Luglio Agosto 2022 - Articoli originali

The COVID-19 emergency management in Nephrology: a cross-sectional survey on the procedures management to deal with the pandemic

Abstract

From mid-March 2020, the pandemic caused by COVID 19 has placed health facilities in front of the need to implement a rapid and profound reorganization. However, many hospitals have not had time to organize a rapid and effective response, both for the speed of spread of the virus, and for the lack of previous experience with a pandemic of this magnitude. With the aim of assessing the knowledge and adoption of the procedures and recommendations disseminated by hospitals during the COVID-19 pandemic, in the dialysis and hemodialysis services of Italian centers, a cross-sectional survey was designed by the Society of Nurses in Nephrology (SIAN). The online survey was conducted among nurses who work in the Italian services of dialysis and hemodialysis during the first and second waves.

The online survey was completed by 150 nurses. Although hospitals have set up protocols and procedures for patient management during the COVID-19 pandemic, among participants not all were aware of it. With regard to the training of personnel in the use of personal protective equipment, 18.6% declared that they have not received it. The majority implemented specific precautions for patient management, awareness and information.

Keywords: hemodialysis, peritoneal dialysis, nursing skills procedures, COVID-19

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Introduzione

La malattia da coronavirus (COVID-19) è stata identificata a dicembre 2019 a Wuhan, in Cina, e si è diffusa rapidamente, con oltre 81 000 casi confermati in tutta la Cina. Nel febbraio 2020, l’organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha introdotto la sua definizione [1]. L’11 marzo 2020 l’OMS, dopo aver valutato i livelli di gravità e la diffusione globale dell’infezione, ha dichiarato che l’epidemia da COVID-19 doveva essere considerata una pandemia [2]. L’Italia è stata tra i Paesi più gravemente colpiti dalla pandemia da COVID-19 [13], con una crescita schiacciante di casi attivi e mortalità, uno dei più alti al mondo [4]. Il primo paziente italiano positivo al COVID-19 è stato confermato il 21 febbraio 2020 all’Ospedale di Codogno in Lombardia. Inizialmente, il COVID-19 si era diffuso rapidamente in tutto il Paese, ma in modo eterogeneo, con maggiore diffusione nelle regioni del Nord e minore nelle regioni meridionali e nelle isole principali [5]. La relazione tra infezione da SARS-CoV-2 e la comorbilità è complessa, sfaccettata e ulteriormente complicata da un numero imprecisato di casi asintomatici [6]. Tuttavia, i casi più gravi e mortali sono spesso riportati nei pazienti anziani, specialmente in quelli con comorbilità [7].

I pazienti con insufficienza renale cronica sono spesso anziani e con comorbilità maggiori, per questo motivo hanno un aumentato rischio di morbilità e mortalità da COVID-19 [8, 9], hanno alti livelli di contatto con le strutture sanitarie per effettuare i trattamenti dialitici, per il monitoraggio clinico e le cure di supporto. Secondo un recente rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), tra le comorbilità più comuni dei pazienti COVID-19 morti in Italia, la malattia renale cronica e la dialisi si trovano rispettivamente al 21% e al 2% dei pazienti deceduti [10]. Per questo motivo, per limitare l’affluenza di pazienti presso gli ambulatori specialistici, in considerazione della necessità di ridurre il rischio di contrarre la malattia da COVID-19, il decreto-legge Rilancio ha previsto la proroga del rinnovo dei piani terapeutici in scadenza per specifiche patologie respiratorie e per prodotti funzionali all’ospedalizzazione a domicilio, oltre che una semplificazione della distribuzione dei farmaci nel canale delle farmacie convenzionate e delle procedure di rinnovo delle prescrizioni mediche dei farmaci essenziali e per le malattie croniche, rimborsati dal Sistema Sanitario Nazionale (Camera dei Deputati documentazione parlamentare TEMA 24 settembre 2021) [11]. A partire da metà marzo 2020, agli ospedali presenti nelle regioni più colpite è stata richiesta, in breve tempo, una rapida e profonda riorganizzazione delle attività, potenziamenti strutturali, organizzativi e di personale. D’altro canto, gli ospedali hanno dovuto rispondere in modo rapido ed efficace alla diffusione del virus, questione complessa per le caratteristiche proprie della pandemia, ma anche per la mancanza di precedenti esperienze [12]. Infatti, gli operatori sanitari italiani, non avendo mai affrontato una pandemia prima, non erano sufficientemente formati sull’applicazione di procedure e attività atte a fronteggiarla. Non sono stati pubblicati studi trasversali condotti in Italia sulla sola popolazione infermieristica che lavora in contesti nefrologici. La Società Infermieri Area Nefrologica (SIAN), attraverso la conduzione di un’indagine online, con l’invio del questionario sia nella prima che nella seconda ondata, rivolta a tutti i professionisti iscritti, si è posta l’obiettivo di indagare se le procedure e le raccomandazioni diffuse dalle aziende durante il periodo di pandemia COVID-19, nei servizi di dialisi e emodialisi dei centri italiani, siano giunte alla conoscenza di tutti e adottate in risposte organizzative.

