Therapeutic Plasma Exchange in a Patient with Chronic Hemodialysis and a New Diagnosis of Myasthenia Gravis

Abstract

Case Report. C.S.T. (♂, 71 years old) is a patient with multiple and severe comorbidities, undergoing thrice-weekly chronic hemodialysis since 2008 due to the progression of post-lithiasic uropathy. Over the past 2 months, the patient had been experiencing progressive ptosis of the eyelids, muscle weakness, and ultimately dysphagia and dysarthria that emerged in the last few days. Urgently admitted to the Neurology department, electromyography (EMG) was performed, leading to a diagnosis of predominant cranial myasthenia gravis (with borderline anti-acetylcholine receptor antibody serology). Prompt treatment with pyridostigmine and steroids was initiated.
Considering the high risk of acute myasthenic decompensation, therapeutic plasma exchange (TPE) with centrifugation technique was promptly undertaken after femoral CVC placement. TPE sessions were alternated with hemodialysis. The patient’s condition complicated after the third TPE session, with septic shock caused by Methicillin-Sensitive Staphylococcus Aureus (MSSA). The patient was transferred to the Intensive Care Unit (ICU). Due to hemodynamic instability, continuous veno-venous hemodiafiltration (CVVHDF) with citrate anticoagulation was administered for 72 hours.
After resolving the septic condition, intermittent treatment with Acetate-Free Biofiltration (AFB) technique was resumed. The patient completed the remaining three TPE sessions and, once the acute condition was resolved, was transferred back to Neurology. Here, the patient continued the treatment and underwent a rehabilitation program, showing significant motor and functional recovery until discharge.
Conclusions. The multidisciplinary interaction among Nephrologists, Neurologists, Anesthesiologists, and experts from the Immunohematology and Transfusion Medicine Service enabled the management and treatment of a rare condition (MG) in a high-risk chronic hemodialysis patient.

Keywords: Myasthenia Gravis, Plasmapheresis, Therapeutic Plasma Exchange, Hemodialysis, Continuous Renal Replacement Therapy

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Introduzione

La Miastenia Gravis (MG) è una patologia della giunzione neuromuscolare a genesi autoimmune, causata da anticorpi contro i diversi componenti della placca neuromuscolare [1]. Gli anticorpi contro la giunzione neuromuscolare inducono debolezza dei muscoli volontari, la quale rappresenta la fondamentale manifestazione della malattia [2, 4]. La caratteristica distintiva è inoltre l’affaticabilità, per cui l’attività muscolare incrementa la debolezza muscolare [5, 6], determinando una fluttuazione della sintomatologia nell’arco di una giornata, con carattere ingravescente dalla mattina alla sera.

Spesso l’esordio può essere focale, nella maggior parte dei casi a carico della muscolatura oculare estrinseca, determinando conseguente diplopia e ptosi. Se le manifestazioni rimangono limitate ai muscoli oculari, il quadro viene definito “miastenia oculare”; tale condizione ricorre in circa il 20% dei casi. Circa il 75 % dei pazienti può sviluppare un interessamento generalizzato, solitamente entro 2-3 anni dall’esordio di malattia [5, 7, 8]. Nella forma generalizzata, vi è principalmente un coinvolgimento dei muscoli del distretto bulbare, di quelli del collo e della muscolatura prossimale degli arti. I pazienti possono presentare difficoltà nella masticazione e nella deglutizione, con conseguente disfagia prevalentemente per i liquidi, disartria, testa cadente; può inoltre comparire dispnea per affaticabilità dei muscoli respiratori [8, 9]. Nel 15-20% dei casi il paziente può presentare un quadro definito di “crisi miastenica”, con insufficienza respiratoria e conseguente necessità di supporto ventilatorio non invasivo o di ventilazione meccanica; tale quadro si associa a deficit dei muscoli del distretto bulbare e del collo.

