Marzo Aprile 2022 - Case reports

Monoclonal gammopathies and kidney: a diagnostic challenge without any clues

Abstract

Diagnosis of monoclonal gammopathy of renal significance (MGRS) with histopathologic features of proliferative GN with monoclonal immunoglobulin deposits (PGNMID) is a challenge for clinicians because of the absence of laboratory findings suggestive of glomerular involvement in paraproteinemia. Renal biopsy remains the gold standard for diagnosis of PGNMID because it is a monoclonal gammopathy with kidney damage often “without a detectable serum/urine clone”. Through this case report, we want to focus on the complexity both in the diagnostic process and in monitoring the renal-hematological response to therapy.

 

Keywords: monoclonal gammopathies, nephrotoxic paraproteins, kidney damage

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Introduzione

La gammopatia monoclonale è definita dalla presenza di una immunoglobulina monoclonale o da una parte di essa (catene leggere o pesanti libere, FLC o FHC) nel plasma, nelle urine o in entrambi, prodotta in genere da plasmacellule clonali o, meno comunemente, da B linfociti [1].

Le paraproteinemie sono state classificate, per decenni, in base a due criteri ematologici: 1. massa o burden di proliferazione clonale e 2. presenza di danno d’organo, quest’ultima, conditio sine qua non per l’avvio al trattamento ematologico. Nelle condizioni maligne, come il mieloma multiplo (MM), in cui entrambi i criteri sono soddisfatti, è indicato il trattamento [2]. I disordini clonali di piccola entità non associati a danno d’organo (vedi Tabella I) sono considerati benigni o pre-maligni, da osservare longitudinalmente [2].

Disordine plasmacellulare Criteri diagnostici
IgM MGUS
  • Proteina M sierica IgM <3 g/dl
  • Non evidenza di anemia, sintomi costituzionali, iperviscosità, linfoadenomegalia, epatosplenomegalia o altro danno d’organo
  • Infiltrazione linfoplasmocitica midollare <10%
Light chain MGUS
  • Anormale rapporto FLC (<0.26 o >1.65)
  • Aumentato livello di FLC k (ratio >1.65) o FLC ƛ (ratio <0.26)
  • Assenza di danno d’organo (CRAB) o amiloidosi
  • Clone plasmacellulare midollare <10%
  • Proteine monoclonali urinarie <500 mg/24 ore
non-IgM MGUS
  • Proteina M sierica (non IgM) <3 g/dL
  • Clone plasmacellulare midollare <10%
  • Assenza di danno d’organo, in particolare CRAB o amiloidosi
Mieloma multiplo smoldering

Entrambi i criteri da soddisfare:

  • Proteina M sierica (IgG o IgA) ≳3 g/dL o  urinaria ≳500 mg/24 ore e/o clone plasmacellulare midollare 10-60%
  • Assenza di MDEs o di amiloidosi
Tabella I: Criteri diagnostici e classificazione delle gammopatie monoclonali [2]. FLC= free light chains. CRAB= hyperCalcemia, renal insufficiency, anaemia, bone lesions. MDEs= myeloma-defining events

Fino a qualche anno fa non esisteva una entità nosologica che spiegasse la presenza di un danno renale associato ad un clone plasmacellulare apparentemente non patogeno, i “dangerous small clones” [34].

Nel 2012 l’IKMG (Gruppo di ricerca internazionale di rene e gammopatia monoclonale) ha coniato la definizione di MGRS (gammopatia monoclonale a significato renale), aggiornata successivamente nel 2017 [56]. La MGRS rappresenta ogni disordine clonale B o plasmacellulare che produce una immunoglobulina monoclonale nefrotossica che direttamente o indirettamente causa un insulto o danno renale ma che non soddisfa i criteri correnti per l’immediato trattamento (Tabella II) [6]. I pazienti che ne sono affetti necessitano, quindi, di essere trattati come se avessero un disordine clonale maligno [7].

Disordine plasmacellulare Definizione (aggiornata nel 2017)
MGRS

Ogni disordine linfoproliferativo clonale B cellulare o plasmacellulare che possiede due caratteristiche:

  • Una o più lesioni renali riconducibili ad un danno da immunoglobuline monoclonali
  • Dal punto di vista ematologico, non richiede terapia
Tabella II: Definizione di MGRS [6]

Nelle MGRS sono le caratteristiche chimico-fisiche delle MIg o delle FLC nefropatogene a conferire loro patogenicità [8]. La classificazione delle forme di MGRS, oltre che sui meccanismi patogenetici, si basa sulla presenza o meno di depositi monoclonali e sulle caratteristiche ultrastrutturali di questi ultimi: organizzati e non organizzati (Figura 1) [36910].