 

Materiali e metodi

È stato condotto uno studio trasversale attraverso l’invio di due questionari online disponibili nel mese di maggio 2020 (T1) e tra settembre e dicembre 2020 (T2). Il questionario è stato proposto a tutti gli infermieri che operano nei contesti di cura di dialisi ed emodialisi nel Servizio Sanitario Nazionale iscritti alla Società Infermieri Area Nefrologica (SIAN), con la richiesta di divulgare il questionario anche ad altri colleghi di U.O. di Nefrologia e Trapianto. Il questionario è stato reso anonimo lasciando il solo riferimento della regione di appartenenza.

I questionari indagavano entrambi i seguenti aspetti:

  1. adozione dei protocolli specifici nella gestione della emergenza COVID-19;
  2. formazione e addestramento del personale;
  3. attuazione di precauzioni specifiche per la gestione dei pazienti;
  4. sensibilizzazione e informazione ai pazienti;
  5. riadattamento delle procedure, attività e spazi per la gestione dei pazienti;
  6. disponibilità e rifornimento di dispositivi di protezione individuale (DPI);
  7. numero di pazienti e operatori risultati positivi al COVID-19;
  8. problematiche nella gestione dei pazienti.

 

Considerazioni etiche

Per questa indagine non è stata necessaria l’approvazione del comitato etico; tuttavia, è stato formulato e approvato dal comitato di ricerca della SIAN, ed è stato testato su un piccolo gruppo di professionisti prima della diffusione online. La partecipazione è avvenuta su base volontaria e tutti i rispondenti sono stati informati che l’invio delle risposte del questionario online sarebbe stato considerato come esplicito consenso alla partecipazione. Tutti i dati sono stati resi anonimi dal sistema di registrazione, per garantire ai partecipanti l’anonimato e la privacy.

 

Risultati

Caratteristiche del campione

La SIAN ha inizialmente coinvolto 227 infermieri iscritti alla società con l’invito di diffondere il questionario online ai colleghi dei servizi oggetto dell’indagine. Questo è stato compilato da 59 (60,8%) infermieri su 97 contattati nel primo invio (T1), e da 91 (70,0%) infermieri su 130 contattati nel secondo invio (T2).

Delle 20 possibili regioni italiane di provenienza, il Trentino Alto Adige non è rappresentato né in T1 né in T2. Le regioni con maggiore rappresentatività sono la Toscana con il 13,6% in T1 e il 22% in T2, il Veneto con il 13,6% in T1 e il 14,3% in T2 e il Friuli Venezia Giulia con il 16,9% in T1 e il 7,7% in T2.
Per quanto riguarda il servizio/reparto di provenienza, la maggior parte dei partecipanti sia al primo che al secondo invio del questionario lavora in Dialisi (81.4% e 95.6%), seguita dalla dialisi peritoneale (23.7% e 26.4%) e dalla nefrologia (20.3% e il 18.7%). I dati dettagliati del campione sono riportati in Tabella 1. Di seguito si analizzano le risposte dei questionari, il cui dettaglio è presentato in Tabella 2.