La MG è una malattia rara. L’incidenza è stimata tra i 5 e i 30 casi per milione di abitanti/anno [10, 11]. La prevalenza è stimata tra 10 e 20 casi per 100.000 abitanti, con una tendenza all’incremento di tale dato, per il miglioramento dei trattamenti nelle decadi più recenti e conseguente maggior sopravvivenza [12, 13]. La MG può insorgenze in ogni fascia di età, ma presenta tipicamente due picchi di incidenza, rispettivamente nella terza decade e dalla sesta all’ottava decade [14].

Presentiamo un caso clinico di un paziente complesso, con plurime e severe comorbidità, in trattamento emodialitico cronico e con nuova diagnosi di MG.

 

Caso clinico

C.S.T. (♂, 71 anni) è un paziente in trattamento emodialitico cronico presso l’Emodialisi della UO di Nefrologia dell’Ospedale ‘Maurizio Bufalini’ di Cesena. In anamnesi, il paziente presenta molteplici comorbidità:

1) cardiovascolari: una insufficienza cardiaca cronica a frazione d’eiezione conservata secondaria a una cardiopatia ischemica post-infartuale (angioplastica con posizionamento di stent medicati nel 2014 e 2019 sui rami interventricolare anteriore e circonflessa) e ad una stenosi aortica severa (trattata nel 2021 con valvuloplastica aortica percutanea). Il paziente è inoltre portatore di pacemaker per blocco atrio-ventricolare di I grado;

2) oncologiche: adenocarcinoma prostatico diagnosticato nel 2020 e trattato con radioterapia stereotassica e ormonoterapia (Leuprolide);

3) metaboliche: Diabete Mellito di tipo 2, obesità di grado I e dislipidemia;

4) polmonari: broncopneumopatia a fenotipo restrittivo;

5) altre: una gastrite cronica Helicobacter Pylori relata (patogeno trattato con terapia eradicante), una diverticolosi del sigma.

Dal punto di vista nefrologico, il paziente presenta una malattia renale cronica in stadio G5 secondo la classificazione della ‘Kidney Disease: Improving Global Outcomes’ (KDIGO) [15] secondaria a uropatia ostruttiva su base litiasica bilateralmente. Inizia il trattamento emodialitico nel giugno 2008 previo confezionamento di fistola artero-venosa (FAV) distale destra.

Tre anni fa, il paziente aveva lamentato la comparsa di diplopia transitoria, insorta secondariamente a una condizione riferita di forte stress personale e risoltasi spontaneamente nel giro di 3 giorni. In tale occasione veniva eseguita valutazione neurologica che non riscontrava all’esame obiettivo neurologico (EON) deficit stenici focali o bilaterali e le prove di affaticabilità risultavano negative. Veniva inoltre richiesto dosaggio sierico del TSH, fT3, fT4 e degli anticorpi anti-recettore dell’acetilcolina che risultavano nella norma. Una valutazione oculistica e ortottica inoltre faceva porre diagnosi di diplopia verticale ai vetri striati ben compensata ad angolo corretto per cui non veniva iniziata alcuna terapia specifica.

Da circa due mesi il paziente accusa una sintomatologia di nuova insorgenza, caratterizzata dapprima da ptosi all’occhio sinistro e dopo alcune settimane interessante anche il controlaterale. Tale disturbo tende a peggiorare nel corso della giornata. Con il passare delle settimane compare astenia con progressivo calo della forza prevalentemente agli arti inferiori, tanto che il paziente non è più in grado di deambulare ed è costretto a usare la carrozzina. Infine, è insorta una difficoltà nella deglutizione con episodi di disfagia e nell’articolazione della parola (disartria) per cui viene richiesta ed eseguita valutazione neurologica urgente al termine di una regolare seduta emodialitica.