Figura 1: Classificazione istopatologica [6]. Ig= immunoglobulin. GN= glomerulonephritis. LCPT= light-chain proximal tubulopathy. MIDD= monoclonal immunoglobulin deposition disease
Figura 1: Classificazione istopatologica [6]. Ig= immunoglobulin. GN= glomerulonephritis. LCPT= light-chain proximal tubulopathy. MIDD= monoclonal immunoglobulin deposition disease
Nell’ambito delle MGRS con depositi monoclonali non organizzati si colloca la Glomerulonefrite proliferativa con depositi di immunoglobuline monoclonali (PGNMID) che, nel 2009, fu descritta per la prima volta da Nasr come una rara malattia renale a depositi non organizzati di MIg che mimava una glomerulonefrite da immunocomplessi [1112]. La PGNMID rappresenta una sfida diagnostica in quanto solo il 30% dei pazienti affetti presenta una componente monoclonale sierica e in 3 pazienti su 4 il riscontro di monoclonalità è solo su tessuto renale [13].

Descriviamo qui il caso clinico di un paziente affetto da PGNMID il cui processo diagnostico, arduo per l’assenza di indizi che orientassero verso una forma paraproteina-relata, ha trovato la sua svolta, del tutto inaspettata, nell’esito della biopsia renale.

Questo caso clinico mette in luce le difficoltà diagnostiche della PGNMID che immancabilmente, ritroviamo nella fase di monitoraggio della risposta nefro-ematologica.

 

Caso clinico

Si tratta di un uomo di 72 anni, ricoverato nella nostra U.O. nell’ottobre 2016 per inquadramento diagnostico di una insufficienza renale rapidamente evolutiva.

In anamnesi: fattori di rischio cardiovascolari quali ipertensione arteriosa di lunga data in terapia con Ace inibitore; dislipidemia in terapia con Lovastatina; due interventi chirurgici: TURP per verosimile IPB ed ernioplastica inguinale; normofunzione renale.

Il primo episodio di AKI (creatinina 1.7-2 mg/dL) datava a tre mesi prima, in luglio, in occasione di un accesso in Pronto Soccorso per ritenzione urinaria acuta risoltasi dopo posizionamento di catetere vescicale. In quell’occasione il paziente aveva avuto un “blocco intestinale” trattato con clistere evacuativo con esito positivo.

Circa 2 settimane prima quell’episodio, il paziente aveva presentato una reazione allergica con rash diffuso, a seguito dell’assunzione di macrolide per una faringodinia associata a malessere generale; in quella occasione non aveva eseguito esami di laboratorio.

Ripetuti gli esami inerenti la funzione renale nei mesi successivi (agosto e settembre) si confermava il danno renale ingravescente (creatinina 2.57-3 mg/dl), per cui il paziente afferiva al nostro Reparto di Nefrologia. 

Ricovero

All’ingresso il paziente era in ottime condizioni cliniche generali, con perfetto controllo pressorio (PA 120/60 mmHg); l’esame obiettivo era negativo per reperti patologici.

Gli esami di laboratorio (Tabella III) confermavano il danno renale di grado moderato-severo associato ad una proteinuria di lieve entità, in parte tubulare, con una lieve microalbuminuria e sedimento nefritico. Si confermava la dislipidemia mista e, in aggiunta, l’iperuricemia. La glicemia era nella norma. All’emocromo: anemia normocitica e normocromica con assetto marziale e LDH nella norma; assenti alterazioni della formula leucocitaria e piastrine normali.

Gli esami immunologici ed il Rast test per alimenti, acari, derivati di animali, pollini e farmaci (Ampicillina e Amoxicillina) erano negativi; IgE aumentate; PSA totale lievemente superiore ai limiti della norma con un PSA free normale.

Hb: 10 mg/dL Ferro: 111 mcg/dL
MCV: 84 fL Ferritina: 195 ng/mL
Creatinina: 2.32 mg/dL

Clearance misurata creatinina: 29.4 ml/min

Proteinuria: 225 mg/die glomerulare non selettiva

Alfa 1 microglobulina urine: 25.1 mg/L

UACR (urinary albumin-creatinine ratio): 69 mg/g

Colesterolo totale: 226 mg/dL Acido urico: 8.4 mg/dL
LDL: 154 mg/dl

Trigliceridi: 236 mg/dL

Glucosio: 88 mg/dL
C3/C4: 131/40 mg/dL

ANA: <1:80

ANCA: negativi

Ab anti cardiolipina IgG/IgM: 4/2 U/mL

IgG/IgA/IgM: 1307/268/119 mg/dL

IgE: 212 UI/mL

Immunofissazione sierica ed urinaria: negativa

FLC sieriche: kappa 49.4 mg/L, lambda 25.8 mg/L, ratio 1.91

Tabella III: Esami di laboratorio al momento del ricovero

L’ecografia documentava reni morfologicamente normali per dimensioni, spessore corticale e differenziazione cortico-midollare, alcune cisti bilateralmente, non idronefrosi; arterie renali principali regolarmente pervie, IR intraparenchimali aumentati (0.75), vene renali pervie; prostata con ipertrofia del lobo medio (diametro trasverso 35 mm).

