Settembre Ottobre 2020 -

The peak of the Coronavirus emergency and hemodialysis patients: the experience of the Dialysis Center in Crema

Abstract

Lombardy was violently hit by Covid-19 between the end of February and the beginning of March 2020. On 09.05.2020 there were 81225 total registered Covid-19+ cases (8051 / million inhabitants) with 14924 deaths (1479 deaths / million inhabitants). The province of Cremona presented a higher number of Covid-19+ cases and a worse relative mortality than the already high regional average.

Patients on regular hemodialysis treatment present a high risk of infection due to the co-pathologies present, while healthcare workers may represent a risk for themselves and for the patients, due to the treatment environment and the close contact with them.

All patients and healthcare workers of the Dialysis Center in Crema were evaluated (oro-pharyngeal swab for viral RNA research, qualitative anti-Covid-19 antibodies, quantitative IgG antibodies, co-pathologies), regardless of the symptomatology, over a 60-day period.

Hemodialysis patients have a risk of infection that is 12.7 times that of the local population, while healthcare workers outperform the patients for Covid-positivity (30.3% vs 21.6%). Lethality in infected patients is high (31% of Covid-19+ subjects), while it is zero among healthcare professionals. The antibody response (qualitative and quantitative) in Covid-19+ patients is adequate, when compared to that of Covid-19+ healthcare staff.

In our Center, the most critical phase lasted about 45 days but, thanks to the measures taken, it was possible to make the dialysis area Covid-free, as it remains after 128 days.

 

Keywords: Covid-19, Haemodialysis, LIAISON SARS-CoV2 S1/S2, JusCheck 2019-nCoVIgG/IgM

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Introduzione

Nota degli autori: Questo contributo presenta dati che si riferiscono al maggio 2020 ma riteniamo che risulti tuttora interessante per i lettori del GIN per due ragioni. Da un lato, l’epidemia Covid-19 ha colpito la provincia di Cremona con grande violenza, facendo registrare numeri ben più alti rispetto alle già altissime medie regionali; dall’altro, la rilevazione della risposta anticorpale (qualitativa e quantitativa) nei pazienti e negli operatori sanitari della nostra Unità Operativa permette di integrare i dati clinici e di meglio definire la risposta immunologica. Tanto più se si considera l’attuale seconda ondata che sta attraversando l’Europa e le preoccupazioni legate all’arrivo della stagione invernale. Grazie agli sforzi compiuti e ai provvedimenti presi nelle settimane di massima criticità che descriviamo qui, siamo fieri di riportare che la nostra Unità Operativa rimane Covid-free dopo 128 giorni.

Pandemia Covid-19 in Italia, Lombardia e ASST-Crema

È necessario premettere alcuni dati e considerazioni per un quadro d’insieme del problema Covid-19 nel bacino d’utenza dell’Ospedale di Crema (ASST-Crema), in provincia di Cremona.

Il Paese più colpito in Europa, con caratteristiche socio-economiche raffrontabili all’Italia, è la Spagna, di cui vengono riportati in Fig. 1 e 2 i casi ed i decessi per Covid-19, secondo i dati al 09.05.2020 (superando così l’Italia che deteneva precedentemente il primato) [12].

La Lombardia è la regione italiana a più alto sviluppo industriale e quella con il più alto numero di abitanti (10088484), con una densità di 422 abitanti/Km2. Essa è stata investita violentemente dal Covid-19 tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo 2020.

Al 09.05.2020 si registravano in questa regione 81225 casi totali Covid-19+ (8051 / milione di abitanti = 8.05 / 1000 abitanti), con 14924 decessi (18.3% di tutti i casi registrati, con 1479 decessi / milione di abitanti = 1.479 / 1000 abitanti) [3].

Alla stessa data, i soggetti contagiati nella Provincia di Cremona, alla quale ASST-Crema appartiene, sono 6242, su una popolazione provinciale di 360444 abitanti (= 17.3 casi/1000 abitanti), con 1044 decessi (= 289 decessi / 1000 abitanti; 16% di tutti i casi registrati) [3].

