialysis, sembrano essere più contenuti [3]. Considerando anche l’incremento progressivo dell’incidenza di ERSD [4] e la sempre minore disponibilità di risorse, le considerazioni economiche ne rendono auspicabile il potenziamento [5].

In letteratura non vi è ad oggi una opinione univoca su quale metodica garantisca una migliore sopravvivenza dei pazienti con ERSD [6,7] e in un precedente lavoro [8] abbiamo analizzato le motivazioni e le condizioni che portano ad optare per l’una o l’altra metodica.

Negli ultimi anni, nel panorama italiano, si è assistito ad un lieve incremento dei pazienti incidenti e prevalenti in dialisi peritoneale domiciliare, con una significativa eterogeneità sia inter- che intra-regionale, facendo presupporre la necessità di una politica comune per implementarne ed ottimizzarne l’utilizzo [10].

A tal fine, già nel 2011, è stato costituito nella Regione Lazio un comitato scientifico cui hanno partecipato i responsabili dei Centri che effettuano la dialisi peritoneale. Sono stati quindi analizzati i dati di incidenza, prevalenza, complicanze ed esiti della dialisi peritoneale nell’anno stesso e sono stati organizzati 6 incontri nell’arco dei successivi 12 mesi, con sede itinerante nei vari centri ospedalieri, ciascuno dedicato ad un aspetto specifico proposto dal centro ospitante. A conclusione degli incontri sono stati definiti e valutati otto KPI (Key Performance Indicators) con lo scopo di quantificare gli obiettivi assistenziali e strategici da raggiungere e di monitorarli nel tempo [8].

Nel 2017 è stata quindi effettuata una nuova raccolta dei dati di dialisi peritoneale domiciliare nel Lazio, focalizzata prevalentemente sui KPI individuati in precedenza, con l’obiettivo di confrontarli con quelli analizzati nel 2011, con quelli del Registro Regionale di Dialisi e Trapianto e del Gruppo di Studio SIN di Dialisi Peritoneale. Lo scopo finale è stato la produzione di documenti di lavoro condivisi, come previsto nel precedente report. Conoscere l’offerta assistenziale di oggi è il presupposto per migliorare quella di domani, e “the secret of the care of the patient is in caring for the patient” [9].

 

Materiali e metodi

I KPI emersi nella precedente edizione sono stati considerati come benchmark per valutare l’andamento e rappresentano quindi la base del questionario proposto per l’edizione 2017. L’analisi si compone di 10 domande a risposta multipla riguardanti gli otto indicatori (come pazienti late referral sono stati considerati quelli presi in carico non più di tre mesi prima dell’inizio del trattamento):

  1. Incidenza e prevalenza della DP;
  2. Shift CAPD-APD;
  3. Dropout;
  4. Late referral (tre mesi);
  5. Sede e partner del trattamento;
  6. Tasso di peritoniti e valutazione della performance della membrana peritoneale;
  7. Posizionamento del catetere peritoneale;
  8. Ospedalizzazioni.

Ciascun centro ha potuto rispondere tramite una piattaforma web e fornire i dati dell’anno 2017 basandosi sulla situazione al 31/12/2017. I dati di incidenza e prevalenza sono stati inoltre confrontati con i dati ricavati dal Registro Regionale Dialisi e Trapianto del Lazio, in particolare al rapporto 2017, relativo all’anno 2016.

Dopo il termine della raccolta dei dati, tra il settembre 2018 ed il febbraio 2019, sono stati organizzati alcuni incontri finalizzati alla loro analisi ed alla stesura di documenti di lavoro sull’informazione al paziente, la sua educazione e monitoraggio.

 

Risultati

Il questionario è stato compilato da 20 centri, ossia la totalità dei centri pubblici laziali che offrono la dialisi peritoneale. Rispetto all’audit 2011, cui parteciparono 16 centri, troviamo dunque cinque nuovi centri: tre hanno introdotto o reintrodotto la metodica negli ultimi anni, uno è in procinto di avviarla, ed uno, il Bambino Gesù, si occupa di dialisi peritoneale pediatrica e per questo motivo è stato trattato separatamente nelle analisi.