T1

(N=59)

T2

(N=91)

n % n %
      REGIONI
Valle d’Aosta 0 0.0% 2 2.2%
Piemonte 5 8.5% 7 7.7%
Liguria 1 1.7% 1 1.1%
Lombardia 4 6.8% 7 7.7%
Trentino Alto Adige 0 0.0% 0 0.0%
Veneto 8 13.6% 13 14.3%
Friuli Venezia Giulia 10 16.9% 7 7.7%
Emilia Romagna 3 5.1% 6 6.6%
Toscana 8 13.6% 20 22.0%
Umbria 1 1.7% 12 13.2%
Marche 1 1.7% 0 0.0%
Abruzzo 2 3.4% 2 2.2%
Lazio 4 6.8% 1 1.1%
Molise 2 3.4% 2 2.2%
Campania 0 0.0% 1 1.1%
Puglia 2 3.4% 0 0.0%
Basilicata 3 5.1% 5 5.5%
Calabria 1 1.7% 1 1.1%
Sicilia 1 1.7% 3 3.3%
Sardegna 3 5.1% 1 1.1%
  SERVIZIO/REPARTO
Nefrologia 12 20.3% 17 18.7%
Emodialisi 48 81.4% 87 95.6%
Dialisi peritoneale 14 23.7% 24 26.4%
Trapianto 3 5.1% 10 11.0%
Ambulatorio pre-dialisi 6 10.2% 12 13.2%
Tabella 1: Caratteristiche del campione
QUESTIONARIO IN T1

N=59

QUESTIONARIO IN T2

N=91

SI NO NON SO SI NO NON SO
La tua struttura ha adottato dei protocolli specifici nella gestione della emergenza COVID-19? 56 (94.2%) 2 (3.4%) 1 (1.7%) 81(89.0%) 10 (11.0%) 0
Il personale è stato adeguatamente informato/formato sui protocolli adottati dalla propria U.O. e/o Azienda? 49 (83.1%) 10 (17.0%) 0 80 (87.9%) 11(12.1%) 0
Sono state prese precauzioni nella gestione dei pazienti distribuendo materiale informativo relativo le buone pratiche? 46 (78.0%) 12 (20.3%) 1 (1.6%) 63 (69.2%) 25 (27.5%) 3 (3.3%)
Sono state prese precauzioni nella gestione del paziente sensibilizzandolo ad informare tempestivamente l’U.O. sulla comparsa di sintomatologia dubbia presso il proprio domicilio? 57 (96.6%) 2 (3.4%) 0 87 (95.6%) 4 (4.4%) 0
È stato eseguito un pre-triage mediante intervista telefonica domiciliare sulla eventuale comparsa di segni specifici e sintomi respiratori? 33 (55.9%) 24 (44.7%) 2 (3.4%) 40 (44.0%) 50 (55.0%) 1 (1.1%)
È stato eseguito triage al paziente giunto in reparto mediante la rilevazione di febbre, saturazione e intervista sulla presenza di segni e sintomi respiratori? 56 (94.9%) 3 (5.8%) 0 88 (96.7) 3 (3.3%) 0
In caso di paziente sospetto COVID-19, dopo il triage, sono state prese le giuste precauzioni di isolamento come da protocollo? 55 (93.2%) 3 (5.1%) 1 (1.7%) 86 (94.5%) 4 (4.4%) 1 (1.1%)
Sono stati indossati i DPI previsti nella gestione di casi di sospetti? 54 (91.5%) 4 (6.8%) 1 (1.7%) 91 (100%) 0 0
Sono stati allestiti spazi strutturali per la gestione dei pazienti sospetti e/o positivi? 52 (88.1%) 6 (10.2%) 1 (1.7%) 82 (90.1%) 8 (8.8%) 1 (1.1%)
Sono state rispettate le distanze di sicurezza previste dal DPCM nei luoghi di attesa, nelle sale dialisi o nel reparto di degenza? 55 (93.2%) 4 (6.8%) 78 (85.7%) 9 (9.9%) 4 (4.4%)
L’attività ambulatoriale in pre-dialisi si è svolta principalmente mediante consulenza telefonica? 43 (72.9%) 7 (11.9%) 9 (15.3%) 52 (57.1%) 19 (20.9%) 20 (22.0%)
L’attività ambulatoriale per i pazienti in DP si è svolta principalmente mediante consulenza telefonica? 37 (62.7%) 9 (15.3%) 13 (22.0%) 43 (47.3%) 16 (17.6%) 32 (35.2%)
L’attività ambulatoriale per i pazienti trapiantati si è svolta principalmente mediante consulenza telefonica? 36 (61.0%) 11 (18.6%) 12 (20.4%) 44 (48.5%) 13 (14.2%) 34 (37.4%)
Gli operatori della tua unità operativa sono stati adeguatamente formati sul tipo di DPI disponibili e il loro utilizzo? 47 (79.7%) 11 (18.6%) 1 (1.7%) 87 (95.6%) 4 (4.4%) 0
Sono state adottate le procedure raccomandate nella vestizione e svestizione in sicurezza dei DPI in caso di COVID-19 positivo? 52 (88.1%) 6 (10.2%) 1(1.7%) 87 (95.6%) 3 (9.3%) 1 (1.1%)
Vengono adeguatamente smaltiti i presidi utilizzati in caso di COVID- 19 positivo? 53 (89.8%) 3 (5.1%) 3 (5.1%) 84 (92.3%) 2 (2.2%) 0
Tabella 2: Risposte ai questionari in T1 e T2