Il confronto con i dati della Regione Lombardia indica che questo territorio è stato investito dall’epidemia con una frequenza 2.14 volte più alta, registrando con una mortalità 1.95 volte più alta rispetto alle medie regionali (Fig. 1 e 2).

 

Figura 1: Casi Covid-19 per milione di abitanti

 

Figura 2: Mortalità Covid-19 per milione di abitanti

 

L’Ospedale di Crema (ASST-Crema) serve un bacino d’utenza di 160000 abitanti e l’Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi soddisfa le richieste di terapia dialitica (emodialisi e dialisi peritoneale) per un numero totale di 90-100 pazienti. Il bacino d’utenza confina direttamente con la “zona rossa” (contente circa 50000 abitanti), identificata come l’origine del focolaio Covid-19 (Fig. 3).

 

Figura 3: Il punto di partenza di Covid-19 in Italia e la “zona rossa”

 

Questa situazione ha richiesto una serie di provvedimenti rapidi ed impegnativi da parte dell’Ospedale di Crema, che ha dovuto prendere in cura centinaia di pazienti Covid+ in poche settimane. Sul versante nefrologico, si è organizzata l’attività in modo da contenere la diffusione del virus, trattare i pazienti con nefropatia acuta da Covid-19 e infine garantire la continuità dialitica ai soggetti in trattamento dialitico regolare.

 

Dialisi e Covid-19

I trattamenti dialitici sono terapie salvavita per i pazienti con insufficienza renale acuta e cronica, ma rappresentano un fattore di rischio in termini di trasmissione del Covid-19, a causa di una serie di elementi tecnici e logistici, che investono i pazienti e gli operatori sanitari dedicati [412].

I rischi maggiori per i pazienti sono:

  • Periodo di stazionamento nelle sale di dialisi (in media 15 h/settimana);
  • Contiguità o stretto contatto tra i soggetti in corso di trattamento, tempi di attesa prima del trattamento in spazi chiusi, tempi di contatto nel corso di viaggi collettivi al/dal Centro dialisi;
  • Comorbidità elevata con immunodepressione secondaria alla condizione uremica, che comporta spesso uno stato di anergia, con conseguente paucisintomaticità.

I rischi per il personale sanitario sono:

  • Tempi prolungati di contatto con i pazienti in ambiente chiuso (36-48 h/settimana) e tra i componenti dell’equipe;
  • Contatti ravvicinati e fisici diretti (fasi di inizio e fine dialisi, manovre in corso di dialisi, puntura fistola artero-venosa, gestione cateteri endovascolari).

Il Centro Dialisi può considerarsi come un’unica popolazione, composta da pazienti ed operatori sanitari confinati in uno spazio “chiuso” (ad alto rischio di contatto interno) e nello stesso tempo “aperto”, con pazienti ed operatori che, ad intervalli regolari, si muovono dentro e fuori questo spazio (alto rischio di contatto esterno, rischio importato).

Al rischio clinico-epidemiologico si aggiunge quello delle risorse umane: gli operatori sanitari, in caso di infezione, devono essere sospesi dal servizio senza possibilità di sostituzione a causa della loro alta specializzazione (medici ed infermieri). Questo ha ripercussioni gravi sui carichi di lavoro dal momento che l’attività resta comunque invariata, se non addirittura aumentata (trattamenti in isolamento, manovre rallentate dalle precauzioni particolari, triage, ecc.) ed è di necessità distribuita su un numero inferiore di operatori.

Un’indagine in Lombardia rileva la situazione preoccupante per i centri dialisi di questa regione [6].

 

Materiale e metodi

Tra il 06.03.2020 ed il 15.03.2020, dopo la rilevazione di un soggetto emodializzato Covid+, sono stati sottoposti a tampone tutti i soggetti in emodialisi e tutti gli operatori dell’area di dialisi dell’Ospedale di Crema con l’obiettivo di:

  • Identificare i soggetti positivi e contagiosi, indipendentemente dalla sintomatologia. L’area di dialisi, infatti, è da considerarsi una zona ad alto rischio.
  • Separare i soggetti positivi, potenzialmente infettanti, dai negativi, in modo da ridurre la diffusione del virus in una popolazione ad altissimo rischio per co-patologie aggiunte alla condizione uremica ed elevata età media.
  • Definire, al tempo zero, la situazione di un Centro dialisi nelle fasi iniziali dell’epidemia, seguendo strettamente la situazione nel tempo, onde limitare la diffusione dell’infezione.

