Contrast Induced Encephalopathy after carotid percutaneous transluminal angioplasty in a patient with end stage renal disease undergoing peritoneal Dialysis

Abstract

Introduction. Contrast Induced Encephalopathy (CIE) belongs to Major Adverse Renal and Cardiovascular Events (MARCE) after iodinated contrast medium (IOCM), especially for high-risk patients with several comorbidities such as hypertension, diabetes, heart failure, and Chronic Kidney Disease (CKD). We report a case of CIE in a Peritoneal Dialysis (PD)-patient.
Case report. A 78-year-old, affected by diabetes, hypertension, chronic heart failure, and End Stage Renal Disease (ESRD) treated with PD, underwent a carotid Percutaneous Angioplasty (PTA). Immediately after the exam, he developed mental confusion and aphasia. Encephalic CT scan and MRI excluded acute ischemia or hemorrhage but showed cerebral oedema.  Mannitol and steroids were administered and additional PD exchange was performed with depurative aim. Within 2 days the patient completely recovered.
Discussion. CIE mimics severe neurological diseases. It should be considered as a differential diagnosis if symptoms occur immediately after administration of IOCM, especially in high-risk patients and in case of intra-arterial injection. Clinical presentation includes transient cortical blindness, aphasia, focal neurological defects, and confusion. CIE is often a diagnosis of exclusion, and imaging plays a significant role. Symptoms generally resolve spontaneously within 24-48h, rarely in few days. Symptomatic therapy, including mannitol and steroids could be considered. In literature, CIE is reported only in a few patients affected by ESRD treated with chronic HD, and our is the first available case of a patient treated with chronic PD who developed this rare complication.

Keywords: Peritoneal Dialysis, Contrast-induced encephalopathy, contrast medium

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Introduzione

I mezzi di contrasto organo-iodati (Iodinated Contrast Medium, IOCM) sono largamente utilizzati per procedure diagnostiche e interventistiche. È risaputo che il loro uso si associa ad un aumentato rischio di eventi avversi maggiori cardiovascolari e renali (Major Adverse Renal and Cardiovascular Events, MARCE), soprattutto nelle persone ad alto rischio per la presenza di più comorbidità, come ipertensione arteriosa, diabete mellito, scompenso cardiaco e insufficienza renale cronica (Chronic Kidney Disease, CKD).
I MARCE comprendono sia eventi maggiori renali (Major Adverse Kidney Events, MAKE) – che includono il peggioramento della funzione renale, la necessità di avvio del trattamento dialitico – sia eventi cardiovascolari maggiori (MACE, Major Adverse Cardiac Event) tra cui l’infarto miocardico, l’ictus, lo scompenso cardiaco, fino al decesso [1].
Il rischio di eventi avversi si è dimostrato significativamente più basso con volumi minori di mezzo di contrasto, utilizzando mezzi di contrasto iso-osmolari, rispetto a mezzi di contrasto di tipo ipo- o iper-osmolare, e in caso di somministrazione endovenosa piuttosto che intra arteriosa: tale rischio è aumentato per i pazienti con funzione renale già compromessa e/o diabete [24].
Tra gli eventi avversi maggiori legati all’utilizzo di IOCM più rari, ma potenzialmente gravi, vi è l’encefalopatia indotta da mezzo di contrasto (Contrast-Induced Encefalopathy, CIE) [5, 6].
Durante un episodio di CIE i pazienti possono sviluppare un’ampia gamma di deficit neurologici: il più frequente è rappresentato dalla cecità transitoria corticale, afasia, deficit neurologici focali, confusione, simulando quindi la clinica tipica dello stroke, a cui si potrebbe aggiungere il rialzo termico. La sintomatologia nella maggior parte dei casi si risolve entro 24-48 ore, meno spesso, entro pochi giorni [6], in rari casi i danni possono essere permanenti [7].
Nel presente lavoro riportiamo un caso di CIE a seguito dell’utilizzo di IOCM intra arterioso durante una procedura di angioplastica di stenosi carotidea in un paziente affetto da diabete mellito, ipertensione arteriosa, scompenso cardiaco ed insufficienza renale cronica in fase uremica (End Stage Renal Disease, ESRD) in trattamento dialitico peritoneale (Peritoneal Dialysis, PD) cronico.
Limitatamente alle nostre conoscenze, si tratta del primo caso riportato in letteratura di paziente con ESRD trattato con PD cronica che abbia sviluppato questa rara complicanza.

 

Caso clinico

Riportiamo un caso clinico di un paziente di 78 anni, di etnia caucasica, affetto da ESRD secondaria a nefropatia diabetica con diuresi ancora conservata, in trattamento con Continuous Cycling Peritoneal Dialysis (CCPD1) da dicembre 2019 presso il nostro centro di dialisi peritoneale. Lo schema dialitico domiciliare prevedeva l’utilizzo di 9,5 L di dialisato (agente osmotico: Glucosio 1,36%) per la dialisi automatizzata notturna e 1 scambio diurno con 1,5 L (agente osmotico: Icodestrina 7,5%); l’ultrafiltrazione media giornaliera era pari circa a 1 L, e la diuresi residua media giornaliera era pari a circa 1 L. In anamnesi patologica prossima si documentava un ricovero di circa sei mesi prima per polmonite da SARS-CoV-2 successivamente complicata da peritonite sterile. Tra le principali comorbidità si identificavano l’ipertensione arteriosa, scompenso cardiaco cronico secondario a cardiopatia ischemica e pregressi attacchi ischemici cerebrali transitori (TIA). Non erano documentate precedenti allergie.

Il paziente veniva ricoverato nel nostro reparto per una peritonite polimicrobica de novo (dagli esami colturali del liquido peritoneale venivano isolati Escherichia Coli, Enterococcus Faecalis, Klebsiella Pneumoniae), trattata con terapia antibiotica endovenosa (Piperacillina/Tazobactam e Linezolid) ed intraperitoneale (Ceftazidime e Vancomicina) ottenendo una buona risposta clinica e laboratoristica. Durante il ricovero lo schema dialitico prevedeva tre scambi di Continuous Ambulatory Peritoneal Dialysis (CAPD) di cui due diurni con agente osmotico Glucosio 1,36% (2 L per scambio) e uno notturno con 1,5 L (agente osmotico: Icodestrina 7,5%). Il ricovero veniva complicato da un infarto NSTEMI (Non ST-segment Elevation Myocardial Infarction), per cui veniva eseguita una coronarografia urgente, durante la quale venivano somministrati per via intra arteriosa 125 mL di IOCM (Iodixanolo 320 mg/mL). Veniva documentata trombosi a carico di un pregresso stent sulla coronaria interventricolare anteriore, che veniva efficacemente trattata tramite una Percutaneous Transluminal Angioplasty (PTA) e il posizionamento di uno stent medicato (drug-eluting stent, DES), pertanto veniva avviata duplice terapia antiaggregante. Alcune ore dopo la procedura, il paziente manifestava un episodio di afasia per cui veniva eseguita una angio-TC (Tomografia Computerizzata) cerebrale che escludeva eventi ischemico-emorragici acuti, ma evidenziava una lesione occipitale subacuta e una stenosi critica della carotide interna sinistra, con indicazione a correzione per via percutanea.

Nelle giornate successive il paziente mostrava una graduale e spontanea regressione della sintomatologia, pertanto si procedeva all’esecuzione in elezione di PTA della nota stenosi carotidea. Al fine di ridurre il rischio di nefropatia da mezzo di contrasto (PC-AKI, Post Contrast-Acute Kidney Injury) in paziente con diuresi conservata, nelle 12 ore precedenti l’esame, veniva somministrata soluzione fisiologica 0,9% 1000 mL, anche in considerazione dei valori di pressione arteriosa sistemica ai limiti inferiori (Pressione Arteriosa media, PAm 100/65 mmHg) a seguito dell’evento cardiologico. Al fine, inoltre, di favorire l’eliminazione urinaria di IOCM è stata confermata la terapia diuretica cronica. L’accesso arterioso avveniva tramite l’arteria femorale destra, venivano somministrati di 75 mL di IOCM (Iopidamolo 300 mg/ml) intra arterioso. Veniva posizionato uno stent 10×40 mm a livello del bulbo carotideo poi dilatato con un palloncino 5×20 mm, escludendo così la nota placca ateromasica. L’intervento avveniva in assenza complicanze intra procedurali e si otteneva la completa ricanalizzazione della arteria carotidea.

Dopo due ore dalla procedura il paziente appariva confuso, non collaborante, e disartrico. I nervi cranici esplorati erano intatti, ad eccezione di un deficit aspecifico del VII nervo e del nervo oculomotore in paziente affetto da completa perdita del visus. Nelle ore successive il paziente sviluppava inoltre iperpiressia (TC fino a 38,5 °C), in assenza di segni clinici o laboratoristici suggestivi per infezione in atto (le emocolture e le colture del liquido peritoneale sono risultate negative).  Non vi erano segni clinici di sovraccarico idrico e la diuresi era conservata. I parametri vitali documentavano un quadro di ipotensione (PAm 90/50 mmHg). In Tabella 1 sono riportati i principali parametri biochimici del paziente che si riferiscono a un mese precedente al ricovero in fase di stazionarietà clinica e immediatamente precedenti all’evento acuto (Tabella 1).

  Un mese prima del ricovero in fase di stazionarietà clinica Il giorno precedente l’evento acuto
BMI (kg/m2) 29,4
Pressione arteriosa (mmHg) 160/70 100/65
Diuresi/24 ore (mL) 1100 700
Creatinina (mg/dL) 6,0 4,58
eGFR (mL/min/1,73 m2) 8 11
Urea (mg/dL) 84 65
Na (mmol/L) 137 138
K (mmol/L) 3,6 3,5
Calcio (mg/dL) 8,5 9,0
HCO3(mmol/L) 26,8 28,0
Emoglobina (g/L) 108 138
Albumina (g/dL) 3,9 3,5
BNP (ng/L) 13459 9000
Schema dialitico Agente osmotico, Volume Agente osmotico, Volume
CCPD1 NIPD Glucosio 1,36%, 9.5 L
Scambio diurno Icodestrina 7,5%, 1,5 L
CAPD Scambi diurni Glucosio 1,36%, 2 L x 2
Scambio notturno Icodestrina 7,5%, 2 L
UF nelle 24 ore (ml) 900 mL 1100 mL
Total wKt/Vurea 2,1
Total wCCr (ml/min/1,73m2) 60
Tabella 1. Parametri bioumorali del paziente un mese prima del ricovero in fase di stazionarietà clinica e il giorno precedente l’evento acuto.
BMI: Body Mass Index; eGFR: estimated Glomerular Filtration Rate; UF: Ultrafiltrazione; CCPD1: Continuous Cycling Peritoneal Dialysis; NIPD: Nocturnal Intermittent Peritoneal Dialysis; CAPD: Continuous Ambulatory Peritoneal Dialysis; Total wKt/Vurea: Total (renale e peritoneale) weekly Kt/Vurea; Total wCCr: Total (renale e peritoneale) weekly Clearance della Creatinina; BNP: Brain Natriuretic Peptide.

La TC e la Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) encefaliche escludevano fatti ischemici o emorragici acuti, ma la TC evidenziava segni di edema cerebrale diffuso (Figura 1). L’Elettro Encefalo Gramma (EEG) mostrava segni di anomalie dell’emisfero destro correlabili a sequele di recente ischemia. Veniva quindi impostata idratazione con soluzione fisiologica 0,9% (1000 mL nelle 24 h) e somministrati Mannitolo 18% (100 mg bis in die) e Desametasone (8 mg bis in die) a scopo anti-edemigeno. Il paziente proseguiva il trattamento di CAPD implementato con uno scambio supplementare al giorno (agente osmotico: glucosio 2,27% 2 L) a scopo depurativo. Nei due giorni successivi si documentava una remissione completa della sintomatologia. La clinica, il timing di insorgenza e di regressione, le indagini laboratoristiche e strumentali consentivano pertanto di ipotizzare una encefalopatia secondaria all’utilizzo di IOCM in paziente con numerosi fattori di rischio per tale complicanza.

Figura 1. TC senza mezzo di contrasto: edema cerebrale diffuso.
Figura 1. TC senza mezzo di contrasto: edema cerebrale diffuso.

 

Discussione

Nel presente lavoro abbiamo descritto un raro caso di comparsa di sintomatologia neurologica scatenata dalla somministrazione intra-arteriosa di IOCM in un paziente con più comorbidità (diabete mellito, ESRD, ipertensione arteriosa, scompenso cardiaco, pregressi TIA) [2, 8].

È noto che la somministrazione di mezzo di contrasto si associa al rischio di sviluppare MARCE, che comprendono sia forme di nefropatia da mezzo di contrasto (PC-AKI) che altre complicanze sistemiche come eventi cardiaci e cerebrali [1, 2]. Se per la PC-AKI vi sono numerose evidenze [9], limitatamente a quanto a noi noto, vi è poca letteratura in merito alle altre forme di MARCE e in particolare alla CIE.

La fisiopatologia della neurotossicità da mezzo di contrasto non è completamente conosciuta: l’ipotesi è che il mezzo, attraversando la barriera ematoencefalica, si accumuli ed eserciti una tossicità diretta nei confronti delle cellule nervose e l’iperosmolarità dello stesso contribuirebbe all’instaurarsi dell’edema cerebrale [10, 11].

Clinicamente, la CIE è una diagnosi di esclusione di altre patologie cerebrali acute e pertanto l’imaging cerebrale è utile per la diagnostica differenziale; l’uso di TC e di RMN consente di escludere eventi embolici, emorragici ed emodinamici. Alla RMN è possibile riscontrare aree corticali edematose che appaiono iper-intense, alla CT è possibile osservare aree di iperattenuazione corticale che simulano lesioni ischemiche subcorticali e lesioni emorragiche; tuttavia la TC potrebbe anche non mostrare alcun reperto patologico [5, 12]. L’imaging del nostro paziente escludeva fatti ischemico-emorragici acuti, mentre la presenza di edema cerebrale diffuso era compatibile con il sospetto clinico di CIE. Una presentazione clinica analoga si potrebbe riscontrare in corso di Posterior Reversible Encephalophaty Syndrome (PRES), quadro neurologico spesso secondario a quadri ipertensivi, indotto da farmaci, preeclampsia e CKD. Questa condizione si associa tipicamente a ipodensità patologiche nelle aree cerebrali posteriori alla TC, e zone di edema vasogenico localizzato, con ipodensità nelle sequenze T1-pesate e iperdensità nelle sequenze T2-pesate alla RMN , che nel nostro paziente non era possibile documentare.

Per quanto riguarda la terapia della PC-AKI, secondo le recenti line guida ESUR (European Society of Urology and Radiology) [14], l’identificazione dei pazienti ad alto rischio, la prevenzione e lo stretto monitoraggio dopo la somministrazione rappresentano le azioni più efficaci per ridurne l’incidenza.

Gli IOCM vengono eliminati rapidamente attraverso il glomerulo; in caso di rallentata eliminazione essi diffondono nel compartimento extravascolare fino all’equilibrio. Pertanto una ridotta funzionalità renale determina una riduzione della clearance e un accumulo di IOCM nei tessuti. Nei pazienti normofunzione renale (eGFR>100 mL/min) il 50% di IOCM è escreto nelle urine dopo circa 2 ore; nei pazienti con danno renale severo (eGFR<25 mL/min) l’eliminazione urinaria del 50% di IOCM si ottiene in 16-84h; mentre nei pazienti con ESRD l’eliminazione è molto più lenta, con un contributo da parte dell’eliminazione biliare [15].

L’emodialisi (Haemodialysis, HD) e la PD risultano efficaci nel rimuovere dal corpo gli agenti di contrasto, anche se la PD in tempi più lunghi rispetto all’HD. In particolare, la CAPD rimuove tra il 36% e l’80% del IOCM somministrato in sette giorni [16]. Nella Tabella II abbiamo riportato le principali evidenze in letteratura in merito all’eliminazione del mezzo di contrasto in relazione alla funzione renale e alle diverse tecniche dialitiche.

  Mezzo (V) Osmolarità (mOsm/kg H2O) Tecnica dialitica Emivita (media) Tasso di rimozione (tempo) Modalità di escrezione Bibliografia
eGFR>100 mL/min Iomeprolo

(50 mL)

730 2h 87% (12h)

90% (24h)

Urine (93%)

Feci (1,5%)

Lorusso, 2001

[15]
eGFR 75-50 mL/min 4-8h Urine (90%)

Feci(2,4%)

eGFR 26-50 mL/min 4-8h Urine (82%)

Feci (2,6%)

eGFR<25 mL/min 16-84h Urine (68%)

Feci (7%)

Bile

HD HD LF 83% (4h) Dialisato (58%)
  Iopromide/

Iomeprol

(64 mL)

777/791 HD LF 1h55’ 64% (4h) Schindler, 2001

[26]
  HD HF 1h40’ 74% (4h)
  Iopromide

Iomeprol (60 mL)

HDF online 1h35’ 82% (4h)
  HF online 2h10’ 62% (4h)
PD Iopamidolo

(30 mL)

796 CAPD (2×3.86%+

1,36%)

38h

 

36-80% (7 giorni) Urine (27%) Donnelly, 1992

[27]
  APD

(36-60l)

16-18h 43-72%  
Tabella 2. Caratteristiche di eliminazione dei mezzi di contrasto in base all’eGFR o alla tecnica renale sostitutiva.
eGFR: estimated Glomerular Filtration Rate; HD: Haemodialysis; PD: Peritoneal Dialysis; LF: Low Flux; HF: High Flux; CAPD: Continuous Ambulatory Peritoneal Dialysis; APD: Automated Peritoneal Dialysis.

Tuttavia non vi sono evidenze che indichino un vantaggio nell’eseguire una seduta dialitica post esposizione all’IOCM per prevenire la PC-AKI anche nei pazienti a rischio [16].

Pertanto per la prevenzione della nefropatia da mezzo di contrasto, la principale strategia è rappresentata dall’idratazione pre- e post-esposizione a mezzo di contrasto con Na bicarbonato 1,4% 3 mL/kg/h nell’ora precedente e con soluzione fisiologica al 0,9% 1 mL/kg/h per 3-4 ore prima e 4-6 ore dopo, compatibilmente con la funzione renale e cardiaca [5, 12, 17]. Anche i farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS) potrebbero causare una maggior esposizione al mezzo di contrasto per riduzione del flusso ematico renale [18]. Il nostro paziente era in duplice terapia antiaggregante con ticagrelor, inibitore del recettore P2Y12 dell’ADP, che non presenta attività anti-infiammatoria, e con acido acetilsalicilico a bassa dose (100 mg al giorno). A tale dosaggio tale molecola esercita un’azione prevalentemente antiaggregante rispetto a quella anti-infiammatoria [19], con un impatto trascurabile sulla funzionalità renale [20].

Viceversa, per le forme di CIE non vi sono chiare evidenze in letteratura in merito a un trattamento ottimale [21]. La somministrazione di fluidi, al fine di favorirne l’eliminazione renale, sembra essere utile nei pazienti con funzione renale residua; il ricorso a farmaci sintomatici (anticonvulsivanti, anti piretici) è indicato. La somministrazione di steroidi a scopo anti-edemigeno può essere considerata in caso di documentato edema cerebrale [22]; analogamente, il mannitolo, in quanto agente iperosmolare, viene utilizzato per ridurre l’edema cerebrale, richiamando acqua libera in eccesso a livello della barriera ematoencefalica e favorendone l’eliminazione a livello renale; il suo uso nei pazienti con ESRD è dibattuto dal momento che il rallentato metabolismo del IOCM in pazienti oligoanurici potrebbe associarsi a una retrodiffusione dello stesso. Il nostro paziente aveva una diuresi conservata e il mannitolo potrebbe aver contribuito alla sua eliminazione [7, 24].

Limitatamente a quanto per noi noto, non sono riportati in letteratura casi di pazienti in PD che abbiano sviluppato CIE. Sono stati decritti invece pochi casi di CIE in pazienti affetti da CKD e in pazienti con ESRD in HD cronica [21, 23, 25], e alcuni casi di sindromi neurologiche (Posterior Reversible Encephalopathy Syndrome, PRES) in pazienti con CKD [13].

Per i primi è stata somministrata terapia medica, mentre quelli in HD cronica hanno eseguito anche una seduta emodialitica supplementare, che potrebbe aver favorito la rimozione più rapida di mezzo di contrasto [11, 16].

Il nostro paziente, in PD cronica con ancora funzione renale residua, ha raggiunto in pochi giorni una completa risoluzione della sintomatologia, giovandosi di idratazione, somministrazione di mannitolo e steroidi ed implementazione degli scambi di dialisi peritoneale già in corso. Non abbiamo sottoposto il paziente a un trattamento di dialisi peritoneale automatizzata, che rimuoverebbe in maggior percentuale il mezzo di contrasto utilizzando tuttavia alti volumi (36-60 L) in un periodo di tempo lungo (16-18 ore), né ad un trattamento di emodialisi per evitare una conseguente disidratazione e un peggioramento dell’ipotensione [16]. La terapia medica oltre che funzione antiedemigena può aver favorito l’eliminazione renale del IOCM, a cui si è aggiunta la clearance peritoneale che può aver contribuito sia a una miglior depurazione che a una parziale eliminazione del mezzo di contrasto.

 

Conclusioni

La CIE è una complicanza rara, la cui patogenesi al momento non risulta completamente chiara, ma che va ricordata nella diagnosi differenziale nei pazienti con alterazione della funzione renale che sviluppino sintomi neurologici dopo essere stati sottoposti a procedure con mezzo di contrasto intra arterioso, in considerazione della rallentata eliminazione del mezzo di contrasto, e con altri fattori di rischio associati.

 

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Peritoneal Dialysis in Italy: the 8th GPDP-SIN census 2022

Abstract

Objectives. The results are reported here of the 8th National Census (Cs-22) of Peritoneal Dialysis in Italy, carried out in 2022-23 by the Italian Society of Nephrology’s Peritoneal Dialysis Project Group and relating to 2022.
Methods. The Census was conducted in the 227 non pediatric centers which performed Peritoneal Dialysis (PD) in 2022. The results have been compared with the previous Censuses carried out since 2005.
Results. Incidence: in 2022, 1350 patients (CAPD=52.1%) started on PD (1st treatment for ESRD). PD was started incrementally by 35.3% in 136 Centers. The catheter was placed exclusively by a Nephrologist in 17.0% of known cases. Prevalence: there were 4152 (CAPD=43.4%) patients on PD on 31/12/2022, with 21.1% of prevalent patients on assisted PD (family member caregiver: 86.3%). Out: in 2022 the PD drop-out rate (ep/100 pt-yrs) was: 11.7 to HD; 10.1 death, down; 7.5 Tx. The main cause of transfer to HD remains peritonitis (23.5%), although its reduction over the years is confirmed (Cs-05: 37.9%). Peritonitis/EPS: the incidence of peritonitis in 2022 was 0.176 ep/pt-yr (696 episodes). The incidence of new cases of EPS fell in 2021-22 (7 cases). Other results: the number of Centers using 3.86% for the peritoneal equilibration test (PET) (57.7%) increased. PD for heart failure continues to be used in 44 Centers (66 pts).
Conclusions. Cs-22 confirms PD’s good results in Italy.

Keywords: Peritoneal Dialysis, technique failure, incremental Peritoneal Dialysis, peritonitis, peritoneal equilibration test (PET)

Background

The Peritoneal Dialysis Project Group (GPDP) of the Italian Society of Nephrology (SIN) investigates the state of Peritoneal Dialysis (PD) in Italy periodically by means of a Census carried out in the Centers which use it [16]. In the last edition, relating to 2019 [6], the situation was shown to be substantially stable, although the survey was conducted at the height of the CoViD pandemic and for the first time was incomplete.

All the Centers using PD took part again in the current edition, which was the Eighth and relates to 2022. It should be remembered, however, that these Centers represent around two-thirds of public Centers (PD is not available as a service in the remainder). When it is considered also that PD is not used in private Centers, the method is actually provided in a minority of Italian Dialysis Centers, and used by less than 10% of patients on Dialysis. The reasons for such a disheartening picture were investigated in the very first Census carried out by SIN in 2004 [7] and are likely to still be the same, all the more so if the constant improvement in the results achieved by PD over the years is considered.

The current edition features various grounds for interest and new aspects. First of all, it is the first “post-CoViD” edition. The number of Centers taking part using the new data collection system [6] increased significantly, allowing for greater precision in the data collected. For the first time the Census thoroughly investigated not only the incidence, but also the etiology of peritonitis, and certain structural aspects of PD Centers, such as the dedicated personnel and the training which will be examined in future.

This report presents the results of the 8th edition, conducted in 2022-2023 and relating to 2022, compared with those of the previous years.

Completing the report is the examination by leading experts on the subjects of certain aspects of PD, including the incremental prescription, peritoneal sclerosis and an assessment of peritoneal permeability.

 

Materials and methods

The GPDP Census collects aggregate data relating to PD, and is targeted at all the non-pediatric Centers which have used PD in the year in question.

Data collection. As for 2019 [6], in the current edition the aggregate data were collected in two different ways. The first was analytical, using specially designed software: a sort of medical record in which individual patients are entered systematically and the data are exported for the Census in aggregate form. For the protection of privacy, the program was developed without a cloud component, so all the data collected are stored locally and the possibility of backup to server is delegated to the operator. The number of Centers using this system increased from 110 in 2019 to 175 in 2022. The method used by the remaining 52 Centers was the traditional collection of data by filling in the online questionnaire used for previous editions.

In total, the Census reports data from 227 Centers, which is 100% of Italian PD Centers. Of the 8 editions so far, only the Census relating to 2019 was incomplete (198 Centers).

Participating Centers. The initial list of public Centers using PD established in the first SIN Census conducted for 2004 [7] has been updated over the years through attendances at Congresses, Conferences and subsequent SIN Censuses.

The number of Centers taking part for 2022 was 229, 2 of which were excluded as they did not treat any patients during 2022 (having ceased PD activity). While all the Centers responded to the questions on the incidence and prevalence of PD, 50 Centers provided no data on the incidence and prevalence of HD (Figure 1).

Information. The structure of the Census provides for a series of repeated pieces of information – unchanged since the first edition in 2005 [1] – relating to incidence, prevalence, method change or interruption, assisted PD, peritonitis, and non-renal PD. Encapsulating peritoneal sclerosis (EPS) has been added since 2008, and home visits and the peritoneal equilibration test (PET) since 2010 [2]. The questions on catheters resumed in the 2016 edition [5]. Furthermore, with the analytical data collection method information has become available for the first time on the causes of Renal Insufficiency, causes of death, certain organizational aspects such as training methods and available resources, and the etiology of peritonitis.

Data verification and comparison. The data collected initially were subjected to an initial congruence analysis. Any inconsistent data were corrected wherever possible by follow-up phone call, or were considered missing or incomplete, as appropriate. Any corrections and the number of Centers involved are reported in detail in the presentation of the single results.

Definitions and calculations. All the patients who started as first treatment on PD and HD from 01/01/2022 to 31/12/2022 were considered incident. Of these, the patients on ≤2 exchanges/day or ≤4 sessions/week with CAPD (Incr-CAPD) and APD (Incr-APD) respectively were considered as on incremental PD (Incr-PD). Prevalence referred to patients on dialysis at December 31st. For these, a need for assistance referred to the involvement of a caregiver in the performance of the dialysis procedures. Patients on PD due to non-renal causes (GFR ≥15 ml/min/1.73m2) were considered separately: the Census data always refer to patients who started PD due to ESRD.

The calculation of the follow-up to which events are related represents the critical aspect of the Census. With it being impossible to calculate the actual data (the sum of the periods all patients spent on PD in 2022) the follow-up has always been estimated by taking the mean of prevalent patients at the beginning and the end of the year, a method which has also recently been validated [8]. The prevalent patients at the beginning of the year were calculated by taking the prevalent patients at the end of the year, adding drop-outs for all causes, and subtracting new patients to PD (information available). This year it was possible to calculate the follow-up precisely for the 175 Centers which used the “2.2” program. In these Centers the comparison between the two methods showed that “traditional” follow-up underestimates the “actual” follow-up by 5.4%, so it overestimates by an equivalent amount the incidence of the events considered. As the data collection system was still mixed for 2022, the traditional method was used to calculate follow-up for all 227 Centers in order to be able to compare current results with previous years.

The drop-outs from PD recorded in the year were related to 100 patient-years of follow-up, while for peritonitis the incidence was calculated as episodes/patient-years (ep/pt-year). Episodes of EPS refer to the entire 2021-22 two-year period in the case of traditional collection, and the 2020-22 three-year period for the analytical method.

Statistical analysis was limited to looking for any differences with the Chi-square test.

Figure 1: Centers which used PD in 2022 for at least 1 patient.
Figure 1: centers which used PD in 2022 for at least 1 patient. They all sent the data relating to PD; 50 of these did not send the incidence and prevalence data relating to HD. The system used for sending the data is shown in the graphic: 52 by means of the traditional system, which provides for the entry of aggregate data; 175 using the dedicated program in which each patient is entered separately, and the program calculates and sends the aggregate data.

 

Results

Incidence and initial method

In 2022 PD was started on as first treatment by 1350 patients, 703 of whom using CAPD and 647 APD. The Centers with no incidence in PD in 2022 numbered 11.

As regards HD, 177 Centers provided incidence and prevalence data. In these 177 Centers, 1066 patients started on PD as first treatment, and 4329 on HD, giving a percentage incidence of PD of 19.8% (Table I) (Figure 2). So in relation to the 177 Centers which also sent data on HD, a fall in both the number of patients treated overall with PD in Italy (-15.4% compared to 2016) and the percentage incidence of PD was recorded for 2022. The most widely-used initial PD method remains CAPD (52.1%).

Table I: incident patients and initial PD method in the non-pediatric Centers which used PD in 2022 compared with previous years. The number of Centers not sending HD incidence data has constantly increased since 2016.
Table I: incident patients and initial PD method in the non-pediatric Centers which used PD in 2022 compared with previous years. The number of Centers not sending HD incidence data has constantly increased since 2016.
Figure 2: Number of new patients on 1st treatment (incident) in the years surveyed.
Figure 2: number of new patients on 1st treatment (incident) in the years surveyed. The percentage incidence is calculated on the total number of incident patients (PD + HD). Since 2016 a number of Centers have not sent HD incidence data, so the PD percentage is only calculated for the Centers which have sent the data (light yellow, value in italics). The total number of incident patients is given at the top of each column. It is to be remembered that the 2019 data are incomplete.

For the first time, basic nephropathy data are available, though only for the Centers which sent data using the 2.2 system. The conditions in which PD is most used are Nephroangiosclerosis (24.4%) and chronic Glomerulonephritis (22.3%). Diabetic nephropathy is the cause of ESRD in 15.4% of cases, while in 15.3% it is not known (Figure 3).

