Management of the Central Venous Catheter in Patients Undergoing Hemodialysis Treatment

Abstract

Background. Catheter-related bloodstream infection (CRBSI) is defined as the presence of bacteremia originating from a venous catheter and is one of the most common and costly complications, often followed by death and septicemia.
Objectives. To evaluate the effectiveness of specific interventions on CRBSI reduction rates and other outcomes.
Materials and Methods. The review has been performed by consulting scientific evidence through the PUBMED/MEDLINE database using MeSh terms and Boolean operators. Studies related to the formulated hypothesis have been selected and included.
Results. The results showed that thanks to a series of interventions it was possible to decrease the risk of CRBSI and lowered the risk of catheter removal, hospitalization rate and morbidity rate.
Discussion and Conclusions. Proper catheter care and follow-up procedures are the first steps in preventing infection. Audit and education of dialysis unit personnel is essential.

Keywords: Catheter, Blood Stream Infection, Hemodialysis Catheter Management, Nurse, Central Lines, Rate of Infections

Sorry, this entry is only available in Italian.

Introduzione

La fistola arterovenosa (FAV) è considerata l’accesso vascolare ottimale per i pazienti in emodialisi perché è associata a minor rischio di infezione e minore mortalità, garantendo prestazioni migliori. Le infezioni sono considerate la seconda causa di morte nei pazienti in emodialisi e le linee guida raccomandano l’utilizzo della FAV rispetto a quello del catetere venoso centrale (CVC), affermando che quest’ultimo dovrebbe essere impiantato solo se non sono disponibili altre opzioni [1]. Nella pratica clinica, tuttavia, i cateteri venosi centrali sono ampiamente utilizzati come primo accesso vascolare e in Italia oltre il 40% dei pazienti inizia l’emodialisi con CVC, sebbene sia associato a un rischio maggiore di infezioni che includono l’exit site, il tunnel e le infezioni del flusso sanguigno (catheter related bloodstream infections, CRBSI) [1].

L’infezione del flusso sanguigno correlata al catetere (CRBSI) è definita come la presenza di batteriemia originata da un catetere venoso ed è una delle complicanze più comuni e costose, a cui spesso fanno seguito setticemia e morte [2].

Solitamente, in emodialisi vengono utilizzati CVC di tipo temporaneo, che rimangono in sede dalle 3 alle 4 settimane, quando il paziente necessita del trattamento HD ma presenta le seguenti condizioni:

– Insufficienza renale acuta (IRA) che richiede trattamento HD urgente;

– Fistola trombizzata o che esige revisione chirurgica;

– FAV assente o non ancora matura.

Altra tipologia di CVC è rappresentata da quelli tunnellizzati che compiono un tragitto sottocutaneo prima di raggiungere la vena incannulata per poi essere ancorati ai tessuti tramite una cuffia.

Questi trovano utilizzo in tutte quelle situazioni in cui la preparazione della FAV sembra impraticabile o la sua portata risulta insufficiente, in situazioni di emergenza o per altre indicazioni diagnostiche o terapeutiche. Il CVC evita così ai pazienti di sottoporsi allo stress di continui interventi, talvolta infruttuosi. Va ricordato che un CVC causerà danni al vaso in cui è stato allocato, quindi deve essere localizzato con indicazione precisa di necessità, e gestito secondo un protocollo ben definito [3].

Alcuni studi affermano che il tasso di CRBSI sia più alto nei CVC non tunnellizati rispetto a quelli tunnellizati con tassi di incidenza di 3,1-6,6 episodi/1000 giorni di catetere e 0,5-5,5 episodi/1000 giorni di catetere [4]. Contrarre una possibile infezione da CVC è una questione che può compromettere notevolmente la qualità di vita e la vita stessa del paziente emodializzato poiché alcune volte il catetere risulta essere l’unico accesso vascolare disponibile. Per questo motivo, il paziente necessita di una corretta gestione del dispositivo da parte di personale adeguatamente addestrato per prevenire tale complicanza [5].

L’assistenza infermieristica al paziente cronico in trattamento emodialitico deve essere di tipo olistico, cioè deve tenere conto del suo vissuto psicologico e della complessità clinica del caso; gli infermieri rivestono un ruolo fondamentale nella gestione, nell’informazione e nell’educazione dell’utente [5]. Il CDC di Atlanta ha messo in evidenza quanto questo ruolo sia prezioso nel rendere minima l’incidenza di CRBSI [6].

Questo studio si propone lo scopo di poter essere consultato anche come documento che possa essere utile a professionisti sanitari, studenti o anche solo a persone interessate all’argomento riguardante la gestione del catetere emodialitico. Uno dei cateteri maggiormente utilizzati in emodialisi è il catetere di Tesio. Nel 1986 Canaud e successivamente Tesio, proposero l’incannulazione della vena giugulare interna con due cateteri distinti in silicone, le cui parti terminali vengono posizionate in atrio destro, mentre le parti distali fuoriescono separatamente al di sotto della clavicola, dopo aver percorso un tunnel sottocutaneo [7]. È formato da due cannule lunghe 30 cm ciascuna con un diametro interno di 2 mm e uno esterno di 3,2 mm. I due lumi separati consentono la circolazione del sangue nel circuito extracorporeo per la dialisi allo scopo di minimizzare il rischio del ricircolo. Oggi il materiale di cui sono principalmente composti è il poliuretano per la sua ottima biocompatibilità grazie alla quale presentano un maggior rapporto diametro interno/esterno. L’inserimento di questo dispositivo avviene per via transcutanea attraverso la giugulare interna destra con tecnica di Seldinger.