Pazienti ed operatori sanitari sono stati considerati soggetti potenzialmente infettati, infettanti, infettabili.

 

Soggetti in Dialisi peritoneale

Non sono stati sottoposti a tampone oro-faringeo i soggetti in dialisi peritoneale, in quanto già in una condizione di isolamento domiciliare e quindi senza i rischi aggiuntivi e specifici dei soggetti in emodialisi (spostamenti casa-ospedale). Nei due mesi di osservazione, uno solo dei 13 pazienti in dialisi peritoneale è risultato positivo al Tampone O-F in occasione del ricovero ospedaliero, non correlabile a sintomi Covid-19, a seguito dell’emodialisi. Il paziente non ha ricevuto terapia specifica per infezione Covid-19.

 

Provvedimenti per limitare la diffusione dell’infezione da Covid-19 [13]

  • Gli Operatori Covid+ sono stati sospesi dal servizio sulla base della sola positività, quindi indipendentemente dal quadro clinico;
  • Per tutti gli operatori sono stati adottati dispositivi individuali (DPI) ad alta protezione (mascherine chirurgiche, FFP2/FFP3, tute, camici idrorepellenti, occhiali, copriscarpe, guanti, copricapo) per l’assistenza di tutti i pazienti, indipendentemente dalla positività Covid-19 degli stessi. I pazienti Covid-19+ sono stati trattati in sale separate, ma non in un vero e proprio isolamento, in quanto il percorso Covid-free verso le sale dialisi è comune a quello riservato ai soggetti Covid-19+;
  • Per i Soggetti Covid-19+ necessitanti di ventilazione invasiva in UTI si sono impiegati gli attacchi per l’acqua già presenti. È stato predisposto un attacco aggiuntivo nella UO di Pneumologia, per l’emodialisi di soggetti in ventilazione non invasiva, o con indicazione ad osservazione intensiva respiratoria;
  • Triage di pazienti ed operatori prima dell’ingresso in Sala dialisi, con rilevazione della temperatura corporea (termometro digitale o ad infrarossi) e della sintomatologia;
  • Disinfezione delle mani dei pazienti prima dell’entrata in dialisi, come d’abitudine, mediante l’installazione di erogatori di disinfettante;
  • Divieto di accesso alla sala dialisi per gli accompagnatori;
  • Distribuzione di istruzioni scritte ad operatori e pazienti sulle misure da seguire a domicilio e durante i viaggi da/al Centro Dialisi, per la prevenzione della diffusione del Covid-19;
  • Nebulizzazione con perossido di idrogeno nelle sale-dialisi, oltre alla sanificazione e disinfezione particolari.

 

Rilevazione eseguite

  • Identificazione delle co-patologie

Sono state valutate nei pazienti e negli operatori le co-patologie indicate in letteratura come fattori di rischio per infezione da Coronavirus (neoplasia, diabete mellito, malattia cardiovascolare, ipertensione arteriosa, deficit immunitari, malattia respiratoria, obesità), in aggiunta alla malattia renale. È stata inserita come fattore generico di rischio anche la condizione di deficit cognitivo severo, considerando che tale condizione può rendere il soggetto meno attento alle raccomandazioni di prevenzione in senso lato. Per ognuna delle patologie elencate sopra è stato attribuito 1 punto (range del punteggio: min 1-max 9).

 

  • Tampone oro-naso-faringeo [1415]

Sono stati sottoposti a tampone oro-naso-faringeo, in un periodo di soli 10 giorni, tutti i 74 soggetti emodializzati e i 33 operatori sanitari (medici, infermieri, OTA/OSS) dell’area di dialisi, per un numero complessivo di 107 soggetti, che potremmo considerare la popolazione circoscritta di dialisi.