La copertura del territorio regionale è affidata alle tre Asl romane cittadine (Roma 1-2-3), che servono una popolazione di quasi tre milioni di abitanti con otto centri di dialisi peritoneale (escluso il Bambino Gesù) e tre Asl romane provinciali (Roma 4-5-6), che coprono rispettivamente una popolazione di circa 320.000, 500.000 e 560.000 persone, ciascuna con uno, tre e due centri di dialisi peritoneale. La provincia di Latina, popolata da circa 570.000 abitanti, ospita un centro di dialisi peritoneale; la provincia di Frosinone, con quasi 500.000 abitanti, offre due centri; la provincia di Viterbo, con 322.000, abitanti ha un solo centro; anche la provincia di Rieti offre un centro ai suoi 160.000 abitanti [Fonte dati demografici: sito ufficiale regione Lazio].

Nei centri che hanno partecipato all’audit, i pazienti prevalenti in HD (Fig. 1) rappresentano il 27% dei pazienti HD censiti dal Registro Regionale Dialisi e Trapianto Lazio (RRDTL), e il 77,1% dei pazienti censiti dai centri stessi. I pazienti prevalenti in PD rappresentano invece il 7,8% dei pazienti prevalenti risultanti dal RRDT, che comprende tutti i pazienti prevalenti regionali, compresi quelli (più della metà) trattati nei centri accreditati che offrono solo HD. I pazienti prevalenti in PD relativi ai soli centri audit ne rappresentano il 22,2%, di cui 35% CAPD e 65% APD. Il restante 0,7% della prevalenza conteggiata è rappresentato da emodialisi domiciliare, non censita nella passata indagine.

Il confronto con i dati del 2011 indica un aumento, dal 22 al 25%, della prevalenza totale in PD quando si guarda al gruppo di 16 centri che hanno partecipato ad entrambi i questionari; resta sostanzialmente stabile se vengono confrontati i due gruppi nel loro complesso, poiché tre dei quattro centri inseriti nell’audit 2017 presentano una prevalenza nettamente inferiore a tale valore. Fa eccezione il Bambino Gesù, caso per sua natura particolare, con il 29% di prevalenza. In questo confronto non è considerato l’Ospedale Pertini, che non ha ancora attivato la dialisi peritoneale. Il dato di prevalenza è comunque superiore al dato riportato dal RRDTL, anche se vengono considerati i soli centri pubblici, universitari e ospedalieri, che nel complesso presentano una prevalenza di DP del 17,3%.

I centri partecipanti hanno censito il 38,8% dei pazienti regionali incidenti in HD secondo il RRDT, e il 12,5% degli incidenti in PD. L’incidenza nel gruppo audit (Fig. 2) si attesta al 74,9% per l’HD e al 24,1% per la PD, mentre il restante 1% corrisponde all’incidenza in HHD (emodialisi domiciliare). Il dato sull’incidenza in DP è in netto peggioramento rispetto al 2011, dove l’incidenza in dialisi peritoneale rappresentava il 31% del totale. Tale diminuzione è confermata anche se si paragonano i valori assoluti di incidenza dei soli centri che hanno partecipato ad entrambi i questionari: 121 pazienti incidenti nel 2011 contro 109 nel 2017. L’incidenza è più alta rispetto al dato del registro regionale comprendente i soli centri pubblici: 24% dei centri Audit contro 22% dei centri pubblici totali, in relazione al fatto che non tutti i centri pubblici censiti dal RRDL offrono trattamenti di dialisi peritoneale.

Il dato sugli shift CAPD-APD resta relativamente stabile rispetto al precedente audit, mentre si vede un aumento di passaggi al trapianto sia per pazienti in emodialisi, 43 nel 2017 contro 29 nel 2011, sia per i pazienti in dialisi peritoneale, passati da 11 nel 2011 a 48 nel 2017 (43 dei quali riportati dai soli centri che avevano già risposto al questionario 2011).