 

Gestione del CVC e prevenzione delle infezioni

Le infezioni del torrente circolatorio correlate al catetere (CRBSI) sono tra le complicanze più comuni tra i cateteri venosi centrali a lungo termine nei pazienti con malattia renale all’ultimo stadio sottoposti a trattamento emodialitico [8]. Il processo infettivo può scaturire tramite contaminazioni microbiche attraverso il contatto dei microorganismi alla superficie del dispositivo con conseguente colonizzazione e formazione di biofilm. I biofilm sono colonie di microrganismi autosufficienti e irreversibilmente aderenti incorporati in una matrice esopolisaccaridica in grado di crescere autonomamente [9]. Possono formarsi sia all’interno che all’esterno di ogni tipo di catetere entro 24-48 ore dall’inserimento. Le fonti di colonizzazione del catetere sono responsabili della maggior parte delle infezioni catetere-correlate; queste sono solitamente causate da microrganismi che originano dalla cute attorno all’exit-site contaminando il catetere al momento dell’impianto e migrando lungo il tratto intradermico dopo l’impianto; anche la contaminazione dei raccordini è una delle fonti più comuni di infezione dei cateteri, in particolare di quei cateteri che sono rimasti in sede per lunghi periodi di tempo a causa della loro costante manipolazione da parte degli operatori sanitari, consentendo agli agenti patogeni di migrare lungo il lume del catetere nel flusso sanguigno [10]. Le mani degli operatori e dei pazienti sono i principali vettori di microrganismi infettivi, pertanto le linee guida insistono sul lavaggio frequente delle mani con una tecnica adeguata e sull’uso di frizioni antisettiche a base alcolica. L’igiene delle mani deve essere eseguita prima e dopo ogni contatto con un paziente portatore di CVC. Naturalmente, oltre all’igiene delle mani, l’uso di barriere protettive come guanti, maschere e telini sterili sono fondamentali durante l’inserimento e la gestione quotidiana del dispositivo [11].

Negli ultimi venti anni sono stati fatti innumerevoli sforzi al fine di ridurre il più possibile il numero e il tasso di infezioni nei CVC. Le linee guida del CDC di Atlanta [6] includono l’utilizzo di una medicazione sterile necessaria su tutti i cateteri venosi centrali, anche per i cateteri tunnellizzati cuffiati, fino a quando la sede di inserzione non risulta guarita completamente. Nella gestione e nella sostituzione delle medicazioni, bisogna rispettare sempre la tecnica asettica. L’antisettico cutaneo di prima scelta è la Clorexidina 2% e in caso di controindicazioni è possibile utilizzare uno iodoforo (iodopovidone) o alcool 70% [12]. Per la sostituzione della medicazione, se è stata effettuata con membrane semipermeabili trasparenti, va fatta ogni 5-7 giorni mentre quella eseguita con garza e cerotto sterile va sostituita almeno ogni due giorni. Bisogna inoltre rimuovere la medicazione ogni qual volta risulti bagnata, sporca o non ancorata propriamente alla cute. Negli ultimi dieci anni ha trovato impiego la colla in ciano acrilato, utilizzata per la prima volta in uno studio [13] per la stabilizzazione dei cateteri ad inserimento centrale evitando l’uso dei punti di sutura. Dopo varie ricerche e approfondimenti si è evidenziato che oltre a ridurre il sanguinamento dall’exit-site dopo le prime 24 ore dall’inserimento [14] in tutti i dispositivi di accesso venoso centrale, è in grado anche di ridurre il rischio d’infezione diminuendo la contaminazione batterica attraverso il percorso extraluminale [15].

Necessario approfondire anche il lock del CVC che generalmente viene effettuato con eparina sodica pura al fine di prevenire la formazione trombotica endoluminale. Può essere utilizzato anche il citrato, ma il suo impiego non è diffuso come quello con l’eparina. Altre raccomandazioni riguardano lo scrub degli hubs con Clorexidina 2% o alcool 70%, l’educazione e l’addestramento del personale sanitario e l’uso di locks antimicrobici. Non ostante tutte queste accortezze l’uso dei CVC per emodialisi contribuisce ad innalzare il tasso di infezioni, ospedalizzazioni e mortalità dei pazienti [16].

L’uso del CVC in dialisi è sempre più frequente con la conseguente necessità di implementare e aggiornare i protocolli operativi al fine di ridurre le complicanze, soprattutto quelle infettive, che impattano significativamente sulla mortalità dei pazienti in dialisi.

L’infermiere riveste un ruolo fondamentale, poiché egli non è solo un mero “utilizzatore” del presidio, ma è il professionista responsabile delle corrette misure preventive e dell’educazione propria, del paziente e del caregiver.

 

Strategie per la prevenzione delle infezioni catetere correlate

L’uso di un catetere venoso centrale (CVC) per l’accesso vascolare in emodialisi (HD) è una delle principali cause di infezione. L’infezione del flusso sanguigno correlata al catetere (CRBSI), definita come la presenza di batteriemia originata da un catetere endovenoso, è una delle complicanze più comuni e costose, che spesso porta alla sepsi e alla morte [2].

Sono state sviluppate numerose linee guida, INS [12], EPIC3 (2014), CDC di Atlanta (2011) per ridurre ulteriormente le infezioni correlate al catetere.

Le indicazioni includono:

– Esperienza e formazione del personale;

– Monitoraggio continuo;

– Igiene delle mani;

– Utilizzo di tecniche asettiche;

– Accurata disinfezione del sito di uscita;

– Indossare DPI, ad esempio guanti sterili, camice, maschera, occhiali, cuffie e telo sterile.

Nel corso degli anni sono stati studiati nuovi dispositivi che riducono i tassi di infezione, come l’uso di tappi rivestiti di Clorexidina che uccidono la flora batterica esistente [16]. Un’altra innovazione ha riguardato l’utilizzo di un progetto volto a formare adeguatamente gli operatori sanitari attraverso un programma computerizzato volto a far apprendere anche virtualmente tutte le tecniche e procedure per una migliore gestione dei cateteri per emodialisi come affermato nello studio redatto da Hymes [6].

Un altro tipo di intervento riguarda il tipo di lock utilizzato per impedire le infezioni catetere-correlate.

 

Materiali e metodi

La ricerca bibliografica è stata condotta dal mese di agosto al mese di dicembre 2022, consultando la banca dati di PUBMED/MEDLINE, tramite bibliografia e motore di ricerca Google. Sono stati considerati nel lavoro studi che hanno preso in considerazione l’applicabilità di tecniche per ridurre il tasso di CRBSI nei pazienti portatori di catetere. La ricerca è stata limitata ai campi “published in the last 10 years”, “humans”, “English”, “Italian”, “Full-text”. Sono stati considerati studi RCT prospettici, cluster randomizzati e studi randomizzati multicentrici che analizzano metodi e interventi per cercare di ridurre il tasso di CRBSI nei pazienti sottoposti a trattamento HD. Sono stati inclusi studi con partecipanti esclusivamente adulti, maggiori di 18 anni di età, sottoposti a trattamento emodialitico e aventi come accesso vascolare un CVC tunnellizato.