Figure 3: Type of nephropathy in incident patients on PD.
Figure 3: type of nephropathy in incident patients on PD. This was not requested by the traditional system for sending the data, so the breakdown shown in the Figure refers to 1004 patients in 174 Centers (1 Center was excluded for data incongruence).

Placement of the peritoneal catheter

All insertions were considered for the placement of the catheter. Excluding 96 patients due to incongruent data (which will be verified in a subsequent analysis), in the 1480 patients who started on PD in 2022, there was a further increase in placements by a surgeon alone, the number of placements by a surgeon and a nephrologist together was stable, and placements by a nephrologist alone diminished (Figure 4).

Figure 4: Operators involved in the placement of the peritoneal catheter.
Figure 4: operators involved in the placement of the peritoneal catheter. The percentage has also been calculated excluding the catheters for which the response was “other” or not specified. The 2016 data are given in the box (excluding “other” and not specified).

Initial dialysis dose – incremental peritoneal dialysis

PD was started with the incremental method (Incr-PD) by 477 patients in 2022, equaling 35.3% of total incident patients (Figure 5); it was used for at least 1 patient by 136 Centers, equaling 59.9% of the 227 Centers (63.0% when excluding the 11 Centers with no incidence).

For the patients who started PD with an incremental dose, the most widely-used method, as in previous years, was CAPD (82.8%), as opposed to the patients who started with a full-dose prescription, for whom APD is significantly more widely-used (64.7% – p<0.0001) (Figure 5). CAPD is a PD method that is increasingly associated with the incremental prescription and the Centers that perform it.

Over the years the number and percentage of incident patients on Incr-PD have been constantly rising, from the 11.9% of 2005 to the current 35.3% (Figure 6). The number of Centers prescribing it, which increased until 2016, remained the same in 2022 in terms of percentage (62.9% in 2016; 63.0% in 2022 of the Centers which started new patients on PD) (Figure 7). The increase recorded in 2022 can therefore be attributed to an increased use in the Centers which already used it, where it was prescribed for 47.8% of patients.

The Centers using Incr-PD are “larger” than the Centers which do not prescribe it, in terms of both incident (7.3 pt/year vs 4.4 pt/year) and prevalent patients (21.3 patients vs 15.0 patients) (Figure 8).

Excluding the Centers with zero incidence and those which did not send HD data, the use of incremental PD is associated, as in previous years, with greater use of PD in general (22.4% in 114 Centers vs 14.4% in 56 Centers – p<0.005) (Figure 9).

Figure 5: Incremental dialysis in 2022. The method of PD used (CAPD and APD) is given in the lateral columns for “incremental” (on the left) and “full dose” patients (right).
Figure 5: incremental dialysis in 2022. The method of PD used (CAPD and APD) is given in the lateral columns for “incremental” (on the left) and “full dose” patients (right).
Figure 6: Percentage of total incident patients who started PD with an incremental prescription (2 or fewer exchanges on CAPD and 4 or fewer sessions on APD).
Figure 6: percentage of total incident patients who started PD with an incremental prescription (2 or fewer exchanges on CAPD and 4 or fewer sessions on APD).
Figure 7: Percentage of Centers which used the incremental prescription for at least one patient.
Figure 7: percentage of Centers which used the incremental prescription for at least one patient. The percentage was calculated excluding the Centers which did not start any incident patients. If it is related to the total number of Centers the value is slightly lower, but the trend over time does not change.
Figure 8: A) Percentage of Centers over time divided into those which recorded no new patients (INCID = 0)
Figure 8: A) percentage of Centers over time divided into those which recorded no new patients (INCID = 0), those which recorded new patients but did not prescribe the incremental mode (INCR = 0), and those which used it for at least 1 patient (INCR>0). B) Size of the 3 types of Centers, in terms of both incident (above) and prevalent patients (below) in relation to 2022.
Figure 9: A) The percentage use of PD for incident patients in the Centers which do or do not use the incremental prescription.
Figure 9: A) the percentage use of PD for incident patients in the Centers which do or do not use the incremental prescription. The data relates to the 177 Centers which also provided HD data. Of these, 7 were excluded for Incidence = 0. Of the remaining 170, Incr-PD was prescribed in 114 Centers (INCREM.SI). B) The PD admission Odds Ratio in INCREM.SI with respect to INCREM.NO Centers over the years.

Patients from other treatments

In 2022, 178 patients transferred from HD to PD (Figure 10) (Table II).

1st TREAT. FROM HD FROM TX NEW TO PD FROM HD (%) FROM Tx (%)
2005 1443 89 25 1557 5,7 1,6
2008 1379 82 32 1493 5,5 2,1
2010 1429 126 36 1591 7,9 2,3
2012 1433 113 50 1596 7,1 3,1
2014 1652 161 46 1859 8,7 2,5
2016 1595 119 50 1764 6,7 2,8
2019 1363 125 44 1532 8,2 2,9
2022 1350 178 48 1576 11,3 3,0
Table II: patients (absolute value and percentage of all new patients to PD) from HD and return post-Transplant.
Figure 10: New patients to PD, sum of incident patients, transfers from HD and returns post-Tx.
Figure 10: new patients to PD, sum of incident patients, transfers from HD and returns post-Tx.

As expected, this data is decidedly lower than the number of patients switching from PD to HD (464 drop-outs in 2022), but higher in both absolute and percentage terms: indeed, in 2022 it represents 11.3% of all new patients to PD compared to 5.7% in 2005 (Figure 11). If for every 100 patients who transferred from PD to HD in 2005 17 took the reverse path, in 2022 the latter figure was 37. As regards a return to PD post-Transplant, the numbers and percentages have remained substantially unchanged over time (Figure 12).

Figure 11: Trend over time in the percentage of patients who started on PD from HD and Tx out of the total number of new patients on PD.
Figure 11: trend over time in the percentage of patients who started on PD from HD and Tx out of the total number of new patients on PD.
Figure 12: Percentages of patients returning post-Transplant on HD (red) and on PD. Only Centers with complete data for HD as well are considered.
Figure 12: percentages of patients returning post-Transplant on HD (red) and on PD. Only Centers with complete data for HD as well are considered.

Change of PD method

Information on the change of method were available for 224 Centers. In these Centers, 165 patients transferred from CAPD to APD in 2022, while 43 transferred from APD to CAPD (Figure 13). As in previous years, the reason for the change in around half of cases was patient and/or caregiver choice. Other grounds were insufficient clearance / UF for the switch from CAPD to APD, and catheter malfunction for the switch from APD to CAPD.

Figure 13: Change of PD method in 2022. Three Centers did not provide the data.
Figure 13: change of PD method in 2022. Three Centers did not provide the data.

Prevalence and PD method

At December 31st 2022 there were 4152 patients on PD, with 1803 on CAPD and 2349 on APD. Therefore, compared with 2016, a reduction of 9.9% was recorded in the prevalent population (Figure 14) (Table III). In the 177 Centers with complete incidence and prevalence data for HD as well, there were 3191 patients on PD and 18,259 on HD, with a 14.9% PD prevalence.

The most widely-used PD method among prevalent patients is APD (56.6%) (Figure 15), with a further increase compared to previous years (Table III).

The turnover calculated as the ratio of prevalent patients to the total of new patients on PD in 2022 was 31.6 months, substantially unchanged compared to previous years (it was 32.9 months in 2008). The trend in turnover over the years is given in detail in Figure 16.

Table III: Prevalent patients at 31/12/2022 and PD method in the non-pediatric Centers
Table III: prevalent patients at 31/12/2022 and PD method in the non-pediatric Centers which used PD in 2022 compared with previous years. The number of Centers not sending HD incidence data has increased constantly since 2016. * the values of the First SIN Census carried out in 2004 are given since data relating to HD were not requested in the first GPDP Census in 2005.
Figure 14: Number of patients treated with PD at December 31st of each year (prevalent) in the years surveyed.
Figure 14: number of patients treated with PD at December 31st of each year (prevalent) in the years surveyed. The percentage prevalence was calculated on total prevalent patients (PD + HD). Since 2016 a number of Centers have not sent HD prevalence data, so the PD percentage is only calculated for the Centers which have sent the data (light blue, value in italics). The total number of prevalent patients is given at the top of each column. It is to be remembered that the 2019 data are incomplete. In 2005 the HD prevalence data were not requested, so those of the 2004 SIN Census are considered.
Figure 15: Breakdown of incident and prevalent patients between CAPD and APD.
Figure 15: breakdown of incident and prevalent patients between CAPD and APD.
Figure 16: Duration of PD calculated by multiplying the NEW/PREVALENCE ratio by 12.
Figure 16: duration of PD calculated by multiplying the NEW/PREVALENCE ratio by 12. This is obviously valid in steady state conditions, while for 2022 this may not be the case, although the lower incidence was partly offset by the rise in patients from HD.

Assisted PD

In Cs-22 the number of prevalent patients requiring a caregiver (assisted PD) was 878 (21.15% of all prevalent patients on PD) (Figure 17). Compared to 2019 (976 patients on Assisted PD in an incomplete Census), this is a significant reduction (p<0.005).

The caregiver is a family member in 86.3% of cases, a live-in carer in 7.4%, a home nurse in 1.7%; finally, 4.6% (40 patients) perform PD in facilities for the elderly. A reduction was recorded for 2022 in the number of live-in carers, with an increased involvement of family members. The number of patients treated with PD in residential care homes was unchanged (Figure 18).

Figure 17: Assisted PD in the prevalent patients on 31/12/2022 and type of caregiver involved.
Figure 17: assisted PD in the prevalent patients on 31/12/2022 and type of caregiver involved. Given inside the graphic for the latter are the percentages referred to the total of prevalent patients, and near every single component the percentages in relation to the total number of patients on assisted PD.
Figure 18: Trend over time in caregivers involved in assisted PD.
Figure 18: trend over time in caregivers involved in assisted PD.

Change of method and drop-out

Figure 19 shows overall drop-out and drop-out due to transfer to HD, death, and transplant, expressed as both number of patients and events/100 pt-years.

The number of deaths recorded in 2022 was 400 (10.1 ep/100 pt-years), 464 patients transferred to HD (11.7 ep/100 pt-years) and 296 to transplants (7.5 ep/100 pt-years). A reduction in mortality was confirmed for 2022 compared to 2016.

Other causes of drop-out from PD in 2022 were voluntary refusal to continue dialysis (burn out) for 21 patients, Recovery of Residual Renal Function (RFRR) in 14 patients and on “other” grounds for 6 patients. Burn out was proposed for the first time in 2022, and may have been attributed in the past to death or “other” grounds.

With regard to drop-out to HD (Figure 20), the single main cause remains peritonitis (23.5%), but its reduction over the course of the years was confirmed (2005: 37.9%; 2008: 36.7%; 2010: 30.4%; 2012: 28.2%; 2014: 24.8%; 2016: 23.8%). The second cause – significantly on the increase – is the impossibility to continue on PD (22.4%). Traditionally this refers to events that render the patient no longer suitable for the performance of the dialysis procedures due to the onset of barriers to independence (physical, psychological, cognitive) in the event of absence or loss – if already on Assisted PD – of the caregiver. Other clinical events may also be attributed to this cause however. Finally, catheter is increasing as cause of drop-out (14.0%).

The main cause of death is heart disease (42.3%), while peritonitis represents 1.9% of deaths (Figure 21).

Figure 19: Causes of drop-out from PD over the years. In 2019 the Census was incomplete.
Figure 19: causes of drop-out from PD over the years. In 2019 the Census was incomplete.
Figure 20: Causes of transfer to HD over the years. In 2019 the Census was incomplete.
Figure 20: causes of transfer to HD over the years. In 2019 the Census was incomplete.
Figure 21: Causes of death in the Centers that used the dedicated 2.2. program to send the data.
Figure 21: causes of death in the Centers that used the dedicated 2.2. program to send the data.

Peritonitis

The number of episodes of peritonitis recorded in 2022 was 696 in 226 Centers, which for a total follow-up of 3943.5 years (47.322 months) is equivalent to 0.176 episodes per patient-year, or in other terms 1 episode every 68.0 patient-months, a lower incidence than recorded in previous years. As far as the percentage of negative cultures is concerned (134 episodes, equaling 19.3% of the total), the data is not significantly different to previous years (Table IV).

The peritonitis trend is given in both Table IV and Figure 22.

The etiology was analyzed for 627 cases of peritonitis reported in 211 Centers. One Center did not report the data, and 15 reported a higher number defined by the etiological agents than the cases of peritonitis reported overall (+18). However, as 8 Centers reported a lower number of etiological agents for peritonitis than the total declared (-17), the net difference was only 1 episode, confirming the validity of the overall data.

Half (50.1%) were caused by Gram positives, 27.9% by Gram negatives and 2.7% by unspecified germs (Figure 23). Cases of culture-negative peritonitis in these Centers were lower (17.9%) than those declared overall by all the Centers (134 episodes, 19.3%). Figure 24 details the different isolated microorganisms.

Of the episodes of peritonitis recorded in 2022, 323 (46.4%) occurred during CAPD and 373 (53.6%) APD, reflecting the breakdown of the 2 methods in prevalent patients.

Table IV: The episodes of peritonitis recorded by 73% of surveyed Centers are given for 2005, while not all recorded them in 2019 (and 4 did not report the data).
Table IV: the episodes of peritonitis recorded by 73% of surveyed Centers are given for 2005, while not all recorded them in 2019 (and 4 did not report the data). For 2022 the data refer to all the Centers, except 1 which was unable to retrieve the data. The calculation is taken from the overall number. Any discrepancy with the number of etiological agents has not been taken into account for standardization with the previous years (in which the etiology was not investigated).
Figure 22: Incidence of peritonitis in 2022. The peritonitis reported for 2005 was recorded by 73% of the Centers surveyed, while not all were surveyed in 2019
Figure 22: incidence of peritonitis in 2022. The peritonitis reported for 2005 was recorded by 73% of the Centers surveyed, while not all were surveyed in 2019 (and 4 did not report the data). For 2022 the data refer to all the Centers, except 1 due to impossibility to retrieve the data. The count is taken from the total number. Any discrepancy with the number of etiological agents was not taken into account for standardization with the previous years (in which the etiology was not investigated).
Figure 23: Etiology of peritonitis – breakdown based on the main categories.
Figure 23: etiology of peritonitis – breakdown based on the main categories.
Figure 24: Etiology of peritonitis in detail.
Figure 24: etiology of peritonitis in detail.

Encapsulating peritoneal sclerosis (EPS)

Of the 7 new episodes of EPS reported during the period 2020-22, 5 were diagnosed in the course of PD and 2 following transfer to HD. No cases were reported following a transplant (Figure 25).

A separate paper in this number is dedicated to discussing this finding, which is similar to 2019, but in constant decline.

Figure 25: Sclerosing peritonitis over time. For 2022 only the number of extracted cases is reported.
Figure 25: sclerosing peritonitis over time. For 2022 only the number of extracted cases is reported.

PET

Peritoneal permeability is assessed by most of the Centers (88.1%). although the number of Centers which do not consider it has grown further (2.2% in 2010 vs 11.9% in 2022).

For some time now the most widely-used method is 3.86%-PET rather than Twardowski’s 2.27%-PET (Figure 26). The number of Centers measuring peritoneal permeability using more sophisticated techniques or in another way increased.

The Centers using 3.86%-PET are larger, with a lower drop-out due to UFF/insufficient clearance (Figure 27).

Figure 26: Assessment of peritoneal permeability with the various methods.
Figure 26: assessment of peritoneal permeability with the various methods.
Figure 27: Characteristics of the Centers divided on the basis of assessment of peritoneal permeability adopted and incidence of drop-out due to UFF or poor clearance.
Figure 27: characteristics of the Centers divided on the basis of assessment of peritoneal permeability adopted and incidence of drop-out due to UFF or poor clearance.

PD for heart failure

The Census considers separately new patients to PD on NON renal grounds (GFR > 15 ml/min/1.73m2). The main non-renal reason remains treatment for heart failure (PUF), which regarded 66 patients in 44 Centers in 2022. The data is unchanged with respect to 2010 (Figure 28). In these Centers, with a larger PD program and greater use of Assisted PD, PUF represents 15% of new patients to PD (Figure 29).

Figure 28: Use of PUF (PD in refractory heart failure (HF) at GFR > 15 ml/min/1.73m2) compared with 2010.
Figure 28: use of PUF (PD in refractory heart failure (HF) at GFR > 15 ml/min/1.73m²) compared with 2010.
Figure 29: Characteristics of the Centers which use PD for refractory heart failure (HF).
Figure 29: characteristics of the Centers which use PD for refractory heart failure (HF).

Analysis of the Centers

Mean incidence was 5.9 patients per Center and mean prevalence 18.3 patients per Center, with considerable variability between one Center and another (Figure 30). Most of the Centers involved and of the prevalent patients are concentrated in the North (102 Centers, 45%). Figure 31 shows the geographical distribution.

The 2022 Census considered various aspects which characterize PD Centers. The data is being analyzed and will be published soon.

Figure 30: Distribution of centers and patients by Macro area.
Figure 30: distribution of centers and patients by Macro area.
Figure 31: Breakdown by incidence and prevalence of the PD Centers which took part in the 2022 Census.
Figure 31: breakdown by incidence and prevalence of the PD Centers which took part in the 2022 Census.

 

Discussion

Limitations and new features

The PD Census – at its 8th edition counting 2022 – represents the result of a constant organizational effort by GPDP-SIN and all the PD points of contact in the Centers in Italy using PD. Following the difficulties of the last edition caused by the pandemic, PD Center participation in 2022 was once again 100%.

As has been reiterated several times, its main limitation lies in the fact that it is a photograph of the Centers which perform PD alone, though this is also its raison d’être.

A second limitation results from the growing difficulty the PD points of contact have in sending even the most basic information relating to patients on HD in their Centers. Found for the first time in 2016, the number of Centers not sending HD data reached 22% in 2022.

A third limitation is the calculation of follow-up. With the data available, prevalence at the end of the year, new patients to PD and drop-outs the follow-up has always been calculated by subtracting from and adding to end-of-year prevalence half of the new patients to PD and half of the drop-outs recorded in the year respectively. This system has been preferred to considering the mean between current prevalence and prevalence recorded at the time of the previous Census (a system only used in calculating the incidence of EPS) due both to the interval in between, at times 3 or more years, and – at least initially – the lack of historical data. As usual, however, we report the absolute patient and event values so that anyone who wishes to perform recalculations can do so. It should be remembered only that the system adopted is the most “anti-economic” in that it leads to an underestimation of the follow-up, and therefore an overestimation of the incidence of events. Despite this, it has been shown that the results of PD in Italy are more than valid.

The most important new feature is represented by the new system for collecting the data by means of a dedicated program that can be used to send it in aggregate form. This system has greatly reduced data incongruence and has increased the information available, enabling increasingly detailed processing. As it is not yet used by all the Centers, however, traditional calculation and processing methods have been applied in this edition to all the Centers.

Use of PD

The number of incident and prevalent patients on PD is decreasing: compared to 2016, in 2022 there was a fall in the total number of incident patients of 15.4%, and in the number of prevalent patients of 9.9%. Percentage incidence and prevalence – calculated only for the Centers which sent HD data – are also dropping: compared to 2016, incidence fell from 24.0% to 19.8% and prevalence from 17.4% to 14.9%. It should be remembered furthermore that these percentage values refer only to the Centers using PD. If the number of prevalent patients on PD in 2022 is related to dialysis (HD + PD) prevalence data in Italy (estimated by the Italian Dialysis and Transplant Register to be 811 patients per million inhabitants (pmp) for 2019 [9]), then PD prevalence in Italy is 8.7% (Figure 32), which is disheartening in comparison with other Western countries (Figure 33) (Figure 36 – A) [1013], where the percentage prevalence is higher, not diminishing, and at times continuously increasing, as in the USA.

The reduction in prevalence has involved different regions and macro-areas to a variable degree (Figure 34) (Figure 35).

Figure 32: PD pmp prevalence in relation to the total (HD + PD) reported by the Italian Dialysis and Transplant Register.
Figure 32: PD pmp prevalence in relation to the total (HD + PD) reported by the Italian Dialysis and Transplant Register. The percentages show the relationship between the two prevalences. It is to be remembered that, unlike RIDT, the Census does NOT include pediatric patients.
Figure 33: Trend in percentage PD prevalence reported by the main international registers.
Figure 33: trend in percentage PD prevalence reported by the main international registers.
Figure 34: Comparison between 2022 and 2016 of prevalence referred to the resident populations in the various Italian Macro areas.
Figure 34: comparison between 2022 and 2016 of prevalence referred to the resident populations in the various Italian Macro areas.
Figure 35: Comparison between 2022 and 2016 of absolute value prevalence and referred to the resident populations in the various Italian Regions.
Figure 35: comparison between 2022 and 2016 of absolute value prevalence and referred to the resident populations in the various Italian Regions.
Figure 36: International comparisons.
Figure 36: international comparisons. In A absolute value and percentage prevalence reported by several registers. Canada includes Québec since 2020. Scandinavia includes Denmark, Iceland, Sweden, Norway, Finland. In B the outcome data reported by the Registers in France and ANZ.

Incremental Dialysis

Incremental Dialysis has been investigated ever since the first edition, documenting its characteristics and evolution over time in a manner which is detailed, and still unique – in terms of national Registers – in literature [14]. In 2022 this method grew further due to its greater use in the Centers that already prescribed it, and it seems to increasingly affect the choice of PD method: CAPD for the incremental prescription and APD for full-dose PD. Its use associated with a higher percentage use of PD is confirmed, while an important – but not yet resolved – aspect remains its role in the constant decrease observed in the incidence of peritonitis. Dr. Valerio Vizzardi of the Brescia Center, who has extensive experience in the use of this prescription, examines its importance and limitations in a dedicated annex to this report.

Assisted PD

This aspect will also be considered separately, though a significant reduction in recourse to Assisted PD is seen for 2022.

As is the case with other aspects, assisted PD is used more in larger Centers. The most common caregiver by far is a family member. In this, the situation in Italy is consistent with that in other countries, except – as is well-known and has already been extensively discussed previously – for France.

Drop-out from PD

The improvement seen in mortality is confirmed in 2022, while transfer to HD and transplant remain substantially unchanged. Excluding 2019, the year in which the Census was conducted at the height of the pandemic and was as a result incomplete in terms of both number of Centers taking part and information received, it is the first time drop-outs from PD have fallen below 30 episodes per 100 patient years.

Very little register data is available. Compared with ANZ and France, the Italian rate of turnover is the lowest, and mortality is comparable if not better, although burn-out (voluntary withdrawal from dialysis) is significantly lower than in other countries (Figure 36 – B).

Highlighted in terms of causes of drop-out to HD is an increase in catheter malfunction and the impossibility to continue PD. The fact that the data for the latter differ from France and ANZ is likely to be due to their more limited definition of the category.

A possible association with the lesser role of the Nephrologist in placement and the less frequent recourse to Assisted PD recorded in 2022, however appealing, remains to be established.

The reduction over the years in drop-out due to peritonitis is confirmed, consistent with the decrease observed in the incidence of peritonitis.

Finally, if drop-outs due to insufficient clearance and UFF are considered together, they are superimposable with the situation in other countries (Figure 36 – B).

Peritonitis

The incidence of peritonitis fell in 2022 to 0.176 episodes/patient year. Essentially, it has dropped from 5 episodes per patient-year in the 80s to less than 1 episode every 5 years. In particular, the incidence of peritonitis has almost halved from the first Census in 2005 (1 episode every 36 months) to today (1 episode every 68 months). This value is among the lowest recorded in the West, and is markedly lower than the maximum target recommended by the 2022 ISPD guidelines [15] and consistent with world trends for this complication (Figure 37) [16].

As regards the etiology too, which was investigated in a complete manner for the first time, the Census data are consistent with what has been observed in other Registers and multi-center studies [1719].

Andamento delle peritoniti nel tempo. Dati di Registro ricavato da Marshall et al [16].
Figure 37: trend in peritonitis over time. Register data sourced from Marshall et al [16]. The maximum ISPD – 2022 guideline targets are reported, along with the comparison with the GPDP Census data.
EPS

The 2022 data seem to confirm the major reduction in this PD complication, limited as it was to just a few cases in PD and in HD. This data is controversial – and in certain respects dangerous – because it could lead to less attention being given to the complication in PD to be feared most, so it was worthy of the in-depth analysis carried out by Prof. Guido Garosi and Dr. Nicoletta Mancianti attached to the Report.

Assessment of peritoneal permeability

The monitoring of peritoneal permeability, and the way in which it is done, is an important PD program quality indicator. The Census data show a constant increase over the years in the use of 3.86%-PET, from 15.6% of the Centers in 2010 to 57.7% in 2022. Contributing to this success has certainly been the research carried out by Dr. Vincenzo La Milia, who has examined the reasons in an annex to the Report.

PD due to refractory heart failure

When terminal-stage heart failure is reached, treatment of congestion by means of PD represents a possible solution which was already proposed many years ago. The experience reported in literature [2021] shows clear positive effects on symptomatology, quality of life and admissions to hospital. Indications on when to start the therapy still remain uncertain, and a real comparison with HD is practically impossible, although the data do not show significant differences. The Census highlights an important aspect associated with this therapy. Over a period of more than 10 years, its use in Italy remains relegated to the same number of Centers and for the same number of patients. The Centers that use it are larger and make greater use of assisted PD. 

Center Effect

The number of Centers which use PD has remained substantially the same over the years. In various aspects of PD examined (Incr-PD, drop-out to HD, assisted PD, non-renal PD, PET), it seems that the so-called “Center effect” – in short, size of PD program (prevalent patients) – is important: the larger the program, the better the use and results of PD seem to be. The 2022 Census investigated in greater detail the characteristics of Centers, such as the presence of dedicated doctors and nurses, the availability of dedicated premises and of a home visit program, training methods. A detailed analysis of this important aspect is underway for forthcoming publication.

 

Conclusions

The PD Census relating to 2022 confirms the quality of PD in Italy in terms of prescription elasticity, reduction in mortality, reduction in peritonitis and EPS, the still extensive recourse to Assisted PD, although this is on the decrease, and monitoring of the peritoneal membrane. However, the use of PD seems to be diminishing. Limited as it is to PD Centers, the Census does not make it possible to identify the reasons for this fall. It just highlights its contrast with the results obtained. Thanks to the active participation of the PD contacts in the individual Centers, the Census confirms itself as a valid, constantly-developing tool for knowing the actual situation.

 

Acknowledgements

Special thanks to the contacts in the Centers taking part in the Census, whose commitment has made the collection of the data and this report possible.

