Gennaio Febbraio 2021 - In depth review

Mini-invasive surgical techniques for rescuing the peritoneal catheter in refractory tunnel infections

Abstract

Infections continue to be a major cause of morbidity and mortality in patients on renal replacement therapy with peritoneal dialysis (PD). Despite great efforts in the prevention and treatment of infective complications over the two past decades, catheter-related infections represent the most relevant cause of technical failure. Recent studies support the idea that exit-site/tunnel infections (ESI/TI) have a direct role in causing peritonitis. Since the episodes of peritonitis secondary to TI lead to catheter loss in up to 86% of cases, it is advised to remove the catheter when the ESI/TI does not respond to medical therapy. This approach necessarily entails the interruption of PD and, after the placement of a central venous catheter, the shift to haemodialysis (HD). In order to avoid the change of dialytic method, the simultaneous removal and replacement (SCR) of the PD catheter has also been proposed. Although SCR avoids temporary HD, it requires the removal/reinsertion of the catheter and the immediate initiation of PD, with the risk of mechanical complications such as leakage and malfunction. Several mini-invasive surgical techniques have been employed as rescue procedures: curettage, cuff-shaving, the partial reimplantation of the catheter and the removal of the superficial cuff with the creation of a new exit-site. These procedures allow to save the catheter and have a success rate of 70-100%. Therefore, in case of ESI/TI refractory to antibiotic therapy, a mini-invasive surgical revision must always be considered before removing the catheter.

 

Keywords: peritoneal dialysis, exit-site infection, tunnel infection, peritonitis, cuff-shaving, ultrasounds.

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Introduzione

Le complicanze infettive rappresentano la causa più significativa di morbilità e mortalità per i pazienti in dialisi peritoneale (DP) [1,2]. Negli ultimi vent’anni nonostante siano stati compiuti enormi sforzi finalizzati alla prevenzione e al trattamento degli episodi infettivi [36], le infezioni correlate al trattamento dialitico peritoneale costituiscono ancora oggi la causa principale di cessazione della DP [79].

Lavori recenti sembrano confermare la teoria che attribuisce alle infezioni dell’emergenza (ESI) un ruolo diretto nel causare la peritonite [10,11]. In particolare, è stata avanzata l’ipotesi che i microrganismi siano in grado di trasmigrare dall’emergenza cutanea lungo il tunnel fino alla cavità peritoneale [12]. Durante questo avanzamento i microrganismi possono depositarsi a livello della cuffia superficiale colonizzandola, e formare, in tale sede, un biofilm che ne facilita la proliferazione [13,14]. Inoltre, la creazione di tale strato, permettendo la protezione dei microbi da eventuali sostanze battericide, rende queste infezioni poco responsive alla terapia medica richiedendo nella maggior parte dei casi la rimozione del catetere [15]. Una volta colonizzata la cuffia, i microrganismi allo stato sessile sono in grado di passare dalla condizione di quiescenza a quella planctonica con la possibilità di migrare sia verso l’emergenza che verso la cuffia profonda determinando, nel primo caso infezioni ricorrenti dell’exit-site, e nel secondo peritoniti [16,17]. Gli episodi di peritonite secondari a infezione del tunnel (TI) sono responsabili nell’ 86% dei casi della perdita del catetere [18].

 

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