Gli studi sono stati identificati tramite ricerche bibliografiche nella banca dati elettronica PUBMED/MEDLINE utilizzando i termini Mesh “central line”, “infections rate”, “Hemodialysis catheter management”, “nurse”, “catheter”, “bloodstream infection”, combinati tramite l’operatore booleano “AND”.

Le seguenti fonti sono state consultate per identificare gli studi presi in esame:

– Pubmed

– Cochrane

– Linee guida KQOI – INS 2021

– Linee guida Gavecelt

Sono state consultate altre fonti come libri di testo di nefrologia, articoli e studi pertinenti.

Gli studi sono stati individuati da due ricercatori indipendenti, quelli non pertinenti sono stati esclusi se non corrispondenti ai criteri di inclusione sopra citati. Il lavoro di scelta degli articoli è stato coadiuvato da un terzo ricercatore.

Di tutti questi studi gli abstract sono stati estratti e il testo completo è stato recuperato per determinare quali soddisfacessero i criteri di inclusione.

L’estrazione dei dati è stata effettuata in modo indipendente utilizzando tabelle per l’estrazione dei dati.

Studi diversi dalla lingua italiana o inglese non sono stati tradotti o valutati per l’eleggibilità.

Sono stati inclusi studi primari che rispondessero ai limiti impostati e ai criteri sovraelencati, al contrario, sono stati esclusi studi che non prendessero in considerazione l’emodialisi, studi che non utilizzassero come campione pazienti con CVC tunnellizzato.

In tabella 1 si riportano le stringhe di ricerca utilizzate per la conduzione della ricerca. 

Banca Dati Parole Chiave       Limiti Referenze Referenze Selezionate Full text recuperati e analizzati
Pubmed/Medline

“central line”

AND

“Infections rate”

– Published in the last 10 years

– Humans

– English

96 3

Winnicki et al, 2018;

Kotwal et al, 2022;

Hymes et al, 2017

Pubmed/Medline

“Hemodialysis

Catheter management”

AND

“Nurse”

– Published in the last 10 years

– Humans

– English

3 1

Pun et al, 2016

Pubmed/Medline

“Catheter”

AND

“Bloodstream infections”

– Published in the last 10 years

– Humans

– English

112 2

Righetti et al, 2016;

Moghaddas et al, 2015

Tabella 1. Stringhe di ricerca utilizzate nella ricerca.

Le flow chart (Figure 1-3) sottostanti schematizzano il processo di identificazione e selezione degli studi in base alle differenti stringhe di ricerca utilizzate.

 Figura 1. Flow chart della ricerca con la stringa “Central line AND infections rate”.
Figura 1. Flow chart della ricerca con la stringa “Central line AND infections rate”.
Figura 2. Flow chart della ricerca con la stringa “Hemodialysis catheter management AND nurse”.
Figura 2. Flow chart della ricerca con la stringa “Hemodialysis catheter management AND nurse”.
Figura 3. Flow chart della ricerca con la stringa “Catheter AND Bloodstream infection”.
Figura 3. Flow chart della ricerca con la stringa “Catheter AND Bloodstream infection”.

 

Risultati

Gli studi identificati e visionati sono stati un totale di 211, dopo averne letto gli abstract ne sono stati scartati 129 e 6 sono stati presi in considerazione per l’eleggibilità. Di questi, cinque studi [1620] hanno preso in considerazione un campione di persone dai 19 anni in su portatori di catetere tunnellizzato sottoposti a trattamento emodialitico; solamente uno studio incluso [21] ha preso in esame un campione di infermieri maggiori di 18 anni di età che avevano previa esperienza con la realtà virtuale e che si erano già interfacciati con la gestione dei cateteri da dialisi e non.

Nello studio condotto da Righetti [17], sono stati arruolati 59 pazienti sottoposti a trattamento emodialitico tutti aventi CVC tunnellizato cuffiato. 30 pazienti hanno ricevuto una medicazione standard dell’exit-site e 29 hanno ricevuto una medicazione con Tegaderm. Nel corso dell’analisi si sono verificati 11 casi si CRBSI nei pazienti medicati con medicazione standard contro i soli 3 casi nei pazienti aventi ricevuto medicazione con Tegaderm (p = 0,02). Si sono inoltre riscontrate 11 infezioni dell’exit-site, 2 nei pazienti con Tegaderm e 9 nei pazienti con medicazione classica (p = 0,03). Il tasso di infezione dell’exit-site è stato meno di 1 episodio per 1000 giorni catetere uguale a 0,61. Il tasso di CRBSI è diminuito da 0,65 nei pazienti con medicazione standard a 0,09 nei pazienti riceventi medicazione con Tegaderm (p = 0,05).

Uno studio randomizzato [18] ha preso in esame 87 pazienti aventi catetere tunnellizato cuffiato riceventi trattamento emodialitico, questi sono stati randomizzati in due gruppi, il gruppo di controllo con 41 pazienti che hanno ricevuto solo eparina come soluzione lock del catetere e 46 nel gruppo sperimentale riceventi una soluzione di cotrimossazzolo + eparina.

L’analisi dei cateteri nel gruppo di controllo è stata di 12.559 giorni mentre in quello sperimentale è stata di 11.932. Episodi di CRBSI si sono verificati in 11 pazienti del gruppo di controllo (26,8%) e solamente in 2 del gruppo sperimentale (4,3%); il tasso di infezione è passato da 4,4 nel gruppo di controllo a 0,58 in quello sperimentale (p = 0,002). È inoltre stato analizzato come in 23 pazienti con un catetere appena inserito in entrambi i gruppi il tasso di CRBSI per 1000 giorni catetere è stato di 0,22 nel gruppo sperimentale e 0,56 nel controllo (p = 0,0213); la soluzione di cotrimossazzolo + eparina ha ridotto anche l’incidenza di rimozione del catetere e ha contribuito ad una sua maggiore sopravvivenza (p = 0,408).