Abdulsattar Giamila (Oristano)
Alberghini Elena (Cinisello Balsamo)
Albrizio Paolo (Voghera)
Alessandrello Maria Grazia Ivana (Modica)
Alfano Gaetano (Modena)
Amar Karen (Cernusco sul Naviglio)
Ambrogio Antonina (Rovigo)
Ancarani Paolo (Sestri Levante)
Angelini Maria Laura (forlì)
Ansali Ferruccio (Civitavecchia)
Apponi Francesca (Frosinone)
Argentino Gennaro (Napoli)
Avella Alessandro (Varese)
Barattini Marina (Massa)
Barbera Vincenzo (Colleferro)
Basso Anna (Padova)
Bellotti Giovanni (Sapri)
Benozzi Luisa (Borgomanero)
Bermond Francesca (Torino)
Bianco Beatrice (Verona)
Bigatti Giada (Sesto San Giovanni)
Bilucaglia Donatella (Torino)
Boccadoro Roberto (Rimini)
Boito Rosalia (Crotone)
Bonesso Cristina (San Donà di Piave)
Bonincontro Maria Luisa (Bolzano)
Bonvegna Francesca (Verbania)
Borettaz Ilaria (Melegnano – Vizzolo Predabissi)
Borrelli Silvio (Napoli)
Bosco Manuela (Gorizia)
Braccagni Beatrice (Poggibonsi)
Budetta Fernando (Eboli)
Cabibbe Mara (Milano)
Cabiddu Gianfranca (Cagliari)
Cadoni Maria Chiara (San Gavino Monreale)
Campolo Maria Angela (Lamezia Terme)
Cannarile Daniela Cecilia (Bologna)
Cannavo’ Rossella (Firenze)
Canonici Marta (Fabriano)
Cantarelli Chiara (Parma)
Caponetto Carmelo (Siracusa)
Cappadona Francesca (Genova)
Cappelletti Francesca (Siena)
Caprioli Raffaele (Pisa)
Capurro De Mauri Federica Andreana (Novara)
Caria Simonetta (Quartu Sant’ Elena)
Carta Annalisa (Nuoro)
Caselli Gian Marco (Firenze)
Casuscelli di Tocco Teresa (Messina)
Cataldo Emanuela (Altamura)
Cernaro Valeria (Messina)
Cerroni Franca (Rieti)
Ciabattoni Marzia (Savona)
Cianfrone Paola (catanzaro)
Cimolino Michele (Pordenone)
Comegna Carmela (Tivoli)
Consaga Marina (Livorno)
Contaldo Gina (Monza)
Conti Paolo (Arezzo)
Cornacchia Flavia (Cremona)
Cosa Francesco (Legnano)
Cosentini Vincenzo (San Bonifacio)
Costantini Luigia (Vercelli)
Costantino Ester Grazia Maria (Manerbio)
Costanza Giuseppa (Gela)
D’Alonzo Silvia (Roma)
D’Altri Christian (Martina Franca)
D’Amico Maria (Erice)
De Blasio Antonietta (Caserta)
Del Corso Claudia (Pescia)
Della Gatta Carmine (Nola)
D’Ercole Martina (La Spezia)
Di Franco Antonella (Barletta)
Di Liberato Lorenzo (Chieti)
Di Loreto Ermanno (Atri)
Di Renzo Brigida (Brindisi)
Di Somma Agnese (San Marco Argentano)
Di Stante Silvio (Pesaro – Fano)
Dinnella Angela Maria (Anzio)
Distratis Cosimo (Manduria)
Dodoi Diana Teodora (Chieri)
Domenici Alessandro (Roma)
Esposito Samantha (Grosseto)
Esposito Vittoria (Pavia)
Farina Marco (Lodi)
Ferrando Carlo (Cuneo)
Ferrannini Michele (Roma)
Ferrara Gaetano (San Giovanni Rotondo)
Figliano Ivania Maria (Vibo Valentia)
Figliola Carmela (Gallarate)
Filippini Armando (Roma)
Finato Viviana (San Miniato)
Fiorenza Saverio (Imola)
Frattarelli Daniele (Roma Ostia)
Gabrielli Danila (Aosta)
Gai Massimo (Torino)
Garofalo Donato (Fermo)
Gazo Antonietta (Vigevano)
Gennarini Alessia (Bergamo)
Gherzi Maurizio (Ceva)
Giancaspro Vincenzo (Molfetta)
Gianni Glauco (Prato)
Giovannetti Elisabetta (Camaiore)
Giovannetti Elisabetta (Lido di Camaiore)
Giozzet Morena (Feltre)
Giuliani Anna (Vicenza)
Giunta Federica (Macerata)
Graziani Romina (Ravenna)
Guizzo Marta (Castelfranco Veneto)
Heidempergher Marco (Milano)
Iacono Rossella (Civita Castellana)
Iadarola Gian Maria (Torino)
Iannuzzella Francesco (Reggio Emilia)
Incalcaterra Francesca (Palermo)
La Milia Vincenzo (Lecco)
Laudadio Giorgio (Bassano del Grappa)
Laudon Alessandro (Trento)
Lenci Federica (Ancona)
Leonardi Sabina (Trieste)
Lepori Gianmario (Olbia)
Leveque Alessandro (Citta’ di Castello)
Licciardello Daniela (Acireale)
Lidestri Vincenzo (Chioggia)
Lisi Lucia (Vimercate)
Lo Cicero Antonina (San Daniele del Friuli )
Luciani Remo (Roma)
Maffei Stefano (Asti)
Magnoni Giacomo (Bologna)
Malandra Rossella (Teramo)
Manca Rizza Giovanni (Pontedera)
Mancuso Verdiana (Agrigento)
Manfrini Vania (Seriate)
Manini Alessandra (Crema)
Marcantoni Carmelita (Catania)
Marchetti Valentina (Lucca)
Marini Alvaro (Popoli)
Martella Vilma (Lecce)
Masa Maria Alessandra (Sondrio)
Mastrippolito Silvia (Lanciano)
Mastrosimone Stefania (Treviso)
Matalone Massimo (Catania)
Mauro Teresa (Corigliano Rossano)
Mazzola Giuseppe (Mantova)
Melfa Gianvincenzo (Como)
Messina Antonina (Catania)
Miglio Roberta (Busto Arsizio)
Miniello Vincenzo (Pistoia)
Mollica Agata (Cosenza)
Montalto Gaetano (Taormina)
Montanari Marco (Ariccia)
Montemurro Vincenzo (Firenze)
Musone Dario (Formia)
Nardelli Luca (Milano)
Neri Loris (Alba)
Orani Maria Antonietta (Milano)
Palmiero Giuseppe (Napoli)
Palumbo Roberto (Roma)
Panuccio Vincenzo Antonio (Reggio Calabria)
Panzino Antonio Rosario (Catanzaro)
Parodi Denise (Arenzano)
Pastorino Nadia Rosa (Novi Ligure)
Pellegrino Cinzia (Cetraro)
Perilli Luciana (Vasto)
Perna Concetta (Cerignola)
Perosa Paolo (Pinerolo)
Pieracci Laura (Imperia)
Pietanza Stefania (Putignano)
Pignone Eugenia (Torino)
Pinerolo Maria Cristina (Milano)
Piraina Valentina (ivrea)
Pirrottina Maria Anna (San Benedetto del Tronto)
Pisani Antonio (Napoli)
Pogliani Daniela Rosa Maria (Garbagnate Milanese)
Porreca Silvia (Bari)
Pozzi Marco (Desio)
Prerez Giuseppina (Dolo)
Previti Antonino (Santorso)
Puliti Maria Laura (Palestrina)
Randone Salvatore (Avola)
Ricciardi Daniela (Castiglione del Lago)
Ricciatti Annamaria (Ancona)
Rocca Anna Rachele (Roma)
Rubini Camilla (Venezia Mestre)
Russo Francesco Giovanni (Scorrano)
Russo Roberto (Bari)
Sabatino Stefania (Udine)
Sacco Colombano (Biella)
Sammartino Fulvio Antonio (Pescara)
Santarelli Stefano (Jesi)
Santese Domenico (Taranto)
Santinello Irene (Piove di Sacco)
Santirosi Paola Vittori (Foligno-Spoleto)
Santoferrara Angelo (Civitanova Marche)
Saraniti Antonello (Milazzo)
Savi Umberto (Belluno)
Scalso Berta Ida (Cirie’)
Scarfia Rosalia Viviana (Caltagirone)
Serriello Ilaria (Roma)
Signorotti Sara (Cesena)
Silvana Baranello (Campobasso)
Somma Giovanni (Castellamare di Stabia)
Sorice Mario (Senigallia)
Spissu Valentina (Sassari)
Stacchiotti Lorella (Giulianova)
Stucchi Andrea (Milano)
Taietti Carlo (Treviglio)
Tata Salvatore (Venezia)
Teri Antonino (Foggia)
Tettamanzi Fabio (Tradate)
Timio Francesca (Perugia)
Todaro Ignazio (Piazza Armerina)
Toriello Gianpiero (Polla)
Torraca Serena (Salerno)
Trepiccione Francesco (Napoli)
Trubian Alessandra (Legnago)
Turchetta Luigi (Cassino)
Vaccaro Valentino (Alessandria)
Valsania Teresa (Piacenza)
Vecchi Luigi (Terni)
Veronesi Marco (Ferrara)
Visciano Bianca (Magenta)
Viscione Michelangelo (Avellino)
Vizzardi Valerio (Brescia)
Zanchettin Gianantonio (Conegliano)
Zeiler Matthias (Ascoli Piceno)

 

Bibliography

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Omentopexy in Peritoneal Catheter Malfunction

Abstract

Among the various problems associated with peritoneal dialysis, besides infectious causes, the risk of catheter malfunction plays a significant role in conditioning the continuation of the method, accounting for up to 15-18% of the total causes of dialysis drop-out. When non-invasive maneuvers, such as the use of laxatives to stimulate intestinal peristalsis or heparin and/or urokinase have no effect, videolaparoscopy is the only method that directly detects the precise causes of peritoneal catheter malfunction. Those found are, with decreasing frequency, the winding of the catheter between the intestinal loops and the omentum (wrapping), the dislocation of the catheter, the combination of wrapping and dislocation, the occlusion of the catheter by a fibrin plug, the adhesions between the intestine and abdominal wall, the occlusion of the catheter by epiploic appendages or adnexal tissue and, occasionally, the presence of a new formation of endoperitoneal tissue enveloping and obstructing the peritoneal catheter. We report the case of a young patient of African ethnicity who, only five days after catheter placement, experienced malfunction. A videolaparoscopy revealed wrapping with invagination of omental tissue inside the catheter. After omental debridement, a proper peritoneal cavity washout with heparin was resumed, and after a couple of weeks, APD was initiated. About a month later, a new malfunction without signs of coprostasis or problems with the abdominal radiogram was observed. However, a subsequent catheterography confirmed the blockage of drainage. This was followed by another catheterography and omentopexy, with definitive solution of the Tenckhoff malfunction.

Keywords: peritoneal dialysis, peritoneal catheter, omentopexy

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Introduzione

La dialisi peritoneale rappresenta un’opzione dialitica in cui l’accesso alla cavità addominale rimane uno dei punti più importanti sia per la sopravvivenza della tecnica [1] che per la dislocazione o l’infezione del catetere, quali principali cause di fallimento della metodica. Un problema collegato all’accesso suddetto è rappresentato sicuramente dal malfunzionamento del catetere che, se si verifica, comporta l’impossibilità di eseguire in maniera adeguata la dialisi peritoneale, condizionando la sopravvivenza tecnica del catetere e spesso anche il proseguimento della metodica dialitica stessa [24]. Il rischio di malfunzionamento del catetere peritoneale è di circa il 15-18% l’anno [5, 6]. Le tecniche di posizionamento che prevedono l’esecuzione di procedure quali l’omentectomia, l’omentopessi [711], la tunnellizzazione nel retto o la fissazione intra-addominale, sembrano presentare una ridotta insorgenza di malfunzionamento [12, 13]. È opinione condivisa che il catetere peritoneale “ideale” dovrebbe quantomeno assicurare un rapido flusso bidirezionale senza comparsa di complicanze (leakage o infezioni) e che non esista in realtà una variante di catetere superiore all’altra, conferendo al nefrologo la scelta decisiva del tipo di catetere; queste caratteristiche sono sempre state tipiche del catetere originale di Tenckhoff e le sue varianti, proposte successivamente nel tentativo di ridurne le comunque possibili complicanze.

Accanto al classico catetere di Tenckhoff, ideato nel 1968, oggi troviamo tutta una serie di varianti che possono personalizzare la scelta del nefrologo. Il materiale usato è il silicone dotato di minor azione irritante rispetto al polivinile o altri materiali in precedenza utilizzati, atraumatico per i tessuti circostanti, morbido, flessibile e privo di plasticizzanti rilasciabili clinicamente dannosi. Nella forma per l’adulto la lunghezza complessiva è di circa 40 cm, strutturata in un segmento intraperitoneale diritto munito di multipli forellini, un segmento transparietale o intramurale, un segmento sottocutaneo ed un segmento esterno o extra-addominale; il diametro interno è di 2,6 mm; due cuffie di poliestere (Dacron), una profonda intramurale ed una superficiale sottocutanea, lo ancorano ai tessuti; una striscia radiopaca ne permette infine una facile identificazione radiologica in caso di dislocazioni o rotture accidentali. Nel corso degli anni sono state proposte numerose varianti tanto da avere attualmente a disposizione sul mercato diverse combinazioni per quanto riguarda il numero delle cuffie (1 o 2), la configurazione dell’estremità intraperitoneale diritta (straight) o a spirale (coiled), la conformazione del tratto sottocutaneo del catetere diritta o precurvata a “collo di cigno” (swan-neck), la presenza infine di dispositivi atti a impedire la dislocazione del tratto intraperitoneale. Una variante ampiamente usata è, appunto, il catetere Swan-Neck, ovvero un Tenckhoff classico caratterizzato tuttavia da una precurvatura del tratto sottocutaneo compreso fra le due cuffie con un angolatura di 170°-180°, tale da ricordare la sinuosità del collo di cigno che consente di direzionare verso il basso l’uscita del catetere agevolando il drenaggio verso l’esterno di eventuali secrezioni, riducendo così le complicanze infettive dell’exit site ed annullando la memoria elastica del catetere riducendo la dislocazione. Un’altra variante è il catetere Toronto Western Hospital (TWH), un Tenckhoff caratterizzato dalla presenza di due dischi di silicone posizionati perpendicolarmente nell’ultima porzione del tratto intraperitoneale del catetere con il duplice scopo di tenere lontani l’omento e le anse intestinali dai forellini di deflusso e di minimizzare la migrazione del tip; gli svantaggi includono una maggiore difficoltà nell’impianto e nella rimozione del catetere dell’estremità intraperitoneale e l’estrusione della cuffia superficiale. Altra variante il catetere a T di Ash e Janlel, con una porzione intraperitoneale, posizionata a contatto con il peritoneo parietale e che presenta, anziché i forellini laterali, 8 ampie scanalature a becco di flauto; le scanalature e la forma a T garantirebbero rispettivamente un miglior flusso e minori problemi di dislocazione. Altra variante è il catetere autolocante di Di Paolo, un Tenckhoff diritto caratterizzato da un piccolo cilindro di tungsteno dal peso di 12 grammi incorporato nell’estremità intraperitoneale del catetere; un tale “appesantimento” ne impedirebbe la dislocazione al di fuori della pelvi ma protrebbe provocare decubito. Un aspetto che sicuramente incide sulla scelta del tipo di catetere è la sua lunghezza che può variare in funzione della conformazione fisica del paziente: il catetere Swan-Neck, indicato nei pazienti obesi, con uscita presternale è una variante con estremità a spirale, composto da due cateteri in silicone collegati fra di loro in modo termino-terminale da un raccordo di titanio: la parte inferiore costituisce il segmento intra-addominale e parte del segmento intramurale, quello superiore o toracico costituisce la rimanente parte del segmento intramurale e tutto il tunnel sottocutaneo dotato di 2 cuffie di Dacron. Altra variante è il Vicenza cath, un catetere di Tenckhoff diritto a doppia cuffia caratterizzato da una minor lunghezza del tratto intraperitoneale (8 cm vs 15 cm) rispetto al modello originale, ideato dal gruppo di Vicenza ed indicato per l’infissione in sede sovrapubica nell’intento di limitare il rischio di intrappolamento omentale e sua dislocazione.
Oltre alla sede dell’exit-site e al tipo di catetere, è l’omento che gioca un ruolo fondamentale sia per la dialisi peritoneale che per l’equilibrio della cavità addominale e dei suoi visceri. Esso è una formazione sierosa che avvolge gli organi addominali e si distingue in “grande omento” (o grande epiploon o epiploon gastro-colico), plicatura del peritoneo viscerale ed infiltrato di adipe estesa dallo stomaco al colon trasverso che ricopre la massa intestinale a guisa di grembiule, e “piccolo omento” che unisce lo stomaco al fegato.
Il piccolo omento stabilizza i vari organi e veicola alcuni vasi (arteria epatica, dotto coledoco, vena porta). Il grande omento costituisce, invece, una sorta di lamina ventrale che protegge tutti o buona parte degli organi della cavità addominale. Un’anamnesi attenta può essere importante per identificare cause di malfunzionamento come la presenza di costipazione, di frustoli di fibrina e di liquido peritoneale ematico durante lo scarico. Inoltre, la stessa posizione che il paziente deve assumere per evitare problemi di drenaggio può essere indicativa della posizione del catetere all’interno della cavità addominale. Una radiografia dell’addome in proiezioni antero-posteriore e laterale ed, eventualmente, anche in posizione supina, è necessaria per verificare la posizione del catetere e per confermare il sospetto di una sua dislocazione o angolazione e per evidenziare un intasamento fecale del colon. In generale, le metodiche di salvataggio del catetere peritoneale malfunzionante possono essere distinte in tecniche non invasive, o conservative, e tecniche invasive che necessitano di un intervento chirurgico. Tra quelle non invasive, l’uso di lassativi (polietilenglicole, macrogol, etc.), favorendo la motilità intestinale, può aiutare a riportare alla posizione ideale il catetere peritoneale. Sempre tra quelle non invasive, nel caso in cui ci siano problemi di carico/scarico legati ad ostruzione intraluminale certa o sospetta, talvolta sono efficaci le manipolazioni intraluminali come l’introduzione di liquido di dialisi a pressione positiva, l’introduzione di eparina o di urochinasi [14] o di spazzolini endoscopici, cateteri ureterali o del catetere di Fogarty. In quelle invasive, la videolaparoscopia rappresenta l’unica vera metodica che rileva in modo diretto le cause di malfunzionamento del catetere peritoneale e permette inoltre una precoce ripresa della dialisi rispetto alla procedura laparotomica in relazione alla sua mininvasività. Quelle riscontrate sono, con frequenza decrescente, l’avvolgimento del catetere tra le anse intestinali e l’omento (omental wrapping) [1518], la dislocazione del catetere, la combinazione di wrapping e dislocazione, l’occlusione del catetere da tappo di fibrina, le aderenze tra l’intestino e la parete addominale, l’occlusione del catetere da appendici epiploiche o da tessuto annessiale. Una neoformazione tissutale endoperitoneale che avvolge ed ostruisce il catetere peritoneale viene riscontrata solo occasionalmente. Una recente revisione sistematica, attraverso una ricerca bibliografica su Medline, EMBASE, Scopus e Cochrane Library ed in accordo con la Cochrane Collaboration, nel febbraio 2021 ha posto l’attenzione su pazienti sottoposti ad inserimento del catetere peritoneale con e senza manipolazione omentale. I risultati, comunque correlati da bassa a moderata qualità dei dati, hanno messo in evidenza che la manipolazione omentale eseguita al momento dell’inserimento del catetere peritoneale, attarverso tecniche di videolaparoscopia, conferisce benefici in termini di ridotta ostruzione e fallimento che ne richiedano successivamente la rimozione [19].

 

Caso clinico

Riportiamo il caso clinico di un paziente di sesso maschile, di etnia africana, di 48 anni, lavoratore metalmeccanico con una storia anamnestica di gozzo multinodulare tossico dall’età di 36 anni ed ipertensione arteriosa nota dall’età di 43 anni. Nel maggio 2021 aveva riscontrato un quadro di malattia renale cronica IV, sino ad allora misconosciuta, da causa ignota (reni ecograficamente piccoli) ma probabilmente ad etiologia nefroangiosclerotica. Ad inizio 2022 aveva rifiutato di iniziare il trattamento emodialitico presso altro centro per poi essere costretto, dopo pochi mesi, ad iniziare l’emodialisi attraverso un catetere venoso centrale temporaneo, sostituito dopo sole 48h dal suo posizionamento per infezione da S. aureus. Il paziente veniva trasferito per competenza territoriale presso il nostro centro per proseguire l’emodialisi e lo stesso, nel corso di un nostro colloquio predialisi, aveva accettato di intraprendere la strada della dialisi peritoneale, data la giovane età ed il tipo di lavoro. Contemporaneamente alla decisione di essere valutato per la dialisi peritoneale, il paziente accettava di iniziare tutti gli esami strumentali ed ematochimici valevoli per il potenziale inserimento in lista d’attesa per trapianto di rene da donatore cadavere (non erano disponibili potenziali donatori viventi). A seguito di riscontro di tampone cutaneo e nasale positivi allo S. aureus, veniva preventivamente sottoposto a terapia antibiotica (vancomicina ev in centro dialisi), anche propedeutica al successivo posizionamento del catetere peritoneale. Dopo un paio di settimane di emodialisi nel nostro centro, veniva sottoposto ad intervento, in anestesia spinale ed in laparotomia, di posizionamento di catetere di Tenckhoff in fossa iliaca destra, con controllo, post procedura chirurgica, radiografico dell’addome che certificava il buon posizionamento dello stesso, in presenza di qualche piccolo frustolo di fibrina ai primi lavaggi successivi all’intervento. Dopo appena 5 giorni dall’intervento, si manifestavano i primi problemi nello scarico del liquido; un radiogramma dell’addome mostrava un corretto posizionamento del catetere in Douglas senza segni di coprostasi. Il lavaggio del cavo peritoneale con l’eparina prima e lo stazionamento dell’urochinasi poi, non sortivano alcun effetto positivo sulla ripresa del drenaggio peritoneale. La successiva radiografia con mezzo di contrasto (gastrografin) dimostrava, invece, l’ostruzione pressoché completa dei fori del catetere di Tenckhoff per cui si programmava un’intervento, in videolaparoscopia, nel corso del quale si provvedeva alla disostruzione del catetere con sbrigliamento omentale e rimozione di alcuni piccoli frammenti di omento all’interno del lume del catetere stesso. Il successivo lavaggio con soluzione eparinata, nei giorni successivi all’intervento, certificava il ritrovato funzionamento del catetere con l’inizio della APD dopo un paio di settimane. A distanza di poco meno di un mese dall’inizio della APD, si presentava un nuovo problema nello scarico del liquido; anche in questo caso la radiografia dell’addome non mostrava dislocamento del catetere né segni evidenti di coprostasi. Ripetuta radiografia addome con mezzo di contrasto, si dimostrava nuovo impaccamento del catetere con fuoriuscita di liquido solo dai primi fori prossimali del catetere. A questo punto il paziente veniva riportato in sala operatoria e sottoposto, sempre in videolaparoscopia, ad intervento di omentopessi (Fig. 1), con la fissazione, attraverso punti di sutura staccati, dell’omento alla parete anteriore del corpo e dell’antro dello stomaco (Fig. 2). Successivamente al secondo intervento, il paziente non ha mostrato ulteriori problemi di drenaggio del liquido peritoneale, potendo riprendere regolarmente la sua attività lavorativa da un lato e quella dialitica peritoneale con APD dall’altro.

Figura 1: Omento rovesciato su corpo gastrico.
Figura 1: Omento rovesciato su corpo gastrico.
Figura 2: Fissazione omento a corpo gastrico.
Figura 2: Fissazione omento a corpo gastrico.

 

Discussione

È indubbio il ruolo del nefrologo nella scelta del tipo di catetere peritoneale con le varianti disponibili in silicone, considerando che nessuna variante del catetere prevalga sull’altra; è altrettanto noto che il posizionamento e la revisione di un catetere peritoneale, o la pura presenza dello stesso, può comportare uno stimolo attivante la proliferazione fibrobastica con neovascolarizzazione, in qualche caso anche di tipo reazione da corpo estraneo [2021]. Il fenomeno può essere recidivante entro breve tempo. Nella gestione del malfunzionamento del catetere peritoneale l’intervento, molto spesso risolutivo (nel 90% circa dei casi), di una procedura invasiva quale è la videolaparoscopia, deve essere considerata dopo aver seguito una sequenza ben definita di procedure non invasive standardizzate. Probabilmente in pazienti selezionati giovani, l’approccio laparoscopico al posizionamento del catetere peritoneale, utilizzando manovre laparoscopiche standardizzate, può essere eseguito con successo con complicanze perioperatorie a breve e medio termine trascurabili e trascurabili tassi di mortalità [22]. In questo caso clinico, l’omento si è comportato come una calamita sul catetere peritoneale, avvolgendolo nella sua interezza ed invaginandosi al suo interno, attraverso i fori della parte finale del catetere, compromettendo la funzionalità della metodica. Sicuramente la giovane età del paziente e la presenza di fibrina, associati al malfunzionamento precoce della funzionalità del catetere potevano essere segnali premonitori su quanto stesse accadendo, sebbene il soggetto non rientrasse in ulteriori categorie a rischio, caratterizzate dalla presenza di diabete mellito pluricomplicato, presenza di epatite, anamnesi di malfunzionamento di accessi vascolari, forte abitudine tabagica o cardiopatia infartuale recente. Il primo sbrigliamento non è bastato a risolvere il problema e solo l’omentopessi, attraverso un secondo intervento in videolaparoscopia, con fissaggio dell’omento al corpo ed antro dello stomaco, ha potuto risolvere definitivamente la natura del malfunzionamento e far riprendere la dialisi peritoneale al giovane paziente, in attesa del trapianto di rene da donatore cadavere. Il caso clinico in questione fa riflettere sulla scelta della tipologia dell’intervento di posizionamento del catetere peritoneale in quei pazienti giovani con bassi fattori di rischio di malfunzionamento; un’iniziale approccio chirurgico laparoscopico, in anestesia generale, avrebbe consentito di evitare quella trafila chiurgica laparotomica mininvasiva resasi necessaria dopo gli episodi recidivanti, a breve distanza fra loro, di malfunzionamento, garantendo una visione più completa dell’anatomia addominale del paziente ed un più preciso posizionamento del catetere nello scavo del Douglas.

 

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Malnutrition and dialytic adequacy in patients on peritoneal dialysis: two sides of the same coin?

Abstract

Dialysis adequacy and a state of “eunutrition” are two essential elements to consider in the evaluation of patient undergoing dialysis treatment.

Dialysis inadequacy is often associated with malnutrition, and the combination of these two factors significantly worsens the prognosis.

In the following monocentric and prospective study, the correlation between nutritional markers and dialytic adequacy was tested in a cohort of patients permanently followed by the peritoneal dialysis clinic, followed consistently for two years.

It was therefore evaluated if modification of dialysis therapy, aimed to reach adequacy parameters, could simultaneously improve metabolic parameters.

Although there were no frankly malnourished patients, the group of “inadequate” patients had a significantly lower nPCR value.

In this same group, after about 6 months, therapeutic measures adopted allowed an overall improvement in Kt/V and nPCR, with other nutritional parameters (such as body weight, albumin, pre-albumin, total cholesterolemia) remaining stable.

At the end of the follow-up period the Kt/V of the “inadequate” (<1.7) was higher ​​than the baseline, reaching statistical significance at the 12th and 24th months. Early identification of a dialysis inadequacy, therefore, allowed the execution of therapeutic changes necessary to achieve a lasting improvement in “adequate” replacement therapy, and a temporary improvement in the patient's nutritional status. Suddenly, despite the persistent improvement of the Kt/V there was a new reduction of the nPCR. Keywords: Peritoneal Dialysis, Malnutrition, Dialytic Adequacy

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Introduzione

La malnutrizione è un’importante problematica nei pazienti con malattia renale cronica. Può insorgere già dai primi stadi, peggiorare con il progredire della malattia e influire sull’efficienza della metodica dialitica. Sin dagli stadi iniziali di CKD si verifica in una percentuale elevata di pazienti (35-70%) un inadeguato apporto di nutrienti causato da una progressiva perdita di appetito [1]. Uno stato pro-infiammatorio [2] e la riduzione dell’attività fisica, in particolar modo nelle fasi avanzate di malattia renale cronica, contribuiscono alla deplezione protido-energetica [3].

È stato dimostrato come la malnutrizione si sviluppi principalmente nei pazienti in dialisi peritoneale che perdono la funzione renale residua [4].

Gli esperti della Società Internazionale di Nutrizione Renale e Metabolismo (ISRNM) hanno introdotto già nel 2008 il termine ‘Protein-Energy Wasting’ (PEW) per descrivere uno “stato di diminuzione delle riserve corporee di proteine ​​​​e combustibili energetici (proteine ​​​​corporee e masse grasse)” [5]. Perché si possa parlare quindi di PEW, è necessario che almeno tre criteri di ciascuna delle quattro categorie (parametri biochimici, massa corporea totale, massa muscolare, intake dietetico) siano soddisfatti.

Peritoneal videodialysis: first Italian audit

Abstract

Conceived and developed since 2001 at the Alba Center, Videodialysis (VD) was used initially to prevent dropout in  prevalent PD patients by guiding them in performing dialysis (VD-Caregiver).

Subsequently, its use was extended to the clinical follow-up of critical patients (VD-Clinical), problems relating to transport to the Center (VD-Transport), and since 2016 for training/retraining all patients (VD-Training).

Since 2017 other Centers have employed VD using modalities analyzed in this paper.

Methods: the paper reports the findings of an Audit (February 2021) of the Centers using VD on 31-12-2020.

The Centers provided the following information:

  • the characteristics of the patients using VD;
  • the main and secondary reasons for using VD, considering nursing home (VD-NH) patients separately;
  • VD outcomes: duration, drop-out, peritonitis, patient/caregiver satisfaction (minimum: 1 – maximum: 10).

Results: VD, which began between 09-2017 and 12-2019, has been used in 6 Centers for 54 patients at 31-12-2020 (age:71.8±12.6 years – M:53.7% – CAPD:61.1% – Assisted PD:70.3%).

The most frequent reason has been VD-Training (70.4%), followed by VD-Caregiver (16.7%), VD-NH (7.4%), VD-Clinical (3.7%), and VD-Transport (1.9%), with differences between Centers.

VD-Training is used most with self-care patients (93.8% – p<0.05), while with patients on Assisted PD it is associated with secondary reasons (95.7% – p<0.02). VD-Training (duration: 1-4 weeks) has always been completed successfully.

No peritonitis was reported; satisfaction was 8.4±1.4.

Conclusion: videodialysis is a flexible, effective, safe, and valued tool that can be employed using various modalities depending on the choice of the Center and the complexity of the patient.

Keywords: Peritoneal Dialysis, Assisted Peritoneal Dialysis, Telemedicine, Videodialysis, Training

Introduction

To overcome the psychological, cognitive, and physical barriers to self-care which limit the use of Peritoneal Dialysis (PD), in particular in the elderly, a remote care system was devised and developed at the Alba Center. Called Videodialysis (VD), and described in detail in a recent paper [13], the system has proved to be effective as a virtual caregiver in overcoming the barriers to self-care in PD [1].

 

History of videodialysis

The experience with VD began on 01/10/2001 (Figure 1), when it was devised and used in order to prevent the dropout of prevalent patients who were no longer able to perform the PD procedures without assistance.

In view of the excellent results achieved, the use of VD was extended from 01/01/2009 to all the incident patients or their caregivers who from the outset showed barriers to performing PD without assistance. Used in this way, a nurse in the Center who can be referred to as a Videocaregiver (VD-Caregiver) “guided” the patient or caregiver remotely in the performance of the dialysis procedures (CAPD exchanges, or APD setup, connection and disconnection), thereby extending the use of PD and/or avoiding recourse to self-sufficient caregivers at a greater social or economic cost for the family [2].

Figure 1: Abstract EuroPD Brusselles, 4-7 May 2002.
Figure 1: Abstract EuroPD Brusselles, 4-7 May 2002. Peritoneal Dialysis International Vol 22 (1): 138.

Subsequently, VD was also recommended in the event of difficulty in accessing the Center due to distance or confinement to bed (VD-Transport), and clinical conditions requiring its frequent monitoring (VD-Clinical).

The difference between these 3 modes of use lies in the frequency of the connections with the Center: in the case of VD-Caregiver, for all exchanges (CAPD) or all dialysis sessions (APD); in the case of VD-Transport, just for visits or check-ups; and with medium frequency, depending on the seriousness of the clinical conditions or monitoring needs, in the case of VD-Clinical.

Over time it was observed that some patients using VD-Caregiver became independent in the performance of the dialysis procedures. This observation suggested that it could be more effective to provide customized training of the required duration in the performance of the procedures using VD.

This led to VD being used for the training of all patients (VD-Training) from 01/08/2016. Based on the results of the training, it was decided whether complete or partial support should be maintained with VD, or if patients could be left to perform the dialysis on their own.

To make the carrying out and evaluation of training more effective, an “expert training system” was devised and then applied from  01/11/2018 [3].

This experience, which has been outlined here, is also the story of a technological evolution that was described in detail in the paper cited previously [1].

 

Uses of videodialysis

VD can be employed in different situations and contexts, for different intended users, and in a variety of places.

Contexts: training in dialysis procedures (VD-Training); “permanent” support in the performance of dialysis procedures (VD-Caregiver); the intensive follow-up of patients with critical clinical conditions (VD-Clinical) and the follow-up of patients with difficulty in accessing the Center (VD-Transport).

Intended users: patients with or without barriers to PD; caregivers with or without barriers to PD; healthcare workers.

Places: home; Nursing Homes (NH). In NHs, critical clinical conditions often coexist with transport difficulties (patients confined to bed, the use of dedicated personnel and means) and the need for training and repeated retraining of healthcare workers due to high staff turnover.

The Alba Center’s experience relating to 57 patients (mean age 70.8 years – M 63.2% – APD 56.1%) during the period 01/01/2014-31/12/20 is summarized in Table 1 and Figure 2.

From 2017 VD began to be used in other Centres as well, initially in the form of VD-Caregiver.

Subsequently, every single Center decided on which modes of VD to use, partly in consideration of the outbreak of the COVID pandemic.

 

 VD PATIENTS
(no.)
DURATION (months) DEATHS

(no.)

TRANSPLANT

(no.)

DROP-OUT

(no.)

PD WITHOUT VD (no.) IN VD

(no.)