All’EON si riscontra ptosi palpebrale bilaterale più evidente all’occhio di destra, peggiorata dopo prove di affaticabilità, non diplopia, lieve disartria, spianamento del solco naso-genieno dell’emivolto destro e una ipostenia prossimale dei quattro arti (4/5 agli arti inferiori e 2-3/5 agli arti inferiori scala Medical Research Council) con impossibilità a mantenere il Mingazzini II. Viene eseguita una emogasanalisi arteriosa che non rileva alterazioni elettrolitiche e dell’equilibrio acido-base (pH 7,37, pO2 78,4 mmHg, pCO2 41,2 mmHg, Na+ 140 mmol/L, K+ 4,2 mmol/L, HCO3- 24 mmol/L). Viene inoltre eseguita TC encefalo urgente che mostra “presenza di un esito malacico cortico-sottocorticale in regione parietale paramediana sinistra cui si associano alcune lacune suggestive di spazi perivascolari ampliati in regione capsulo insulare bilaterale e talamica destra. Sistema ventricolare e spazi liquorali di normale morfologia e contenuto. Strutture della linea mediana in asse’’. Tali reperti vengono valutati suggestivi di encefalopatia vascolare cronica compatibile con la storia clinico-anamnestica del paziente, ma non tali da giustificare la sintomatologia acuta insorta negli ultimi due mesi. Nel forte sospetto di una patologia della giunzione neuromuscolare, il paziente si ricovera nel reparto di Neurologia dell’Ospedale “M. Bufalini” di Cesena.

Nel corso del ricovero si eseguono numerosi accertamenti, in particolare in relazione all’ipotesi eziologica:

  • dosaggio degli anticorpi anti-recettore dell’acetilcolina (0,48, valori normali [[vn]] <0,45, borderline da 0,45 a 1,50, positivo >1,50 nmol/L), anti-chinasi muscolo specifica (MusK) (0,06, vn <0,4 U/mL), anti LRP4, anti-rianodina, anti-titina e anti-canali del calcio inviati all’ Istituto “Carlo Besta” di Milano (risultati negativi);
  • TC torace-addome negativa per masse mediastiniche e addominali;
  • EMG: quadro compatibile con sindrome miasteniforme prevalente nel distretto cranico (esame non completo in quanto il paziente è portatore di PM).

Viene dunque iniziata terapia con piridostigmina (dose ridotta del 25% in relazione all’insufficienza renale) e steroide alla dose iniziale di 1 mg/kg/die, con parziale beneficio. Dato che la sintomatologia neurologica appare ancora significativa con interessamento del settore cranico e ritenendo elevato il rischio di scompenso miastenico acuto, si considera per implementazione terapeutica con ciclo di immunoglobuline per via endovenosa (IgV) o di TPE. Dopo valutazione collegiale tra Neurologi, Nefrologi e Medici del Servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale si opta per ciclo di 6 sedute di TPE.

La tecnica aferetica scelta è la plasma-centrifugazione. Pertanto, viene reperito un nuovo accesso vascolare con posizionamento in ecoguida di catetere venoso centrale (CVC) di calibro 12 French e 24 centimetri di lunghezza in vena femorale destra e inizia il ciclo di TPE presso il Servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale. Si decide di eseguire le sedute di TPE a giorni alternati a quelli delle regolari sedute di HD.

Eseguite le prime 3 sedute, si assiste a un netto miglioramento del quadro neurologico; tuttavia, il paziente va incontro a episodio di ipossiemia acuta necessitante prima ossigenoterapia ad alti flussi e successivamente intubazione orotracheale. Il quadro si complica con l’insorgenza di shock emodinamico per il quale il paziente viene trasferito in Terapia Intensiva per il monitoraggio e il supporto vitale avanzato. Nel forte sospetto di uno shock settico secondario a batteriemia CVC relata, il device viene prontamente rimosso previa esecuzione di emocolture e si inizia terapia antibiotica empirica con Linezolid e Piperacillina/Tazobactam a dosaggio adeguato al filtrato glomerulare. Dato il successivo isolamento agli esami colturali di Staphylococcus Aureus Meticillino-Sensibile (MSSA), veniva sostituita la terapia antibiotica empirica con una terapia mirata con Oxacillina su indicazione infettivologica.