Una comparazione tra due differenti soluzioni nel lock del catetere si può evidenziare anche nello studio condotto da Winnicki [20], in cui sono stati arruolati 106 pazienti con catetere tunnellizzato cuffiato per HD e poi divisi in due gruppi, rispettivamente 54 nel gruppo riceventi una soluzione di citrato al 4% e 52 nel gruppo con soluzione di taurolidina. Si sono verificate un totale di 6 infezioni nel gruppo con taurolidina e 18 in quello con il citrato al 4% con un tasso di infezione corrispondente a 0,67 e 2,7 per 1000 giorni catetere (p = 0,003). È stata osservata infine una migliore sopravvivenza del catetere nel gruppo che ha usato come lock la Taurolidina.

Tassi di CRBSI nettamente minori sono stati valutati anche nello studio di Hymes [16] in cui si analizzavano gli effetti del dispositivo ClearGuard, dei tappini per CVC imbevuti di Clorexidina contro dei semplici tappini standard. Il Campione preso in esame all’inizio dello studio è stato di 1229 pazienti suddivisi in due gruppi (618 nel gruppo di intervento con il ClearGuard e 611 nel gruppo di controllo con tappini standard). I risultati hanno mostrato che nella fase iniziale non vi è stata una differenza significativa tra i due gruppi (0,56 vs 0,60/1000 giorni catetere; p = 0,8) mentre nel follow-up dei 12 mesi successivi sono state evidenziate 153 emocolture positive, 46 nel gruppo sperimentale e 107 in quello di controllo calcolando così il tasso di CRBSI di 0,26/1000 giorni catetere nel gruppo di intervento e 0,59/1000 giorni catetere nel gruppo di controllo. Nel gruppo sperimentale il tasso di CRBSI è stato circa il 56% in meno rispetto a quello di controllo (p = 0,01). Sono stati anche valutati pazienti con un nuovo inserimento di catetere (678) e anche su questi è stato valutato il tasso d’infezione: 0,16/1000 giorni catetere nel gruppo di intervento e 0,50/1000 giorni catetere nel gruppo di controllo, vale a dire il 68% in meno nel gruppo sperimentale (p = 0,02). Durante il follow-up è stato valutato anche il tasso di ricoveri ospedalieri dovuti alla CRBSI che ha dimostrato un notevole miglioramento nel gruppo sperimentale: 0,28/1000 giorni catetere contro 0,4/1000 giorni catetere nel gruppo di controllo; (p = 0,04) con circa il 40% in meno.

L’analisi riportata da Pun [21] nel suo RCT ha visto coinvolti 40 partecipanti infermieri che erano già entrati a contatto con cateteri da dialisi e non. 20 partecipanti sono stati smistati nel gruppo di controllo ed hanno ricevuto spiegazioni e procedure standard secondo linee guida per la gestione dei cateteri da dialisi mentre 20 partecipanti sono stati assegnati nel gruppo sperimentale ricevendo anch’essi procedure standard ma aggiungendovi anche un programma computerizzato volto allo streaming di video esplicativi su come effettuare l’impianto e la gestione dei cateteri dialitici. Ad entrambi i gruppi è stato poi assegnato un test riguardante la conoscenza rispetto all’emodialisi e un test di competenza delle abilità in emodialisi sia prima che dopo il trattamento.

Il test di competenza comprendeva una check-list sviluppata e usata dalle strutture sanitarie partecipanti allo studio in cui le prime 17 domande riguardavano la disinfezione del catetere e il resto riguardava il flusso di sangue del catetere; il punteggio minimo da poter attribuire era di 39 e quello massimo di 195; nel gruppo di controllo il punteggio è passato da 39 nel pre-test a 113,7 nel post-test mentre nel gruppo sperimentale è passato da 39 a 149,3 (p < 0,001). Il test di conoscenza sull’emodialisi è stato sviluppato in base alle linee guida standard vigenti negli ospedali partecipanti allo studio e comprendeva un totale di 25 domande a cui rispondere in maniera aperta. Ogni domanda è stata valutata utilizzando una scala da 1 (molto irrilevante) a 4 (molto rilevante). Nel gruppo di controllo il punteggio è passato da 4,7 a 17,5 nel post-test, mentre nel gruppo sperimentale il punteggio è passato da 4,0 a 24,0 nel post-test (p < 0,001).

Un particolare studio è stato condotto da Kotwall [19] in Australia per verificare se i bundle utilizzati per la gestione dei cateteri fossero effettivamente efficaci nel diminuire l’incidenza di CRBSI. Sono stati inclusi 3.519 pazienti nella fase iniziale e 2.845 in quella di intervento. I cateteri analizzati nella fase iniziale sono stati 5.431 e 5.862 nella fase di intervento. Sono stati valutati tutti i bundle illustrati nelle linee guida nei rispettivi centri dialitici in cui sono stati osservati i cateteri; i bundle sono stati divisi nelle tre fasi dei cateteri: impianto, gestione e rimozione, è stato osservato che almeno 9 centri dialitici usano quotidianamente una medicazione antimicrobica e 3 centri hanno aggiunto una soluzione antimicrobica per il lock del catetere. Sono state osservate un totale di 315 casi di CRBSI, 158 nella fase iniziale e 157 nella fase di intervento evidenziando come l’uso dei diversi bundle non è stato efficace nel ridurre i tassi di CRBSI. L’esito del rapporto del tasso di incidenza di CRBSI dal periodo iniziale a quello di intervento utilizzando il modello di regressione di Poisson era 1,37 (IC 95% 0,85 a 2,21; p = 0,20).

Gli studi esclusi sono stati molteplici, in particolare 57. In primo luogo sono stati esclusi 34 studi che non corrispondevano con l’argomento preso in analisi; andando avanti con la ricerca sono stati eliminati 8 studi riguardanti principalmente pazienti oncologici, altre tre studi sono stati scartati poiché incentravano le loro ricerche su pazienti pediatrici e quindi non inerenti con i criteri di inclusione per la scelta del campione; infine uno studio era incentrato su pazienti ematologici ed un altro trattava di gestione delle complicanze dei CVP (cateteri venosi periferici).