TRAINING * 28 0.25–0.75 0 2 0 26 0
CAREGIVER 14 17.4±11.7 1 3 5 4 1
CLINICAL/TRANSPORT 6 13.8±11.6 2 0 0 1 3
NH ** 9 14.4±15.3 6 0 3 0 0
Table 1: Experience with Videodialysis (VD) at Alba in the period 01/01/2014 – 31/12/2020 relating to 57 patients. Duration and reasons for ending the use of VD in relation to mode of use. VD-Clinical and VD-Transport were considered together due to the limited number of patients and the association between the two conditions. D-NH was considered separately because the reasons for its use are different, and all equally important.
* VD-Training was used in 28 patients for 35 Training courses. In 2 cases the Training was interrupted due to Transplant. The duration of VD-Training was shown to be between 1 and 3 weeks (0.25-0.75 months). For the other modes, the duration is expressed as mean ± SD.
** Drop-out includes 1 case of ending PD due to recovery of renal function
Figure 2: Reasons for the use of VD in Alba (Patients: 57 - Average age: 70.8 years – M: 63.2% - APD: 56.1%).
Figure 2: Reasons for the use of VD in Alba (Patients: 57 – Average age: 70.8 years – M: 63.2% – APD: 56.1%).

 

Objectives

The objective of this paper was to evaluate this initial multi-center experience over the period 01/09/2017-31/12/2020, in particular with regard to the reasons for using VD and the results achieved.

 

Materials and methods

An audit of the Centers using the VD system was conducted on 04/02/2021.

Each Center provided its data relating to:

  • number of patients and their general characteristics;
  • characteristics of the intended users of the VD (patient, family, or paid caregiver, NH);
  • reasons for the use of VD, which could be the following:
    • training (VD-Training)
    • caregiver (VD-Caregiver)
    • clinical (VD-Clinical)
    • distance or difficulty in accessing the Center (VD-Transport)
    • location in NH (VD-NH)
  • VD outcomes:
    • reasons for any discontinued use
    • duration of its use
    • peritonitis
    • user satisfaction (patient/caregiver) expressed on a scale of from 1 (minimum) to 10 (maximum)

Since there could be several reasons for the use of VD, Centers gave the main reason plus any secondary reasons which had contributed to the decision to use the system.

VD-NH was considered separately since more than one equally important reason coexisted for the use of VD with these patients (training of many nurses with high staff turnover, precarious clinical conditions, difficulty of transporting patients generally confined to bed).

The paper reports the results of the above aspects of this initial multi-center experience.

Statistical comparison by means of the Chi-square test was limited to analyzing the main reasons for the use of VD and for VD-Training only (the most numerous group) to the presence of any secondary reasons dependent upon patients’ self-care ability.

 

Results

Participating Centers

Table 2 lists the Centers which took part in the Audit, together with the training site, frequency of home visits and date on which the experience with VD began for each Center.

CENTER USUAL TRAINING LOCATION HOME VISITS START OF VD
Cagliari Home At the start, then every 2-3 months September 2017
Piacenza Center At the start, then every 2-3 months March 2019
Sanluri Initially in Center (7 days), then at home At the start, then if necessary June 2019
Teramo Initially in Center (3 days), then at home At the start, then if necessary April 2019
Varese Initially in Center, then at home in some cases Never March 2018
Verbania Home At the start, then if necessary December 2019
Table 2: Participating Centers: training site, frequency of home visits and Videodialysis start date.

Patients

Overall, VD was used for 54 patients, 33 of whom were on CAPD (61.1%) and 21 on APD (38.9%). The mean age was 71.8±12.6 years, but varied considerably from center to center.

Of the 54 patients, 16 (29.6%) performed the dialysis procedures independently, while 38 (70.4%) were on various modes of assisted PD (Table 3). In the former, the intended user of the VD was the patient, while in the latter it was the caregiver.

NO. AGE M CAPD APD SELF-CARE ASSIST. PD
Cagliari 14 69.2±10.6 7 11 3 5 9
Piacenza 7 79.9±7.0 4 2 5 0 7
Sanluri 1 61 1 1 0 1 0
Teramo 12 65.6±14.1 6 7 5 7 5
Varese 8 74.4±5.3 4 6 2 0 8
Verbania 12 75.3±15.0 7 6 6 3 9
ALL (N°) 54 71.8±12.6 29 33 21 16 38
% 53.7 61.1 38.9 29.6 70.4 
Table 3: Number of Videodialysis patients and their characteristics, divided by Center.
Assist.PD = Assisted PD: family member, carer, NH.

Reasons for using VD

Table 4 gives the main reasons for the use of VD in relation to the degree of patient self-care ability.

MAIN REASONS FOR USE OF VD
NO. AGE TRAINING CAREGIVER CLINICAL TRANSPORT NH
Self-care 16 61.9 15 0 0 1 0
Self-care with VD 1 67.0 0 1 0 0 0
Family CG 28 76.4 19 8 1 0 0
Carer CG 5 73.2 4 0 1 0 0
NH 4 78.3 0 0 0 0 4
    ALL (N°) 38 9 2 1 4
    % 70.4 16.7 3.7 1.9 7.4
Table 4: Main reasons for the use of Videodialysis broken down by degree of PD management ability.
  • Self-care: self-managed PD
  • Self-care with VD: self-managed PD using VD-Caregiver
  • Family CG: PD assisted by a family member
  • Carer CG: PD assisted by a paid carer
  • NH: PD assisted by a nurse
VD-NH was considered separately because there are different reasons for its use, all contributing equally in importance.

The main reason for using VD was VD-Training in 38 patients (70.4%), followed by VD-Caregiver in 9 patients (16.7%) and location in an NH for 4 patients (VD-NH 7.4%). VD-Transport and VD-Clinical were grounds for using VD in 1 and 2 patients respectively.

The reasons for using VD proved to be very different among the various Centers (Figure 3).

Figure 3: Mode of use of Videodialysis in the 54 patients in the Multi-Center Audit divided by Center. (Sanluri: not given as the Center has only 1 patient).
Figure 3: Mode of use of Videodialysis in the 54 patients in the Multi-Center Audit divided by Center. (Sanluri: not given as the Center has only 1 patient).

Training. VD-Training was given as the main reason for its use in 15 of the 16 self-care patients (93.8%) and for 23 caregivers of the 38 patients on assisted PD (60.5% – p<0.05) (Figure 4A). In 8 of these 15 self-care patients (53.3%) and 22 of the 23 on assisted PD (95.7% – p<0.02) (Figure 4B), secondary reasons were also given for using VD. In 70.0% of these 30 patients, the secondary reasons were clinical, and in 3.7% they were related to transport difficulties.

VD-Training was used in 26 incident and 12 prevalent patients respectively: in 6 cases due to changes in their dialysis treatment (5 due to a switch from CAPD to APD, and 1 due to management of antibiotic therapy for peritonitis), in 3 cases for retraining (1 following peritonitis, and 2 for other issues that required verification of self-care ability), in 2 cases due to the need for a caregiver, and in 1 case due to a change in caregiver. Of the 12 prevalent patients, 10 belonged to a single Center (Teramo).

Figure 4: A: Main reasons for the use of Videodialysis in Self-care and Assisted PD patients B: Secondary reasons associated with VD-Training in Self-care and Assisted PD patients
Figure 4: A: Main reasons for the use of Videodialysis in Self-care and Assisted PD patients B: Secondary reasons associated with VD-Training in Self-care and Assisted PD patients

Caregiver. VD-Caregiver was used in 9 patients, 7 of whom belonged to a single Center (Figure 3) which only employed the system in this mode. In 8 cases, the intended user was a Family Caregiver. The secondary reasons were clinical in 8 cases, and transport issues in 3 patients.

Distance or transport difficulties. VD-Transport was used in 1 patient due to the distance from the Center.

Clinical. VD-Clinical for follow-up was used for 2 patients on assisted PD: 1 terminal, and 1 in a Group Home. The secondary reasons were psychological barriers to self-care in the first case, and the need to provide Training to more than one caregiver over time in the second.

VD-NH. The use of VD in NHs involved 4 patients: 3 with VD-Training, and 1 with VD-Caregiver. It was difficult to distinguish between main and secondary reasons for VD in these patients. As a matter of fact, they all had barriers to self-care which could not be overcome, while there were clinical grounds (VD-Clinical) in 3 patients, and 2 were bed-ridden (VD-Transport).

Outcomes

VD Follow-up. This is shown in Table 5.

The duration of VD is given in relation to the different modes of use.

In all 38 cases of VD-Training, the use of VD ended when the training came to a successful conclusion.

Of the remaining 16 patients, in 8 the use of VD ended due to death, 7 continued PD without VD, and 1 was still on PD with VD-Caregiver.

 VD PATIENTS
(no.)
DURATION
(months)
DEATHS

(no.)

PD WITHOUT VD

(no.)

IN VD

(no.)

TRAINING * 38 0.25 – 1.0 0 38 0
CAREGIVER 9 6.7±5.6 5 3 1
CLINICAL/TRANSPORT 3 12.7±13.1 2 1 0
NH 4 1.0±0.6 1 3 0
Table 5: Duration (mean±SD) and outcomes (patients, number) of Videodialysis (VD) in its different modes of use. Compared to Table 1, cases of Transplant and Drop-out are not given. VD-Clinical and VD-Transport are considered together due to the limited number of patients.
* The duration of VD-Training was shown to be between 1 and 4 weeks (0.25-1.0 months). For the other reasons, the duration is expressed as mean±SD.

Peritonitis. No cases of peritonitis were recorded during the use of VD.

Satisfaction questionnaire. Patient satisfaction was evaluated by 5 Centers in relation to 39 patients. The average score was 8.4 ±1.4.

The average scores reported by patients in the single Centers are given in Figure 5.

Figure 5: Results of the satisfaction questionnaire (min = 1 - max = 10). (Sanluri: not given as the Center has only 1 patient, score = 8).
Figure 5: Results of the satisfaction questionnaire (min = 1 – max = 10). (Sanluri: not given as the Center has only 1 patient, score = 8).

 

Discussion

The most frequently used mode of VD is VD-Training for incident patients starting on PD. However, it was used almost exclusively by one Center for prevalent patients (83%) changing method or caregiver. In the Teramo and Verbania Centers, this mode of use coincided with the spread of the pandemic, which may have incentivized the use of telemedicine services.

On the other hand, the VD-Caregiver mode was used in 78% of cases in only one Center (Figure 3). These differences can be explained by the different policy applied by the Center to a method of care for which there was no previous experience other than that of the Alba Center (Figure 1), where its use had initially been limited due to the technological limitations of the equipment and telecommunications systems to patients who were already on PD in order to avoid the dropout.

Despite the limitations of an audit, this initial experience shows the considerable flexibility of a system that can be used in different ways with patients who require different levels of care intensity. Indeed, the main reason for the use of VD in self-care patients is VD-Training (94%), while other reasons were given for choosing VD in 39% of the patients on assisted PD (Figure 4A). Furthermore, in 97% of the patients on assisted PD in VD-Training there were other secondary reasons that made recourse to VD necessary (Figure 4B).

The duration of the use of VD depended on its mode of use; in the case of VD-Training, the duration varied between 1 week and 1 month, and is consistent with Alba’s experience (Table 5 vs Table 1).

The effectiveness of VD-Training is demonstrated by the successful completion of all the training courses carried out with VD (Table 5).

For the VD-Caregiver, VD-Clinical, and VD-Transport modes, conclusions cannot be drawn on duration and reasons for dropout due to the data available and the limited number of cases. In the case of VD-NH, the average duration of a stay in an NH with VD was much lower than in Alba’s experience (Table 5 vs Table 1). This can be attributed to a different use of VD-NH: in the Audit, for patients who were terminally ill or placed temporarily in a facility; at Alba, for patients who were nonterminal and on permanent placement in an NH.

The safety of the system is supported by the absence of peritonitis during the use of VD. However, no further conclusions can be drawn due to a lack of post-training follow-up data.

Average patient/caregiver satisfaction with VD, expressed on a scale of between 1 and 10, was shown to be high (8.4 1.4), with differences between Centers (Figure 5).

 

Conclusions

Videodialysis is a flexible, effective, safe, and valued tool that can be used in different ways depending on Center choice and patient complexity. Furthermore, the use of VD may have been positively incentivized by the need to reduce access to Centers during the COVID pandemic.

 

Acknowledgments

The analysis was made possible thanks to the contribution of the Peritoneal Dialysis nurses in the Centers participating in the Audit.

In particular, we thank Giuseppe Peddio and Massimo Frongia of Cagliari, Paola Chiappini of Piacenza, Morena Di Giandomenico, Monica Pirocchi and Milva Di Giovanni of Teramo; Mariella Maiolino of Varese and Michela De Nicola of Verbania.

 

 

Bibliography

  1. Viglino G, Neri L, Barbieri S, Tortone C.: Videodialysis: a pilot experience of telecare for assisted peritoneal dialysis. J Nephrol 33, 177-182 (2020), https://doi.org/10.1007/s40620-019-00647-6
  2. Viglino G, Neri L, Barbieri S, Tortone C.: La dialisi peritoneale nell’anziano. Giornale Italiano di Nefrologia Suppl 79 (2019). https://giornaleitalianodinefrologia.it/en/2019/07/la-dialisi-peritoneale-nellanziano/
  3. Catia Tortone, Patrizia Barrile, Stefania Baudino, Loris Neri, Sara Barbieri, Giusto Viglino. VIDEOTRAINING AND EXPERT SYSTEM: A NEW PERITONEAL DIALYSIS TRAINING MODEL. Methodologies and Intelligent Systems for Technology Enhanced Learning, 11th International Conference. Edited by Fernando De la Prieta et al. Book series: Lecture Notes in Networks and Systems. Springer Nature (2021).https://doi.org/10.1007/978-3-030-86618-1_25

 

The COVID-19 emergency management in Nephrology: a cross-sectional survey on the procedures management to deal with the pandemic

Abstract

From mid-March 2020, the pandemic caused by COVID 19 has placed health facilities in front of the need to implement a rapid and profound reorganization. However, many hospitals have not had time to organize a rapid and effective response, both for the speed of spread of the virus, and for the lack of previous experience with a pandemic of this magnitude. With the aim of assessing the knowledge and adoption of the procedures and recommendations disseminated by hospitals during the COVID-19 pandemic, in the dialysis and hemodialysis services of Italian centers, a cross-sectional survey was designed by the Society of Nurses in Nephrology (SIAN). The online survey was conducted among nurses who work in the Italian services of dialysis and hemodialysis during the first and second waves.

The online survey was completed by 150 nurses. Although hospitals have set up protocols and procedures for patient management during the COVID-19 pandemic, among participants not all were aware of it. With regard to the training of personnel in the use of personal protective equipment, 18.6% declared that they have not received it. The majority implemented specific precautions for patient management, awareness and information.

Keywords: hemodialysis, peritoneal dialysis, nursing skills procedures, COVID-19

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Introduzione

La malattia da coronavirus (COVID-19) è stata identificata a dicembre 2019 a Wuhan, in Cina, e si è diffusa rapidamente, con oltre 81 000 casi confermati in tutta la Cina. Nel febbraio 2020, l’organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha introdotto la sua definizione [1]. L’11 marzo 2020 l’OMS, dopo aver valutato i livelli di gravità e la diffusione globale dell’infezione, ha dichiarato che l’epidemia da COVID-19 doveva essere considerata una pandemia [2]. L’Italia è stata tra i Paesi più gravemente colpiti dalla pandemia da COVID-19 [13], con una crescita schiacciante di casi attivi e mortalità, uno dei più alti al mondo [4]. Il primo paziente italiano positivo al COVID-19 è stato confermato il 21 febbraio 2020 all’Ospedale di Codogno in Lombardia. Inizialmente, il COVID-19 si era diffuso rapidamente in tutto il Paese, ma in modo eterogeneo, con maggiore diffusione nelle regioni del Nord e minore nelle regioni meridionali e nelle isole principali [5]. La relazione tra infezione da SARS-CoV-2 e la comorbilità è complessa, sfaccettata e ulteriormente complicata da un numero imprecisato di casi asintomatici [6]. Tuttavia, i casi più gravi e mortali sono spesso riportati nei pazienti anziani, specialmente in quelli con comorbilità [7].

Peritoneal Dialysis in Italy: the 7th GSDP-SIN census 2019

Abstract

Objectives: Analysis of the results of the 7th National Census (Cs-19) of Peritoneal Dialysis in Italy, conducted in 2020-21 by the Peritoneal Dialysis Project Group of the Italian Society of Nephrology, for the year 2019.
Materials and methods: The data was initially collected using specially designed software, which after entering the data of individual patients allows the aggregate extraction of the necessary information. The difficulties due to the COVID pandemic made it necessary to also use the traditional on-line questionnaire used previously. Of the 237 Centers envisaged, 198 responded, of which 177 with complete data for HD also in 2016.
Results: Overall incidence and prevalence (31/12/2019) were respectively 1,363 (CAPD/APD = 741/622) and 3,922 (CAPD/APD = 1,857 / 2,065) patients. The percentage incidence and prevalence (177 Centers) decreased compared to 2016, respectively, from 23.8% to 22.1% and from 17.3% to 16.6%. 31.4% started PD incrementally in 60.3% of the Centers. The catheter is placed by the Nephrologist alone in 19.7%. Assisted PD is used by 24.5% of the prevalent patients, mostly (83.8%) by a family member. In 2019, the exit from PD (ep/100 years-pts: 11.6 in HD; 8.9 death; 6.0 Tx) is decreasing for all causes. The main cause of transfer to HD remains peritonitis (26.8%). The incidence of peritonitis in 2019 dropped further to 0.190 ep/year-pts as well as the incidence of new cases of EPS (0.103 ep/100 years-pts).
Conclusions: The Cs-19 confirms the good results of the DP in Italy.

Keywords: Peritoneal Dialysis, technique failure, incremental Peritoneal Dialysis, peritonitis, home visits, peritoneal equilibration test (PET)

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Introduzione

L’utilizzo della Dialisi Peritoneale (DP) viene rilevato dal Gruppo di Progetto di Dialisi Peritoneale della Società Italiana di Nefrologia (SIN) mediante un Censimento, condotto ogni 2-3 anni, dei Centri che utilizzano la DP. In questo report sono presentati i risultati della 7° edizione, condotta nel 2020-21 e relativa all’anno 2019 (Cs-19), confrontandoli con quelli degli anni precedenti: 2005 (Cs-05), 2008 (Cs-08) [1], 2010 (Cs-10) [2], 2012 (Cs-12) [3], 2014 (Cs-14) [4] e 2016 (Cs-16) [5].

Per quest’ultima edizione era stato introdotto un nuovo sistema di raccolta dati ma la coincidenza con la pandemia COVID-19 ha impedito il raggiungimento dell’obiettivo principale del Censimento, la copertura del 100% dei Centri DP.

 

Materiali e metodi

Il Censimento del GPDP consiste nella raccolta di dati aggregati relativi alla DP ed è rivolto a tutti i Centri Pubblici, non pediatrici, che hanno utilizzato la DP nell’anno censito.

Raccolta dati

Nell’edizione attuale i dati aggregati sono stati raccolti in due modi diversi.

La prima modalità, analitica, è stata effettuata attraverso un software sviluppato appositamente per il progetto, una sorta di cartella clinica in cui inserire sistematicamente i singoli pazienti e, quando necessario, esportare i dati aggregati utili al Censimento lasciando al programma l’onere dei conteggi. Le informazioni richieste erano i dati anagrafici, quelli relativi all’inizio della DP (nefropatia di base, motivazioni all’inizio della DP, referral, tecnica di inserzione del catetere, tipo di caregiver in caso di DP assistita) ed al follow up della DP limitato alle peritoniti e all’eventuale cambio di modalità di DP o sua interruzione. Per motivi di privacy il programma è stato sviluppato senza una componente cloud quindi tutti i dati inseriti erano conservati in locale e la possibilità di backup su server era demandata all’operatore. La riorganizzazione delle strutture operative e del personale avvenuta a causa del COVID-19 ha comportato per diversi Centri lo spostamento dei computer o la loro riformattazione con la conseguente perdita dei dati inseriti. A questo si sono aggiunti lo stato di emergenza degli ospedali, il sottodimensionamento dell’organico nelle strutture e il pensionamento di molti dei referenti, fattori che hanno ulteriormente compromesso la raccolta dei dati. Infine, in alcuni Centri l’invio dei dati aggregati è stato bloccato dal firewall dell’ospedale.

A questi problemi si è posto parzialmente rimedio ricorrendo alla modalità tradizionale di raccolta dati mediante la compilazione del questionario on-line utilizzato per le edizioni precedenti.

Per tutte queste ragioni, nonostante gli sforzi compiuti, non è stato raggiunto l’obiettivo principale del Censimento, ovvero la copertura del 100% dei Centri che hanno utilizzato la DP nel 2019.

Centri partecipanti e livelli di analisi

L’elenco dei Centri pubblici che utilizzano la DP ha il suo punto di partenza nell’elenco del Censimento della SIN condotto per l’anno 2004 [6], aggiornato negli anni ed integrato con altri dati raccolti in occasione di Convegni e Congressi, fino all’ultimo Censimento SIN del 2018 [7].

I Centri che hanno partecipato sono stati 198. Nelle precedenti edizioni si trattava della totalità dei Centri che avevano utilizzato la DP per almeno 1 paziente, con dati completi sia per la DP ma anche per la Emodialisi (HD) (tranne nell’ultima edizione del 2016 in cui su 237 Centri i dati completi per HD erano stati forniti da 230 Centri). Ciò consentiva di effettuare il confronto con gli anni precedenti sui dati globali.

Nell’attuale edizione la mancanza di diversi Centri e/o la mancanza dei dati relativi alla HD, ha complicato l’analisi, che, per includere il maggior numero di informazioni possibile, è stata quindi condotta tra gruppi diversi secondo le informazioni analizzate.

In sintesi sono stati registrati (Figura 1):

  1. 198 Centri con dati completi di incidenza e prevalenza e drop out per la DP
    • Centri nuovi = 5 (e quindi 193 presenti anche nel 2016)
    • Centri esclusi per cessata DP od altro (non censibili) = 7
    • Centri che non hanno inviato i dati e che presumibilmente utilizzano la DP = 39
    • I Centri che hanno risposto rappresentano quindi l’83,5% dei Centri DP (198/237)
  2. 186 Centri dei 198 censiti con dati completi per incidenza e prevalenza della HD nel 2019
  3. 177 Centri dei 198 censiti con dati completi per la HD anche nel 2016.
Fig. 1: Centri partecipanti alle diverse edizioni dei Censimento del GSDP.
Fig. 1: Centri partecipanti alle diverse edizioni dei Censimento del GSDP. Per il 2019 i Centri che non hanno inviato i dati sono 39 anche se, proprio per questo, non è certo che tutti abbiano utilizzato la DP nel 2019.

L’analisi della DP è stata condotta su tutti i Centri censiti. Dal momento che non tutti i Centri hanno risposto a tutte le domande, il numero dei Centri con dati disponibili è specificato nelle singole sottoanalisi. Il confronto per la DP con l’anno precedente (2016) è stato effettuato sui 193 Centri presenti anche nel 2016, mentre il confronto con il 2016 degli indici che richiedono anche i dati relativi alla HD (incidenza e prevalenza percentuali) è stato effettuato sul sottogruppo di 177 Centri che hanno inviato anche i dati relativi alla HD sia nel 2016 che nel 2019.

Informazioni

La struttura del Censimento prevede un gruppo di informazioni ripetute, rimaste invariate dalla prima edizione (Cs-05), relative ad incidenza, prevalenza, cambio o interruzione di metodica, peritoniti e DP non renale. A queste, dal 2008 [1], è stata aggiunta la peritonite sclerosante incapsulante (EPS); dal 2010 [2], le visite domiciliari ed il test di equilibrio peritoneale (PET).  Dall’edizione del 2016 [5], sono state riprese le domande sui cateteri. Inoltre con la modalità analitica di raccolta dati sono state disponibili per la prima volta informazioni sui germi coinvolti negli episodi di peritonite e sulle modalità del training.

Verifiche dei dati e confronti

I dati inizialmente raccolti sono stati sottoposti ad una prima analisi di congruenza. Quelli incoerenti sono stati corretti, ove possibile, attraverso un recall telefonico oppure considerati mancanti o incompleti, a seconda dei casi. Le eventuali correzioni ed il numero di Centri coinvolti sono riportati in dettaglio nella presentazione dei singoli risultati.

Definizioni e calcoli

Sono stati considerati pazienti incidenti tutti quelli immessi come primo trattamento in DP ed in HD nel periodo 01/01/2019-31/12/2019. Tra questi, sono stati considerati in DP incrementale (Incr-DP) con CAPD (Incr-CAPD) e APD (Incr-APD) i pazienti che effettuavano rispettivamente ≤2 scambi/die o ≤4 sedute/settimana. La prevalenza è stata riferita ai pazienti in trattamento dialitico al 31 dicembre. Tra i prevalenti la necessità di assistenza è riferita al coinvolgimento di un caregiver nell’esecuzione delle procedure dialitiche. I pazienti trattati con DP per cause non renali (GFR ≥15 ml/min/1,73) sono stati considerati a parte ed esclusi dal calcolo dell’incidenza e della prevalenza.

Gli episodi di peritonite sono riferiti al 2019 mentre quelli di peritonite sclerosante si riferiscono a tutto il biennio 2018-9 per la raccolta tradizionale ed al triennio per quella analitica.

L’overall rate per morte, trapianto e per cambio di metodica da PD ad HD è stato espresso in numero di episodi per 100 anni-paziente (ep/100anni-pz) secondo la formula:

Overall rate = [N° episodi / (anni di follow up)] x 100

A loro volta, gli anni di follow up sono stati calcolati sottraendo ed aggiungendo ai prevalenti del 31/12/2019 rispettivamente la metà dei pazienti che hanno iniziato la DP (incidenti e da altre metodiche) e la metà quelli usciti (per drop out in HD, decesso o trapianto) durante il 2019.

Per le peritoniti l’incidenza è stata calcolata come episodi/mesi-paziente (ep/mesi-pz) riferita all’anno censito.

Per la EPS, essendo i dati richiesti su base pluriennale e, per la prima rilevazione, quinquennale, è stata applicata la seguente formula:

ep/100 aa/pz = [(casi nel periodo) / (N° anni del periodo) / (prevalenza media del periodo)] x 100

ove la prevalenza media del periodo è stata calcolata come la media della prevalenza attuale (per il Cs-19 quella al 31/12/2019) e quella del censimento precedente (Cs-16, prevalenza al 31/12/2016).

L’analisi statistica è stata limitata alla ricerca di eventuali differenze con il test Chi quadro.

 

Risultati

Centri partecipanti e rappresentatività del campione

I Centri che hanno trattato almeno 1 paziente in DP nel 2019 e che hanno partecipato al Cs-19 sono stati 198 di cui 5 non presenti (Centri “nuovi”) e 193 presenti nell’edizione precedente (Cens-16).

Rispetto al 2016 sono inoltre stati esclusi 7 Centri per cessato utilizzo della DP mentre 39 Centri che, presumibilmente, hanno continuato a utilizzare la DP, non hanno inviato alcun dato. Complessivamente i Centri che hanno inviato i dati rappresentano quindi almeno l’83,5% dei Centri che hanno utilizzato la DP nel 2019.

La rappresentatività dei Centri partecipanti è stata valutata mediante il numero di pazienti trattati in questi Centri, rispetto il totale, nel 2016. Per quanto riguarda i 193 Centri presenti in entrambi i Censimenti, l’incidenza e la prevalenza della DP in questi Centri nel 2016 erano rispettivamente l’82,9% (1322 / 1595) e l’84,7% (3903 / 4607) del totale (237 Centri).

Per il confronto degli indici che richiedono anche i dati della HD (incidenza e prevalenza) si è dovuto tenere conto che sia nel Cs-16 che nel Cs-19 alcuni Centri non hanno inviato i dati relativi alla HD (incidenza, prevalenza o entrambe). Per il calcolo di incidenza/prevalenza percentuali nel 2019 sono stati esclusi quindi 12 Centri (186 Centri) mentre per il confronto con il 2016 sono stati esclusi anche i 5 Centri “nuovi” e 4 Centri che non avevano inviato i dati relativi alla HD nel 2016 (Centri considerati per il confronto = 177). La rappresentatività di questi Centri, calcolata sempre allo stesso modo, è riportata in Figura 2. Come si vede, le percentuali di pazienti incidenti e prevalenti e quelli dei Centri sostanzialmente coincidono, ad indicare una buona rappresentatività del “campione”.

Fig.2: Percentuale di pazienti in DP + HD (incidenza e prevalenza) Censiti nel 2016 nei 177 Centri che hanno partecipato con dati completi per l’HD ad entrambe le edizioni.
Fig.2: Percentuale di pazienti in DP + HD (incidenza e prevalenza) Censiti nel 2016 nei 177 Centri che hanno partecipato con dati completi per l’HD ad entrambe le edizioni.

Incidenza e prevalenza

Complessivamente i pazienti che hanno iniziato la DP nel 2016 come primo trattamento nei 198 Centri sono risultati 1.363 (CAPD/APD = 741/622) e quelli in trattamento al 31/12/2019 sono risultati 3.922 (CAPD/APD = 1.857/2.065 pazienti).

Considerando solo i 186 Centri con dati completi per l’HD i pazienti che hanno iniziato la DP come primo trattamento sono stati 1.272 (CAPD/APD = 689/583) e la HD 4.582 con un’incidenza percentuale del 21,7%, mentre i pazienti in trattamento in DP ed in HD al 31/12/2019 sono stati rispettivamente 3.613 (CAPD/APD = 1.685/1.928 pazienti) e 18.671 per una prevalenza percentuale della DP del 16,2% (Figura 3).

Infine considerando solo i 177 Centri presenti anche nel C-16 e con dati disponibili per l’HD l’incidenza è scesa dal 23,8% nel 2016 al 22,1% (Figura 4) nel 2019 mentre la prevalenza dal 17,3% del 2016 al 16,6% del 2019 (Figura 5).

Come già riportato si tratta di Centri pubblici (tranne uno) che utilizzano la DP; perciò i dati di incidenza e prevalenza percentuale della DP sono superiori a quelli del RIDT, che riporta invece i dati di tutti i Centri dialisi, sia pubblici che privati, sia che utilizzino la DP oppure no. Questi ultimi, come noto, sono la maggioranza [6].