Adozione di procedure e protocolli specifici nella gestione dell’emergenza COVID-19

Il 94,2% (n=56) dei professionisti in T1, e rispettivamente l’89,0% (n=81) in T2, ha dichiarato che la propria struttura di appartenenza aveva adottato protocolli specifici nella gestione dell’emergenza COVID-19. È da segnalare che i professionisti che hanno dichiarato che non erano stati adottati specifici protocolli erano l’11,0% (n=10) in T2 e il 3,4% (n=2) in T1. Per quanto riguardo la formazione/informazione che i professionisti hanno ottenuto sui protocolli adottati dalla propria struttura di appartenenza, questa è stata ricevuta dall’83,1% (n=49) in T1 e dall’87,9% (n=80) in T2. Il 17,0% (n=10) in T1 e il 12,1% (n=11) in T2 hanno invece dichiarato di non aver ricevuto alcuna formazione.

Gestione dei pazienti durante l’emergenza COVID-19

Il 78,0% (n=46; T1) e il 69,2% (n=63; T2) dei partecipanti ha dichiarato che erano state attuate precauzioni nella gestione dei pazienti attraverso la distribuzione di materiale informativo relativo alle procedure da adottare; sono invece il 20,3% (n=12; T1) e il 27,5% (n=25; T2) che non avevano adottato questo tipo di precauzione. Inoltre, il 96,6% (n=57) e il 95,6% (n=87) affermava che i pazienti erano stati sensibilizzati ad informare tempestivamente l’U.O. sulla comparsa di sintomatologia dubbia presso il proprio domicilio. Il 3,4% (n=2; T1) e il 4,4% (n=4; T2) non aveva, invece, adottato queste precauzioni. È stato indagato, inoltre, se veniva eseguito un pre-triage mediante intervista telefonica domiciliare sull’eventuale comparsa di segni e sintomi respiratori COVID-19 correlati: il 55,9% (n=33; T1) e il 44,0% (n=40; T2) ha dato una risposta positiva, mentre il 3,4% (n=2; T1) e il 55.0% (n=50; T2) ha dato risposta negativa. Per quanto riguarda invece l’esecuzione del triage al paziente giunto in reparto mediante la rilevazione di febbre, saturazione e intervista sulla presenza di segni e sintomi respiratori COVID-19 correlati, il 94,9% (n=56; T1) e il 96,7% (n=88; T2) ha dichiarato che veniva effettuato, mentre il 5,8% (n=3; T1) e il 5,8% (n=3; T2) ha affermato di no.