Di ogni singolo studio incluso è stata valutata la presenza di errori sistematici bias con la “tabella di rischio bias” attraverso l’utilizzo del software RevMan 5.4.1. Questa prevedeva l’inserimento di 3 opzioni: basso rischio, rischio non chiaro, alto rischio, in base al tipo di bias riguardante la generazione della randomizzazione, la non conoscenza dell’allocazione al gruppo, la cecità dei partecipanti e del personale, la cecità di chi valutava l’outcome, dati dei risultati incompleti, modo di riportare dei risultati e altri bias. È stato calcolato il rischio di bias [22], analizzando, tra gli altri, i tipi di bias inerenti alla selezione dei pazienti, alla cecità degli operatori e degli assistiti, alla presenza di dati incompleti sugli outcome dichiarati. Nei bias di selezione, per la generazione di sequenze casuali il rischio è basso per il 100% degli studi presi in esame, per l’occultamento all’allocazione il rischio è incerto per circa l’80% degli studi e per il restante 20% si riscontra un alto rischio. Nel blinding dei partecipanti e del personale il rischio di bias è stato minimo per circa il 30%, incerto per il 20% e alto per il 50%, questo deriva dal fatto che nella maggior parte degli studi i partecipanti erano inconsapevoli dell’intervento che avrebbero ricevuto mentre non è stato sempre possibile occultare i gruppi al personale partecipante. Per quanto riguarda il detection bias il rischio è stato basso per solo il 20% degli studi, incerto per il 30% e alto per il 50%. Non tutti i partecipanti hanno completato gli studi, in due articoli in particolare [17, 18] ci sono stati molti drop-out per varie cause, cui ne è derivato un attrition bias incerto per il 60% ed alto per il restante 40%. Nessuno studio ha specificato che vi sia stato un reporting bias, pertanto il rischio risulta incerto al 100%.

Sono stati calcolati sia il Risk of bias summary sia il Risk of bias table, che vengono rappresentati nelle seguenti Figure 4 e 5.

Figura 4. Risk of bias table.
Figura 4. Risk of bias table.
Figura 5. Risk of bias summary.
Figura 5. Risk of bias summary.

 

Discussione

Dagli studi presi in esame si evince che la CRBSI è un fenomeno molto comune nei pazienti dializzati portatori di CVC tunnellizato, negli accessi centrali infatti l’incidenza di infezioni oscilla tra il 5% e il 26% o 2,9-11,9 casi per 1000 giorni di cateterismo [23]. Esistono però strategie per ridurre quasi del tutto la comparsa di questo fenomeno, come per esempio l’utilizzo di una medicazione sterile trasparente, il Tegaderm CHG, che crea una barriera sterile impermeabile tra l’exit-site e gli agenti esterni come fluidi, sangue, virus o batteri riducendo notevolmente il tasso di CRBSI rispetto ad una medicazione standard [24]. Lo stesso utilizzo di diverse soluzioni per la chiusura del catetere può salvaguardare la sua durata e l’infezione; generalmente il “lock” è una procedura necessaria per mantenere pervio il dispositivo ma può anche essere utilizzata per prevenire batteriemie catetere-correlate oppure per introdurre una terapia antibiotica. Il lock consiste nel riempire con una soluzione i due lumi del catetere con lo stesso esatto volume [25], principalmente in dialisi viene utilizzata come soluzione l’eparina da 1.000/10.000 UI/ml e si può utilizzare sia pura che diluita con soluzione salina.

Lo studio di Moghaddas [18] vede il confronto tra il lock con solo eparina contro il lock con cotrimossazolo + eparina evidenziando nettamente come la combinazione di questi ultimi abbia favorito la riduzione dei tassi di infezione, favorito la sopravvivenza del dispositivo e ridotto la rimozione. Esistono più soluzioni per il lock dei cateteri emodialitici [20] portando un lock con una soluzione di citrato al 4% e una soluzione di taurolidina; il lock con la taurolidina è stato più efficace nella riduzione del tasso di CRSBI favorendo anche una maggiore sopravvivenza del dispositivo rispetto al citrato. Nuove strategie e nuovi prodotti si stanno sviluppando nello scenario clinico per impedire sempre di più la contaminazione batterica del flusso sanguigno; un prodotto innovativo è certamente rappresentato dai dispositivi ClearGuard [26], dei cappucci dotati di un’asta che si estende nel raccordo del catetere per emodialisi. L’asta e la filettatura del cappuccio sono rivestite con Clorexidina, un noto agente antimicrobico ad ampio spettro. Una volta inserita l’asta in un lume riempito di liquido, la Clorexidina eluisce dall’asta nella soluzione di blocco del catetere che rimane all’interno del mozzo tra un trattamento e l’altro. In uno studio [16] sono stati messi a confronto questi tappini imbevuti di Clorexidina con dei semplici tappini da chiusura e i risultati hanno riportato un netto miglioramento nei tassi di CRBSI con l’utilizzo del dispositivo ClearGuard HD rispetto all’uso di tappini standard. Un altro campo in cui si deve investire è quello della formazione del personale proprio come dimostra lo studio di Pun [21] in cui sono stati arruolati 40 infermieri che hanno ricevuto insegnamenti sulle procedure standard sulla gestione dei cateteri per HD e in aggiunta il gruppo sperimentale ha ricevuto anche delle video lezioni che mostrassero tutti i vari passaggi su come gestire al meglio il dispositivo. Ad entrambi i gruppi sono stati somministrati questionari pre- e post-test ed è stato appurato che il tasso di competenza e di comprensione è stato alto in entrambi in gruppi, ma nettamente più alto nel gruppo che ha ricevuto sia le spiegazioni sui protocolli che le video lezioni delle procedure. Non sempre invece i vari bundle utilizzati per la gestione dei dispositivi sono efficaci quanto dovrebbero, come è emerso da uno studio recentissimo condotto in Australia [19]. Questo studio ha visto coinvolti pazienti da 37 centri dialisi australiani; ad ognuno di questi pazienti sono stati assegnati dei bundle nella fase di inserzione, mantenimento e rimozione del catetere, per esempio: nella fase di inserzione sono stati impiantati i cateteri quasi prevalentemente nella giugulare interna destra considerata la via migliore, usando prevalentemente la modalità eco-guidata; nella fase di mantenimento è stata utilizzata una medicazione antimicrobica o un lock con soluzione antimicrobica o ancora l’uso di Clorexidina al 2% per l’antisepsi della cute dell’exit-site; nella fase di rimozione non sono stati mantenuti cateteri femorali in sede per più di 5 giorni oppure i dispositivi sono stati rimossi non appena risultavano clinicamente non più necessari.