Nel corso della degenza in TI, a causa dell’instabilità emodinamica secondaria allo shock settico con necessità di supporto con amine, si sospende temporaneamente il trattamento con plasmaferesi e si inizia un trattamento con Continuous Renal Replacement Therapy (CRRT) in sostituzione delle sedute di emodialisi intermittente. Viene posizionato un CVC da HD di calibro 12 French e della lunghezza di 15 centimetri in giugulare destra e si inizia il trattamento di CVVHDF. Dopo un ciclo di 72 ore di CRRT, il paziente registrava un significativo miglioramento del quadro emodinamico con progressivo svezzamento dal supporto aminico. Inoltre, conseguentemente al miglioramento degli scambi respiratori, si procede a estubazione del paziente e si riprende il trattamento emodialitico intermittente con AFB. Nei giorni successivi vengono riprese le sedute di TPE, sempre alternate a quelle di HD, fino alla conclusione del ciclo plasmferetico previsto.

Dimesso dalla Terapia Intensiva, il paziente torna nel reparto Neurologia dove prosegue la terapia antibiotica, il monitoraggio clinico e inizia il trattamento riabilitativo con discreto recupero motorio e funzionale. Nello specifico, all’EON, il paziente tiene il Mingazzini I senza difficoltà, tiene il Mingazzini II per 25 secondi, prove in espirium fino a 40 secondi senza disartria o affaticamento, ROT presenti e simmetrici. Si è assistito a un recupero della capacità di deambulazione con marcia cauta, con necessità talvolta di ausilio con deambulatore a causa di residuo ipostenico del muscolo ileo-psoas. Si è inoltre assistito a una completa risoluzione della disfagia.

Il programma alla dimissione dalla Neurologia prevede terapia specifica con prednisone 75 mg/die a dosaggio a scalare e piridostigmina 30 mg 4 volte/die e plasmaferesi di mantenimento ogni 3 settimane.

Il paziente prosegue le regolari sedute di HD cronica come di consueto.

 

Materiali e Metodi

Le sedute di plasmaferesi sono state eseguite con tecnica di plasmacentrifugazione tramite macchina Spectra Optia (SPO, Terumo BCT, Lakewood, CO, USA). L’accesso vascolare è stato prima un CVC femorale destro e poi un CVC giugulare destro. La sostanza di scambio soluzione fisiologica albuminata al 4% per volume. L’anticoagulazione del circuito è stata locoregionale con citrato.

Le sedute dialitiche croniche sono state eseguite con tecnica di emodiafiltrazione online tramite macchina Dialog iQ con dializzatore Xevonta Hi 23 (B. Braun Melsungen AG, Melsungen, Germany). L’accesso vascolare è stata la FAV distale destra. L’anticoagulazione del circuito è stata eseguita con eparina a basso peso molecolare (EBPM).

La seduta di CVVHDF è stata eseguita tramite macchina Multifiltrate con dializzatore AV 1000 (Fresenius Medical Care AG, Bad Homburg vor der Höhe, Germany). L’accesso vascolare è stato un CVC giugulare destro. L’anticoagulazione del circuito è stata regionale con citrato.

La seduta di dialisi intermittente in TI è stata eseguita con tecnica di Acetate Free Biofiltration tramite macchina Gambro Artis con dializzatore Gambro Evodial 1.6 (Gambro, Deerfield, Illinois, USA). L’accesso vascolare è stato la FAV distale destra. L’anticoagulazione del circuito è stata con EBPM.

 

Discussione

La MG è una malattia cronica della giunzione neuromuscolare, a volte molto invalidante ma che può essere trattata efficacemente una volta diagnosticata. Infatti, molti pazienti possono raggiungere una remissione sostenuta dei sintomi e un pieno recupero delle loro capacità funzionali. Per i pazienti con forme lievi-moderate, gli inibitori delle acetilcolinesterasi e la terapia immunosoppressiva cronica con corticosteroidi rappresentano la terapia di scelta. Tuttavia, nei pazienti con crisi miastenica e nei quadri più gravi con segni di pericolo di vita come l’insufficienza respiratoria o la disfagia, il TPE e le IgV sono indicati come trattamenti a breve termine in associazione alla terapia immunomodulante e immunosoppressiva [16].