Dopo il triage, in caso di paziente sospetto COVID-19, il 93,3% (n=55; T1) e il 94,5% (n=86; T2) ha dichiarato che venivano adottate le corrette precauzioni di isolamento come da protocollo, mentre il 5,1% (n=3; T1) e il 4,4% (n=4; T2) ha affermato che non venivano adottate tali precauzioni. 2 professionisti in T1 (3,4%) e 4 (4,4%) in T2, invece, hanno dichiarato di non essere a conoscenza di tali procedure. Nello specifico, sono stati allestiti spazi strutturali per la gestione dei pazienti sospetti e/o positivi nell’88,1% (n=52) in T1 e nel 90,1% (n=82) in T2; non sono invece stati allestiti nel 10,2% (n=6) in T1 e nel 8,8% (n=8) in T2. Le distanze di sicurezza previste dal DPCM nei luoghi di attesa, nelle sale dialisi o nel reparto di degenza, sono state rispettate in T1 nel 93,2% (n=55) e in T2 nel 85,7% (n=78). 4 professionisti (6,8%) in T1 e 9 (9,9%) in T2 hanno dichiarato, invece, che le distanze di sicurezza previste dal DPCM non sono state adottate.

Per quanto riguarda lo specifico caso del paziente portatore di trapianto renale durante la degenza post-operatoria, 28 professionisti hanno dichiarato che è stato adottato l’isolamento (10 in T1 e 18 in T2) e 24 che è stato allestito uno spazio strutturale dedicato (9 in T1 e 15 in T2). È stata dedicata un’equipe di professionisti in 4 casi (2 in T1 e 2 in T2). L’attività legata ai trapianti è stata invece sospesa in 17 casi (10 in T1 e 7 in T2). Nella Tabella 3 sono riportati i dati nel dettaglio circa il paziente trapiantato.

Il paziente portatore di trapianto renale è stato mantenuto in isolamento durante la degenza post-operatoria QUESTIONARIO IN T1

N=59

QUESTIONARIO IN T2

N=91

Isolamento 10 (16,95%) 18

 

 (19,78%)
Attività trapianto sospesa 10

 

(16,95%)

 

7

 

 (7,69%)
Equipe professionisti dedicata 2 (3,39%) 2

 

 (2,20%)
Spazio strutturale dedicato

 

9 (15,25%) 15

 

 (16,48%)
Altro

 

28 (42,37%) 49

 

 (53,84%)
Tabella 3: Descrizione delle modalità di isolamento del paziente trapiantato

Dispositivi di protezione individuale

Il 79,7% (n=47; T1) e il 95,6% (n=87; T2) dei professionisti ha dichiarato di essere stato adeguatamente formato sui dispositivi di protezione individuale (DPI), mentre 11 (18,6%) in T1 e 4 (4,4%) in T2 non lo sono stati. Un professionista ha dichiarato di non saperlo (T1). Il rifornimento dei DPI da parte delle Aziende non è stato considerato sufficiente dai professionisti, soprattutto in T1. I DPI che maggiormente sono stati percepiti come carenti in T1 erano: camice idrorepellente (32,2%), occhiali/visiera protettiva (35,6%), maschera FFP3 (47,5%), maschera FFP2 (57,6%), maschera chirurgica (44,1%) e il gel antisettico (44,1%). In T1 e T2 sono stati percepiti come ugualmente carenti i calzari (25,4% vs 24,2%), i cappellini (13,6% vs 14,3%) e i guanti (32,2% vs 33,0%). Maggiori dettagli sulla carenza dei DPI in T1 e T2 sono presentati in Figura 1.

