CEUS, a world to discover. Three clinical cases and literature review

Abstract

Currently, CEUS (Contrast-Enhanced UltraSound) is used in the evaluation of different organs and systems. It offers valuable information about vascular disease, both on a macro- and a micro-vascular level, and has a series of well-established applications in the monitoring of adult patients; official guidelines and recommendations are also available. Its use in a nephrological setting is constantly growing thanks to the lack of nephrotoxicity of the contrast agent, the absence of ionizing radiation and the possibility of characterizing focal pathologies, for diagnosis and in clinical practice. We describe here 3 clinical cases relating to renal diseases and we review the relevant literature with a specific focus on the use of CEUS in a nephro-urological setting.

 

Keywords: Contrast-enhanced ultrasound, CEUS, contrast agents, imaging, microbubbles

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Introduzione

L’ecografia con contrasto, conosciuta anche come CEUS, acronimo di Contrast-Enhanced Ultrasound, è un tipo particolare di ecografia che consente lo studio della microcircolazione dei parenchimi o di una lesione in esame. Sebbene siano presenti alcune limitazioni intrinseche, legate alla metodica in generale (nel caso di scarsa collaborazione del paziente, obesità, localizzazione profonda di alcune lesioni, ecc.) che possono occasionalmente ostacolare una diagnosi accurata, la CEUS offre la possibilità di studiare il pattern della lesione in esame in tempo reale, pur in assenza di una valutazione simultanea dell’intero organo.

 

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Evaluation via ecocolordoppler before creating a vascular access for hemodyalisis: a monocentric experience

Abstract

The use of a preoperative echocolordoppler improves the clinical evaluation because provides anatomical and hemodynamic information that make it an important tool in planning vascular access strategy.

The preoperative ultrasound study of the vessels can significantly reduce the failure rate and the incidence of complications of vascular access.

We describe the experience of our center, lasting 10-year, where the ultrasound assessment was performed in all patients before the creation of vascular access.

Indeed, ultrasound reduces the rate of fistula failure and increases the utilization of fistula, allowing proper selection of vessels.

In addition, the presence of the vascular access team has allowed us to achieve quite satisfactory results.

 

Keywords: vascular access, imaging, ecocolordoppler, presurgical evaluation, hemodyalisis

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Introduzione

Il buon funzionamento dell’accesso vascolare (FAV) è uno degli elementi cruciali per la riuscita del trattamento emodialitico ed è associato ad una riduzione della morbilità e mortalità del paziente uremico. Un basso tasso di trombosi della FAV è uno degli obiettivi più importanti per migliorare la qualità di vita e delle prestazioni sanitarie dei pazienti in trattamento emodialitico. Tuttavia, ancora oggi, la problematica legata agli accessi vascolari rappresenta, nella sua evidente complessità, un nodo dolente della terapia sostitutiva renale. Inoltre, oggi più che mai, noi nefrologi siamo chiamati a gestire il paziente emodializzato in termini sempre più elevati di qualità della prestazione sanitaria e di riduzione dei costi.

Le prime Linee Guida KDOQI, pubblicate oltre dieci anni fa, raccomandavano di approntare una fistola con vasi nativi almeno 3-4 mesi prima del previsto inizio del trattamento emodialitico e di ridurre il posizionamento dei cateteri venosi centrali (CVC), incrementando il numero dei pazienti portatori di una fistola ben funzionante [1]. Le linee guida pubblicate più recentemente (UK Renal Association, Società Europea per gli accessi vascolari (ESVS), Associazione Europea ERA-EDTA ed il Gruppo Multidisciplinare Spagnolo degli Accessi Vascolari (GEMAV)) sono dirette oltre che ai chirurghi, anche a tutti i professionisti coinvolti nella cura e nella gestione dell’accesso vascolare al fine di migliorare la qualità di vita del paziente emodializzato [25]. Quindi sono di notevole aiuto al fine di stabilire le migliori strategie di gestione per tutti i pazienti che necessitano di un accesso vascolare (AV).

 

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Management of hemodialysis patient subject to medical-nuclear investigation

Abstract

In recent years imaging techniques that use radionuclides have become more and more clinically relevant as they can provide functional information for specific anatomical districts. This has also involved nephrology, where radionuclides are used to study patients with different degrees of renal function failure up to terminal uremia. Although chronic kidney disease, and dialysis in particular, may affect the distribution and the elimination of radiopharmaceuticals, to date there are no consistent data on the risks associated with their use in this clinical context. In addition to the lack of data on the safety of radio-exposure in dialysis patients, there is also a shortage of information concerning the risk for healthcare staff involved in conducting the dialysis sessions performed after a nuclear test.