L’osservazione di tutte queste tecniche ha fatto comunque modo che si sviluppassero casi di infezioni catetere-correlate, dunque alcune volte l’utilizzo delle procedure standard non riesce ad impedire il tasso di infezioni.

 

Conclusioni

Molte risorse sono state dedicate alla lotta contro le CRBSI nei pazienti portatori di catetere per emodialisi. Tuttavia, la CBRSI rimane un problema significativo che colpisce i pazienti cronici e gli operatori sanitari a causa delle conseguenze della malattia e dell’impatto sulla mortalità. La corretta cura del catetere e le procedure di controllo sono i primi passi nella prevenzione delle infezioni. L’audit e l’istruzione del personale dell’unità di dialisi sono fondamentali.

Inoltre, i dispositivi più recenti come il ClearGuard HD possono essere presi in considerazione per prevenire queste infezioni in primo luogo. 

studio Righetti et al, 2016
metodi RCT
partecipanti 59 pazienti (>18 anni) sotto trattamento emodialitico con CVC. 30 hanno ricevuto medicazione standard; 29 hanno ricevuto medicazione con Tegaderm.
interventi Medicazione con Tegaderm vs medicazione standard.
outcome Tassi di CRBSI
Risultati Nel corso dell’analisi si sono verificati 11 casi si CRBSI nei pazienti medicati con medicazione standard contro i soli 3 casi nei pazienti aventi ricevuto medicazione con Tegaderm (p = 0,02). Il tasso di CRBSI è diminuito da 0,65 nei pazienti con medicazione standard a 0,09 nei pazienti riceventi medicazione con Tegaderm (p = 0,05).

 

studio Winnicki et al, 2018
metodi RCT
partecipanti

106 pazienti scelti per l’eleggibilità; 54 sono stati assegnati al gruppo del citrato come lock del catetere mentre 52 sono stati assegnati al gruppo del

lock con taurolidine.

interventi taurolidine- citrato in combinazione con eparina vs citrato 4% come      lock del catetere.
outcome Tasso di CRI; tasso di complicazioni e morbilità dei pazienti dialisati con catetere.
Risultati Si sono verificate un totale di 6 infezioni nel gruppo con taurolidina e 18 in quello con il citrato al 4% con un tasso di infezione corrispondente a 0,67 e 2,7 per 1000 giorni catetere (p = 0,003).

 

studio Pun et al, 2016
metodi RCT
partecipanti 40 infermieri sono stati reclutati per la gestione dei cateteri per HD. 20 sono stati assegnati al gruppo di controllo in cui hanno ricevuto insegnamenti e le procedure standard per la gestione dei cateteri da emodialisi e 20 al gruppo sperimentale che hanno ricevuto le procedure standard più il programma di training computerizzato
interventi Gestione dei cateteri con procedure standard vs gestione dei cateteri con procedure standard + il programma di training   computerizzato
outcome Efficacia nella gestione dell’exit-site; tasso di CRBSI.
Risultati Il test di competenza comprendeva una check-list sviluppata e usata dalle strutture sanitarie partecipanti allo studio in cui le prime 17 domande riguardavano la disinfezione del catetere e il resto riguardava il flusso di sangue del catetere; il punteggio minimo da poter attribuire era di 39 e quello massimo di 195; nel gruppo di controllo il punteggio è passato da 39 nel pre-test a 113,7 nel post-test mentre nel gruppo sperimentale è passato da 39 a 149,3 (p < 0,001). Il test di conoscenza sull’emodialisi è stato sviluppato in base alle linee guida standard vigenti negli ospedali partecipanti allo studio e comprendeva un totale di 25 domande a cui rispondere in maniera aperta. Ogni domanda è stata valutata utilizzando una scala da 1 (molto irrilevante) a 4 (molto rilevante). Nel gruppo di controllo il punteggio è passato da 4,7 a 17,5 nel post-test, mentre nel gruppo sperimentale il punteggio è passato da 4,0 a 24,0 nel post-test (p < 0,001).

 

studio Moghaddas et al, 2015
metodi RCT multicentrico
partecipanti Pazienti sono stati assegnati in modo casuale: 46 hanno ricevuto eparina (2500 U/ml) (gruppo di controllo) o una miscela di 10 mg/ml di cotrimossazolo (a base di trimetoprim) e 41 hanno ricevuto 2500 U/ml di eparina (gruppo antibiotico) come lock dei cateteri.
interventi lock con eparina vs lock con 10 mg/ml cotrimossazolo e 2500 u/ml eparina.
outcome CRBSI
Risultati Episodi di CRBSI si sono verificati in 11 pazienti del gruppo di controllo (26,8%) e solamente in 2 del gruppo sperimentale; il tasso di infezione è passato da 4,4 nel gruppo di controllo a 0,58 in quello sperimentale (p = 0,002).

 

studio

Kotwall et al, 2022

metodi RCT a cluster multicentrico
partecipanti Partecipanti sopra i 18 anni che richiedevano trattamento HD; 3519  nella fase iniziale e 2845 nella fase di intervento.
interventi

Uso di bundle nelle tre fasi del cateterismo: inserimento, manutenzione e rimozione.

Inserimento del catetere: sono state eseguite tutte le procedure di asepsi come il lavaggio delle mani, indossare i DPI, installare i cateteri nella giugulare interna destra considerata il sito in inserzione migliore, evitare i cateteri nella vena succlavia a causa dell’incidenza della stenosi della vena centrale, evitare i cateteri femorali quando possibile.

Manutenzione del catetere: igiene delle mani, guanti sterili, camice e una tecnica asettica (igiene delle mani, guanti) devono essere applicati in tutte le occasioni di accesso al catetere, utilizzo di una soluzione antisettica che abbia almeno il 2% di clorexidina con il 70% di alcool, la medicazione deve essere cambiata almeno ogni sette giorni e ogni volta che la medicazione appare visibilmente sporca o allentata.