L’uso di IgV presenta ampia applicazione nel trattamento delle forme più gravi di miastenia e nella crisi miastenica; presentano un rapido effetto terapeutico entro pochi giorni, risposta massima entro 7-10 giorni e il loro effetto dura 28-60 giorni. Possibili complicanze più gravi, seppur non frequenti, sono la meningite asettica, il danno renale acuto (AKI) ed eventi tromboembolici [17, 18]. La plasmaferesi è stata introdotta nel trattamento della MG nel 1976 e la sua efficacia è correlata principalmente alla rimozione diretta degli anticorpi [19, 20]. Viene spesso preferita alle IgV nei pazienti altamente critici per la rapidità di efficacia già dopo pochissimi giorni dall’inizio del trattamento. Le complicanze che possono insorgere sono correlate alla procedura o dovute al posizionamento di un accesso venoso centrale [21]. Molti studi hanno dimostrato un’efficacia sovrapponibile tra i due trattamenti [22, 23]. La scelta dipende in primis dalle caratteristiche del paziente e dal suo quadro clinico, ma anche dall’esperienza clinica del Neurologo, dalla disponibilità di esecuzione di plasmaferesi e anche da aspetti economici. Nel 2016 il gruppo di esperti internazionali che hanno redatto la guida per il trattamento della MG suggeriscono che nella crisi miastenica la plasmaferesi si presenta più efficace e più rapida [24].

Il TPE è una terapia extracorporea che prevede la rimozione del plasma e dei suoi componenti solubili dal sangue del paziente (plasmaferesi) in cambio di un fluido di sostituzione, che di solito è costituito dal plasma o dalle soluzioni albuminate. Questa terapia mira a rimuovere immunocomplessi, allo- ed auto-anticorpi o immunoglobuline che contribuiscono alla patogenesi di alcune patologie. Inoltre, sembra avere un effetto stimolante su vari sistemi come quello immunitario. Esistono due principali metodiche per eseguire il TPE: la plasmafiltrazione e la centrifugazione [25, 26].

La plasmafiltrazione prevede la rimozione non selettiva del plasma e dei suoi costituenti dal sangue attraverso una membrana semipermeabile. È una tecnica simile all’ultrafiltrazione isolata in HD. Infatti, può essere eseguita con le macchine da HD standard utilizzando la loro modalità di ultrafiltrazione isolata senza bagno dialisi e montando membrane ad elevata permeabilità. Inoltre, la plasmafiltrazione può essere eseguita utilizzando le macchine per la CRRT. A differenza dell’HD e dell’emofiltrazione, che rimuovono sostanze con peso molecolare medio e basso, la plasmafiltrazione rimuove le molecole ad alto peso molecolare, tra cui gli anticorpi implicati nella MG. La centrifugazione, invece, è in grado non solo di separare il plasma dal siero, ma può separare anche ciascuna delle altre componenti del sangue, come gli eritrociti o le piastrine, ed è quindi la tecnica di elezione quando sono richieste specifiche frazioni del sangue. Inoltre, quest’ultima sembra essere più efficace nella rimozione di molecole a peso molecolare molto alto come le IgM, il fibrinogeno e gli immunocomplessi. La plasmafiltrazione sfrutta un flusso sangue elevato, da 150 a 200 ml/min, e necessita pertanto di un accesso vascolare a portata più elevata come un CVC o una FAV. Nella centrifugazione, invece, il flusso sangue varia da 50 a 120 mL/min e può essere eseguita sia tramite CVC che catetere venoso periferico (CVP). Sebbene un CVP possa essere più tollerato dai pazienti e consente di evitare complicanze CVC relate, è associato a sedute più lunge e può portare a lungo termine a un depauperamento del patrimonio venoso [25 – 27]. Entrambe le tecniche sono in grado di garantire sedute efficaci e sicure di TPE; generalmente, la centrifugazione è la tecnica di preferenza dei Medici del Servizio Trasfusionale mentre la plasmafiltrazione risulta più affine ai Nefrologi. Nel caso in questione, infatti, dato che le sedute di TPE sono state gestite dal Servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale, che, nel nostro Centro, ha più esperienza clinica con la tecnica di plasmacentrifugazione, questa è stata la tecnica aferetica di scelta. In letteratura sono presenti studi di comparazione tra le due tecniche di plasmaferesi, che non hanno mostrato differenze significative di efficacia nella rimozione delle molecole a medio ed elevato peso molecolare tra di esse, mentre la plasmacentrifugazione solitamente risulta in sedute più brevi a fronte di una più elevata Plasma Removal Efficacy [27, 28].