I dati anamnestici e laboratoristici consentivano di formulare diverse ipotesi diagnostiche (nefropatia ostruttiva? nefrite interstiziale acuta?), che necessitavano di una conferma mediante biopsia renale.

Biopsia renale

La microscopia ottica (MO) mostrava: 18 glomeruli (3 in sclerosi globale), ipercellularità endocapillare moderata ed essudazione di polimorfonucleati, iperplasia podocitaria. Comparto tubulo-interstiziale: atrofia/fibrosi (2+); cilindri tubulari sia ialini che ematici (1+), pleiomorfismo nucleare. Vasi: fibrosi intimale a carico delle arterie (3+), indenni le arteriole (Figura 2).

All’immunofluorescenza (IF) si rilevavano: 9 glomeruli sede di depositi di IgG (3+) e catene leggere kappa (2+) con pattern di deposizione diffuso e globale, lineare e parietale lungo le pareti capillari (Figura 3 e 4).

Alla microscopia elettronica non erano presenti glomeruli.

Figura 2: MO (colorazione PAS) ipercellularità endocapillare moderata ed essudazione di polimorfonucleati, iperplasia podocitaria. Comparto tubulo-interstiziale: atrofia/fibrosi (2+)
Figura 2: MO (colorazione PAS) ipercellularità endocapillare moderata ed essudazione di polimorfonucleati, iperplasia podocitaria. Comparto tubulo-interstiziale: atrofia/fibrosi (2+)
Figura 3: IF depositi IgG (3+) lungo le anse capillari con pattern diffuso, globale, lineare
Figura 3: IF depositi IgG (3+) lungo le anse capillari con pattern diffuso, globale, lineare
Figura 4: IF depositi di catene leggere kappa (2+) lungo le anse capillari con pattern diffuso, globale, lineare
Figura 4: IF depositi di catene leggere kappa (2+) lungo le anse capillari con pattern diffuso, globale, lineare

Tale quadro deponeva per una glomerulonefrite proliferativa endocapillare focale con deposizione monoclonale di IgG e catene leggere kappa (PGNMID). Concomitavano lesioni croniche sia tubulo-interstiziali che vascolari.

Alla luce del riscontro istologico di un coinvolgimento renale da deposizione parenchimale di depositi monoclonali IgG Kappa, si rendeva necessaria l’esecuzione della biopsia osteomidollare (BOM) che rivelava componente plasmacellulare midollare 2% con lieve sbilanciamento kappa/lambda.

In accordo con gli Ematologi veniva avviata una terapia specifica mirata alla soppressione del clone plasmacellulare (6 cicli di Bortezomib-Ciclofosfamide-Desametasone), interrotta per gravi complicanze cerebro e cardiovascolari (sindrome coronarica acuta ed ictus emorragico cerebellare).

Alla terapia ematologica specifica veniva affiancata quella di supporto, volta alla correzione dei fattori di progressione del danno renale cronico (ipolipemizzante, antipertensiva), nonché antiproteinurica (Ace-i). Veniva, inoltre, effettuato un follow-up clinico-laboratoristico combinato nefro-ematologico, in regime ambulatoriale.

A distanza di 5 anni si è osservata stabilità del quadro reno-ematologico (Tabella IV).

Hb 13 g/dL
creatinina 2,2 mg/dL
proteinuria 143 mg/die
FLC sieriche:
kappa 43,6
lambda 24
ratio 1,82
Immunofissazione siero ed urine negativa
Tabella IV: Esami di laboratorio dopo 5 anni di follow-up

 

Discussione

Il nostro paziente si presentava con un danno renale acuto ingravescente di difficile interpretazione eziologica. Inizialmente i dati anamnestici ci hanno orientato verso una nefropatia su base ostruttiva, in considerazione del primo episodio di AKI in presenza di anuria.

Nessun dato immunologico supportava una eziologia immuno-mediata del danno renale. Successivamente abbiamo ipotizzato una nefrite tubulo-interstiziale acuta su base immuno-allergica, in considerazione della reazione allergica che aveva preceduto il primo riscontro di alterazione funzionale renale.

Gli esami laboratoristici mirati alla ricerca di una paraproteina (immunofissazione sierica ed urinaria, FLC ratio) risultavano negativi.

Come anche nel nostro caso clinico, nella PGNMID è assai difficile rilevare una componente monoclonale (presente solo nel 30% dei casi) mediante elettroforesi sierica, immunofissazione sierica ed urinaria, FLC ratio [14].