 

  • Determinazione qualitativa anticorpi IgM-IgG (JusCheck 2019-nCoV IgG/IgM) su pazienti Covid positivi e negativi [1617]

Al 15.04.2020, a distanza di circa 3-4 settimane (24 ± 5 giorni) dall’esecuzione del tampone oro-faringeo, sono stati testati gli anticorpi sierici con metodica qualitativa (JusCheck 2019-nCoV IgG/IgM Test rapido ACRO BIOTEC) su 68 pazienti (positivi e negativi, con l’esclusione dei deceduti e di un paziente positivo al tampone da qualche giorno) onde meglio identificare i soggetti che, pur negativi al tampone, presentassero una condizione di risposta immunologica al Covid-19 senza sintomatologia clinica.

Il test impiegato è un test immunocromatografico rapido per la rilevazione qualitativa degli anticorpi IgG ed IgM del virus 2019-nCov in campioni umani di sangue intero, siero, plasma. La scheda tecnica dichiara l’alta sensibilità e specificità del test. In particolare:

  • per le IgG, la sensibilità relativa è 100%, la specificità relativa 98% e l’accuratezza 98.6%;
  • per le IgM, la sensibilità relativa è 85%, la specificità relativa 96%, l’accuratezza 92.9%.

Il test non presenta reattività crociata con virus anti-influenza A e B, anti-RSV, anti-Adenovirus, HbsAg, anti-sifilide, anti-H. Pylori, anti-HIV, anti-HCV.

 

  • Determinazione quantitativa anticorpi sierici IgG (LIAISON SARS-CoV2 S1/S2) [1823]

La metodica è quantitativa per gli anticorpi specifici di classe IgG anti-S1 e anti-S2 in campioni di siero e plasma umano, fornendo un’indicazione della presenza di anticorpi IgG neutralizzanti diretti contro il SARS-CoV-2. Tali anticorpi non indicano che il paziente non sia contagioso e non si sa, al momento, per quanto tempo questi anticorpi rimangano rilevabili [2]. Sensibilità e specificità del test sono rispettivamente: 97.4% e 98.9%.

La glicoproteina spike (S) del coronavirus è una proteina di fusione virale di classe I presente sull’envelope esterno del virione e svolge un ruolo fondamentale nell’infezione virale, riconoscendo i recettori delle cellule ospiti e mediando la fusione delle membrane virali e cellulari. La proteina S comprende due subunità funzionali responsabili del legame con il recettore della cellula ospite (subunità S1) e della fusione della membrana che riveste il virus con quella della cellula ospite (subunità S2) [3]. La proteina spike ed il suo antigene sono il principale target antigenico per gli anticorpi neutralizzanti. I valori di riferimento espressi in AU/ml sono: Negativo <12.0; Dubbio 12.0-14.9; Positivo >=15.0.

Il tempo di conversione è un elemento chiave per stabilire la finestra di tempo appropriata per l’impiego del test sierologico. Pubblicazioni recenti indicano che la mediana per la conversione IgG è tra 9 e 14 giorni dall’inizio della malattia [4,5]. Tuttavia, dal momento che l’RNA virale può essere rilevato in pazienti dopo 20 o più giorni, la positività delle IgG non dovrebbe essere interpretata come la fine della contagiosità del soggetto. Per il momento, in mancanza di dati scientifici, non è possibile concludere se gli anticorpi neutralizzanti IgG contro SARS-CoV-2 assicurino una immunità di lungo termine verso il virus o se proteggano il soggetto da una reinfezione [6].

 

  • Determinazione quantitativa anticorpi sierici IgG (LIAISON SARS-CoV2 S1/S2) su operatori sanitari

A circa 6 settimane (41 ± 12 giorni) dall’esecuzione del tampone oro-faringeo, sono stati valutati gli anticorpi IgG sul siero di 30 Operatori, mediante il test LIAISON SARS-CoV2 S1/S2 (DiaSorin).

 

  • Determinazione quantitativa anticorpi sierici IgG (LIAISON SARS-CoV2 S1/S2) su pazienti Covid positivi e negativi

A 8-9 settimane dall’esecuzione del tampone naso-faringeo sono state determinate le IgG sul siero di 69 pazienti (59 Covid-19 negativi e 10 Covid-19 positivi).