Rimozione del catetere: i cateteri devono essere rimossi non appena viene accertato clinicamente che non sono più necessari ed entro un massimo di due settimane dal loro ultimo utilizzo, i cateteri non tunnellizzati dovrebbero essere sostituiti con cateteri tunnellizzati il prima possibile, i cateteri femorali non tunnellizzati non devono essere posizionati per più di cinque giorni e i cateteri degli arti superiori non tunnellizzati non devono essere posizionati per più di sette giorni, i cateteri devono essere rimossi quando ci sono segni di infezioni correlate al catetere, tranne in casi attenuanti.

outcome

Tasso di CRBSI per 1000 giorni di utilizzo del catetere, tra la fase di iniziale e quella di intervento.

Tre erano gli esiti secondari:

1-    CRBSI sospetta o possibile, definita come qualsiasi rimozione del catetere per HD a causa di una sospetta infezione con emocolture negative o positive.

2-    il tasso di infezione totale del flusso sanguigno, definito come qualsiasi episodio di CRBSI confermato, sospetto o possibile.

3- tutti gli eventi infettivi, comprese le infezioni al sito di uscita.

Risultati Sono stati osservati un totale di 315 casi di CRBSI, 158 nella fase iniziale e 157 nella fase di intervento evidenziando come l’uso dei diversi bundle non è stato efficace nel ridurre i tassi di CRBSI. L’esito del rapporto del tasso di incidenza di CRBSI dal periodo iniziale a quello di intervento utilizzando il modello di regressione di Poisson era 1,37 (IC 95% 0,85 a 2,21; p = 0,20).

 

studio Hymes et al, 2017
metodi Trial randomizzato prospettico a cluster multicentrico
partecipanti In totale 2470 pazienti reclutati da 40 centri fresenius; 1245 nel gruppo di intervento usando il dispositivo Clear Guard HD e 1225 nel gruppo di controllo con tappini standard
interventi Uso dei tappini antimicrobici ClearGuard vs tappini standard
outcome Tasso di BSI
Risultati

Nella fase iniziale non vi è stata una differenza significativa tra i due gruppi (0,56 vs 0,60/1000 giorni catetere; p = 0,8) mentre nel follow-up dei 12 mesi successivi sono state evidenziate 153 emocolture positive, 46 nel gruppo sperimentale e 107 in quello di controllo calcolando così il tasso di CRBSI di 0,26/1000 giorni catetere nel gruppo di intervento e 0,59/1000 giorni catetere nel gruppo di controllo. Nel gruppo sperimentale il tasso di CRBSI è stato circa il 56% in meno rispetto a quello di controllo (p = 0,01).

Allegato 1. Tabelle sintesi degli studi inclusi.

 