Figura 1: Carenza dei DPI
Figura 1: Carenza dei DPI

I DPI previsti nella gestione dei casi sospetti sono stati indossati in T1 nel 91,5% (n=54) e in T2 nel 100% (n=91). Le procedure raccomandate nella vestizione e svestizione in sicurezza dei DPI in caso di COVID-19 positivo sono state adottate nell’8,1% (n=52) e nel 95,6% (n=87), rispettivamente in T1 e T2; non lo sono state nel 10,2% (n=6) in T1 e nel 9,3% (n=3) in T2. Lo smaltimento dei presidi utilizzati in caso di paziente COVID- 19 positivo è stato riportato come adeguato nell’89,8% (n=53) in T1 e nel 92,3% (n=84) in T2, mentre è stato riportato come non adeguato nel 5,1% (n=3) e nel 2,2% (n=2), rispettivamente in T1 e T2. 3 professionisti hanno risposto di non saperlo in T1.

Adozione di nuove modalità di cura

L’attività ambulatoriale in pre-dialisi è stata svolta principalmente mediante consulenza telefonica, in T1 nel 72,9% (n= 43) e in T2 nel 57,1% (n=52); nell’11,9% (n=7) e nel 20,9% (n=19) non è stata adottata come modalità di erogazione dell’assistenza. Per i pazienti in dialisi peritoneale, invece, l’attività ambulatoriale è stata svolta principalmente mediante consulenza telefonica, in T1 nel 62,7% (n=37) e in T2 nel 47,3% (n=43); non è stata adottata questa modalità nel 15,3% (n=9) e nel 17,6% (n=16) rispettivamente in T1 e T2. Per quanto riguarda i pazienti trapiantati, l’attività assistenziale è stata svolta principalmente mediante consulenza telefonica, nel 61,0% (n=36) e nel 48,5% (n=44) rispettivamente in T1 e T2; non è stata adottata come modalità nel 18,6% (n=11; T1) e nel 14,2% (n=13; T2).

Positività al COVID-19: pazienti e professionisti

I pazienti postivi al COVID-19 erano in media 4±9 (range: 0-43) in T1 e 8±10 (range: 0-49) in T2. I pazienti positivi al COVID-19 per cui si è reso necessario il trasferimento in terapia intensiva risultano essere 2±9 (range: 0-67) in T1 e 1±2 (range: 0-10) in T2. Per quanto riguarda, invece, i colleghi postivi al COVID-19, i partecipanti hanno dichiarato che in media sono stati 3±2 (range:1-6) in T1 e 5±4 (range: 1-20) in T2.

 

Discussione

Come riportato dalla Società Italiana di Nefrologia Sezione Emilia Romagna nel documento “Raccomandazioni riguardanti i pazienti con malattia renale che necessitano di trattamento emodialitico- Indicazioni per il personale che deve eseguire le procedure dialitiche in pazienti cronici ed acuti”, le procedure dialitiche per i pazienti con insufficienza renale cronica o acuta, per molteplici aspetti procedurali e logistici, sono a rischio di trasmissione e disseminazione del COVID-19 [13]. Alla luce di queste considerazioni il personale sanitario che presta servizio nelle strutture di dialisi, oltre alle indicazioni generali nazionali, deve ricevere informazioni specifiche sulla prevenzione e trasmissione dell’epidemia COVID -19 e indicazioni sulla gestione dei pazienti in trattamento dialitico. L’indagine condotta ha indagato questo specifico aspetto, e dalle risposte ricevute dai professionisti che lavorano nei setting nefrologici si evince che le strutture hanno predisposto protocolli e procedure per la gestione del paziente durante la pandemia; tuttavia non tutti i professionisti ne erano a conoscenza. Per quanto riguarda la formazione del personale all’utilizzo dei DPI, nonostante tutte le campagne di informazione/formazione che sono state messe in atto dagli organismi competenti, una buona percentuale di professionisti, dichiara di non aver ricevuto formazione. Non è chiaro se la formazione non è stata garantita, se è stata garantita ma in modo non efficace, o se i professionisti non hanno avuto la possibilità di formarsi a causa dell’aumentato carico di lavoro; quest’ultimo è stato dovuto non solo alla gestione del paziente, ma anche alla gestione degli spazi e delle attrezzature per garantire la sicurezza dei pazienti e degli operatori stessi, ma anche al carico emotivo che ha caratterizzato il periodo pandemico. Per quanto riguarda l’attuazione di precauzioni specifiche per la gestione dei pazienti, la sensibilizzazione e le informazioni, le risposte sono state confortanti: quasi la totalità del campione ha risposto in modo affermativo. Il dato che merita una riflessione è quello relativo alla domanda che indagava se fosse stato eseguito un pre-triage mediante intervista telefonica domiciliare sulla eventuale comparsa di segni specifici e sintomi respiratori, nel secondo questionario. Hanno dato una risposta negativa 50 (55%) dei professionisti; questo dato conferma quanto sia stata carente l’organizzazione della gestione dei pazienti al proprio domicilio e lo sviluppo di nuove modalità di presa in carico e di monitoraggio dello stato di salute, come l’implementazione della medicina a distanza e di un sistema informatizzato capace di ridurre i problemi organizzativi e lo scambio di informazioni.