 

Figura 4: Timeline dei controlli eseguiti su pazienti emodializzati ed operatori sanitari

 

Risultati e considerazioni

Tampone oro-naso-faringeo (TONF) per Covid-19

Le caratteristiche pazienti testati con tampone oro-faringeo erano: numero 74; età 66.28 ± 14 anni; maschi 52; femmine 22; età dialitica 3.5 ± 3 anni (dato molto disperso).

Le caratteristiche degli operatori testati con tampone oro-faringeo erano: numero 33; età 50.5 ± 10.3 anni; maschi 6; femmine 27.

Nelle Figure 6 e 7 sono indicati i dati di positività al tampone nella “popolazione del Centro Dialisi” (pazienti + infermieri + OTA/OSS + medici) in un periodo di osservazione di 61 giorni.

 

Figura 5: Tamponi oro-faringei nella “popolazione dialisi”

 

Figura 6: Risultati tampone oro-faringeo nella “popolazione dialisi”

 

Nei 107 soggetti della “popolazione dialisi”, la positività complessiva è pari al 24.2%, ben più alta della percentuale sulla popolazione generale.

Anche la percentuale di positività degli emodializzati (21.6%) è più alta della percentuale sulla popolazione generale (1.7%).

Nel sottogruppo degli operatori sanitari si arriva ad una positività del 30.3%, quindi ancora più alta di quella osservata nei pazienti emodializzati (Fig. 5 e 6). Questo dato colpisce in modo particolare, dal momento che questi soggetti non hanno co-patologie (a parte qualche iperteso) e sono notevolmente più giovani dei dializzati. Un elemento di rischio potrebbe essere rintracciato nel tempo di esposizione ambientale nelle aree di dialisi, dove un paziente staziona per 10-14 ore/settimana, gli operatori per ben 36-45 ore/settimana.

L’Ospedale di Crema, compresa l’UO di Nefrologia e Dialisi, è stato un ospedale Covid+ per quasi due mesi con l’eccezione di alcune Unità Operative (Ostetricia-ginecologia, Psichiatria).

Pur con le limitazioni metodologiche, i casi Covid-19+ nei soggetti emodializzati e negli operatori sanitari del nostro Centro risultano rispettivamente 12.7 e 17.9 volte superiori ai casi nella popolazione generale.

Dati provvisori regionali al 22.04.2020 mostravano che, dei 1401 Operatori sanitari dell’ASST-Crema, 695 (= 50%) sono stati sottoposti a tampone oro-naso-faringeo, di cui 179 (26%) sono risultati Covid+. Pertanto, la percentuale dei soggetti emodializzati Covid-19+ è anche inferiore a quella degli Operatori dell’intero ospedale (21% vs 26%).

Se il dato degli emodializzati può trovare “compatibilità” con l’età e le co-patologie, non si può dire lo stesso per quello degli Operatori sanitari dell’Area di Dialisi. Questi ultimi hanno pagato un prezzo elevato all’infezione, probabilmente per l’alto rischio costituito dai contatti stretti e estesi nel tempo, in un ambiente contemporaneamente “chiuso” ed “aperto”.

 

Ricovero ospedaliero e trattamento dei pazienti Covid+

Dei 16 pazienti Covid+, 11 sono stati ricoverati e 5 lasciati a domicilio, dopo aver fornito tutte le istruzioni relative alla prevenzione e lasciando invariati gli spostamenti tra Centro-Dialisi ed abitazione. Tra questi pazienti non ricoverati non vi è stato alcun decesso.

 

Figura 7: Outcome e terapia nei soggetti emodializzati Covid+

 

Degli 11 soggetti ricoverati, sui quali non sono state determinate le citochine infiammatorie, 10 sono stati trattati con terapia anti-retrovirale, idrossiclorochina, antibiotici ed eparina a basso peso molecolare. Di questi, 5 sono deceduti.