Fig. 3.  Incidenza e prevalenza della DP nel 2019 in tutti i Centri (1° trattamento) in valori assoluti e nei Centri con dati disponibili anchde per la HD in valori percentuali.
Fig. 3.  Incidenza e prevalenza della DP nel 2019 in tutti i Centri (1° trattamento) in valori assoluti e nei Centri con dati disponibili anche per la HD in valori percentuali.
Fig. 4.  Incidenza della DP (1° trattamento) in valori assoluti e percentuali rispetto al totale
Fig. 4.  Incidenza della DP (1° trattamento) in valori assoluti e percentuali rispetto al totale dei pazienti in trattamento dialitico. In A negli anni delle precedenti edizioni (2005, 2008, 2010, 2012, 2014, 2016); in B nel 2019 confrontato con il 2016 negli stessi Centri con dati disponibili per entrambe le metodiche.
Fig. 5.  Prevalenza della DP in valori assoluti e percentuali
Fig. 5.  Prevalenza della DP in valori assoluti e percentuali rispetto al totale dei pazienti in trattamento dialitico. In A negli anni delle precedenti edizioni (2005, 2008, 2010, 2012, 2014, 2016); in B nel 2019 confrontato con il 2016 negli stessi Centri con dati disponibili per entrambe le metodiche.
CENTRI CENSITI CENTRI CON DATI COMPLETI PER HD
ANNO CENTRI PAZIENTI DP CENTRI PAZIENTI DP PAZIENTI HD % DP
2005 222 1.443 222 1.443 4.502 24,3
2008 223 1.379 223 1.379 4.646 22,9
2010 224 1.429 224 1.429 4.695 23,3
2012 224 1.433 224 1.433 4.700 23,4
2014 225 1.652 225 1.652 4.442 27,1
2016 237 1.595 230 1.549 4.907 24,0
2019 198 1.363 186 1.272 4.582 21,7
   
2016 177 1.201 3.840 23,8
2019 177 1.243 4.384 22,1
Tabella I: Incidenza nel tempo. Per il 2019 è riportato il confronto con il 2016 per gli stessi Centri con dati disponibili anche per la HD.
CENTRI CENSITI CENTRI CON DATI COMPLETI PER HD
ANNO CENTRI PAZIENTI DP CENTRI PAZIENTI DP PAZIENTI HD % DP
2004 * 4.234 4.234 20.921 16,8
2008 223 4.094 223 4.094 20.478 16,7
2010 224 4.222 224 4.222 21.175 16,6
2012 224 4.299 224 4.299 20.844 17,1
2014 225 4.480 225 4.480 21.716 17,1
2016 237 4.607 230 4.484 21.286 17,4
2019 198 3.922 186 3.613 18.671 16,2
   
2016 177 3.559 16.965 17,3
2019 177 3.542 17.774 16,6
Tabella II: Prevalenza nel tempo. Per il 2019 è riportato il confronto con il 2016 per gli stessi Centri con dati disponibili anche per la HD.
* Il 2004 è riferito ai dati del Censimento SIN [6] mentre nel 2005 la prevalenza non è stata indagata.

Ingressi in Dialisi Peritoneale

Oltre ai 1.363 pazienti incidenti nei 198 Centri censiti sono entrati in Dialisi Peritoneale 125 pazienti (8,2% degli ingressi) provenienti dalla HD e 44 pazienti (2,9% degli ingressi) provenienti dal Trapianto, per un totale di 1.532 pazienti, senza variazioni significative rispetto gli anni precedenti (Figura 6). In particolare considerando tutti i pazienti rientrati dal Tx in dialisi la percentuale di quelli che rientrano in DP rimane significativamente inferiore e stabile al 14,0% (Figura 7). I pazienti trasferiti da altri Centri sono stati 33.

L’indice di ricambio (pazienti prevalenti/totale ingressi), stima approssimativa della durata media della DP, è risultato 2,56 anni (30,7 mesi), analoga a quella degli anni precedenti.

Fig. 6: Percentuale sul totale degli ingressi in DP di pazienti provenienti dalla HD
Fig. 6: Percentuale sul totale degli ingressi in DP di pazienti provenienti dalla HD e dal Tx in tutti i Centri censiti (198 per il 2019).
Fig. 7: Rientro in dialisi da trapianto. Percentuali di pazienti che hanno
Fig. 7: Rientro in dialisi da trapianto. Percentuali di pazienti che hanno ripreso la dialisi in DP ed in HD negli anni dei Censimenti. Nel 2016 non considerati 7 Centri che non hanno fornito gli ingressi in HD mentre nel 2019 i Centri con dati disponibili per la HD sono stati 186.

Modalità di Dialisi Peritoneale

Tra i pazienti incidenti la CAPD rappresenta la modalità più utilizzata (54,4%) mentre tra i prevalenti lo è la APD (52,7%) (Figura 8). Il dato non sembra essersi modificato negli anni (Figura 9).

Fig. 8: Modalità di DP nei pazienti incidenti e prevalenti nel 2019.
Fig. 8: Modalità di DP nei pazienti incidenti e prevalenti nel 2019.
Fig. 9: Modalità di DP nei pazienti incidenti e prevalenti negli anni.
Fig. 9: Modalità di DP nei pazienti incidenti e prevalenti negli anni.
  PAZIENTI INCIDENTI PAZIENTI PREVALENTI
  CAPD APD TOT CAPD/APD CAPD APD TOT CAPD/APD
2005 794 649 1443 1,22 nd nd 4432 nd
2008 759 620 1379 1,22 1926 2168 4094 0,89
2010 763 666 1429 1,15 1929 2293 4222 0,84
2012 778 655 1433 1,19 1981 2318 4299 0,85
2014 945 707 1652 1,34 2099 2381 4480 0,88
2016 895 700 1595 1,28 2147 2460 4607 0,87
2019 741 622 1363 1,19 1857 2065 3922 0,90
177 CENTRI
2016 685 516 1201 1,33 1680 1879 3559 0,89
2019 671 572 1243 1,17 1653 1889 3542 0,88
Tabella III: Modalità di DP nei pazienti incidenti e prevalenti negli anni

Dialisi peritoneale incrementale

Il dato sulla dialisi incrementale nel 2019 è risultato disponibile in 194 Centri dei 198 Censiti. Nel 2019 i pazienti che hanno iniziato la DP con modalità incrementale nei 194 Centri (Incr-DP) sono stati 414, pari al 31,4% del totale dei pazienti incidenti in tali Centri (1.317); il numero dei Centri che l’hanno utilizzata sono stati 117, pari al 60,3% dei 194 Centri. Tra i pazienti Incr-DP la metodica più utilizzata è risultata sempre la CAPD (86,2%) al contrario di quelli “full dose” in cui è significativamente più utilizzata l’APD (59,7% – p<0,0001) (Figura 10).

Negli anni il numero dei Centri (Figura 11) ed il numero e la percentuale di pazienti in Incr-DP sono andati costantemente aumentando fino al 2012 per rimanere sostanzialmente stabili fino al 2019 (Figura 12).

Si conferma inoltre il numero limite di pazienti in Incr-DP: nei Centri che vi ricorrono infatti la percentuale di pazienti in Incr-DP è risultata nel 2019 (44,9%) praticamente sovrapponibile a quella degli anni precedenti (Figura 13).

Nei Centri che hanno prescritto Incr-DP almeno per 1 paziente l’incidenza percentuale della DP (23,6%) è risultata significativamente superiore a quella degli altri (18,6% – p <0,005) (Figura 14-A). Ciò è in accordo con quanto osservato in tutte le edizioni precedenti (Figura 14-B).

Fig. 10: Inizio incrementale nei 1.317 pazienti incidenti nel 2019
Fig. 10: Inizio incrementale nei 1.317 pazienti incidenti nel 2019 (194 Centri). Nelle colonne ai lati è riportata la ripartizione APD / CAPD dei pazienti che iniziano in modo incrementale (sinistra) e full dose (destra).
Fig. 11: Percentuale di Centri, sul totale di tutti i Centri, che hanno immesso almeno un paziente in Incr-PD nei diversi anni del Censimento. La percentuale è riferita ai Centri con incidenza diversa da zero.
Fig. 11: Percentuale di Centri, sul totale di tutti i Centri, che hanno immesso almeno un paziente in Incr-PD nei diversi anni del Censimento. La percentuale è riferita ai Centri con incidenza diversa da zero.
Fig. 12: Utilizzo della DP incrementale negli anni.
Fig. 12: Utilizzo della DP incrementale negli anni. A sinistra il numero assoluto di pazienti incidenti che hanno iniziato in modo incrementale in CAPD ed in APD (A) ed in percentuale sul totale dei pazienti per modalità di DP (B). A destra le percentuali rispetto al totale dei pazienti incidenti in DP.
Fig. 13: Percentuale di pazienti in Incr-DP nei Centri che utilizzano tale modalità di inizio.
Fig. 13: Percentuale di pazienti in Incr-DP nei Centri che utilizzano tale modalità di inizio.
Fig. 14: Probabilità di iniziare la dialisi con la DP rispetto alla HD nei Centri
Fig. 14: Probabilità di iniziare la dialisi con la DP rispetto alla HD nei Centri che fanno ricorso alla Incr-DP rispetto ai Centri che non la utilizzano nel 2019 (%, A) e nei diversi anni in cui è stato condotto il Censimento del GPDP (OR, B).

Cambio di modalità di Dialisi Peritoneale

Nel 2019 i pazienti, dei 194 Centri che hanno fornito i dati, passati dalla CAPD alla APD sono stati 172 (Figura 15-A) mentre quelli passati dalla APD alla CAPD sono stati 37 (Figura 15-B), rispettivamente il 3,6% e lo 0,8% dei pazienti trattati con la DP. Ciò spiega ulteriormente come tra i pazienti prevalenti la metodica più utilizzata sia l’APD. La ragione principale del cambio di metodica rimane la scelta del paziente: 43,0% per il passaggio da CAPD ad APD e 27,0% per quello da APD a CAPD. Per il passaggio dalla CAPD alla APD l’adeguatezza e l’UF sono ragioni altrettanto importanti, mentre per il trasferimento inverso lo è anche il malfunzionamento del catetere (Figura 15-B). Non sono stati registrati cambiamenti significativi negli anni.

Fig. 15: Pazienti che hanno cambiato metodica di DP
Fig. 15: Pazienti che hanno cambiato metodica di DP (dalla CAPD alla APD e viceversa) nel 2019 e motivazioni al cambio. Come si vede il flusso dalla CAPD alla APD (172 pazienti) è nettamente superiore rispetto al flusso inverso (37 pazienti).

Dialisi Peritoneale assistita

Nel Cs-19 i pazienti prevalenti con necessità di caregiver (assisted PD) sono risultati 962 (24,5% di tutti i prevalenti in DP) nei 198 Centri. Il caregiver era un familiare nel 83,8% dei casi, un badante nel 5,6%, un infermiere a domicilio nel 6,1%; infine, il 4,4% (42 pazienti) effettuava la DP in strutture per anziani (RSA) (Figura 16). Rispetto il 2016 è diminuito il ricorso al caregiver retribuito (“badante”) mentre è aumentato quello all’Infermiere a domicilio ed il coinvolgimento di un familiare (Figura 17).

Fig. 16: DP assistita nel 2019.
Fig. 16: DP assistita nel 2019. Confronto con gli anni precedenti (valori percentuali riportati nel riquadro grigio) e ripartizione dei pazienti in funzione del tipo di caregiver.
Fig. 17: Caregiver nel 2019 a confronto con il 2016 nei 193
Fig. 17: Caregiver nel 2019 a confronto con il 2016 nei 193 Centri presenti in entrambi i Censimenti. Nel riquadro la percentuale di pazienti in RSA in HD ed in DP nel 2019.

Uscita dalla Dialisi Peritoneale e trasferimento alla Emodialisi

In Figura 18 sono riportate le uscite dalla DP, per trasferimento alla HD, per morte e per trapianto, espresse sia come numero di pazienti che come numero di eventi/100 anni-pz, nei 193 Centri presenti anche nel 2016 e confrontati con gli anni precedenti.

In tali Centri sono stati registrati 324 decessi (8,9 ep/100 anni-pz), 421 trasferimenti alla HD (11,6 ep/100 anni-pz) e 220 trapianti (6,0 ep/100 anni-pz). Il numero complessivo di uscite dalla DP si è ridotto da 30,9 ep/100 anni-pz del 2016 a 26,5 ep/100 anni-pz per una riduzione di tutte le modalità di uscita ma in particolare della mortalità.

Per quanto riguarda il dropout alla HD (Figura 19), la singola causa principale rimane la peritonite (26,8% nel 2019), in lieve aumento rispetto il 2016 (da 2,98 a 3,11 ep/100 anni-pz) dopo il costante calo registrato negli anni precedenti. In riduzione il drop out per scelta ed impossibilità a proseguire la DP (23,5% dei casi) passato da 3,04 a 2,72 ep/100 anni-pz. Sostanzialmente invariate le altre cause di trasferimento alla HD (Figura 20).

Per completezza ricordiamo che il Censimento raccoglie anche i dati sui trasferimenti da un Centro all’altro, sulla ripresa della FR e altre uscite dalla DP: rispetto ai 31 pazienti entrati da altri Centri quelli trasferiti ad altri Centri sono stati 43 mentre 22 risultano aver interrotto la DP per ripresa della FRR od altro motivo.

Fig. 18: Cause di trasferimento dalla DP alla HD negli anni.
Fig. 18: Cause di trasferimento dalla DP alla HD negli anni. Si osserva un significativo (p <0,001) trend alla riduzione della peritonite come causa di dropout mentre è aumentata l’insufficiente depurazione. Si conferma inoltre l’aumento registrato nel 2014 dell’impossibilità a proseguire/scelta.
Fig. 19: Cause di trasferimento dalla DP alla HD negli anni in percentuale sul totale dei trasferimenti.
Fig. 19: Cause di trasferimento dalla DP alla HD negli anni in percentuale sul totale dei trasferimenti.
Fig. 20: Cause di trasferimento dalla DP alla HD negli anni in valore assoluto espresso come episodi per 100 anni-pz.
Fig. 20: Cause di trasferimento dalla DP alla HD negli anni in valore assoluto espresso come episodi per 100 anni-pz.

Peritoniti

L’analisi delle peritoniti è stata condotta sui 193 Centri presenti in entrambi i Censimenti. Di questi, 4 non hanno fornito i dati sulle peritoniti per cui il dato si riferisce a 189 Centri. Nel 2019 sono stati registrati 666 episodi di peritonite che, per un totale di 42.120 mesi di follow up, equivalgono a 0,190 episodi per anno-paziente o, in altri termini, ad 1 episodio ogni 63,2 mesi-pz, un’incidenza inferiore a quelle registrate negli anni precedenti (Figura 21).

Delle peritoniti registrate nel 2019, 331 (49,7%) si sono verificate in corso di CAPD e 335 (50,3%) in corso di APD. Per quanto riguarda la percentuale di colture negative (125 episodi, pari al 18,8% del totale), il dato non è significativamente diverso da quello degli anni precedenti (Figura 21).

Per la prima volta è riportata l’etiologia delle peritoniti per i 110 Centri che hanno inviato i dati raccolti in modalità analitica (Figura 22): i germi Gram positivi rappresentano la principale causa di peritonite e tra questo lo SA è il più coinvolto mentre tra i Gram negativi lo è Escherichia Coli.

Fig. 21: Incidenza delle peritoniti nel 2019 a confronto con gli anni precedenti.
Fig. 21: Incidenza delle peritoniti nel 2019 a confronto con gli anni precedenti.
Fig. 22: Etiologia delle peritoniti nei 110 Centri indagati in modalità “analitica”.
Fig. 22: Etiologia delle peritoniti nei 110 Centri indagati in modalità “analitica”.

Peritonite sclerosante (EPS)

Dal Censimento del 2016 sono stati riportati 8 nuovi episodi di EPS, per un’incidenza di 0,103 ep/100 anni-pz (Figura 23). Al momento della diagnosi 6 pazienti erano in DP e 2 in HD (Figura 23).

Fig. 23: Casi di EPS nel quinquennio 2004-2008 e nei periodi 2009-10, 2011-12, 2013-14, 2015-16, 2016-2019.
Fig. 23: Casi di EPS nel quinquennio 2004-2008 e nei periodi 2009-10, 2011-12, 2013-14, 2015-16, 2016-2019.

Indagini speciali

Il catetere peritoneale. La tecnica e modalità di posizionamento più frequente è quella chirurgica, in anestesia locale, cui partecipano in collaborazione chirurgo e nefrologo (29,3%) (Figura 24) seguita da quella chirurgica, sempre in anestesia locale, ma con operatore il solo chirurgo (23,0%). Il nefrologo opera da solo nel 19,7% dei casi (in calo rispetto il 2016), sempre in anestesia locale e prevalentemente con tecnica chirurgica (18,3%), sempre più raramente con tecnica semi-chirurgica (1,4% dei casi). La video-laparoscopia è utilizzata nel 8,2% dei posizionamenti come nel 2016.

Complessivamente, il chirurgo è coinvolto nel 80,3% dei casi e il nefrologo nel 54,1%, anche se è probabile che partecipi a parte degli interventi effettuati in VLS (Figura 25).

Fig. 24: Tecnica, operatore e tipo di anestesia per il posizionamento
Fig. 24: Tecnica, operatore e tipo di anestesia per il posizionamento del catetere peritoneale nei pazienti incidenti. Il dato è riferito ai 180 Centri con dati inviati e congruenti. TECNICA: C = chirurgica; SC = semichirurgica; Videolaparoscopia; Altro = non comprende i casi mancanti. OPERATORE: C = chirurgo; N = nefrologo; C e N = chirurgo e nefrologo. ANESTESIA: AL = locale; AG = generale
Fig. 25: Ripartizione del numero di interventi di posizionamento riusciti per tipo di operatore.
Fig. 25: Ripartizione del numero di interventi di posizionamento riusciti per tipo di operatore. Legenda come in Fig. 24.

Il PET. La permeabilità peritoneale viene valutata dalla quasi totalità dei Centri (92,8%) (Figura 26).

Il metodo più utilizzato si conferma non essere più il PET secondo Twardowski con il 2,27%, ma il PET con il 3,86% (57,9%), in costante e significativo aumento (p <0,001) dal 2010 al 2019 (Figura 26). Solo il 7,7% dei Centri misurano la permeabilità peritoneale con altre tecniche (PDC, doppio miniPET e miniPET, altro non specificato).

Fig. 26: Tipo di valutazione della membrana peritoneale: confronto 2019 vs 2016
Fig. 26: Tipo di valutazione della membrana peritoneale: confronto 2019 vs 2016 vs 2014 vs 2012 vs 2010. Nel 2019 è ulteriormente aumentato il numero di Centri che utilizza il 3,86% per il PET.

Le visite domiciliari. Nel 2019 le visite domiciliari non sono previste nel programma di DP del 46,2% dei Centri (Figura 27), numero sostanzialmente invariato rispetto gli anni precedenti (Figura 28). Solo il 9,7% dei Centri le programma di routine, percentuale in lieve aumento rispetto il 2016 (8,0%), mentre il 33,3% dei Centri le utilizza solo se necessario ed il 10,8% solo all’inizio del trattamento (Figura 27). La figura maggiormente coinvolta nelle visite domiciliari rimane l’infermiere, che le svolge da solo nel 44,7% dei 103 Centri che le prevedono; nei casi restanti la visita è svolta in varia misura insieme al medico (Figura 29).

Fig. 27: Frequenza con cui sono state effettuate le viste domiciliari dai Centri partecipanti nel 2019.
Fig. 27: Frequenza con cui sono state effettuate le visite domiciliari dai Centri partecipanti nel 2019.
Fig. 28: Percentuale di Centri che non effettuano visite domiciliari e che le effettuano regolarmente negli anni censiti.
Fig. 28: Percentuale di Centri che non effettuano visite domiciliari e che le effettuano regolarmente negli anni censiti.
Fig. 29: Operatore sanitario che effettua le visite domiciliari nei Centri che le prevedono.
Fig. 29: Operatore sanitario che effettua le visite domiciliari nei Centri che le prevedono. MD > Inf = medico e occasionalmente l’infermiere; Inf. > MD = infermiere e occasionalmente il medico; MD – Inf. = medico e infermiere insieme.

Il Training. Il Training è stato indagato solo per i 110 Centri in modalità analitica per un totale di 771 ingressi in DP nel 2019. In questi Centri (Figura 30) (Figura 31) è effettuato prevalentemente in Centro (58,2%) e solo in una minoranza di Centri completamente a domicilio (6,4%) mentre nel 35,5% dei Centri è avviato in Ospedale e proseguito a domicilio (in proporzione non specificata). Il personale coinvolto è prevalentemente quello del Centro (63,6% dei Centri) mentre personale esterno è coinvolto in una qualche misura nei rimanenti Centri (Figura 31), in particolare nel Training domiciliare: considerando il numero di ingressi registrati nel 2019 in questi 110 Centri, personale esterno potrebbe essere stato coinvolto per 255 training (33,1%) (Figura 31).

Fig. 30: Sede del training ed operatore che lo effettua nei 110 Centri con dati disponibili.
Fig. 30: Sede del training ed operatore che lo effettua nei 110 Centri con dati disponibili.
Fig. 31: Operatore sanitario che effettua il training in funzione della sede del training.
Fig. 31: Operatore sanitario che effettua il training in funzione della sede del training. Personale esterno è coinvolto principalmente nei training effettuati completamente od in parte al domicilio del paziente.

 

Discussione

Limiti

Il Censimento della DP, giunto nel 2016 alla 7° edizione, rappresenta il risultato di un costante sforzo organizzativo del GSDP-SIN e di tutti i referenti DP dei Centri che utilizzano la DP in Italia.

Come ribadito più volte, al limite principale di essere una fotografia dei soli Centri che fanno la DP, che d’altra parte sarebbe anche la sua ragione d’essere, si aggiunge per l’edizione 2019 il non essere riuscito a censire tutti i Centri DP.

Le ragioni sono state ampiamente illustrate nei “Materiali e metodi”, ma è importante ribadire che si è svolto in piena pandemia COVID che ha reso difficoltoso anche l’abituale lavoro di verifica e correzione/recall telefonico preliminare all’analisi dei dati e necessario per ridurne l’imprecisione.

Utilizzo della DP

Tra i paesi occidentali, nonostante una copertura del 83,5% dei Centri DP, l’Italia si è confermata, per numero di pazienti prevalenti in DP, ai primi posti [812].

I valori percentuali di incidenza e prevalenza, rispettivamente del 21,7% e del 16,2%, non ne rappresentano la realtà percentuale, essendo riferiti ai soli Centri che hanno utilizzato la DP nel 2019 e con dati disponibili anche per la HD (186 Centri). Se consideriamo tutti i pazienti anche dei Centri privati e dei Centri pubblici che non fanno la DP, le percentuali riportate dal Registro Italiano di Dialisi e Trapianto [13] sono ovviamente molto inferiori, con un’incidenza globale del 14,5% (dati riferiti a 13 regioni) ed una prevalenza globale della DP nel 2019 del 12,6% (dati relativi a 10 Regioni). Per quanto riguarda il trend, abbiamo fatto riferimento ai 177 Centri con dati completi anche per la HD e anche per il 2016. In questi Centri, dopo anni di sostanziale stabilità si registra un lieve calo dell’incidenza e della prevalenza in accordo con la sostanziale stabilità dei dati riportati dai Registri Internazionali ad eccezione degli USA, in cui la DP è in lieve ma costante aumento per i noti provvedimenti adottati (Figura 32).

Fig. 32: Prevalenza della DP riportata nei diversi registri di dialisi e trapianto del mondo occidentale nel tempo.
Fig. 32: Prevalenza della DP riportata nei diversi registri di dialisi e trapianto del mondo occidentale nel tempo.

Dialisi Peritoneale Incrementale

Si conferma che la Incr-DP coinvolge una percentuale di pazienti incidenti significativa ed è associata ad un maggior utilizzo della DP, in particolare della CAPD. Il trend sembra essersi arrestato da alcuni anni sia per quanto riguarda il numero di Centri che la praticano che per il numero di pazienti per la quale viene prescritta in questi Centri, riscontro atteso e che potrebbe essere correlato alla percentuale di late referral (non indagata in questa edizione). In assenza di dati di Registro internazionali, il Censimento del GSDP rimane una fonte di dati disponibile sull’argomento. Non sono purtroppo disponibili i dati del GFR di inizio dialisi.

CAPD/APD

All’inizio della DP la modalità più utilizzata è la CAPD mentre tra i pazienti prevalenti quella più utilizzata è la APD. A ciò contribuiscono verosimilmente due fattori, la dialisi incrementale prima ed il maggiore utilizzo dell’APD al ridursi della FRR e all’aumentare della permeabilità peritoneale. Infatti, se all’inizio del trattamento la DP incrementale è prevalentemente effettuata come CAPD, il trasferimento dalla CAPD alla APD rispetto all’inverso è significativamente superiore (e motivato dalla scelta del paziente/caregiver) e, per i pazienti trasferiti dalla HD e dal Tx alla DP, la metodica preferita è l’APD [1]. Il dato del 2019 è sostanzialmente invariato rispetto gli anni precedenti.

Assisted PD

Circa un quarto dei pazienti in DP necessita di assistenza per le procedure dialitiche. Tale percentuale, dopo il lieve calo registrato nel 2016 sembra essere tornata in linea con gli anni precedenti.

I dati internazionali sulla Assisted PD sono ancora scarsi e limitati a Paesi come la Francia ed altri Paesi del Nord Europa in cui, come noto, è effettuata prevalentemente dall’infermiera/personale sanitario/volontari a domicilio [5]. In Italia al contrario il caregiver maggiormente coinvolto rimane quello familiare. Per le altre figure si segnala un diminuito ricorso alle badanti ed uno aumentato al personale sanitario del Centro.

La DP in RSA rimane limitata ad un trascurabile numero di pazienti, in particolare se paragonato al numero dei pazienti in RSA che sono in HD.

Dropout e fallimento della tecnica

Le uscite dalla DP sembrano essersi ridotte, in particolare quelle per morte. In mancanza di altri dati non è possibile analizzarne le ragioni. Il sistema di calcolo del follow up cui rapportare gli eventi è rimasto lo stesso e come per le peritoniti è verosimile che sia sottostimato piuttosto che il contrario.

Il trasferimento alla HD rimane la causa principale di interruzione della metodica.

La principale causa di fallimento della tecnica è ancora la peritonite, in lieve aumento rispetto il 2016 così come in aumento sembra essere il malfunzionamento del catetere mentre in calo depurazione/UFF e scelta/impossibilità a proseguire la DP.

Peritoniti e Peritonite Sclerosante

In contrasto con l’aumento del drop out per peritonite è l’incidenza delle peritoniti, ben al di sotto dell’incidenza auspicabile indicata dalle linee guida ISPD 2022 di 0,40 ep/anno-pz [14], secondo un trend al costante calo negli anni peraltro in accordo con i dati di una recentissima analisi internazionale [15], cui il Censimento del GPDP ha contribuito. Rimane maggior del valore limite indicato dalle linee Guida la percentuale di colture negative (<15%), seppur costante negli anni [14].

A fronte di una riduzione dell’incidenza delle peritoniti, il dato etiologico mostra l’importanza di quelle da SA e da Gram Negativi rispetto a quelle “tradizionali” da SE, dato che potrebbe giustificare la mancata riduzione del drop-out da peritonite registrata nel 2019. L’incidenza di EPS continua a diminuire. È possibile che il dato sia stato ancora più sottostimato in epoca pandemica, in particolare per quanto riguarda l’EPS insorta dopo il Tx, soprattutto nel caso di pazienti trasferiti ad altri Centri per il follow up post Tx.

Aspetti particolari della DP

Catetere peritoneale. Rispetto il 2016 si registra un’ulteriore riduzione del ruolo del Nefrologo nel suo posizionamento ed il conseguente aumento di quello del Chirurgo, da solo o in collaborazione con il Nefrologo. Invariato il ricorso alla Videolaparoscopia.

Valutazione della permeabilità peritoneale. La diffusa valutazione della permeabilità peritoneale e soprattutto il costante incremento nell’utilizzo del 3,86% per il PET (dal 15,6% di tutti i Centri nel 2010 al 57,9% del 2019) osservati in questi anni suggeriscono attenzione all’ottimizzazione del trattamento dialitico e alla conservazione della membrana peritoneale.

Visite domiciliari. Invariato e sempre elevato il numero di Centri che non effettua le visite domiciliari (il 46,2%), mentre in lieve incremento quelli che le effettuano regolarmente (8,0% nel 2016 – 9,7% nel 2019) anche se sempre meno di un Centro su dieci. Il limitato ricorso a questa importante forma di monitoraggio, invariato se non peggiorato negli anni, è forse un indice delle difficoltà organizzative di molti Centri dialisi italiani. L’infermiere rimane il protagonista delle visite a domicilio.

Training. Indagato per la prima volta, solo con la modalità analitica di raccolta dei dati, il training è effettuato prevalentemente in Centro dal personale del Centro stesso nonostante i vantaggi noti del condurlo a domicilio del paziente. Quando effettuato a domicilio interviene personale esterno, da solo o in collaborazione con quello del Centro, indice di difficoltà organizzative.

 

Conclusioni

Il Censimento 2019 ha coinciso con la pandemia COVID ma nonostante questa, grazie all’impegno dei Referenti DP, la copertura raggiunta è risultata, anche se non completa, comunque significativa.

L’utilizzo della DP sembra essere in lieve riduzione nonostante i risultati della DP in Italia si siano confermati di buon livello, come indicato dall’incidenza costantemente in riduzione delle peritoniti, dalla riduzione della mortalità e dalla riduzione del drop out in HD.

 

Ringraziamenti

Si ringraziano i Referenti dei Centri che hanno aderito al Censimento e che con il loro impegno hanno reso possibile la raccolta dati ed il presente lavoro.