I dropout di metodica (passaggi da PD a HD) aumentano da 29 a 39, cui si aggiunge un passaggio da PD a HHD.

Il dato sui pazienti late referral vede un miglioramento per i pazienti in DP, passando dal 18,1% nel 2011 al 13,3% nel 2017 per APD, dal 12,8% nel 2011 al 10% nel 2017. Lo stesso indicatore è invece peggiorato per i pazienti in emodialisi, passando dal 14,1% nel 2011 al 26,4% nel 2017. Il dato resta diverso rispetto a quello misurato nel registro laziale, dove questi pazienti vengono identificati come coloro che vengono presi in carico non più di sei mesi prima dell’inizio del trattamento, e rappresentano quasi il 25% della popolazione afferente ai centri dialisi.

La sede del trattamento si conferma quella domiciliare, ed il partner, presente nell’11% dei casi, si conferma in prevalenza un familiare del paziente.

L’incidenza delle peritoniti, calcolata come n° peritoniti/paziente/anno si attesta ad un valore di 0,3 in APD mentre cresce da 0,3 a 0,4 in CAPD rispetto al 2011. Tuttavia, se si esclude l’ospedale pediatrico Bambino Gesù, che presenta casi non paragonabili a quelli della popolazione adulta, l’incidenza scende a 0,1 per il trattamento manuale. Si osserva che 12 centri non hanno registrato alcuna peritonite tra i pazienti in CAPD, e 7 non hanno registrato casi di peritonite nel corso dell’intero anno. Tra questi centri non è ovviamente compreso il Pertini che non ha pazienti in DP.

Il test di valutazione della membrana peritoneale è effettuato nel 53% dei centri una volta ogni 12 mesi, nel 37% ogni 6 mesi e per il restante 10% dei centri quando indicato clinicamente o nei primi mesi dopo l’impianto del catetere peritoneale.

Il posizionamento del catetere peritoneale resta prevalentemente a carico del nefrologo (in 9 centri nel 2017 contro 12 nel 2011), mentre il chirurgo partecipa da solo o insieme al nefrologo in 11 centri, rispetto ai 4 nel 2011.

Il dato di ospedalizzazione, pari a 1,5 giorni/paziente/anno per la dialisi manuale e a 1,8 per quella automatizzata resta, come nel precedente audit, un dato difficilmente analizzabile, anche perché è difficile stabilire se le cause del ricovero sono da riferire al trattamento o ad altre patologie.

 

Discussione

L’obiettivo di questo audit pro-attivo è stato quello di monitorare l’andamento della dialisi peritoneale nel Lazio misurando i KPI a distanza di sei anni dalla prima rilevazione, per considerare se gli interventi messi in atto (percorso di formazione e di condivisione) avessero apportato miglioramenti sui numeri e sulle performance cliniche.

 

KPI 1 – Incidenza e prevalenza

L’incidenza in dialisi peritoneale registrata dal gruppo audit, 24,1%, è sostanzialmente uguale al valore registrato dal censimento del Gruppo di Studio di Dialisi Peritoneale (GSDP) nel 2016, ossia 24% [10] (Fig. 3).

Al contrario, la prevalenza rilevata dai centri che hanno partecipato al presente audit, pari al 22,2%, è nettamente superiore rispetto a quella del GSDP 2016, ferma al 17,8%. In effetti il Lazio risulta la terza regione italiana come prevalenza di pazienti in dialisi peritoneale. Tuttavia, se viene misurato il numero di pazienti per milione di popolazione, il gruppo audit (quindi il Lazio in generale) si trova ad un valore di 63, inferiore alla media nazionale di 70 pazienti per milione di popolazione [Fonte dati demografici: sito ufficiale regione Lazio]. Nel presente censimento si è registrata una prevalenza in DP di APD e CAPD del 65% e 35%, e un’incidenza di 60% e 40% rispettivamente. Il dato contrasta con il censimento nazionale, che vede una quota superiore di pazienti incidenti in CAPD (56,1%) e una maggioranza di pazienti prevalenti in APD (54,4%).