Un altro aspetto da evidenziare riguarda il trattamento del paziente sospetto COVID-19 dopo il triage: circa il 7% dei professionisti ha dichiarato che non venivano adottate le corrette precauzioni di isolamento. Sarebbe stato molto interessante comprendere le motivazioni di queste affermazioni. Come anche il dato sulle procedure raccomandate nella vestizione e svestizione in sicurezza dei DPI in caso di COVID-19 positivo, che non sono state adottate da circa il 19% dei professionisti; anche in questo caso non viene dichiarata la motivazione. Il dato rispetto al riadattamento delle procedure, alle attività e agli spazi per la gestione dei pazienti, sembra confortante. Un altro dato emerso è stata la ridotta disponibilità e il ridotto rifornimento di dispositivi di protezione individuale (DPI), specie nel primo questionario.

 

Conclusione

Tenendo conto dei limiti legati alla numerosità del campione di questa indagine, i dati raccolti fanno emergere l’importanza di un sistema gestionale informatizzato, con piattaforme intercomunicanti che permettano lo scambio di informazioni, procedure e aggiornamenti dei dati in tempo reale, con importanti ricadute sulla tempestività della messa in atto delle misure di controllo. Sarebbe fondamentale quindi favorire strategie formative per mantenere aggiornate le competenze dei professionisti e colmare le eventuali carenze; si dovrebbe inoltre potenziare e incoraggiare la medicina a distanza e la dotazione tecnologica dei Servizi per poter disporre di un sistema informatizzato e integrato che si interfacci con altri sistemi informativi, per mettere in rete dati clinici e di laboratorio e per attivare una rapida comunicazione tra figure professionali e contesti diversi come laboratori, medici di medicina generale e Aziende Sanitarie. Da questa indagine, infine, emerge la necessità di sensibilizzare le strutture sanitarie nel mantenere aggiornato il personale sanitario nella gestione degli eventi pandemici, coinvolgendo anche la formazione di base. Infatti, la formazione rappresenta un elemento essenziale e determinante la cui preparazione e gestione non può essere successiva all’insorgere dell’evento emergenziale, ma va pianificata e resa possibile a priori.

 

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  11. Camera dei deputati, documentazione parlamentare TEMA 24 settembre 2021. “Misure sanitarie per fronteggiare l’emergenza da coronavirus”, https://temi.camera.it/leg18/temi/misure-sanitarie-per-fronteggiare-l-emergenza-coronavirus.html.
  12. Roberto Faccincani, Personal reflections of an emergency general surgeon on the COVID-19 pandemic. Eur J Trauma Emerg Surg. 2020 Jun; 46 (3):511-512. https://doi.org/10.1007/s00068-020-01363-8. Epub 2020 Apr 20.
  13. “Raccomandazioni riguardanti i pazienti con malattia renale che necessitano di trattamento emodialitico- Indicazioni per il personale che deve eseguire le procedure dialitiche in pazienti cronici ed acuti”. Società Italiana di Nefrologia