Abdulsattar Giamila (Oristano)
Agostini Barbara (Biella)
Alberghini Elena (Cinisello Balsamo)
Alessandrello Ivana (Modica)
Alfano Gaetano (Modena)
Ambrogio Antonina (Rovigo)
Ancarani Paolo (Sestri Levante)
Angelini Maria Laura (Forlì)
Angelo Maria Letizia (Camposampiero)
Ansali Ferruccio (Civitavecchia)
Autuly Valerie Marie (Città di Castello)
Basso Anna (Padova)
Benozzi Luisa (Borgomanero)
Bermond Francesca (Torino)
Bianco Beatrice (Verona)
Bilucaglia Donatella (Torino)
Bisello Walter (Urbino)
Boccadoro Roberto (Rimini)
Bonesso Cristina (San Donà di Piave)
Bonvegna Francesca (Verbania)
Borettaz Ilaria (Lodi)
Borrelli Silvio (Napoli)
Bosco Manuela (Gorizia)
Braccagni Beatrice (Poggibonsi)
Brigante Maurizio (Campobasso)
Budetta Fernando (Eboli)
Caberlotto Adriana (Treviso)
Cabibbe Mara (Milano)
Cabiddu Gianfranca (Cagliari)
Cadoni Maria Chiara (San Gavino Monreale)
Cannarile Daniela Cecilia (Bologna)
Cantarelli Chiara (Parma)
Capistrano Mariano (Montichiari)
Cappelletti Francesca (Siena)
Capurro Federica (Novara)
Caria Simonetta (Quartu Sant’ Elena)
Carta Annalisa (Nuoro)
Caselli Gian Marco (Firenze)
Caselli Ada (Ascoli Piceno)
Casuscelli di Tocco Teresa (Messina)
Centi Alessia (Roma)
Cerroni Franca (Rieti)
Ciabattoni Marzia (Savona)
Cianfrone Paola (Catanzaro)
Cimolino Michele (Pordenone)
Ciurlino Daniele (Sesto San Giovanni)
Colombo Patrizia (Vercelli)
Colucci Giuseppina (Putignano)
Comegna Carmela (Tivoli)
Contaldo Gina (Monza)
Cornacchia Flavia (Cremona)
Cosa Francesco (Legnano)
Costa Silvano (Voghera)
Costantino Ester Maria Grazia (Manerbio)
D’Alonzo Silvia (Roma)
D’Altri Christian (Martina Franca)
D’Amico Maria (Trapani)
Del Corso Claudia (Pescia)
D’Elia Filomena (Bari)
Della Gatta Carmine (Nola)
Di Daniele Nicola (Roma)
Di Franco Antonella (Barletta)
Di Liberato Lorenzo (Chieti)
Di Loreto Ermanno (Atri)
Di Somma Agnese (San Marco Argentano)
Di Stante Silvio (Pesaro – Fano)
Distratis Cosimo (Manduria)
Domenici Alessandro (Roma)
Esposito Samantha (Grosseto)
Esposito Vittoria (Pavia)
Fancello Sabina (Tempio Pausania)
Fattori Laura (Senigallia)
Ferrando Carlo (Cuneo)
Ferrara Gaetano (San Giovanni Rotondo)
Figliola Carmela (Gallarate)
Filippini Armando (Roma)
Fiorenza Saverio (Imola)
Fischer Maria Stephanie (Bolzano)
Flavio Scanferla (Venezia)
Frattarelli Daniele (Roma)
Gabrielli Danila (Aosta)
Gai Massimo (Torino)
Gammaro Linda (Verona)
Gangeri Fabio (Roma)
Garofalo Donato (Fermo)
Gazo Antonietta (Vigevano)
Gherzi Maurizio (Ceva)
Glauco Gianni (Prato)
Giozzet Morena (Feltre)
Giudicissi Antonio (Cesena)
Giuliani Anna (Vicenza)
Graco Angelo (La Spezia)
Grill Anna (Asti)
Gullo Maurizio (Lamezia Terme)
Guzzo Daniela (Livorno)
Heidempergher Marco (Milano)
Iacono Rossella (Civita Castellana)
Iadarola Gian Maria (Torino)
Iannuzzella Francesco (Reggio Emilia)
Isola Elisabetta (Ravenna)
La Milia Vincenzo (Lecco)
Laudadio Giorgio (Bassano del Grappa)
Laudon Alessandro (Trento)
Lenci Federica (Ancona)
Leonardi Sabina (Trieste)
Lepori Gianmario (Olbia)
Libetta Carmelo (Pavia)
Licciardello Daniela (Acireale)
Lidestri Vincenzo (Chioggia)
Lisi Lucia (Vimercate)
Lo Cicero Antonina (San Daniele)
Luciani Remo (Roma)
Magnoni Giacomo (Bologna)
Malandra Rosella (Teramo)
Manca Rizza Giovanni (Pontedera)
Manfrini Vania (Seriate)
Mangano Stefano (Varese)
Manini Alessandra (Piacenza)
Mariani Roberta (Vasto)
Marini Alvaro (Popoli)
Martella Vilma (Lecce)
Masa Maria Alessandra (Sondrio)
Mastrippolito Silvia (Lanciano)
Matalone Massimo (Catania)
Mauro Teresa (Rossano)
Mazzola Giuseppe (Mantova)
Mazzotta Antonio (Casale Monferrato)
Messina Antonina (Catania)
Michelassi Stefano (Firenze)
Migotto Clara (Vizzolo Predabissi)
Miniello Vincenzo (Pistoia)
Mollica Agata (Cosenza)
Montalto Gaetano (Taormina)
Montanari Marco (Albano Laziale)
Montemurro Vincenzo (Firenze)
Neri Loris (Alba)
Nicolai Giulia Adriana (Conegliano)
Nicosia Valentina (Formia)
Orani Maria Antonietta (Milano)
Panuccio Vincenzo (Reggio Calabria)
Panzino Antonio Rosario (Catanzaro)
Parodi Denise (Genova)
Pastorino Nadia (Novi Ligure)
Pellegrino Cinzia (Cetraro)
Perna Concetta (Cerignola)
Perosa Paolo (Pinerolo)
Pignone Eugenia (Rivoli)
Pinerolo Cristina (MIlano)
Piraina Valentina (Ivrea)
Piredda Maria (Sassari)
Pirrottina Maria Anna (San Benedetto del Tronto)
Pogliani Daniela Rosa Maria (Garbagnate Milanese)
Porreca Silvia (Altamura)
Pozzi Marco (Desio)
Previti Antonino (Santorso)
Puliti Maria Laura (Palestrina)
Randone Salvatore (Avola)
Rapisarda Francesco (Catania)
Ratto Elena (Genova)
Ricciardi Daniela (Castiglione del Lago)
Rocca Anna Rachele (Roma)
Russo Roberto (Bari)
Russo Domenico (Napoli)
Russo Francesco Giovanni (Scorrano)
Sabatino Stefania (Udine)
Santarelli Stefano (Jesi)
Santese Domenico (Taranto)
Santinello Irene (Piove di Sacco)
Santirosi Paola Vittoria (Spoleto)
Santoferrara Angelo (Civitanova Marche)
Santoro Domenico (Messina)
Saraniti Antonello (Milazzo)
Savi Umberto (Belluno)
Scalamogna Antonio (Milano)
Scalzo Berta Ida (Cirie’)
Scarfia Rosalia Viviana (Caltagirone)
Somma Giovanni (Castellamare di Stabia)
Stacchiotti Lorella (Giulianova)
Stramignoni Emanuele (Chieri)
Stucchi Andrea (Milano)
Taietti Carlo (Treviglio)
Tartaglia Luciano (Foggia)
Tata Salvatore (Mestre)
Timio Francesca (Perugia)
Todaro Ignazio (Piazza Armerina)
Toriello Gianpiero (Polla)
Torraca Serena (Salerno)
Totaro Erica (Dolo)
Tramontana Domenico (Vibo Valentia)
Trepiccione Francesco (Napoli)
Trubian Alessandra (Legnago)
Turchetta Luigi (Cassino)
Vaccaro Valentina (Alessandria)
Vecchi Luigi (Terni)
Visciano Bianca (Magenta)
Viscione Michelangelo (Avellino)
Vizzardi Valerio (Brescia)

 

Bibliografia

  1. Marinangeli G, Cabiddu G, Neri L et al; Italian Society of Nephrology Peritoneal Dialysis Study Group. Old and new perspectives on peritoneal dialysis in Italy emerging from the Peritoneal Dialysis Study Group Census. Perit Dial Int 2012; 32:558-65, https://doi.org/3747/pdi.2011.00112.
  2. Marinangeli G, Cabiddu G, Neri L et al; Italian Society of Nephrology Peritoneal Dialysis Study Group. Andamento della DP in Italia nei Centri pubblici non pediatrici. Risultati del censimento GSDP-SIN 2010 e confronto con i censimenti 2008 e 2005. G Ital Nefrol 2014; 31(4), http://www.nephromeet.com/web/procedure/protocollo.cfm?List=WsIdEvento,WsIdRisposta,WsRelease&c1=00194&c2=14&c3=1
  3. Marinangeli G, Cabiddu G, Neri L et al; Italian Society of Nephrology Peritoneal Dialysis Study Group. Peritoneal Dialysis in Italy: the fourth GSDP-SIN census 2012. G Ital Nefrol 2017; 34(2), https://giornaleitalianodinefrologia.it/en/2017/04/la-dp-in-italia-il-censimento-del-gsdp-sin-2012-cs-12/.
  4. Marinangeli G, Neri L, Viglino G et al; Peritoneal Dialysis Study Group of Italian Society of Nephrology.PD in Italy: the 5th GSDP-SIN Census 2014. G Ital Nefrol 2018;35(5), https://giornaleitalianodinefrologia.it/en/2018/09/la-dialisi-peritoneale-in-italia-il-5-censimento-del-gsdp-sin-2014/.
  5. Neri L, Viglino G, Marinangeli G et al; Peritoneal Dialysis Study Group of the Italian Society of Nephrology. Peritoneal Dialysis in Italy: the 6th GSDP-SIN census 2016. G Ital Nefrol. 2019 Jun 11;36(3):2019-vol3.
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  7. Quintaliani G, Di Luca M, Di Napoli A et al. Census of the renal and dialysis units by Italian Society of Nephrology: structure and organization for renal patient assistance in Italy (2014-2015). G Ital Nefrol 2016; 33(5), https://giornaleitalianodinefrologia.it/en/2016/10/censimento-a-cura-della-societa-italiana-di-nefrologia.
  8. ERA-EDTA Registry Annual Report 2019. Academic Medical Center, Department of Medical Informatics, Amsterdam, the Netherlands, 2021, https://www.era-online.org/registry/AnnRep2019.pdf.
  9. USRDS Annual Data Report. Volume 2 – ESRD in the United States, https://www.usrds.org/media/2283/2018_volume_2_esrd_in_the_us.pdf.
  10. Ikuto Masakane, Masatomo Taniguchi, Shigeru Nakai et al. Annual Dialysis Data Report 2016, JSDT Renal Data Registry (JRDR). Renal Replacement Therapy 2018; 4:45, https://rrtjournal.biomedcentral.com/articles/10.1186/s41100-018-0183-6.
  11. Canadian Institute for Health Information. Canadian Organ Replacement Register. Annual Report: Treatment of End-Stage Organ Failure in Canada, Canadian Organ Replacement Register.
  12. ANZDATA – Australia and New Zealand Dialysis and Transplant Registry – Annual ANZDATA Report – Adelaide, South Australia, https://www.anzdata.org.au/anzdata/publications/reports/.
  13. Registro Italiano di Dialisi e Trapianto, https://ridt.sinitaly.org/.
  14. Li PK, Chow KM, Cho Y et al.ISPD peritonitis guideline recommendations: 2022 update on prevention and treatment. Perit Dial Int. 2022; 42(2):110-153, https://doi.org/1177/08968608221080586.
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“Naked” exit-site for peritoneal dialysis catheters

Abstract

Exit site infections (ESI) and peritoneal catheter tunnel infections are strongly associated with peritonitis. Alternative exit-site dressings can include the use of water and soap and the absence of sterile gauze. This article reports our experience with “naked” exit-sites, meaning without any kind of gauze to cover them. From January 2017 to October 2020, we enrolled 38 patients of the Nephrology and Dialysis Unit of the “San Martino” Hospital in Belluno. Nine of these patients had a “naked” exit-site. At the end of the study, no significant differences were found in the percentage of ESI-free patients, in the incidence rate of ESI, in the relative risk of developing ESI and in the incidence rate of peritonitis.

Keywords: peritoneal dialysis, exit-site dressing, exit-site infections

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Introduzione

Le peritoniti nei pazienti in trattamento dialitico peritoneale (DP) sono responsabili di circa un quarto dei drop-out dalla metodica [1]. Le infezioni dell’exit-site e del tunnel del catetere peritoneale (ESI) sono fortemente predisponenti per peritoniti [2], per tale ragione le linee guida della Internationanl Society of Peritoneal Dialysis (ISPD) hanno più volte enfatizzato la necessità di un’attenta cura dell’emergenza cutanea del catetere [3,4]. Tra le possibili medicazioni dell’exit-site vanno considerate come valide alternativa, specie in soggetti con tendenza a reazioni allergiche ai materiali delle medicazioni, il semplice utilizzo di acqua e sapone [5] e l’assenza di garze a coperture. Quest’ultima opzione è contemplata sia nella gestione dei cateteri venosi centrali con cuffia e tunnel sottocutaneo [6] che in un recente studio prospettico, randomizzato e controllato di Mushahar et al. [7], peraltro citato nelle stesse linee guida ISPD. Il presente articolo riporta la nostra esperienza con exit-site “nudo”, intendendo con tale termine un exit-site del catetere peritoneale privo di alcuna medicazione a copertura.

 

Metodi

Nello studio in oggetto, di tipo osservazionale prospettico, è stata presa in esame la coorte di pazienti in DP afferenti all’UOC di Nefrologia e Dialisi dell’Ospedale “San Martino” di Belluno, AULSS1 DOLOMITI, da gennaio 2017 ad ottobre 2020. Tale corte comprendeva sia i pazienti già in trattamento che tutti i nuovi pazienti incidenti. Sono stati arruolati nel braccio ad exit-site nudo tanto i pazienti già in medicazione standard, ma con reazioni cutanee ai materiali utilizzati, quanto pazienti naive al trattamento dialitico peritoneale. In questi ultimi soggetti ogni valutazione atta all’arruolamento è stata eseguita al termine del periodo di break in.

La medicazione standard adottata dai pazienti del centro prevedeva disinfezione con ipoclorito di sodio 10% (Amuchina®), protezione dell’exit-site con garze sterili, copertura con medicazione in poliuretano, sterile, trasparente, impermeabile all’acqua (IV3000®). Il rinnovo della medicazione avveniva 2 volte a settimana, più ulteriori rinnovi in caso di medicazione bagnata o non adeguatamente adesa alla cute.

I pazienti eleggibili per exit-site “nudo” dovevano soddisfare tutti i seguenti criteri:

  1. presenza di catetere peritoneale a doppia cuffia
  2. distanza della cuffia esterna dall’exit-site >2 cm
  3. sinus lievemente invaginato, rivestito da cute sana e con inclinazione di 45° circa [8]
  4. assenza di infezioni della cuffia esterna e del tunnel in atto
  5. assenza di obesità (BMI <30), addome pendulo o adipe con “soffocamento” dell’exit-site

I criteri 2 e 4 erano anche confermati con ecografia, eseguita sempre dal medesimo operatore con esperienza ecografica e mediante Esaote MyLab™Five con sonda LA523 (lineare 13-4 MHz). Ulteriori criteri minori, non vincolanti per l’eleggibilità del paziente, erano l’assenza di diabete mellito e di cirrosi epatica. La cura dell’exit-site “nudo” prevedeva:

  1. lavaggio quotidiano della cute intorno al sinus con acqua e sapone antisettico (clorexidina digluconato 4%)
  2. asciugatura del sinus con garza sterile
  3. utilizzo di biancheria intima di cotone da sostituire quotidianamente
  4. ancoraggio del catetere alla cute con un cerotto per evitare trazioni dell’exit-site

Il controllo di tutti gli exit-site è stato effettuato secondo i criteri ISPD [4] ed adottando lo score modificato di Schaefer et al. [9] proposto in tale linea guida; veniva definito ESI un exit-site con punteggio ≥4 o con secrezione purulenta isolata. Se presente sospetto clinico veniva eseguito l’esame colturale ed il tunnel del catetere peritoneale veniva valutato ecograficamente. Era considerato suggestivo di infezione la presenza di una falda ipoecogena >2 mm intorno al catetere [10]. La terapia antibiotica è stata attuata secondo protocollo del centro, il follow-up ecografico dei tunnel infetti e le indicazioni alla rimozione del catetere hanno seguito i criteri proposti da Vychytil et al. [11].

I pazienti in medicazione standard, ma con reazioni cutanee ai materiali, a cui veniva proposto lo switch ad exit-site “nudo” erano sottoposti ad esame clinico ed ecografico volto ad escludere la presenza di ESI al momento dell’arruolamento.

Sia per il braccio sottoposto ad exit-site “nudo” che per il braccio controllo con medicazione standard è stato considerato come end point primario dello studio il tasso d’incidenza di ESI, mentre come end point secondario è stato preso in esame il tasso d’incidenza di peritoniti.

I dati sono stati espressi sia in termini di media e deviazione standard che in termini di mediana e 1°-3° quartile; sono stati quindi confrontati con test non parametrico di Mann-Whitney e con test esatto di Fisher in presenza di variabili categoriche. Il rischio di sviluppare infezione dell’exit-site viene mostrato con curva di sopravvivenza di Kaplan-Meier. La significatività statistica è considerata per p <0,05.

 

Risultati

Sono stati presi in esami complessivamente 38 pazienti. Di questi, 9 sono stati avviati ad exit-site “nudo”, 2 per switch da medicazione standard e 7 per avvio diretto dopo break in. Le caratteristiche cliniche e gli eventi infettivi dei due sottogruppi sono riportati in Tabella I e II rispettivamente.

  Medicazione standard Exit-site “nudo” p
N. pazienti 31 9
Maschi (%) 25 (80,6) 4 (44,4) <0,05
Età (anni)(media±DS) 62,8±14,5 67,4±6,9 0,16
Età (anni) (mediana (1° – 3°q)) 64 (58-73) 69 (69-70) 0,52
BMI (media±DS) 25,0±4,7 23,2±5,5 0,38
BMI (mediana (1° – 3°q)) 24,9 (22,1-27,8) 25,2 (20,9-26,8) 0,65
Diabete mellito (%) 10 (31,2) 1 (11,1) 0,21
Cirrosi epatica (%) 3 (9,7) 1 (11,1) 0,90
N. pazienti già in DP ad inizio osservazione 16 2
Età dialitica dei pazienti già in DP ad inizio osservazione (mesi)(media+DS) 40,8±26,4 45,8±14,1 0,55
Legenda: DS, deviazione standard
Tabella I: Caratteristiche cliniche

 

  Medicazione standard Exit-site “nudo” p
Tempo di follow-up cumulativo (mesi) 512,8 150,0
Tempo di follow-up per paziente (mesi)(media+DS) 16,5±14,9 16,7±15,3 0,97
Pazienti ESI-free (%) 24 (77,4) 8 (88,9) 0,45
N. ESI (exit-site e/o tunnel) 8 1 0,35
Frequenza (episodi/100 pazienti/anno) 18,7 8,0
S.aureus (%) 5 (62,5) 1 (100,0)
MRSA/MRSE (%) 1 (12,5) 0 (0,0)
Altri gram positivi (%) 0 (0,0) 0 (0,0)
P.aeruginosa (%) 1 (12,5) 0 (0,0)
Altri gram negativi (%) 1 (12,5) 0 (0,0)
Funghi (%) 0 (0,0) 0 (0,0)
N. peritoniti 5 2 0,67
Frequenza (episodi/100 pazienti/anno) 11,7 16,0
S.aureus (%) 1 (20,0) 0 (0,0)
MRSA/MRSE (%) 1 (20,0) 0 (0,0)
Altri gram positivi (%) 2 (40,0) 0 (0,0)
P.aeruginosa (%) 1 (20,0) 0 (0,0)
Altri gram negativi (%) 0 (0,0) 0 (0,0)
Funghi (%) 0 (0,0) 0 (0,0)
No crescita/No coltura (%) 0 (0,0) 2 (100,0)
N. rimozioni del catetere peritoneale 5 1
ESI non rensponder 3 0
Peritonite non responder 1 1
Legenda: DS, deviazione standard; MRSA/MRSE, methicillin resistant staphylococcus aureus / methicillin resistant staphylococcus epidermidis
Tabella II: Eventi infettivi

Il periodo di osservazione ha compreso complessivamente 662,8 mesi-paziente di follow-up, nei quali abbiamo registrato 9 episodio di ESI, di cui 2 con estensione al tunnel sottocutaneo, e 7 peritoniti, di cui solo 1 in presenza di ESI. Sono stati rimossi complessivamente 6 cateteri peritoneali, di cui 5 per causa infettiva.

Al termine di tale periodo, fra i pazienti in medicazione standard, 24 (77,4%) si sono mantenuti ESI-free, mentre nel gruppo in exit-site “nudo” 8 (88,9%); tale differenza non ha raggiunto livelli di significativa statistica. Il tasso di incidenza di ESI è stato di 18,7 episodi/100 pazienti/anno per il gruppo con medicazione standard e di 8,0 per quello in exit-site “nudo”, anche in questo caso però non si è raggiunta la significatività statistica. Il 66,7% delle infezioni dell’exit-site sono state da attribuire a Stafilococcus aureus meticillino sensibile. Il tasso di incidenza di peritoniti è stato simile fra i due gruppi (medicazione standard 11,7 vs 16 episodi/100 pazienti/anno exit-site “nudo”, p = 0,67). Il ricorso ad exit-site “nudo” non ha mostrato alcun effetto statisticamente significativo sul rischio di sviluppare ESI (RR 0,43; IC 95% 0,04-4,04) (Figura 1).

Figura 1: Curve di Kaplan-Meier per exit-site "nudo" (blu) e con medicazione standard (rosso)
Figura 1: Curve di Kaplan-Meier per exit-site “nudo” (blu) e con medicazione standard (rosso)

 

Discussione

Il trattamento dialitico peritoneale espone il paziente ad un non trascurabile rischio infettivo, causa anche di drop-out dalla metodica; per tale motivo le linee guida ISPD sottolineano l’importanza di una rigorosa cura dell’emergenza cutanea del catetere peritoneale. È ampia la letteratura che esplora le diverse possibilità di medicazioni dell’exit-site. Al contrario sono meno numerosi gli studi che valutano l’ipotesi di una “non-medicazione” caratterizzata dall’assenza di garze poste a protezione del sinus [12].

Nel 1984, in un piccolo studio randomizzato e controllato, Starzomski segnalava l’assenza di significative differenze infettive nei soggetti con o senza medicazione esterna [13]. Successivamente, Twardowski affermava che: “Late colonization, after the healing process is completed, is inevitable and mostly harmless, provided that the defence mechanisms are intact. Almost all healed catheter sinuses are colonized by bacteria”. L’Autore proponeva ai propri pazienti la pulizia della cute con acqua e sapone e dava loro la possibilità di omettere l’applicazione di una garza a protezione dell’exit-site ad un anno dal posizionamento del catetere [14]. Nel già citato studio di Mushahar et al., gli autori ipotizzano come una medicazione coperta non sia dotata di per sè di un effetto inibitorio sulla crescita dei microrganismi ma, al contrario, possa fornire un ambiente umido per una crescita batterica accelerata. Il possibile ruolo del clima caldo umido sulla proliferazione batterica era già stato evidenziato nei lavori di Alves et al. [15] e Stinghen et al. [16].

 

Conclusioni

Negli anni ultimi anni si assiste sempre più spesso alla presenza di pazienti privi di care-giver o alla comparsa di reazioni cutanee da cerotto. Queste esperienze, di concerto alla prassi di considerare la dialisi peritoneale come la prima opzione dialitica del nostro centro, ci hanno condotto gioco forza all’utilizzo dell’exit-site “nudo”. Con il presente lavoro abbiamo voluto esaminare la sicurezza di una procedura standardizzata, applicata in modo più estensivo, capace di identificare criteri chiari per l’eleggibilità dei pazienti e le modalità per la cura del sinus.

I criteri per l’arruolamento nel braccio ad exit-site “nudo” generano certamente un bias di selezione, ma tale scelta è stata compiuta con l’intenzione di ottenere risultati scevri da pre-esistenti anomalie del sinus o del catetere peritoneale. Per ragioni di safety del paziente, è stato lasciato al giudizio clinico la scelta di arruolare soggetti affetti da diabete mellito o cirrosi epatica [17,18,19]. L’esperienza documentata supporta l’ipotesi di una non inferiorità di tale approccio rispetto allo “standard care” di una medicazione del catetere peritoneale. Con i limiti dovuti all’esiguità del campione ed alla metodica dello studio, i risultati ottenuti ci appaiono confortanti in merito all’utilizzo dell’exit site “nudo”. Nel complesso, alla luce dei dati collezionati e dei feedback ottenuti dal personale e dai pazienti, la nostra esperienza può ritenersi positiva e meritevole di un più ampio campione e di un più esteso follow-up.

 

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Is peritoneal dialysis the first-choice renal replacement therapy for patients waiting for a kidney transplant?

Abstract

Kidney transplantation is the gold-standard treatment of end-stage renal disease. Receiving a pre-emptive transplant ensures the best survival for both the recipient and the allograft. However, due to an overwhelming discrepancy between available donors and patients on the transplant waiting list, the vast majority of transplant candidates require prolonged periods of dialytic therapy before transplant.

Peritoneal dialysis and hemodialysis have been traditionally considered as competitive renal replacement therapies. This dualistic vision has been recently questioned by emerging evidence suggesting that an individualized and flexible approach may be more appropriate. Tailored and cleverly planned shifts between different modalities, according to the patient’s needs, represents the best option.

Remarkably, recent data seem to support the use of peritoneal dialysis over hemodialysis in patients waiting for a kidney transplant. In this specific setting, the perceived advantages of PD are better overall recipient survival and quality of life, longer preservation of residual renal function, lower incidence of delayed graft function and reduced cost.

Keywords: peritoneal dialysis, kidney transplant, hemodialysis, renal replacement therapy, waiting-list, residual renal function, quality of life, delayed graft function

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Introduzione

Il trapianto di rene (KT) è ampiamente riconosciuto come la terapia renale sostitutiva (RRT) d’elezione per la malattia renale terminale (ESRD) [13]. Idealmente, sottoporre il paziente a KT prima dell’inizio della terapia dialitica è la strategia che permette di ottenere i risultati più soddisfacenti [46]. Tuttavia, a causa della limitata disponibilità di donatori, la maggior parte dei soggetti candidati a KT necessita di un lungo periodo di trattamento dialitico prima di ricevere un organo [7]. Per molti anni l’emodialisi (HD) ha rappresentato l’unica opzione per i pazienti in lista di trapianto [8,9]. Negli anni ‘80 l’avvento della dialisi peritoneale (PD) nella pratica clinica ha sollevato la questione di quale fosse la terapia dialitica da preferire nei pazienti candidabili a KT [10,11].

Le preoccupazioni maggiori concernenti l’uso della PD sono rappresentate dalla possibile creazione di leakage/aderenze peritoneali, dal rischio di infezioni peri-trapianto e dalla convinzione che la metodica sia correlata ad una maggiore incidenza di episodi di rigetto acuto [1216].

Sebbene diversi studi abbiano dimostrato che la PD non influenza negativamente il numero di complicanze chirurgiche e mediche precoci, molti nefrologi sono ancora riluttanti a proporre la PD come terapia sostituiva iniziale nei pazienti candidabili a KT. Questa tendenza è alquanto discutibile poiché l’HD e la PD non devono essere considerate tecniche dialitiche competitive, quanto piuttosto strategie complementari finalizzate a ottenere i migliori risultati prima e dopo il trapianto di rene [17].

Infatti, la tecnica dialitica dovrebbe essere personalizzata sulla base delle particolari caratteristiche e esigenze del singolo paziente tenendo in considerazione la loro variabilità nel tempo. Dunque, trasferimenti accuratamente pianificati fra le diverse tecniche di terapia renale sostitutiva dovrebbero essere accuratamente considerati nelle specifiche circostanze [18].

A questo riguardo, sempre maggiori evidenze sembrano suggerire che nei pazienti candidabili a trapianto di rene la PD permette di ottenere migliori risultati rispetto all’HD. In particolare, i vantaggi della PD sono rappresentati da un più lungo mantenimento della funzione renale residua, da una superiore qualità di vita, una minore incidenza di ritardata ripresa funzionale dell’organo trapiantato (DGF), una migliore sopravvivenza e una riduzione dei costi associati alla metodica. Il presente lavoro si prefigge, dunque, lo scopo di discutere i vantaggi teorici della “PD-first policy” nell’ambito del paziente candidabile a KT.

 

Sopravvivenza del paziente durante la terapia dialitica

I pazienti affetti da ESRD presentano un’elevata prevalenza di malattie cardiovascolari, un più alto rischio di eventi cardiovascolari maggiori e un’aumentata mortalità rispetto alla popolazione generale [7]. Questi fattori, purtroppo, possono ridurre in modo significativo la possibilità di rimanere in lista attiva di trapianto e inficiano tanto la sopravvivenza dell’organo quanto quella del ricevente dopo KT. Dunque, la terapia renale sostitutiva in grado di garantire la minore mortalità e la più bassa incidenza di comorbidità è certamente da preferire.

In uno studio condotto su 398.940 pazienti che hanno iniziato la terapia sostitutiva fra il 1995 e il 2000, Vonesh et al. [19] mostrarono che la sopravvivenza dei pazienti in PD e HD variava secondo specifiche caratteristiche legate al paziente, quali la causa dell’insufficienza renale, l’età e le comorbidità. In particolare, gli autori osservarono che, eccetto per i pazienti anziani con diabete in cui la PD presentava uno svantaggio di sopravvivenza, in tutti gli altri sottogruppi la mortalità fra i pazienti era simile o perfino migliore in PD. Uno studio danese basato su 4568 pazienti in HD e 2443 in PD evidenziava che i pazienti in PD possedevano un vantaggio in termini di sopravvivenza nei primi due anni di RRT [20]. In modo simile, un’analisi eseguita su una coorte di pazienti dializzati canadesi dimostrava che negli individui giovani e non affetti da diabete la sopravvivenza in PD era superiore rispetto all’HD e, sebbene di minore entità, questo vantaggio si confermava anche negli altri sottogruppi [21].

Liem et al., analizzando il registro olandese di malattia renale terminale (16.643 pazienti), osservavano che la sopravvivenza differiva fra le due metodiche dialitiche a seconda della presenza o meno di diabete e dall’età del paziente all’inizio della dialisi [22]. In particolare, gli autori concludevano che il vantaggio della PD sull’HD diminuiva con l’aumento dell’età del paziente e in presenza di diabete.

Degno di rilevanza è il risultato proveniente da uno studio di confronto (PD vs HD) includente 6637 coppie di pazienti accoppiate secondo il metodo del propensity score in cui i pazienti trattati con PD mostravano un rischio di mortalità complessivo inferiore dell’8% rispetto ai pazienti che iniziavano l’HD [23].

Dunque, considerando globalmente le evidenze a disposizione in letteratura, i pazienti giovani e non diabetici trattati con PD presentano un vantaggio in termini di sopravvivenza rispetto ai soggetti sottoposti a HD, in particolare nei primi anni di trattamento.

 

Sopravvivenza del paziente e dell’organo dopo trapianto di rene

Rispetto alla terapia dialitica, il trapianto di rene garantisce sia una migliore qualità che una più lunga aspettativa di vita [24,25]. Inoltre, il rientro in dialisi dopo il fallimento di un primo trapianto è caratterizzato da una maggiore mortalità in confronto al periodo di trattamento dialitico pre-trapianto [2628]. Dunque, la preservazione della funzione del trapianto è un requisito fondamentale al fine di ottimizzare la sopravvivenza del paziente.