Bibliografia

  1. Zanoni, F., Pavone, L., Binda, V., Tripepi, G., D’Arrigo, G., Scalamogna, A., & Messa, P. (2021). Catheter-related bloodstream infections in a nephrology unit: Analysis of patient- and catheter-associated risk factors. The journal of vascular access, 22(3), 337–343. https://doi.org/10.1177/1129729820939762
  2. Gahlot, R., Nigam, C., Kumar, V., Yadav, G., & Anupurba, S. (2014). Catheter-related bloodstream infections. International journal of critical illness and injury science, 4(2), 162–167. https://doi.org/10.4103/2229-5151.134184
  3. Saccotelli S, Meo S. IJN | Sito ufficiale [Internet]. Medicazione e osservazione dei cateteri venosi centrali temporanei e permanenti; giugno 2022.  https://italianjournalofnursing.it/wp-content/uploads/2022/06/IJN_39_Medicazione_osservazione_cateteri_venosi_centrali_temporanei_permanenti.pdf
  4. Mohamed, H., Ali, A., Browne, L. D., O’Connell, N. H., Casserly, L., Stack, A. G., & Hussein, W. F. (2019). Determinants and outcomes of access-related blood-stream infections among Irish haemodialysis patients; a cohort study. BMC nephrology, 20(1), 68. https://doi.org/10.1186/s12882-019-1253-x
  5. Ronco C. L’assistenza infermieristica in emodialisi. Ronco C. Emodialisi. Padova: Piccin Nuova Libraria S.p.A. 2022: 261-263.
  6. Naomi P. O’Grady, Mary Alexander,Lillian A. Burns,E.et al. Guidelines for the Prevention of Intravascular Catheter-Related Infections. https://www.cdc.gov/infectioncontrol/guidelines/bsi/index.html. 2011; 12–5.
  7. Cavagna & Tessarin. (1993). L’accesso vascolare di lunga durata. Servizio di Nefrologia e Dialisi, Ospedale Provinciale Civile di Belluno, 8-11.
  8. Brunelli, M., Njord, L., Hunt, A. E., & Sibbel, S. P. (2014). Use of the Tego needlefree connector is associated with reduced incidence of catheter-related bloodstream infections in hemodialysis patients. International journal of nephrology and renovascular disease, 7, 131–139. https://doi.org/10.2147/IJNRD.S59937
  9. Almeida BM, Moreno DH, Vasconcelos V, Cacione DG. Interventions for treating catheter related bloodstream infections in people receiving maintenance haemodialysis. Cochrane Database Syst Rev. 1 aprile 2022; 2022(4). https://doi.org/10.1002/14651858.cd013554.pub2
  10. Marvaso A. Le infezioni da catetere venoso centrale. Central venous catheter – related infections. 2000;8(202-210):202-10.
  11. Apuzzo L, Canzi M, Zito MP, Galli M, Dente C, Scarpo E, Stefanizzi G, Del Pin M, Fabbri C. SARS-CoV-2: raccomandazioni per l’assistenza infermieristica al paziente dializzato e trapiantato. G Ital Nefrol. 2020;5(5).
  12. Gorski L., Hadaway L., Hagle E.M., Broadhurst D., Clare S., Kleidon T., Meyer M.B., Nickel B., Rowley S., Sharpe E., Alexander M. Journal of Infusion Nursing. 2011; 8; 94-98. https://www.aspirus.org/Uploads/Public/Documents/Library/Infusion_Therapy_Standards_of_Practice,_8th.1.pdf
  13. Wilkinson JN, Sheikh N, Jayamaha J. Tissue adhesive as an alternative to sutures for securing central venous catheters. Anaesthesia. Settembre 2007;62(9):969-70. https://doi.org/10.1111/j.1365-2044.2007.05240.x
  14. Guido A, Zhang S, Yang C, Pook L. An innovative cyanoacrylate device developed to improve the current standard of care for intravascular catheter securement. J Vasc Access. 9 settembre 2020; 21(3):293-9. https://doi.org/10.1177/1129729819872881
  15. Pittiruti M, Annetta MG, Marche B, D’Andrea V, Scoppettuolo G. Ten years of clinical experience with cyanoacrylate glue for venous access in a 1300-bed university hospital. Br J Nurs. 21 aprile 2022;31(8):S4—S13.  https://doi.org/10.12968/bjon.2022.31.8.s4
  16. Hymes, J. L., Mooney, A., Van Zandt, C., Lynch, L., Ziebol, R., & Killion, D. (2017). Dialysis Catheter-Related Bloodstream Infections: A Cluster-Randomized Trial of the ClearGuard HD Antimicrobial Barrier Cap. American journal of kidney diseases: the official journal of the National Kidney Foundation, 69(2), 220–227. https://doi.org/10.1053/j.ajkd.2016.09.014
  17. Righetti, M., Palmieri, , Bracchi, O., Prencipe, M., Bruschetta, E., Colombo, F., Brenna, I., Stefani, F., Amar, K., Scalia, A., & Conte, F. (2016). Tegaderm™ CHG dressing significantly improves catheter-related infection rate in hemodialysis patients. The journal of vascular access, 17(5), 417–422. https://doi.org/10.5301/jva.5000596
  18. Moghaddas, A., Abbasi, M. R., Gharekhani, A., Dashti-Khavidaki, S., Razeghi, E., Jafari, A., & Khalili, H. (2015). Prevention of hemodialysis catheter-related blood stream infections using a cotrimoxazole-lock technique. Future microbiology, 10(2), 169–178. https://doi.org/10.2217/fmb.14.116
  19. Kotwal, S., Cass, A., Coggan, S., Gray, N. A. et al. Multifaceted intervention to reduce haemodialysis catheter related bloodstream infections: REDUCCTION stepped wedge, cluster randomised BMJ (Clinical research ed.), 377, e069634. https://doi.org/10.1136/bmj-2021-069634
  20. Winnicki, W., Herkner, H., Lorenz, M., et al. (2018). Taurolidine-based catheter lock regimen significantly reduces overall costs, infection, and dysfunction rates of tunneled hemodialysis catheters. Kidney international, 93(3), 753–760. https://doi.org/10.1016/j.kint.2017.06.026
  21. Pun, K., Chiang, V. C., & Choi, K. S. (2016). A Computer-Based Method for Teaching Catheter-Access Hemodialysis Management. Computers, informatics, nursing: CIN, 34(10), 476–483. https://doi.org/10.1097/CIN.0000000000000262
  22. Higgins, J. P., Altman, D. G., Gøtzsche, P. C., et al. (2011). The Cochrane Collaboration’s tool for assessing risk of bias in randomised trials. BMJ (Clinical research ed.), 343, d5928. https://doi.org/10.1136/bmj.d5928
  23. Trerotola, S. O., Patel, A. A., Shlansky-Goldberg, R. D., et al. (2010). Short-term infection in cuffed versus noncuffed small bore central catheters: a randomized Journal of vascular and interventional radiology: JVIR, 21(2), 203–211. https://doi.org/10.1016/j.jvir.2009.10.020
  24. Jenks, M., Craig, J., Green, W., Hewitt, N., Arber, M., & Sims, A. (2016). Tegaderm CHG IV Securement Dressing for Central Venous and Arterial Catheter Insertion Sites: A NICE Medical Technology Applied health economics and health policy, 14(2), 135–149. https://doi.org/10.1007/s40258-015-0202-5
  25. Mandolfo, S. (2012). Il rebus del “lock” del catetere venoso centrale per la prevenzione della trombosi e delle batteriemie da catetere. Giornale Italiano di Nefrologia, 301-307.
  26. Baskerville S., Carter K., Fitton V. ClearGuard HD antimicrobial barrier caps for preventing haemodialysis catheterrelated bloodstream infections. National Institute for Health and Care Excellence. 2021. 7-10.  https://www.nice.org.uk/guidance/mtg62/

The specialist skills of the nurse in hemodialysis: report of an explorative survey. A challenge for professional recognition

Abstract

Nursing requires a complex set of skills encompassing professional clinical judgment, values and attitudes. In order to outline the future career path of the specialist nurse, the European Federation of Nurses Association compared the EU Directive 2013/55/EU with the Competency Framework, an important document on guidelines written by a group of experts and focusing on the recognition of nurses’ educational requirements.

The aim of our research is to identify the special skill set required from nurses on haemodialysis wards through the development of an exploratory survey and the comparison of its results with the EFN guidelines and the Directive 2013/55/EU. The survey was conducted across eighteen dialysis centers in Tuscany. Through focus groups, debates and reflections, 28 skills were identified as pertaining exclusively to nurses working with haemodialysis patients.

This preliminary study aims at demonstrating the need to define and recognize these specialist skills in order to ensure an effective and integrated nursing leadership in disease management.

 

Keywords: haemodialysis, skills, specialization, nurse

Sorry, this entry is only available in Italian.

Introduzione

L’assistenza infermieristica è caratterizzata da una complessa acquisizione di conoscenze, abilità e valori che portano alle migliori pratiche infermieristiche e al più alto livello possibile di prestazioni lavorative [4] per acquisire queste competenze, gli infermieri devono possedere l’esperienza e i tratti personali necessari per svolgere efficacemente i loro compiti.

Takase and Teoreka [13] hanno definito ‘competenza infermieristica’ la capacità degli infermieri di dimostrare efficacemente una serie di attributi personali, attitudini professionali, valori etici, conoscenze e abilità e di adempiere alla propria responsabilità professionale attraverso la pratica. Un infermiere competente non solo deve possedere queste caratteristiche, ma deve anche avere la motivazione e la capacità di utilizzarle in modo adeguato a garantire un’assistenza infermieristica efficace. Fornire un’assistenza basata su competenze professionali significa includere la collaborazione con altri operatori sanitari, sviluppare relazioni interpersonali, educare e istruire.

 

La visualizzazione dell’intero documento è riservata a Soci attivi, devi essere registrato e aver eseguito la Login con utente e password.