La biopsia renale, che è obbligatoria nei quadri di danno renale acuto o cronico ad eziologia non chiara nel nostro caso ha rivelato, inaspettatamente, una glomerulonefrite proliferativa endocapillare focale a depositi monoclonali (IgG kappa).

La biopsia osteo-midollare, eseguita in un secondo momento, è un passaggio necessario nell’algoritmo diagnostico di una nefropatia a depositi monoclonali, ed ha confermato si trattasse di una forma MGRS, data la presenza di un clone plasmacellulare <10% sbilanciato per catene leggere kappa.

Nella PGNMID il danno renale avviene tipicamente per deposizione glomerulare di immunoglobuline intatte (MIg) a isotipo IgG, con restrizione clonale della catena leggera, di solito kappa (73% dei casi) [14]. Sono descritti in letteratura casi meno comuni di PGNMID-LC, in cui i depositi clonali sono costituiti da sole FLC, o di PGNMID a isotipo IgA o IgM (circa il 10% dei casi) [15]. Il pattern istopatologico più frequente (2/3 casi) è quello membrano-proliferativo, seguito dalla forma proliferativa endocapillare (20-35% dei casi), che abbiamo diagnosticato nel nostro paziente, e dalla mesangio-proliferativa pura (3-13% dei casi) [13]. Esistono, poi, forme rare non proliferative, tra cui il pattern membranoso con restrizione clonale dei depositi (5% dei casi) [16].

La diagnosi della PGNMID si basa sulla presenza, alla immunofluorescenza, di depositi limitati al glomerulo, a sede mesangiale e lungo le anse capillari con pattern granulare di IgG e quasi sempre di C3, meno comunemente di C1q [13]. Importante, ai fini della diagnosi, è caratterizzare la sottoclasse di IgG, poiché si tratta di IgG monotipiche (IgG3). Nel nostro caso ciò non è stato possibile per indisponibilità del reagente nel nostro laboratorio.

La microscopia elettronica, strumento essenziale nella diagnosi differenziale, consente di discriminare tali depositi “non organizzati” dalle forme a depositi organizzati di tipo microtubulare (GN immunotattoide e GN crioglobulinemica tipo 1), molto simili per caratteristiche morfologiche in MO e IF ma diverse per presentazione clinica e prognosi. Nel nostro caso non è stata condotta l’indagine ultrastrutturale per assenza di glomeruli, tuttavia il quadro istologico in microscopia ottica ed immunofluorescenza, l’esordio clinico limitato al rene e l’assenza di una CM sierica ed urinaria sono stati sufficienti alla diagnosi conclusiva di PGNMID.

In accordo con gli Ematologi è stata intrapresa una terapia con agenti anti-Mieloma (Bortezomib based regimen), poiché il clone documentato su tessuto renale era di tipo IgG. Di fatto, quando il clone è tipo IgM il regime terapeutico di scelta si basa su anticorpi monoclonali anti CD20 diretti contro un precursore clonale B linfocellulare [17].

La decisione di intraprendere una terapia ematologica mirata a sopprimere il clone produttore di MIg nefrotossiche si basa su una valutazione olistica, che tiene conto della fragilità del paziente, delle sue comorbidità e dell’entità del danno renale cronico in termini di fibrosi tubulo-interstiziale e di glomerulosclerosi. Le MGRS sono, infatti, condizioni non fatali, la cui terapia è volta a preservare la funzione renale, lì dove in condizioni sistemiche come la AL amiloidosi la terapia è invece salvavita [7]. Nello specifico della PGNMID l’indicazione ad iniziare una terapia aggressiva riguarda i casi di sindrome nefrosica, flare nefritico, GFR <20 ml/min ed eleggibilità a trapianto di rene, nonché in quelli con rapido declino della funzione renale, come nel nostro paziente.

Da quanto emerge dai pochi dati riportati in letteratura, che includono casistiche limitate, la chemioterapia (Rituximab/Bortezomib) adattata al clone sottostante o, in assenza di un clone documentabile, impostata empiricamente, consente di ottenere un recupero funzionale renale [1718].

Nel nostro caso clinico, il follow-up a 5 anni ha documentato una assoluta stabilità sia sul piano ematologico che su quello nefrologico, in termini di filtrato glomerulare e proteinuria/24 ore, nonostante il paziente non abbia concluso i cicli di chemioterapia.

In assenza di un clone identificabile, il monitoraggio della risposta renale ed ematologica risulta complesso, poichè si basa sulle variazioni del filtrato glomerulare, della proteinuria 24 ore (parametri che possono però essere influenzati da altri fattori eziologici), sul FLC ratio.

In conclusione, la PGNMID rappresenta una sfida sia diagnostica che terapeutica. Sarebbe pertanto auspicabile la ricerca di nuove tecniche diagnostiche per rilevare i piccoli cloni nefropatogeni e di nuovi marcatori di risposta terapeutica.

 

Bibliografia

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