Diversi studi hanno indagato l’impatto del tipo di metodica dialitica intrapresa dal paziente prima di essere sottoposto a trapianto sulla sopravvivenza dell’organo e del ricevente ottenendo, però, risultati divergenti.

Nei primi anni 90 uno studio includente 500 pazienti sottoposti a un primo trapianto di rene non mostrava né una differente percentuale di sopravvivenza a 5 anni dei soggetti (HD 88% vs PD 87%), né dell’organo (HD 67% vs PD 66%) confrontando i pazienti trattati precedentemente con HD o PD [29]. Simili valori sia di sopravvivenza dei pazienti che del trapianto venivano osservati in altri studi dall’Università dell’Ohio, dal CHRU di Lille e dall’Università di Glasgow su popolazioni più ridotte [3032], così come in una vasta analisi retrospettiva del database Medicare condotta su 22.776 soggetti [33].

Al contrario, Goldfarb-Rumyantzev et al. [34], utilizzando i dati provenienti dall’ U.S. Renal Data System (USRDS), osservavano che la PD era associata a una riduzione del rischio di fallimento del trapianto e di mortalità, pari al 3% in confronto al 6% dell’HD.

La maggior parte degli studi successivi non rilevavano, invece, la superiorità di una metodica rispetto all’altra, specialmente nel breve e medio termine [3539]. Tuttavia, estendo il follow-up a 10 anni, Lopez-Oliva et al. [40] riuscivano a dimostrare che la PD era associata a una minore mortalità rispetto all’HD [HR=2,62 (1,01–6,8); p=0,04], nonostante una sopravvivenza del trapianto pressoché sovrapponibile [HR=0,68 (0,41–1,10); p=0,12].

Allo stesso modo Schwenger et al. [41], utilizzando il vasto database dell’International Collaborative Transplant Study Group comprensivo di 60.008 riceventi, osservavano nei pazienti precedentemente trattati mediante PD una migliore sopravvivenza associata ad un’equivalente probabilità di fallimento dell’organo. L’analisi multivariata secondo il modello di Cox rivelava, infatti, che i pazienti in PD (n=11.664) mostravano una mortalità per tutte le cause del 10% inferiore (p=0,014) rispetto ai pazienti in HD (n=45.651) e una simile sopravvivenza del trapianto (p=0,39). Questa differenza in termini di mortalità appariva essere la conseguenza di una significativa riduzione di morte con organo funzionante secondaria a evento cardiovascolare nei pazienti che avevano ricevuto l’organo da un donatore a criteri espansi.

Valutando i risultati provenienti da tutti i riceventi di trapianto renale presenti nel Scientific Registry of Transplant Recipients, anche Molnar et al. [42] dimostravano che i pazienti in trattamento dialitico peritoneale prima del trapianto possedevano un minore tasso di mortalità (21,9/1000 paziente-anni, 95% intervallo di confidenza: 18,1–26,5) rispetto ai pazienti emodializzati (32,8/1000 paziente-anni, 95% intervallo di confidenza: 30,8–35,0). La PD pre-trapianto era associata ad una riduzione del 43% della mortalità corretta per diversi fattori confondenti e a un 66% di decremento della mortalità per evento cardiovascolare. Interessante è il fatto che la PD era, inoltre, associata a una riduzione del rischio di fallimento dell’organo trapiantato del 17% rispetto all’HD.

Nonostante la positività di queste evidenze, alcuni autori hanno riferito il vantaggio della PD in termini di risultati post-trapiantato a un possibile bias di selezione, in quanto i pazienti candidabili alla PD risulterebbero più sani rispetto a coloro che intraprendono la HD [4345]. Per smentire questa ipotesi, sono stati adoperati diversi modelli statistici con risultati alterni [33,34,36,46]. A riguardo, significativo è lo studio di Kramer et al. [47] che, utilizzando il metodo delle variabili strumentali al fine di minimizzare i potenziali bias derivanti da fattori confondenti non misurati, valutava i dati di 29.088 pazienti provenienti da registri regionali e nazionali europei. L’analisi standard corretta per l’età, il sesso, la malattia renale di base, la tipologia di donatore, la durata della dialisi e l’età del trapianto mostrava che la PD, come terapia sostitutiva prima del trapianto, era associata a una migliore sopravvivenza sia del ricevente [hazard ratio (HR) 95% CI = 0,83 (0,76–0,91)] che dell’organo trapiantato [(HR 95% CI 0,90 (0,84–0,96)] rispetto all’HD. Tuttavia, il metodo delle variabili strumentali dimostrava che la PD non correlava né con la sopravvivenza post-trapianto del paziente [HR (95% CI = 1,00 (0,97–1,04)], né con la sopravvivenza dell’organo [HR (95% CI) = 1,01 (0,98–1,04)].

Dunque, le evidenze disponibili suggeriscono che la PD come terapia sostitutiva pre-trapianto, a differenza dell’HD, possiede un effetto favorevole sulla sopravvivenza post trapianto del paziente, sebbene siano ancora mancanti solidi dati a lungo termine.

 

Ripresa funzionale ritardata

La DGF viene comunemente definita come la necessità di terapia dialitica durante la prima settimana successiva al trapianto o l’assenza di diminuzione della creatinina sierica di un valore pari o superiore del 50% (T Scr) alla terza giornata post-trapianto [48].

La DGF è stata considerata comunemente un surrogato di risultati a lungo termine, quali la sopravvivenza del paziente e dell’organo trapiantato [49], in quanto è un accertato fattore di rischio per il rigetto acuto, le complicanze peri-operatorie e la perdita precoce del trapianto [5053].

Giral-Classe et al. [54] dimostravano che la durata della DGF rappresenta un fattore predittivo indipendente di sopravvivenza a lungo termine dell’organo trapiantato. In particolare, gli autori identificavano un elevato rischio di fallimento del trapiantato nei pazienti con una DGF uguale o superiore a 6 giorni. Inoltre, Troppmann et al. [55] osservavano che la sopravvivenza dell’organo era ampiamente inferiore per i pazienti che manifestavano una DGF associata a rigetto. È stato, inoltre, dimostrato che il rigetto è più frequente nei casi in cui la biopsia venga eseguita per un mancato miglioramento della funzione renale (valore sierico di creatininemia stabile o decremento minore <10% per tre giorni consecutivi) [56].

L’influenza della modalità dialitica prima del trapianto sull’incidenza e la durata della DGF è stata oggetto di diversi studi. In particolare, Perez-Fontan et al. [50] valutarono l’incidenza e i fattori di rischio per il verificarsi della DGF confrontando i pazienti che erano stati trattati prima del trapianto mediante PD (n=92) rispetto con HD (n=587). Gli autori osservarono che la percentuale di DGF nel gruppo PD era pari a 22,5% mentre raggiungeva il 39,5% nel gruppo HD e che la modalità dialitica rappresentava il fattore predisponente più significativo per l’incidenza di DGF. Inoltre, stabilivano che una durata di DGF maggiore di 3 settimane si associava a una minore sopravvivenza dell’organo e ad un’aumentata mortalità.

In uno studio caso-controllo, 117 riceventi trattati in precedenza con PD venivano accoppiati per età, sesso, tempo in dialisi, compatibilità degli HLA e tempi di ischemia calda e fredda con altrettanti riceventi sottoposti a HD prima del trapianto renale [57]. La DGF si verificava nel 23,1% dei pazienti in trattamento con PD rispetto al 50,4% dei pazienti in HD (p=0,0001), mentre il sT1/2 Scr era pari a 5,0 ± 6,6 giorni nel gruppo PD in confronto a 9,8 ± 11,5 giorni del gruppo HD (p<0,0001).

Al contrario Caliskan et al., impiegando un simile metodo statistico non osservarono differenze in termini di incidenza di DGF fra i due gruppi [36].

Si specula che la più bassa incidenza di DGF descritta generalmente nei riceventi esposti in precedenza alla PD sia dovuto ad un bilancio idrico peri-operatorio più favorevole rispetto ai pazienti trattati con HD. A questo proposito, Issad et al [58] hanno dimostrato che i candidati al trapianto in PD possedevano una pressione arteriosa polmonare media pari a 21,1 mmHg e maggiore di 25 mmHg in più del 50% dei pazienti. Queste rilevazioni sembrano supportare la tesi che i pazienti in trattamento peritoneale siano spesso iper-idratati.

Tuttavia, analizzando i dati provenienti da soggetti sottoposti a primo trapianto di rene da donatore deceduto, un gruppo di ricercatori della università di Gent ha dimostrato che la PD come modalità dialitica pre-trapianto, così come l’ottimizzazione del bilancio dei liquidi pre-operatorio, rappresentavano due fattori predittivi indipendenti di immediata ripresa funzionale [48]. Questa osservazione suggerisce che gli effetti positivi della PD in termini di minore incidenza di DGF non dipendano unicamente dallo stato di idratazione del paziente.

Un’ulteriore evidenza che la PD riduca il rischio di DGF rispetto alla HD proviene dallo studio di Bleyer et al. [59] che, sfruttando l’archivio dati dello United Network of Organ Sharing, analizzavano i risultati precoci dopo trapianto di rene nei pazienti in PD e HD. In particolare, gli autori osservarono che la probabilità di manifestare oliguria nelle prime 24 ore post-trapianto era 1,49 (1,28–1,74) volte maggiore nei pazienti in HD. Questa differenza risultava perfino più pronunciata nei pazienti di etnia afroamericana.

Simili risultati sono stati descritti da lavori più recenti a conferma dell’ipotesi che la tecnica dialitica pre-trapianto può influenzare gli esiti post-intervento [32,33,42,60]. Diverse teorie sono state avanzate per spiegare la più bassa incidenza di DGF osservata nei pazienti in precedente trattamento con PD tra cui, oltre a un miglior equilibrio volemico, un ridotto stato di stress-ossidativo e una superiore funzione renale residua al momento del trapianto di rene.

 

Funzione renale residua

Nei pazienti affetti da malattia renale cronica si assiste ad una progressiva riduzione del valore di filtrazione glomerulare (GFR) associato nello stadio terminale a una riduzione graduale del volume urinario giornaliero. Questo fenomeno può, infine, determinare una riduzione della capacità vescicale, un’iperattività detrusoriale e un alterato svuotamento vescicale [6167].

È stato ampiamente documentato che i riceventi di trapianto renale con vescica atrofica o disfunzionale possiedono un elevato rischio di prolungato cateterismo vescicale, di complicanze urologiche precoci e di reflusso vescicoureterale [61,62,66]. È stata, inoltre, osservata una stretta correlazione tra la perdita della funzione renale residua (RRF) e specifici esiti post-trapianto, quali le complicanze urologiche post-intervento e la sopravvivenza dell’organo a breve termine [67].

Dunque, la preservazione della RRF nei pazienti in trattamento dialitico è fondamentale per minimizzare le complicanze urologiche precoci, il periodo di cateterismo vescicale post-procedurale e le infezioni urinarie. Ad oggi la durata della RRT rappresenta il fattore predittivo maggiormente associato all’atrofia vescicale e all’esaurimento della RRF [61,62,66,67]. Tuttavia, numerose evidenze suggeriscono che anche la tecnica dialitica pre-trapianto giochi un ruolo significativo nel rallentare la perdita della RRF.

La prima segnalazione della migliore preservazione della RRF nei pazienti in PD risale al 1983 [68]. Successivamente, diversi lavori hanno dimostrato la superiorità della PD rispetto alla HD nel mantenere la RRF con una riduzione relativa della perdita di GFR compresa fra il 20 e l’80% a seconda degli studi considerati [6973].

Nello studio prospettico NECOSAD-2 (prospective study Netherlands Cooperative Study on the Adequacy of Dialysis phase 2) venivano valutati per 12 mesi i valori di GFR di 522 pazienti in terapia dialitica. I risultati mostravano che la PD garantiva una migliore preservazione della RRF rispetto alla HD, anche dopo correzione per il GFR basale, l’età, la malattia renale di base, le comorbidità, l’indice di massa corporea, la pressione sanguigna sistemica, l’uso di farmaci antipertensivi e la causa di fallimento della metodica [74].

Inoltre, qualche studio ha valutato l’impatto dei nuovi regimi emodialitici. Come osservato precedentemente, la velocità di diminuzione della RRF risultava minore nei pazienti in PD, nonostante l’impiego di tecniche emodiafiltrative finalizzate alla minimizzazione dell’instabilità emodinamica [72,75,76].

La PD può favorire la preservazione della RRF attraverso multipli meccanismi. La metodica garantisce, infatti, minori squilibri volemici così come ridotte fluttuazioni della pressione osmotica rispetto alla HD diminuendo gli eventi di instabilità emodinamica transitoria [70]. Questo effetto è probabilmente associato sia ad una pressione glomerulare più stabile, sia a un valore di filtrazione più costante. L’assenza di rapidi cambiamenti del volume circolante e dell’osmolarità plasmatica può anche prevenire eventuali episodi di ischemia parenchimale [73]. Lo stato di modesto sovraccarico idrico frequentemente osservato nei pazienti in PD potrebbe giocare un ruolo nel mantenimento della RRF [77].

È interessante notare che esistono molteplici evidenze a supporto dell’influenza positiva della RRF sia nei pazienti in trattamento peritoneale [74,7885] che emodialitico [74,86]. Il contributo relativo della RRF e della clearance peritoneale nei confronti della sopravvivenza del paziente in PD è stato oggetto di numerose indagini. In particolare, lo studio NECOSAD-2 [74] e lo studio ADEMEX [84] hanno mostrato una riduzione della mortalità del 12 e dell’11%, rispettivamente, per ogni 10 litri/settimana/1,73 m2 di incremento di clearance della creatinina, mentre non si osservava una relazione fra la sopravvivenza del paziente e la dose di PD o il valore totale di rimozione delle piccole molecole. Inoltre, l’analisi multivariata, condotta su pazienti dell’Andalusia (n=402) incidenti in PD negli anni compresi fra il 1999 e il 2005, dimostrava che una RRF al di sotto del valore mediano (4,33 ml/min) era un fattore di rischio indipendente di mortalità [85].

Ulteriori benefici derivanti dalla preservazione della RRF sono rappresentati dalla diminuzione della pressione sistemica [87], dalla protezione dall’ipertrofia ventricolare sinistra [8890], dall’incremento della rimozione del sodio [91,92], da un più adeguato equilibrio volemico [92,93], da una maggiore clearance di b2-microglobulina [9497], da più elevati valori di emoglobina sierica [88,89], da un più adeguato stato nutrizionale [83,88,96,98], e dalla riduzione della quantità di molecole infiammatorie circolanti [99]. Inoltre, la RRF facilita il raggiungimento degli obbiettivi depurativi [74,75,81,82,86,88,100] e aiuta a controllare i livelli di fosfato/acido urico [88,91,101], bicarbonato [96] e colesterolo [102].

Dunque, il mantenimento a lungo termine della RRF rappresenta probabilmente il vantaggio più significativo della PD rispetto alla HD nei primi anni di RRT per i pazienti candidabili a trapianto.

 

Qualità di vita

Il trapianto renale garantisce una migliore qualità di vita (QoL) rispetto alla terapia dialitica [25,103,104]. Il tempo trascorso dai pazienti in lista trapianto varia a seconda della nazione considerata. Tuttavia, durante questo periodo una quota significativa dei candidati viene rimosso dalla lista o va incontro a decesso ancora prima di ricevere un organo.

Per esempio, analizzando i più recenti dati italiani del Centro Nazionale Trapianti, nel corso del 2020 2843 dei 7941 (circa 36%) pazienti in lista di attesa al 31 dicembre 2019 sono usciti di lista: 1623 per trapianto, 239 per decesso e 980 per inidoneità temporanea o definitiva. Inoltre, il tempo mediano di attesa prima di ricevere un organo era pari a circa 3 anni e 3 mesi [105].

Lo stadio terminale della malattia renale associato alla necessità di terapia dialitica cronica può inficiare diversi aspetti della vita del paziente influenzando negativamente il benessere fisico, psichico, sociale ed economico. Dunque, nei candidati al KT il mantenimento di una elevata qualità di vita anche durante l’attesa in lista rappresenta un obbiettivo di vitale importanza.

A differenza dell’HD, la metodica dialitica peritoneale può essere eseguita a domicilio dal paziente indipendentemente o con il supporto di un familiare/badante. Inoltre, il breve tempo richiesto per effettuare uno scambio, permette di stilare uno schema dialitico flessibile concedendo al paziente di viaggiare e di partecipare ad attività ricreative.

Come per i risultati clinici, il confronto della QoL sperimentata dai pazienti in HD rispetto ai soggetti in PD è un compito di non semplice realizzazione. A questo scopo, lo strumento maggiormente impiegato per la valutazione della QoL dei pazienti in trattamento dialitico è rappresentato dal questionario “Kidney Disease Quality of Life” (KDQOL) [106]. Successivamente, sono state proposte multiple versioni di questo score, quali la KDQOL-Short Form Version 1.3 [107], la KDQOL-Short Form 36 e la Short Form-12 [108]. Un altro questionario frequentemente utilizzato è il CHOICE Health Experience Questionnaire (CHEQ), formulato nello studio “Choices for Healthy Outcomes in Caring for End-Stage Renal Disease (CHOICE)”. Il CHEQ permette di integrare lo SF-36, essendo stato progettato per rilevare differenze più sottili fra la HD e la PD [109].

Tramite lo score KDQOL-SF 1.3, Wakeel et al. [110] confrontavano la QoL di 200 pazienti in HD o PD in Arabia Saudita. Dopo aver escluso i pazienti con difetti cognitivi, deficit neurologici e patologie psichiatriche, gli autori dimostravano che la PD era associata ad un punteggio più elevato in quasi tutti i domini esplorati. In un altro lavoro riguardante più di 300 pazienti, attraverso l’utilizzo del KDQOL-SF36, si evidenziava che i pazienti in PD possedevano un punteggio più alto nei domini inerenti allo stato lavorativo (25,00 vs 14,64; p=0,012), il supporto dallo staff dialitico (96,12 vs 83,11; p=0,008) e la soddisfazione complessiva del trattamento (81,61 vs 71,47; p <0,005) [111]. Un maggiore sostegno dal personale sanitario così come una maggiore soddisfazione globale rispetto alla terapia dialitica venivano osservati anche nello studio di De Abreu et al. [112]. Evidenze, invece, che la PD si associ a un minore stress emotivo in confronto alla HD sono state fornite dal più recente lavoro di Griva et al. [113] e dalla metanalisi di Cameron [114].

In uno studio trasversale condotto su 736 pazienti con ESRD (PD n=256 e HD n=480), gli autori formulavano uno specifico questionario basato sugli elementi specifici che i pazienti stessi percepivano come più rilevanti per la loro QoL. Analizzando i risultati ottenuti, i pazienti in PD mostravano una soddisfazione per la terapia dialitica in corso superiore agli individui in HD anche quando il punteggio veniva corretto per multipli fattori quali l’età, l’etnia, lo stato lavorativo e familiare, la distanza dal centro dialitico e il tempo trascorso dall’inizio della dialisi [115].

La capacità di preservare l’attività lavorativa dopo l’inizio della terapia dialitica è un altro significativo aspetto della QoL del paziente in RRT [116]. A questo riguardo, numerosi studi hanno dimostrato che la PD offre maggiori possibilità di occupazione rispetto alla HD [43,116118]. In particolare, secondo i dati dello studio CHOICE la percentuale di pazienti occupati in PD era 27% mentre solo 8,6% in HD [43].

Dunque, alla luce delle evidenze disponibili in letteratura, i pazienti in PD mostrano una più elevata soddisfazione, un migliore benessere psicologico, un minore stress emotivo e una maggiore probabilità di mantenere la propria occupazione rispetto ai pazienti in HD.

 

Costo

La RRT cronica rappresenta certamente uno dei costi più rilevanti dei sistemi sanitari pubblici e privati di tutto il mondo. Attuali stime prevedono che la prevalenza della ESRD aumenterà ulteriormente nel prossimo futuro sia a causa dell’aumento dell’incidenza di patologie quali l’ipertensione, il diabete e l’obesità, sia per il progressivo invecchiamento della popolazione [119121].

A questo riguardo, il trapianto renale garantisce una migliore sopravvivenza e qualità di vita rispetto alla terapia dialitica a costi decisamente minori [25,122,123]. Tuttavia, la maggior parte dei candidati a KT trascorrono inevitabilmente una considerevole quantità di tempo in dialisi prima di ricevere un organo [124]. Dunque, i costi della terapia sostitutiva provenienti dai pazienti in lista di attesa non dovrebbero essere ignorati [121].

Numerosi studi sono stati concepiti per confrontare le spese sostenute dalle modalità dialitiche. In una revisione della letteratura pubblicata nel 2008, Just et al. [125] concludevano che l’HD era più costosa della PD nei paesi economicamente più sviluppati, mentre risultati contrastanti venivano osservati nell’analisi dei costi dei trattamenti dialitici in Asia e Africa [126,127]. Questi dati rispecchiano probabilmente l’impatto delle differenze geografiche, sociali e culturali che determinano le effettive spese legate alla RRT. A questo riguardo, recentemente Karopadi et al. [128] hanno valutato i costi della PD e della HD in 46 nazioni con differente sviluppo economico. I risultati venivano espressi come spesa media annuale per paziente in HD diviso la spesa media annuale per paziente in PD (rapporto HD/PD). Il valore di questo rapporto era compreso fra 1,25 e 2,35 in 22 paesi (17 a intenso sviluppo economico e 5 a basso sviluppo), tra 0,9 e 1,25 in 15 stati (2 a intenso sviluppo economico e 13 a basso sviluppo), e compreso fra 0,22 e 0,9 in 9 nazioni (1 a intenso sviluppo economico e 8 a basso sviluppo). Globalmente, questi dati confermano l’evidenza che negli stati economicamente sviluppati la PD è meno costosa dell’HD, mentre nei paesi a minore sviluppo economico la PD può essere considerata un’opzione finanziariamente vantaggiosa solo nel caso in cui si crei un’economia di scala con una produzione locale del materiale di dialisi o si instaurino bassi costi di importo [128].

Analizzando le informazioni presenti nell’USRDS 2020 Annual Data Report [7], è possibile notare che la spesa del Medicare (corretta per l’inflazione totale) per paziente con ESRD è aumentata dal 2009 al 2018 di più del 2%, passando da 40,9 a 49,2 bilioni di dollari americani (USD). L’HD con i suoi 93.191 USD per persona/anno rimane la modalità di RRT più costosa seguita dai 78.741 USD della PD e dai 37.304 USD del trapianto renale. È stato, tuttavia, obbiettato che essendo relativamente breve la sopravvivenza della metodica peritoneale, dovrebbero essere presi in considerazione anche i costi legati al passaggio alla HD. In ogni caso i dati a disposizione sembrano suggerire un risparmio annuale di circa 15.000 USD/paziente e una spesa minore anche nei soggetti che vengono trasferiti dalla PD alla HD rispetto a coloro che sono trattati mediante HD [129,130].

Alla luce di questi risultati, è possibile osservare che la PD rappresenta una tecnica dialitica economicamente vantaggiosa in molti paesi. Questa conclusione è corroborata dal fatto che la maggior parte dei confronti fra le due metodiche non considerano numerosi costi indiretti della HD, come la perdita di produttività del paziente e dei suoi familiari e il costo legato ai trasporti. Infatti, come sottolineato in precedenza, la PD grazie alla flessibilità dello schema dialitico e la possibilità di eseguire gli scambi al domicilio permette più frequentemente la preservazione dell’attività lavorativa. Il mantenimento dell’occupazione è, infatti, un fattore di risparmio che raramente viene considerato.

Perciò, il vero rapporto HD/PD potrebbe essere perfino più elevato di quello riportato in quanto, scotomizzando i costi indiretti, tenderebbe a sottostimare il reale vantaggio economico della PD rispetto all’HD. Dunque, il costo legato alla metodica rappresenta sicuramente un ulteriore motivo per privilegiare la PD nei pazienti in attesa di trapianto renale.

 

Conclusioni

Storicamente, l’HD è stata considerata la metodica dialitica d’elezione per la maggior parte dei pazienti affetti da ESRD in attesa di trapianto renale. Nel corso degli anni, diversi studi hanno dimostrato, tuttavia, che l’ipotetico vantaggio dell’HD rispetto alla PD non era supportato da solide evidenze. Al contrario, un’analisi critica della letteratura mostra come la PD rappresenti la metodica sostitutiva di prima scelta per i pazienti in attesa di trapianto per i seguenti motivi (fig.1):

  • una migliore qualità di vita e sopravvivenza (perlomeno nel paziente giovane non diabetico);
  • una più lunga preservazione della diuresi residua, che permette di minimizzare l’incidenza delle complicanze urologiche e il tempo di cateterismo vescicale post-intervento;
  • una più bassa incidenza di ritardata ripresa funzionale dell’organo trapiantato;
  • un minore costo della tecnica.

Tuttavia, deve essere sempre perseguito un approccio integrato delle due modalità dialitiche, soppesando vantaggi e svantaggi di ogni trattamento alla luce delle peculiari caratteristiche di ogni singolo caso.

Figura 1: Sinossi dei vantaggi conferiti dalla dialisi peritoneale ai pazienti affetti da malattia renale cronica allo stadio terminale candidabili a trapianto di rene
Figura 1: Sinossi dei vantaggi conferiti dalla dialisi peritoneale ai pazienti affetti da malattia renale cronica allo stadio terminale candidabili a trapianto di rene

 

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Which future solutions for peritoneal dialysis?

Abstract

Peritoneal dialysis is an efficient renal replacement therapy for uremic patients but is currently under-prescribed. This is partly due to the unfavorable effects on peritoneal morphology and function (bioincompatibility) of current glucose-based solutions. Use of standard solutions can cause several peritoneal alterations including inflammation, mesothelial to mesenchymal transition, and neo-angiogenesis. The final step is fibrosis, which reduces the peritoneal filtration capacity and can lead to ultrafiltration failure and transfer of the patient to hemodialysis. Bioincompatibility can be local (peritoneum) but also systemic, due to the excessive absorption of glucose from the dialysate. Several strategies have been adopted to improve the biocompatibility of peritoneal dialysis solutions, based on the alleged causal factors. Some new solutions available on the market contain low glucose degradation products and neutral pH, others contain icodextrin or aminoacids. Clinical benefits have been associated with the use of these solutions, which however have some limitations and a debated biocompatibility profile. More recent strategies include the use of cytoprotective agents or osmo-metabolic agents in the dialysate. In this article, we review the different approaches currently under development to improve the biocompatibility of peritoneal dialysis solution and hence the clinical outcome and the viability of the technique.

Keywords: peritoneal dialysis, biocompatibility, peritoneum, dialysate, peritoneal dialysis solution

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Introduzione

La bioincompatibilità delle soluzioni per dialisi peritoneale (DP) rappresenta a tutt’oggi il tallone d’Achille della tecnica sostitutiva [1, 2] e la principale causa di drop-out nel lungo termine [3]. La biocompatibilità di una soluzione per DP può essere definita come la capacità di non modificare nel tempo le caratteristiche anatomiche e funzionali naturali e viene distinta in locale (peritoneo) e sistemica. È ben dimostrato che la prolungata esposizione della membrana peritoneale alla composizione altamente non fisiologica delle soluzioni standard di DP può causarne infiammazione, neoangiogenesi e fibrosi [4, 5]. La fibrosi peritoneale rappresenta lo step finale del danno a carico del peritoneo. In tale processo sono coinvolti meccanismi metabolici (metabolismo glicolitico, degli acidi grassi e del piruvato), fattori extracellulari come transforming growth factor-beta (TGF-beta), vascular endothelial growth factor (VEGF) e citochine proinfiammatorie, nonché fattori di segnale intracellulare (hypoxia-inducible factor 1-alpha, HIF-1a), la cui regolazione dovrebbe essere considerata per lo sviluppo di soluzioni più biocompatibili [2].

Il progressivo danno al peritoneo che si sviluppa in DP nel tempo è evidenziato da una aumentata velocità di trasporto dei piccoli soluti e da una riduzione della ultrafiltrazione (UF), che può arrivare ad una vera e propria incapacità ultrafiltrativa (UF failure) spesso caratterizzata da una alterata conduttanza osmotica [6]. In questi casi è necessaria la sospensione della terapia peritoneale e il passaggio all’emodialisi.

Numerosi fattori sono stati suggeriti quale causa di bioincompatibilità delle soluzioni standard di DP: elevato contenuto di glucosio, aumentati livelli di prodotti di degradazione del glucosio (glucose degradation products, GDPs) formatisi durante la sterilizzazione a caldo delle soluzioni contenenti glucosio, iperosmolarità, pH acido e uso del lattato come sostanza tampone [7]. Le strategie atte a ridurre o eliminare la tossicità associata alle soluzioni standard senza compromettere lo stato di salute del paziente rappresentano la principale sfida nel campo della DP.

Nel presente articolo, dopo un breve cenno sulle soluzioni alternative attualmente disponibili in commercio e relative limitazioni, verranno descritte le soluzioni in fase di sviluppo.

 

Soluzioni di DP disponibili in commercio alternative a quelle standard

Allo scopo di migliorare la bioincompatibilità delle soluzioni per DP sono state realizzate le cosiddette soluzioni “biocompatibili”, multicompartimento, con pH neutro o fisiologico e basso contenuto di GDPs [8]. L’uso di dette soluzioni, contenenti lattato e/o bicarbonato quale tampone, può associarsi a effetti favorevoli quali migliore conservazione della funzione renale residua e della diuresi [9] e (studio osservazionale) aumentata sopravvivenza del paziente [10]. Tuttavia, in un periodo di osservazione di 24 mesi, è stato riportato un graduale e significativo aumento dello stato di idratazione rispetto alle soluzioni standard, attribuibile ad una ridotta UF peritoneale [11]. Inoltre, studi recenti mettono in discussione la effettiva biocompatibilità delle soluzioni a pH neutro e bassi GDPs [12], pur se l’argomento è dibattuto [13].

Uno svantaggio delle soluzioni “biocompatibili” è la presenza del glucosio alle medesime elevate concentrazioni delle soluzioni standard. Il glucosio viene difatti considerato il principale responsabile delle alterazioni peritoneali che avvengono nel tempo nei pazienti in DP [14]. L’elevato contenuto di glucosio nelle soluzioni di DP stimola meccanismi pro-infiammatori, pro-angiogenici e pro-fibrotici (una trattazione dettagliata di tali meccanismi è contenuta nelle ref. 2 e 5). Inoltre, l’eccessivo assorbimento del glucosio presente nel liquido di dialisi può determinare sfavorevoli effetti metabolici sistemici associati ad una cronica iperglicemia, quali insulino- resistenza, slatentizzazione della malattia diabetica e patologie cardiovascolari [15, 16]. Pazienti con più elevato assorbimento peritoneale di glucosio hanno un aumentato rischio di mortalità cardiovascolare a 2 anni indipendente da altri fattori di rischio cardiometabolici [17].