La lieve diminuzione di incidenza in dialisi peritoneale (Fig. 4), passata dal 31% nell’Audit 2011 al 25,8 % nel 2017, riflette il dato regionale. Tale flessione può attribuirsi sia a naturali fluttuazioni temporali del dato, sia all’incertezza nella gestione degli ambulatori di dialisi peritoneale e pre-dialisi, dovuta anche alla mancanza di primariati.

Dal confronto dei dati di incidenza e prevalenza dei centri audit rispetto ai dati del registro regionale si osserva che i centri partecipanti raccolgono in totale il 35% della prevalenza regionale e ben il 51,8% dell’incidenza regionale. Tale differenza può essere spiegata col fatto che i grandi centri pubblici funzionano da hub, e che successivamente i pazienti vengono dislocati nei vari centri minori, in buona parte privati. Può essere utile al fine di verificare quest’ipotesi, analizzare il tempo di permanenza dei pazienti incidenti ed eventualmente il motivo di dropout.

 

KPI 2 – Shift

I cambiamenti di metodica comprendono quasi esclusivamente passaggi da quella manuale a quella automatizzata, per un totale di 27 casi. Il confronto degli shift rapportati alla prevalenza vede una quota simile nel gruppo audit, 7%, e nel GSDP, 5,6%.

Il numero di passaggi da PD a trapianto, pari a 48, rappresenta il 12,4% della prevalenza, quasi il doppio rispetto al dato nazionale del 6,7% (Fig. 5).

È interessante osservare il dato di prevalenza sommato a quello dei trapianti in DP: i pazienti trapiantati non rientrano tra i prevalenti al 31/12/2017 ma rappresentano un gruppo di pazienti che sono stati trattati con DP durante l’anno e ne sono usciti con esito positivo, non per problemi legate alla metodica. Tale dato è salito da 317 nel 2011 a ben 432 nel presente censimento, con aumento sia dei pazienti prevalenti, da 306 a 384, sia dei trapianti da DP, che sono saliti da 11 a 48.

Il confronto con il 2011 è molto positivo anche se si considera solo il gruppo di centri che ha partecipato ad entrambe gli audit, che raccoglie una prevalenza di 347 pazienti e 43 trapianti da dialisi peritoneale.

 

KPI 3 – Dropout

I 40 dropout di metodica registrati, di cui 39 verso HD ed 1 verso HHD, rappresentano il 10% della prevalenza, dato minore rispetto a quello nazionale del 13% (Fig. 6).

 

KPI 4 – Late referral

I pazienti late referral sono aumentati in HD e diminuiti in PD. Riscontriamo infatti un aumento dal 14,1% della popolazione incidente in HD nel 2011 al 26,4% nel 2017, mentre la popolazione late-referral in APD è scesa dal 18,1% al 13,3% e quella in CAPD dal 12,8% nel 2011 al 9,09 % nel 2017 (Fig. 7). Una possibile spiegazione risiede nel fatto che la dialisi peritoneale potrebbe essere poco utilizzata in caso di late referral. A tal proposito sarebbero utili indicazioni comuni riguardo i criteri di inserimento dei pazienti in DP.

 

KPI 5 – Sede e partner del trattamento

La conferma del fatto che la sede del trattamento è quasi esclusivamente il domicilio del paziente, e che il paziente è autonomo nell’esecuzione della terapia nel 88% dei casi o aiutato da un familiare nel 10%, pone l’accento sulla necessità di sviluppare progetti tesi ad incrementare la dialisi peritoneale nelle RSA e la dialisi peritoneale assistita, al fine di poter includere pazienti borderline, che attualmente sono esclusi per motivi sociali e non clinici (Fig. 8).

Il dato riflette il quadro nazionale, in cui la quasi totalità dei pazienti svolge il trattamento al proprio domicilio, e lo fa in maniera autonoma nel 77,8% dei casi, aiutati da un familiare nel 17,9%.