Non è possibile valutare l’impatto della terapia sull’outcome, a causa del piccolo campione. Si può però dire che i pazienti lasciati a domicilio hanno presentato un quadro clinico lieve e che sono guariti nel 100% dei casi senza terapia. Dei 10 pazienti ricoverati con quadro clinico di media gravità e trattati secondo le linee guida, il 50% ha superato la malattia ed il 50% è deceduto.

 

Graduazione delle co-patologie

Le co-patologie presenti nei pazienti sono mediamente in numero di 4.1 ± 1.2 mentre, negli operatori, la media è di 0.48 ± 0.66. Tra questi ultimi si rileva semplicemente qualche soggetto affetto da ipertensione arteriosa.

Il fattore co-patologie è quindi nettamente discrepante fra i due gruppi e sbilanciato a sfavore degli emodializzati, come prevedibile.

 

Determinazione anticorpi IgM-IgG (JusCheck) nei soggetti emodializzati

A distanza di circa 3-4 settimane (24 ± 5 giorni) sono stati testati gli anticorpi su tutti pazienti con metodica qualitativa JusCheck 2019-nCoV IgG/IgM Test rapido ACRO BIOTEC (si veda Fig. 8). Si è così evidenziato che tra i soggetti con tampone negativo (n. 58) solo due (3.4%) hanno presentato, a distanza di circa 4 settimane, la presenza di IgG. Pertanto, questi due soggetti dovrebbero essere considerati come casi totalmente asintomatici di infezione e con tampone “falso negativo”.

Tra i soggetti con tampone positivo (n. 9) che si sono negativizzati si sono riscontrate IgG positive nel 100% dei casi.

Le IgM sono risultate negative in tutti i pazienti con tampone negativo, mentre sono risultate positive in 4 dei 9 soggetti positivi (44.4%).

Le IgM sembrano ridursi, fino a non essere più determinabili, dopo circa tre settimane dall’inizio dell’infezione; pertanto, è anche possibile che al tempo delle determinazioni eseguite le IgM fossero già in gran parte non determinabili.

Comunque, la metodica impiegata risulta possedere una bassa specificità per l’identificazione delle IgM; tale dato non è stato ritenuto valido per altri tipi di considerazione e non sarebbe più clinicamente utile dopo la fase iniziale.

 

Figura 8: JusCheck in 67 soggetti emodializzati

 

Determinazione Ab IgG LIAISON SARS-CoV2 S1/S2 negli operatori sanitari

I soggetti con tampone positivo sviluppano IgG nell’89% dei casi; il contrario si osserva nei soggetti tampone-negativi che rivelano positività per IgG solo nel 10% dei casi e negatività nel 90%, restando quindi soggetti a rischio.

Solo due dei soggetti tampone-negativi risultano possedere IgG quindi, eventualmente, di non essere suscettibili all’infezione e non infettanti. Tali soggetti hanno probabilmente avuto contatto con il virus nel periodo “finestra” tra il tampone oro-faringeo e la determinazione delle IgG ed hanno sviluppato anticorpi, in assenza di sintomatologia; in alternativa, potrebbe trattarsi di due casi di falsi negativi al tampone O-F. Comunque, come sopra detto, non è escluso che un soggetto con IgG positive possa ancora essere infettante e ciò va chiarito ripetendo il tampone O-F. Inoltre, non è ancora stato stabilito per quanto tempo un paziente possa conservare gli anticorpi neutralizzanti e sia protetto da una reinfezione.

Complessivamente, comunque, c’è una buona corrispondenza tra tampone oro-faringeo e IgG, almeno nell’arco temporale considerato.

All’11.05.2020, la Regione Lombardia ha determinato le IgG (metodica Diasorin) su 25331 operatori sanitari, 3516 dei quali sono risultati positivi per IgG (13.9%). Tale dato conferma che l’insieme di tutti gli Operatori del nostro Centro Dialisi, con un tasso di infezione/contatto pari al 34.4% (10 positivi / 29), ha avuto un contatto/risposta all’infezione 2.5 volte superiore alla media regionale e 2.2 volte superiore a quello (15.9%) dell’intera ATS di appartenenza (ATS Valpadana).