Una ridotta esposizione del peritoneo alle sfavorevoli azioni del glucosio (glucose sparing) appare di critica importanza per migliorare la biocompatibilità delle soluzioni di DP e l’outcome del paziente. In commercio sono disponibili due tipologie di soluzioni senza glucosio, aventi come agente osmotico l’icodestrina o gli aminoacidi. L’icodestrina è un polimero del glucosio idrosolubile derivato dall’amido di mais, impiegata per lo scambio lungo giornaliero in quando induce una UF lenta ma prolungata, particolarmente indicata per i pazienti anurici e gli alto trasportatori [18]. Una recente revisione sistematica e meta-analisi ne evidenzia i chiari benefici nel migliorare l’UF peritoneale e nel ridurre gli episodi di sovraccarico liquido [19]. Può tuttavia indurre infiammazione sia a livello peritoneale che sistemico [20, 21]. Il recente sviluppo di soluzioni contenenti icodestrina a due camere consente di ottenere un pH neutro (le soluzioni convenzionali di icodestrina sono a 1 camera e pH acido) e risulta associarsi ad un miglior profilo di biocompatibilità [22, 23]. Le soluzioni contenenti aminoacidi (1.1%, pH 6.7, no GDPs) risultano particolarmente indicate per migliorare lo stato nutrizionale di pazienti in DP, in quanto aumentano l’uptake muscolare degli aminoacidi [24] e migliorano l’utilizzo degli stessi per la sintesi proteica, controllando i livelli di urea [25]. La biocompatibilità delle soluzioni con aminoacidi rimane tuttavia non ancora ben definita [1].

Diversi studi hanno evidenziato i potenziali benefici del glucose-sparing ottenuto con le suddette soluzioni [26]. Tuttavia, l’uso delle stesse può sostituire non più del 30-50% del glucosio assorbito giornalmente ed è limitato ad un singolo scambio giornaliero [26]. Inoltre, il loro effettivo impatto sulla membrana peritoneale non è mai stato valutato con biopsie dl tessuto peritoneale [1].

 

Soluzioni per DP in via di sviluppo

La soluzione ideale di DP dovrebbe consentire una UF e una rimozione di soluti prolungata e sostenuta, preservare la morfologia e la fisiologia della membrana peritoneale e non indurre effetti sistemici sfavorevoli se i soluti (come l’agente osmotico) vengono assorbiti. In base a questi criteri, vi sono stati pochi progressi nella tecnologia del dialisato per DP negli ultimi decenni e il continuato uso di soluzioni contenenti glucosio induce ancora una importante tossicità peritoneale e sistemica [7].

Le linee di sviluppo di nuove soluzioni per DP sono rappresentate (I) dalla ricerca di nuovi agenti osmotici sostitutivi del glucosio, (II) dalla supplementazione della soluzione standard con agenti citoprotettivi e (III) dall’approccio osmo-metabolico (Tabella 1).

Impiego di agenti osmotici in sostituzione completa del glucosio
Impiego di agenti citoprotettivi mantenendo inalterata la concentrazione di glucosio
Impiego di agenti osmo-metabolici con marcata riduzione del glucosio
Tabella 1: Strategie nello sviluppo di nuove soluzioni per dialisi peritoneale

Impiego di agenti osmotici in sostituzione completa del glucosio

La ricerca di agenti osmotici efficaci e sicuri da impiegare in sostituzione del glucosio nella soluzione di DP si è rivelata più complessa di quanto originariamente ritenuto. Diversi composti di basso peso molecolare testati sono difatti risultati associarsi al rischio di sindrome iperosmolare, avendo un assorbimento più rapido rispetto al loro metabolismo [27].

Glicerolo

Un esempio è costituito dal glicerolo, un composto organico con peso molecolare di 92 dalton, che rappresenta una fonte di energia per il metabolismo cellulare entrando nella via glicolitica attraverso una chinasi specifica che lo fosforila a glicerolo-3-fosfato (G3P). Sulla base di precedenti studi [28], Van Biesen et al. hanno valutato gli effetti di una minore (1.4%) concentrazione di glicerolo posto in soluzione con aminoacidi (0.6%), in pazienti non diabetici in CAPD [29]. I pazienti sono stati randomizzati ad un trattamento giornaliero per 3 mesi consistente in 2 scambi con la soluzione sperimentale glicerolo/aminoacidi (in sostituzione della soluzione standard al 2.27% di glucosio, usata in precedenza e di impiego continuato nel gruppo di controllo), uno con soluzione di glucosio e uno con icodestrina. L’uso degli aminoacidi ad una concentrazione inferiore rispetto alla soluzione convenzionale (aminoacidi 1.1%) ne consente un utilizzo 2 volte al giorno, con scambio aminoacidico comparabile [26]. L’impiego della soluzione sperimentale è risultato sicuro e ben tollerato, associandosi ad una UF peritoneale comparabile a quella ottenuta con le soluzioni standard, una significativa riduzione dell’assorbimento di glucosio e un aumento dei livelli di CA125 nel dialisato effluente (potenziale marker di migliore biocompatibilità) [29]. Resta da definire l’impatto metabolico del glicerolo in quanto, essendo captato e fosforilato a G3P a livello epatico, il glicerolo può alimentare sia la gluconeogenesi, produzione de novo di glucosio, che alimentare la via che porta alla sintesi dei glicerolipidi (i.e., trigliceridi). Queste due vie metaboliche possono esacerbare l’alterata omeostasi glucidica e lipidica in pazienti diabetici e/o insulino-resistenti in DP. Infatti, nella prima esperienza clinica in CAPD con quantità di glicerolo nel dialisato peritoneale superiore all’1.4% è stato osservato un incremento rimarchevole dei trigliceridi circolanti [28].

GLAD

La biocompatibilità delle soluzioni contenenti glicerolo è stata successivamente valutata in ratti uremici, randomizzati ad un trattamento per 16 settimane con una soluzione contenente una miscela di agenti osmotici (glicerolo 1.4%, aminoacidi 0.5%, glucosio 1.1%; GLAD) tamponata con bicarbonato/lattato o con una soluzione con glucosio al 3.86% [30]. In confronto a quest’ultima, la soluzione GLAD è risultata associarsi ad una migliore conservazione della morfologia peritoneale in termini di densità dei vasi e fibrosi dell’omento. La buona biocompatibilità a livello della membrana peritoneale di soluzioni contenenti aminoacidi, glicerolo e glucosio è stata osservata anche in altri modelli sperimentali [31]. In questo studio la soluzione sperimentale era stata sterilizzata mediante filtrazione per evitare la formazione di GDPs (mentre la soluzione standard di confronto con sterilizzazione a caldo) e conteneva come tampone il piruvato in sostituzione del lattato. Il piruvato è un metabolita di critica importanza nell’intersezione di diverse vie metaboliche, il cui impiego quale sostanza tampone è risultato associarsi ad una riduzione dell’angiogenesi e della fibrosi a carico della membrana peritoneale in ratti che vi sono stati esposti per 20 settimane, in confronto al trattamento standard con tampone lattato [32]. Occorre tuttavia sottolineare che i vantaggi del piruvato in sostituzione del lattato restano da definirsi, poiché soluzioni acquose di piruvato vanno rapidamente incontro ad una reazione di condensazione aldolica con formazione di parapiruvato, un potente inibitore del ciclo di Krebs se assunto dalle cellule [33].

Taurina

La taurina, un aminoacido (peso molecolare 125 dalton) con particolare stabilità nell’acqua, presente in elevata concentrazione nelle cellule di mammifero ove regola bilancio osmotico e trasporto ionico, è stata impiegata in un modello sperimentale di DP da Nishimura et al. [34]. La soluzione con taurina al 3.5%, a pH neutro e senza GDPs, ha mostrato una capacità di UF peritoneale paragonabile alla soluzione con glucosio al 3.86% e una migliore biocompatibilità [34]. Tuttavia, le attuali evidenze non consentono di escludere nel paziente uremico i rischi legati ad un accumulo di taurina, essendo il composto eliminato per la maggior parte a livello renale, come suggerito da uno studio in pazienti emodializzati [35].

Poliglicerolo iper-ramificato

Un altro composto testato per un possibile uso nella soluzione per DP in sostituzione del glucosio è il poliglicerolo iper-ramificato, un polimero poliestere idrofilico ottenuto dal glicidolo, altamente solubile in acqua e chimicamente stabile in soluzione acquosa [36]. In modelli animali di DP in acuto (8 ore) o cronico (3 mesi), l’uso di soluzioni contenenti poliglicerolo ha indotto un minor grado di infiammazione e danno della membrana peritoneale rispetto a soluzioni a base di glucosio, con UF e rimozione di soluti comparabili [37, 38]. Un successivo studio condotto in modelli sperimentali di sindrome metabolica (ratti ZSF1 obesi con diabete tipo 2) ha dimostrato che l’uso per 3 mesi della soluzione contenente poliglicerolo si associa ad una maggiore protezione strutturale e funzionale della membrana peritoneale e a minori effetti sfavorevoli sistemici (metabolismo, risposta immune, capacità antiossidante) rispetto sia a soluzioni a bassi GDPs che a quelle con icodestrina [39]. Per un impiego a lungo termine restano tuttavia da meglio definire il metabolismo del poliglicerolo e le possibili conseguenze di accumulo plasmatico e distribuzione tissutale [1].

 

Impiego di agenti citoprotettivi mantenendo inalterata la concentrazione di glucosio

Una possibile strategia atta ad attenuare la bioincompatibilità delle soluzioni a base di glucosio è rappresentata dall’impiego di additivi citoprotettivi nel liquido di dialisi.

Alanil-glutamina

Un esempio è il dipeptide alanil-glutamina (Ala-Gln), che rilascia la glutamina. La glutamina, il più abbondante aminoacido dell’organismo umano, oltre all’importante ruolo quale costituente delle proteine e nella transaminazione aminoacidica, possiede capacità regolatoria nella modulazione immune e cellulare [40]. L’esposizione delle cellule mesoteliali al liquido di DP induce stress cellulare e sopprime i meccanismi di risposta cellulare allo stress espletati dalle proteine heat shock [41]. Le inadeguate risposte allo stress cellulare, che determinano aumentata vulnerabilità delle cellule mesoteliali e ridotta funzione delle cellule immunocompetenti, sono state correlate a bassi livelli di glutamina, simili a quelli riscontrati nella cavità peritoneale durante la DP [41, 42]. Studi in vitro ed in vivo hanno mostrato che l’aggiunta di Ala-Gln a soluzioni di DP migliora risposta a stress cellulare e sopravvivenza delle cellule mesoteliali [42]. In differenti modelli sperimentali (ratto, topo) di DP, l’Ala-Gln ha ridotto spessore della membrana peritoneale ed angiogenesi, prevenuto la deposizione di matrice extracellulare nel peritoneo e attenuato l’espressione della via dell’Interleuchina (IL)-17 [43]. Più recentemente, la supplementazione della soluzione di DP con Ala-Gln è risultata in grado di ridurre la vasculopatia associata alla DP [44], nonché di aumentare nella membrana cellulare endoteliale l’abbondanza di proteine che regolano la funzione di barriera dell’endotelio come claudin-5 e zonula occludens-1 [45].

Nei primi studi clinici effettuati, la supplementazione a breve termine di Ala-Gln nella soluzione di DP si è associata ad un ripristino della risposta allo stress cellulare e ad una migliorata immuno-competenza delle cellule peritoneali [46, 47]. In un successivo studio [48] cross-over in doppio-cieco, 50 pazienti in DP sono stati randomizzati ad un trattamento per 8 settimane con soluzioni a bassi GDPs e pH neutro, addizionate o meno con Ala-Gln (8 mmol/l). Nel periodo di trattamento con Ala-Gln è stato osservato un miglioramento dei biomarcatori di integrità della membrana peritoneale, immuno competenza e infiammazione sistemica con ridotta perdita proteica [48]. Il profilo metabolomico del dialisato ha suggerito che la soluzione a base di glucosio addizionata con Ala-Gln possiede effetti antiossidanti [49]. Nell’insieme, le attuali evidenze indicano che la presenza di Ala-Gln nella soluzione per DP può comportare significativi benefici su integrità, immuno-competenza e funzione di trasporto della membrana peritoneale. Appare ora necessario un adeguato studio di fase III per determinare l’impatto della Ala-Gln su hard clinical outcomes.

Sulodexide

Altri studi hanno valutato il possibile impiego nella soluzione di DP del Sulodexide, una formulazione eparinode costituita all’80% da eparina a basso peso molecolare e al 20% da dermatan solfato a basso peso molecolare. Oltre 20 anni fa, Bazzato et al. hanno valutato in 16 pazienti in CAPD gli effetti della supplementazione con sulodexide (50 mg) nella sacca utilizzata nello scambio lungo notturno [52]. Dopo 30 giorni di trattamento, è stato riscontrato un significativo aumento del trasporto di urea e creatinina attraverso la membrane peritoneale e una significativa riduzione della perdita proteica peritoneale con aumento dell’albuminemia, parametri che nei successivi 30 giorni di wash-out sono tornati ai valori basali [50]. Questi risultati sono stati confermati in un successivo studio condotto in 6 pazienti in CAPD che hanno assunto il sulodexide per via orale [51]. Nello studio, della durata di 5 mesi, il sulodexide è stato somministrato ad un dosaggio mensilmente crescente (da 50 mg il primo mese a 125 mg il quinto mese), mostrando un effetto dose-dipendente senza raggiungere un plateau per quanto concerne il trasporto peritoneale di urea e creatinina. In entrambi gli studi [50, 51] non sono stati osservati eventi avversi. Un più recente studio ha valutato gli effetti sulla funzione di cellule mesoteliali umane, del dialisato ottenuto da 7 pazienti in CAPD dopo lo scambio notturno con sacca a base di glucosio 1.5%, addizionata o meno con sulodexide al dosaggio di 0.5 LRU/ml [52]. L’aggiunta di sulodexide è risultata associarsi a ridotta generazione intracellulare di radicali liberi, ridotta espressione genica e secrezione di IL-6, TGF-beta, VEGF, monocyte chemoattractant protein-1 (MCP-1) e vascular cell adhesion molecule-1 (VCAM-1), e a minore sintesi di collagene [52].

Eparina a basso peso molecolare e sodio citrato

Due studi randomizzati sono stati condotti in pazienti in DP per valutare gli effetti della somministrazione intraperitoneale una volta al giorno di eparina a basso peso molecolare. Lo studio danese ha mostrato che la tinzeparina riduce la concentrazione locale e sistemica di markers dell’infiammazione, aumenta l’UF e riduce la permeabilità peritoneale ai piccoli soluti [53]. Al contrario, lo studio condotto in Spagna non ha osservato effetti favorevoli della berniparina su UF o trasporto della creatinina, pur se l’UF è migliorata nei pazienti con franca insufficienza ultrafiltrativa [54]. I risultati discordanti possono essere legati a rilevanti differenze nel disegno dei 2 studi e non precludono un possibile uso dell’eparina come additivo nei pazienti in DP [2]. In linea con questi studi, Braide et al. hanno valutato l’impiego del sodio citrato quale additivo anti-infiammatorio nelle soluzioni di DP [55]. Il sodio citrato, chelando gli ioni calcio, ne blocca le interazioni con diversi sistemi calcio-dipendenti come coagulazione e complemento. Nello studio cross-over di Braide [55] sono stati comparati gli effetti di un singolo scambio con una soluzione a bassi GDPs con tampone lattato e glucosio al 2.5% (Gambrosol trio), addizionata o meno con citrato 5 mM/L. L’aggiunta del citrato è risultata associarsi ad un aumento dell’UF peritoneale e della clearance dei piccoli soluti, con minimi effetti sul metabolismo del calcio e dell’equilibrio acido-base. Restano ancora da definire gli effetti di un uso prolungato del sodio citrato nelle soluzioni di DP e i precisi meccanismi d’azione dell’additivo sui processi di trasporto peritoneale.

Idrogeno molecolare

Un altro composto valutato come possibile additivo alla soluzione di DP per migliorarne la biocompatibilità è l’idrogeno molecolare (H2), che ha un’azione biologica quale molecola anti-ossidante e anti-infiammatoria [56]. In vari modelli animali, l’H2 disciolto in acqua e somministrato per via orale o intraperitoneale è risultato in grado di ridurre significativamente il danno ossidativo e infiammatorio regolando l’espressione di numerose molecole [57]. In 6 pazienti in CAPD, campioni ematici e di liquido effluente ottenuti dopo peritoneal equilibration test (PET) con la soluzione standard o con la soluzione arricchita in H2 hanno documentato con quest’ultima una significativa riduzione dello stress ossidativo a livello sia peritoneale che sistemico in assenza di eventi avversi [58]. In un successivo studio nel modello sperimentale di DP nel ratto, l’uso per 10 giorni di una soluzione con glucosio al 2.5% contenente H2 disciolto (400 parti per miliardo) ha preservato l’integrità delle cellule mesoteliali e della membrana peritoneale in confronto alla stessa soluzione non addizionata [59]. Più recentemente, nel modello di topo con fibrosi peritoneale indotta dal glucosio ad elevata concentrazione, il trattamento con un dialisato arricchito con H2 ha inibito la progressione della fibrosi attraverso l’eliminazione delle specie reattive dell’ossigeno (ROS) intracellulari e l’inibizione della via PTEN/AKT/mTOR [60]. Queste osservazioni suggeriscono la necessità di futuri studi clinici atti a valutare efficacia e sicurezza dell’impiego diH2 dissolto nella soluzione di DP.

Inibizione del trasportatore del glucosio sodio-dipendente di tipo 2

Una ulteriore strategia per preservare struttura e funzioni peritoneali può essere rappresentata dall’impiego nella soluzione di inibitori del trasportatore del glucosio sodio-dipendente di tipo 2 (SGLT2), presente nelle cellule mesoteliali di ratto, topo e uomo [61]. L’inibizione di SGLT2 ha mostrato proprietà anti-fibrotiche a livello renale, epatico e cardiaco [62, 63]. In modelli animali di topo, il trattamento per 5 settimane con una soluzione al 4.25% di glucosio e tampone lattato addizionata con dapagliflozina (1 mg/kg peso corporeo), ha indotto minori alterazioni fibrotiche e angiogeniche con miglioramento dell’UF in confronto a medesime soluzioni non supplementate [61]. In un analogo modello sperimentale, l’impiego per 4 settimane di empagliflozina (6 mg/kg peso corporeo) nella soluzione al 4.25% di glucosio ha mostrato un effetto protettivo sullo sviluppo della fibrosi peritoneale, attraverso la soppressione del signaling TGF-beta/Smad [64].

Cloruro di litio

Infine, segnaliamo un recentissimo studio in cui l’aggiunta di cloruro di litio a soluzioni di glucosio per la dialisi peritoneale riduceva in modelli in vitro ed in vivo l’apoptosi, la fibrosi della membrana peritoneale e l’angiogenesi [65]. L’azione del cloruro di litio sembrerebbe essere di natura pleiotropica comprendente la regolazione di alcuni meccanismi intra-mesoteliali chinasi-dipendenti, come la glicogeno sintasi chinasi 3 e la proteina chinasi 2 attivata dalla MAP-chinasi. Il potenziale utilizzo e/o riposizionamento di un farmaco utilizzato come antidepressivo e potenzialmente nefrotossico pone sicuramente qualche dubbio sui potenziali effetti collaterali sul sistema nervoso centrale e sulla funzionalità renale residua di pazienti in DP esposti per via peritoneale al cloruro di litio.

 

Impiego di agenti osmo-metabolici con marcata riduzione del glucosio

Le attuali evidenze derivanti dagli studi effettuati e dalle esperienze con le soluzioni attualmente disponibili che consentono un risparmio di glucosio (icodestrina, aminoacidi) indicano che il futuro della DP dipende largamente dall’impiego di nuovi agenti osmotici, in grado di migliorare biocompatibilità, bilancio dei fluidi e, di non minore importanza, gli effetti metabolici della soluzione. L’approccio osmo-metabolico rappresenta una nuova strategia atta ad antagonizzare la tossicità associata all’elevato carico di glucosio, che si basa sull’impiego nella soluzione di osmo-metaboliti che possiedono favorevoli proprietà osmotiche e metaboliche, mantenendo una minima quantità di glucosio [14]. Tale approccio può consentire un risparmio del glucosio di tipo bioattivo, riducendone il carico peritoneale senza compromettere l’UF e mitigandone gli sfavorevoli effetti metabolici sistemici [14].

L-carnitina (LC) e xilitolo rappresentano due esempi di composti osmo-metabolici. La LC è un composto naturale essenziale per l’ossidazione degli acidi grassi a livello mitocondriale [66]. Lo xilitolo, un composto anch’esso molto diffuso in natura, è un importante intermedio del metabolismo epatico legato al ciclo dell’acido glucuronico-xilulosio a sua volta intimamente connesso con la via dei pentosi fosfati [67]. LC e xilitolo hanno un peso molecolare simile al glucosio, elevata solubilità in acqua e stabilità chimica in soluzioni acquose, nonché proprietà osmotiche, il che le rende utilizzabili nel liquido di DP [14]. Evidenze da diversi modelli sperimentali hanno inoltre mostrato un migliore profilo di biocompatibilità di soluzioni contenenti LC o xilitolo rispetto a soluzioni a base di glucosio [2].

Diversi studi clinici hanno mostrato sicurezza e tollerabilità dell’impiego di LC nel liquido di DP [68]. LC supplementata nella soluzione notturna di pazienti in CAPD ha dimostrato efficacia nel favorire l’UF peritoneale [69]. Inoltre, in uno studio multicentrico randomizzato l’uso per 4 mesi di soluzioni addizionate con LC (2 grammi in ciascuna sacca negli scambi diurni) in pazienti in CAPD è risultato associarsi ad un significativo miglioramento dell’insulino-resistenza [70], un riconosciuto fattore di rischio cardiovascolare [71]. Tale favorevole azione sul metabolismo glucidico è ascrivibile al raggiungimento di livelli sovrafisiologici (ma sicuri) di LC, quali quelli ottenuti nello studio [70], in grado di modulare i livelli nei mitocondri di acetil-coenzima A, un metabolita chiave che influenza sia l’utilizzo del glucosio nei muscoli sia la produzione epatica di glucosio [72]. È interessante notare anche che l’uso delle soluzioni con LC per 4 mesi ha consentito di mantenere la diuresi residua, a differenza della riduzione osservata nel gruppo di controllo trattato con soluzioni non supplementate [70].

L’esperienza clinica con lo xilitolo fa riferimento ad uno studio ormai datato, in cui 6 pazienti in CAPD con diabete insulino-dipendente mal controllato sono stati trattati con soluzioni esclusivamente a base di xilitolo in sostituzione del glucosio: 1.5% nei 3 scambi diurni, 3% nello scambio lungo [73]. Dopo un follow-up di 5 mesi, l’impiego di tale regime dialitico si è dimostrato sicuro e tollerato, con mantenimento del bilancio dei liquidi e con un significativo miglioramento del controllo glicemico, attestato dalla riduzione dell’emoglobina glicata e del 50% circa della necessità insulinica. Gli effetti positivi sull’omeostasi glucidica sono solo in parte attribuibili alla sostituzione del glucosio con lo xilitolo, poiché quest’ultimo ha un basso indice glicemico, inibisce la produzione epatica di glucosio e ha un minor effetto di stimolo sulla secrezione di insulina rispetto al glucosio [74].

In base alle osservazioni finora descritte, sono state recentemente prodotte soluzioni contenenti LC e xilitolo, allo scopo di ottenere una favorevole azione sinergica dei due agenti osmo-metabolici. Nel primo lavoro sperimentale sono stati valutati gli effetti di una soluzione per DP con LC, xilitolo e piccole quantità di glucosio su cellule endoteliali umane ottenute dal cordone ombelicale di gestanti sane o con diabete gestazionale, una condizione caratterizzata da un processo infiammatorio simile a quello dell’uremia [75]. Rispetto a quanto osservato con una soluzione a pH neutro e bassi GDPs, in entrambi i tipi cellulari la soluzione sperimentale ha indotto una migliore sopravvivenza delle cellule, una riduzione dello stress nitro-ossidativo e nessun effetto pro-infiammatorio. Da notare come la presenza di piccole quantità di glucosio non sia risultata associarsi a effetti sfavorevoli nella formulazione della soluzione sperimentale, così che può essere mantenuta per sfruttare le capacità ultrafiltrative del glucosio [75].

Infiammazione, angiogenesi e transizione epitelio (o mesotelio) -mesenchima sono i complessi processi tra loro interconnessi che portano alla fibrosi peritoneale nel lungo termine della DP. Studi sperimentali piuttosto recenti hanno mostrato la capacità di antagonizzare tali processi da parte di soluzioni con LC, xilitolo e piccole quantità di glucosio. Piccapane et al. hanno esaminato gli effetti di tali soluzioni su cellule mesoteliali umane confrontandoli a quelli di numerose altre soluzioni per DP (standard, “biocompatibili”, con icodestrina o aminoacidi) [76]. In questo modello di studio, le cellule sono state esposte alle soluzioni solo sul lato apicale, mimando in tal modo ciò che avviene in vivo durante uno scambio peritoneale. L’uso delle soluzioni sperimentali, rispetto alle altre soluzioni testate, si è associato a: maggiore vitalità cellulare e conservazione dell’integrità dello strato delle cellule mesoteliali; limitata capacità di attivare l’inflammasoma delle cellule mantenendone così una appropriata omeostasi, come evidenziato dall’analisi di un pannello costituito da 27 citochine, chemochine e fattori di crescita; migliore capacità di preservare l’integrità delle giunzioni strette nei monostrati mesoteliali e di prevenire la caduta della resistenza elettrica transepiteliale, antagonizzando in tal modo l’attivazione della transizione epitelio-mesenchimale in cui le cellule mesoteliali acquisiscono un fenotipo simil-fibroblasto con proprietà invasive e fibrogeniche [77].

Un lieve effetto pro-angiogenico e pro-infiammatorio di soluzioni con LC e xilitolo in confronto alla più marcata azione pro-angiogenica e pro-infiammatoria di soluzioni di glucosio con bassi GDPs, è stato confermato in differenti linee cellulari umane endoteliali e mesoteliali [78]. Le cellule esposte alla formulazione sperimentale hanno mostrato una maggiore vitalità e integrità di membrana (permeabilità, fenotipo) rispetto agli effetti cellulari di soluzioni “biocompatibili”. Inoltre, il trattamento con soluzioni contenenti LC e xilitolo ha indotto una significativa riduzione dell’espressione genica di TGF-beta e non ha attivato i processi di transizione mesotelio-mesenchima o endotelio/mesenchima, il che ne suggerisce un ulteriore contributo nel ridurre la fibrosi peritoneale [78].

Due studi clinici sono stati progettati per valutare tollerabilità, sicurezza ed efficacia in vivo delle nuove soluzioni con agenti osmo-metabolici in pazienti in CAPD. Lo studio FIRST (efficacy and saFety assessments of a peritoneal dIalysis solution containing glucose, xylitol and L-caRnitine compared to standard PD SoluTions in CAPD; NCT 04001036) è uno studio di fase 2, prospettico in aperto, attualmente in corso; lo studio ELIXIR (a study to EvaLuate the effIcacy and safety of Xilocore, a glucose sparIng expeRimental solution for PD; NCT 03994471) è uno studio internazionale randomizzato, controllato, della durata prevista di 6 mesi di trattamento, in avanzata fase di realizzazione.

L’andamento dello studio FIRST è stato fortemente ostacolato dalla pandemia COVID-19 e relative conseguenze. Lo studio prevede l’impiego di soluzioni con LC, xilitolo e basso glucosio per 4 settimane, con valutazione comparativa con le 4 settimane precedenti e le 4 successive, in due gruppi di pazienti in CAPD: gruppo A, trattati con un solo scambio notturno con glucosio 2.5%, e gruppo B, trattati negli scambi diurni con glucosio 1.5% e icodestrina nello scambio notturno. Nelle 4 settimane di trattamento attivo, in sostituzione delle soluzioni routinariamente impiegate, i pazienti del gruppo A hanno ricevuto la soluzione IPX15, quelli del gruppo B la soluzione IPX07. La composizione delle due soluzioni sperimentali è riportata nella Tabella 2 ed è stata realizzata conformemente alle evidenze ottenute dagli studi sperimentali sopra descritti.

IPX15 IPX07
Xylitolo (%) 1.5 0.7
L-carnitina (%) 0.02 0.02
Glucosio (%) 0.5 0.5
Sodio (mmol/l) 134 134
Calcio (mmol/l) 1.75 1.75
Magnesio (mmol/l) 0.5 0.5
Cloro (mmol/l) 103.5 103.5
Lattato (mmol/l) 35 35
pH 5.5 5.5
Tabella 2: Composizione delle soluzioni sperimentali nello studio FIRST [79]

Sono stati recentemente pubblicati i primi dati dello studio, ottenuti nei pazienti del Centro di Chieti [79]. Trattasi di 6 pazienti del gruppo A e 4 del gruppo B. In tutti i pazienti, l’uso delle soluzioni sperimentali è risultato sicuro e ben tollerato. L’efficacia della depurazione/rimozione delle piccole molecole valutata come clearance della creatinina e Kt/V dell’urea ha mostrato un lieve incremento al termine del periodo di intervento, così come la funzione renale residua. Il trasporto peritoneale valutato con PET standard ha mostrato un trend per la creatinina simile al Kt/V con stabilità del glucosio: ciò suggerisce una migliorata clearance peritoneale per i piccoli soluti senza incremento dell’assorbimento di glucosio. Diuresi giornaliera e UF peritoneale si sono mantenute stabili [79]. Questi interessanti risultati indicano una non inferiorità delle soluzioni contenenti LC e xilitolo rispetto alle soluzioni standard per quanto concerne adeguatezza e trasporto peritoneale, ma sono ovviamente preliminari e necessitano di ulteriori conferme.

 

Conclusioni

In DP, vi è la assoluta necessità di soluzioni più biocompatibili nonché efficaci, per migliorare l’outcome clinico del paziente e la sopravvivenza della tecnica dialitica. Appare altresì necessaria l’identificazione di nuovi biomarcatori indicativi dello stato di salute e del trasporto del peritoneo, nonché dei processi patologici in corso, quali strumenti di guida nel personalizzare gli interventi nei pazienti in DP a rischio di complicanze. Al riguardo l’analisi proteomica del liquido di dialisi effluente potrebbe essere di notevole contributo [80].Attualmente sono in fase di validazione clinica nuove soluzioni per DP basate su approcci differenti, che si sono dimostrate sicure e ben tollerate nel breve e medio termine. I promettenti risultati ottenuti necessitano ora di adeguati studi a lungo termine, che potranno meglio definire il ruolo delle nuove soluzioni nella pratica clinica quotidiana.

 

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