 

KPI 6 – Peritoniti e valutazione della performance della membrana peritoneale

Il dato riguardante il tasso di peritoniti, epurato dall’influenza dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, è di 0,1 in CAPD e 0,22 in APD; esso riflette il dato nazionale complessivo di 0,211 episodi/anno/paziente (Fig. 9).

La pratica clinica in merito all’esecuzione del PET o di altro test per la valutazione della membrana peritoneale vede un punto in comune ed uno in contrasto rispetto al censimento nazionale. Infatti, per entrambe le raccolte dati, quasi la metà dei centri censiti effettua il test una volta l’anno, il 47,4% nel Lazio e il 45,5% a livello nazionale. La cadenza semestrale è invece scelta nel 36,8% dei centri laziali, e solo nel 13,3% dei casi a livello nazionale, similmente al dato audit 2011 del 12,5%.

 

KPI 7 – Posizionamento del catetere peritoneale

Il posizionamento del catetere peritoneale non sembra essere una criticità in quanto in tutti i centri il nefrologo gestisce la problematica in prima persona o con la collaborazione del chirurgo. Frequente è il riferimento a centri che possiedono elevata esperienza nello specifico. Dai dati appare un maggior ricorso al chirurgo nel 2017 rispetto al 2011. Si ritiene che questo indicatore non apporti particolare contributo all’analisi della situazione della dialisi peritoneale nel Lazio. (Fig.10)

 

KPI 8 – Ospedalizzazioni

Questo indicatore risulta particolarmente difficile da interpretare: esso è infatti gravato da un importante bias, dovuto alle motivazioni per cui il paziente viene ricoverato, ed è difficile categorizzare esattamente i motivi del ricovero. Premesso quanto sopra e ritenendo non corretto trarre conclusioni sui dati disponibili, se si confrontano i risultati si evidenzia una leggera riduzione sui giorni di ospedalizzazione rispetto al 2011. (Fig. 11)

 

L’analisi dei dati raccolti ha portato all’individuazione di tre aree tematiche principali su cui si sono svolti tre incontri tra la seconda metà del 2018 e l’inizio del 2019. L’obiettivo è stato quello di stilare due documenti di consenso utili all’attività medico-sanitaria di DP:

  1. Informazione del paziente e guida al consenso (Fig. 12, 13),
  2. Monitoraggio del paziente (Tab.1).

 

Conclusioni

Complessivamente i dati hanno mostrato un incremento della prevalenza, anche se l’incidenza riporta una lieve flessione (come peraltro nei dati nazionali). I dati sullo shift tra le metodiche o il drop-out dalla domiciliare sono stabili nel tempo, come pure l’incidenza di late. Per quanto attiene i dati clinici relativi alle peritoniti ed i giorni di ospedalizzazione, si osserva un lieve miglioramento nel tempo. Tutti i partecipanti all’audit hanno mostrato interesse nel percorso affrontato, dichiarando una evidente utilità nel condividere i percorsi clinici discussi. La produzione di documenti di pratica utilità, infine, può essere lo strumento per garantire un’uniformità dell’offerta sanitaria nelle varie strutture della Regione.

 

Ringraziamenti

Si ringrazia il Gruppo AUDIT PD Lazio per il prezioso contributo:

Dario Musone, Ospedale Dono Svizzero-Formia

Raffaele Lanzetta, Paolo De Paolis Ospedale S. Camillo-Forlanini-Roma

Ferruccio Ansali, Ospedale San Paolo-Civitavecchia

Francesco Emma, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù

Nicola Di Daniele e Natascia Miani, Policlinico-Tor Vergata

Franca Cerroni e Walter Valentini, Ospedale S Camillo De Lellis-Rieti

Sandro Ferriozzi, Ospedale Belcolle-Viterbo

Riziero Fini e Luigi Turchetta, Ospedale Frosinone

Pasquale Polito, Ospedale Tivoli

Remo Nacca, Ospedale Cassino

Maria Teresa Ferrazzano e Angela Dinnella, Ospedale Anzio-Albano

Franco Forte e Luciana Lui, Ospedale S. Spirito

 

Bibliografia

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