This study, performed on 29 uremic patients who underwent hemodialysis immediately after a scintigraphic examination, assessed the extent of radio-contamination of the staff and of hemodialysis devices such as monitor, kits and dialysate. The data collected has been used to quantify the radiological risk in dialysis after the exposure to the most common radionuclides.

 

Keywords: chronic kidney disease, imaging, radionuclides, hemodialysis, scintigraphy, radiological risk

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Introduzione

Negli ultimi decenni l’evoluzione delle metodiche di imaging ha contribuito significativamente al miglioramento dell’accuratezza diagnostica in medicina. Tra le varie metodiche, quelle utilizzanti radionuclidi, per le caratteristiche in esse presenti, hanno permesso di studiare aspetti particolari della patologia umana. La medicina nucleare usa il principio del tracciante. Le radiazioni, principalmente fotoni gamma, emesse dal radionuclide vengono convertite in immagini planari o tomografiche attraverso la Gamma Camera. Grazie alla versatilità dei radionuclidi, la medicina nucleare trova applicazione in diversi ambiti della clinica [1].

Secondo i dati UNSCEAR 2000 ogni anno vengono effettuati nel mondo circa 32 milioni di esami di medicina nucleare [2]. La crescente diffusione dell’esame scintigrafico e della Tomografia ad Emissione di Positroni (PET), nel corso dell’ultimo decennio, deriva principalmente dalla loro notevole capacità di integrazione e/o sostituzione delle classiche metodiche di imaging pesante (TC, RM, etc.). La scintigrafia è una tecnica di diagnostica funzionale che, previa somministrazione di un tracciante radioattivo (che si distribuisce nel corpo in base alle sue proprietà chimiche e biologiche), ne valuta e/o quantifica la distribuzione negli organi e nei tessuti che si vogliono studiare. La PET è un esame diagnostico che prevede l’acquisizione di immagini fisiologiche basate sul rilevamento di due fotoni gamma che viaggiano in direzioni opposte. Questi fotoni sono generati dall’annientamento di un positrone con un elettrone nativo. La scansione PET, eseguita con fluorodesossiglucosio (FDG), fornisce informazioni metaboliche qualitative e quantitative. L’FDG è un analogo radiomarcato del glucosio che viene assorbito dalle cellule metabolicamente attive come le cellule tumorali. Le scansioni PET sono in grado di dimostrare un’attività metabolica anormale prima che si siano verificati cambiamenti morfologici. L’attività metabolica dell’area di interesse viene valutata sia mediante ispezione visiva delle immagini sia misurando un valore semi-quantitativo dell’assorbimento di FDG chiamato valore di assorbimento standardizzato (SUV). L’applicazione clinica più comune della PET è in oncologia, dove viene impiegata per differenziare le lesioni benigne dalle lesioni maligne, monitorare l’effetto della terapia su neoplasie conosciute, riposizionare e rilevare la recidiva del tumore; viene anche utilizzata in cardiologia, per la valutazione di aree di ischemia, e in neurologia, nella diagnosi differenziale di demenza e sindrome di Parkinson [3,4].

 

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Management of the incidental renal masses

Abstract

The diagnosis of renal masses has increased in the last decades owing to the widespread use of imaging (ultrasound, computed tomography and magnetic resonance).

Majority of the renal masses are detected incidentally on routine ultrasound examination.

Solid masses detected on ultrasound require further imaging evaluation with CT and/or MRI for suitable characterization. US-guided renal biopsy is a safe, effective and accurate method for evaluating the small renal masses with ambiguous radiologic findings.

Navigation technology and multimodality image fusion represent an important development in interventional radiology, especially for performing difficult percutaneous biopsies and ablations of small renal masses.

Multidisciplinary approach is required which results from experience and knowledge and in hard cases the use of serial imaging can be helpful.

 

Keywords: renal masses, imaging, ultrasound, renal biopsy, active surveillance

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Introduzione

Il riscontro di masse renali durante gli ultimi trent’anni è andato via via aumentando (1) grazie alla diffusione delle tecniche di imaging, in primo luogo l’ecografia (US), ma anche la tomografia assiale computerizzata (TC) e la risonanza magnetica nucleare (MRI).

 

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