Per quanto non frequente, non è del tutto inusuale per i Nefrologi la contingenza di dover gestire pazienti in cui il trattamento emodialitico e quello plasmaferetico procedano di pari passo. Infatti, sebbene le attuali linee guida della KDIGO raccomandino l’utilizzo della TPE solo per la malattia causata dagli anticorpi anti-membrana basale glomerulare (anti-GBM) (grading 1C) e le linee guida dell’American Society of Apherisis per le vasculiti ANCA (grading 1B) e per la malattia da anticorpi anti-GBM (grading 1 C),  nella pratica clinica, trova impiego in una più ampia gamma di patologie nefrologiche come la microangiopatia trombotica, le stesse vasculiti ANCA associate, il mieloma multiplo e le crioglobulinemie [29, 31]. Queste patologie sono spesso associate ad AKI o a danno d’organo terminale che richiedono la terapia renale sostitutiva. Per far fronte a questa condizione, alcuni centri si sono addirittura specializzati nell’utilizzo in combinazione di queste tecniche in una singola seduta [32, 35]. Povera invece è la letteratura scientifica per quanto riguarda casi di pazienti emodializzati cronici che hanno avuto la necessità di sottoporsi a trattamento aferetico per patologie di nuova insorgenza non di pertinenza nefrologica (come, ad esempio nel nostro caso, la Miastenia Gravis).

 

Conclusioni

Il presente caso insegna che, nonostante le complicanze insorte nel percorso clinico di un paziente complesso, con plurime comorbidità, in HD cronica e con nuova diagnosi di MG con gravi sintomi neurologici, la gestione multidisciplinare e la collaborazione tra vari servizi specialistici permette di gestire con successo l’iter diagnostico-terapeutico di una patologia rara ma che può mettere a rischio la sopravvivenza del paziente a breve termine.

 

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Is apheresis still a useful tool in the treatment of nephrological diseases?

Abstract

Therapeutic apheresis is by now a century-old extracorporeal procedure, but it is still very much relevant thanks to advances in medical device technology. In addition to the classic plasma exchange, we now have double filtration techniques, plasma absorption, immunoadsorption, leuko and cyto-apheresis, LDL apheresis. The application of these highly selective techniques has opened up new perspectives in the treatment of various nephrological diseases. Unfortunately, renal diseases that can be treated with apheretic techniques are often relatively rare and this prevents us from carrying out extensive studies aimed at demonstrating the real benefits of these methods. Every three years, the American Society of Apheresis provides solid recommendations regarding the diseases that can be treated with apheresis. New immunosuppressants, immuno-modulating substances and monoclonal antibodies are becoming extremely selective and sophisticated weapons against diseases with a clearly identified causal agent. This does not exclude the fact that, due to economic reasons or even to minimize the side effects of these new drugs, apheretic techniques could still retain an important, if ancillary, role. 

Keywords: plasmapheresis, plasma exchange, immunoadsorption, LDL apheresis, cascade plasmapheresis, double filtration, cytoapheresis

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Introduzione

Nel 1998, in occasione del congresso ERA-EDTA tenutosi a Rimini, Stewart Cameron, uno dei padri storici della moderna nefrologia, sintetizzò in una diapositiva la clinical competence dei nefrologi (Figura 1). Cameron sottolineava allora che tra le molteplici attitudini e capacità che deve avere un nefrologo vi è una peculiarità, cioè la capacità di gestire tutte le tecniche di depurazione extracorporea e, tra queste, anche l’aferesi terapeutica. 

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