Vascular dysfunction in Cardiorenal Syndrome type 4

Abstract

The Cardiorenal Syndrome type 4 (CRS-4) defines a pathological condition in which a primary chronic kidney disease (CKD) leads to a chronic impairment of cardiac function. The pathophysiology of CRS-4 and the role of arterial stiffness remain only in part understood. Several uremic toxins, such as uric acid, phosphates, advanced glycation end-products, asymmetric dimethylarginine, and endothelin-1, are also vascular toxins. Their effect on the arterial wall may be direct or mediated by chronic inflammation and oxidative stress. Uremic toxins lead to endothelial dysfunction, intima-media thickening and arterial stiffening. In patients with CRS-4, the increased aortic stiffness results in an increase of cardiac workload and left ventricular hypertrophy whereas the loss of elasticity results in decreased coronary artery perfusion pressure during diastole and increased risk of myocardial infarction. Since the reduction of arterial stiffness is associated with an increased survival in patients with CKD, the understanding of the mechanisms that lead to arterial stiffening in patients with CRS4 may be useful to select potential approaches to improve their outcome. In this review we aim at discussing current understanding of the pathways that link uremic toxins, arterial stiffening and impaired cardiac function in patients with CRS-4.

 

Keywords: arterial stiffness, cardiorenal syndrome, chronic kidney disease, inflammation, intima-media thickness, uremic toxins

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Chiave di lettura

Ragionevoli certezze: I pazienti con insufficienza renale cronica muoiono più spesso per un evento cardiaco che per la ridotta funzione renale. Il riconoscimento di questo link ha portato all’identificazione della Sindrome Cardiorenale di tipo 4. Nel corso dell’insufficienza renale cronica, con la progressiva riduzione della funzione renale, si assiste ad un aumento delle tossine uremiche ed alla comparsa di infiammazione cronica e stress ossidativo. L’ambiente uremico causa l’aumento della rigidità arteriosa, un riconosciuto fattore di rischio cardiovascolare ed un endpoint cardiovascolare intermedio. L’aumentata rigidità arteriosa provoca, infine, alterazioni emodinamiche e pressorie che causano la disfunzione cardiaca cronica. Nei pazienti con insufficienza renale cronica, riducendo la rigidità arteriosa migliora l’outcome.  

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Update on proteomic use in hemodialysis

Abstract

Application of proteomics has become one of the leading experimental disciplines for increased understanding of the key role played by proteins and protein–protein interactions in all aspects of cell function. There is an increasing use of proteomic technologies for investigation into renal replacement therapy such as hemodialysis. In the last 10 years, the application of shotgun bottom-up liquid chromatography-mass spectrometry/mass spectrometry approaches has been successfully applied to research in uremic toxicity, with the discovery of novel uremic toxins and the potential to delineate a precise molecular approach to defining the biochemical nature of uremia.
Major investigations of proteomics in hemodialysis therapy include molecular definition of uremic toxicity, identification of prognostic biomarkers, blood purification efficiency testing, and biocompatibility assessment of the dialyzer membrane materials.
In this article, we review the results of recent proteomic investigations in the setting of chronic hemodialysis therapy.

KEY WORDS: Proteomic, hemodialysis, membrane, uremic toxins, biocompatibility, adsorption, proteins.

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INTRODUZIONE

L’emodialisi (HD) rappresenta la modalità più comunemente impiegata nel trattamento della malattia renale cronica (MRC) terminale. Il principale fattore determinante successo e qualità della terapia sostitutiva è rappresentato dalla membrana artificiale presente negli emodializzatori. Le membrane sono sottili barriere in grado di rimuovere acqua e soluti al fine di permettere un adeguato controllo chimico-biofisico, consentendo la sopravvivenza del paziente ed un (variabile) miglioramento della sua qualità di vita.

Durante la procedura dialitica extracorporea, i meccanismi in grado di rimuovere dal circolo le tossine ritenute ed i fluidi in eccesso includono diffusione, convezione ed adsorbimento. La diffusione e la convezione modulano la rimozione dei piccoli soluti, la prima, e delle medio-grandi molecole attraverso il movimento di massa dei fluidi, la seconda. A questi meccanismi si aggiungono le proprietà adsorbitive di alcune membrane idrofobiche sintetiche, che contribuiscono ad una significativa clearance di composti nocivi quali beta2-microglobulina, tumor necrosis factor e peptidi, anche se un eccessivo adsorbimento può limitare la performance emodepurativa di una membrana, riducendone così le proprietà terapeutiche. Occorre anche ricordare che la rimozione intradialitica dei soluti, qualunque ne sia il meccanismo alla base, non è specifica, per cui per ogni singolo biomateriale si potranno avere favorevoli effetti previsti/attesi ma anche rimozione non intenzionale di sostanze utili all’organismo. Inoltre, l’adsorbimento di proteine plasmatiche sulla membrana susseguente al contatto con il sangue durante la procedura dialitica extracorporea è di critica importanza per la biocompatibilità del materiale.
 

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