 

Figura 9: IgG negli operatori sanitari in base al risultato del tampone

 

Determinazione Ab IgG LIAISON SARS-CoV2 S1/S2 nei soggetti emodializzati

Nei soggetti Covid-positivi, le IgG sono risultate positive (>=15 AU) nel 100% dei casi (9/9). Un solo paziente su 10 è risultato negativo, in quanto al momento del test anticorpale non aveva ancora contratto l’infezione e risultava negativo.

Nei soggetti Covid-negativi le IgG sono risultate negative (<15) nel 100% dei casi (58/58).

Anche nei pazienti si conferma la corrispondenza fra tampone O-F ed IgG.

 

Pazienti testati per IgG (n. 69) IgG pos IgG neg
Covid+ 9 0
Covid- 0 58
Tabella I

 

Confronto metodica JusCheck e Ab IgG LIAISON SARS-CoV2 S1/S2 nei soggetti emodializzati Covid+

Il siero di 9 dei 10 pazienti Covid+ è stato testato con le due metodiche, che sono risultate sovrapponibili al 100% (positività JusCheck: n. 9; positività Ab IgG LIAISON SARS-CoV2 S1/S2: n. 9).

 

Mortalità

Tra i pazienti, dei 16 soggetti positivi con malattia manifesta, 5 sono deceduti (4 maschi ed 1 femmina, 80% vs 20 %), e 11 sono guariti.

La mortalità complessiva su tutti gli emodializzati è stata5/74 = 6.7%(maschi 7.6% vs femmine 4.5%).

La mortalità tra i pazienti positivi a Covid-19 è stata 5/16 = 31% (13 maschi vs 3 femmine, 81 % vs 19%)

Non vi è stato nessun decesso tra gli operatori sanitari.

 

Andamento nel tempo dei casi di Centro

L’osservazione si è svolta sull’arco di 61 giorni, a partire dal riscontro del primo caso di positività vedi (Fig. 10).

Il valore massimo dei tamponi positivi si è raggiunto al 28° giorno, con riduzione rapida in circa 2 settimane fino all’azzeramento, in correlazione con la negativizzazione completa dei casi.

Il primo decesso si è verificato al 16° giorno. Tutti i decessi si sono conclusi nell’arco di circa 4 settimane dall’inizio dell’epidemia.

La mortalità complessiva nella popolazione degli emodializzati è alta (6.7%); ancora più alta tra i positivi (31.2%), con la concentrazione dei decessi nei primi 26 giorni.

Non si sono osservati nuovi casi Covid+ dopo il 28° giorno, rendendo il Centro Covid-free. È continuata comunque la sorveglianza clinica stretta (triage pazienti ed operatori), con le misure di massima protezione sopra indicate.

 

Figura 10: Pazienti con tampone O-F positivo e/o malattia: andamento cumulativo dei tamponi positivi (linea blu), delle conversioni negative (2 tamponi consecutivi negativi) (linea rossa) e dei soggetti deceduti (linea gialla)

 

Conclusioni

In un contesto geografico ad elevatissima prevalenza di Covid-19 (1.7/100 abitanti), gli emodializzati presentano un rischio di infezione 12.7 volte quello della popolazione locale, coerentemente con l’età dei soggetti e le co-patologie.

Gli operatori sanitari dell’Area di dialisi superano gli stessi soggetti emodializzati per positività al Covid (30.3% vs 21.6%), nonostante la minore età e la quasi assenza di co-patologie; ciò indica come l’esposizione, in termini di tempo e di contatto stretto, sia il principale fattore di rischio, rendendo stringenti le misure di prevenzione massima (DPI, disinfezione ambienti, triage pazienti ed operatori, ecc.).

L’alta letalità negli emodializzati è rappresentata dai 5 decessi (= 31% dei casi Covid-positivi) clinicamente attribuibili all’infezione, a conferma della fragilità biologica di questi soggetti; tuttavia, pur con le dovute riserve, l’effetto sulla mortalità della nostra popolazione dialitica potrà essere meglio definito su un più lungo periodo di tempo, confrontandola con la mortalità non-Covid. Ciò aiuterà a rispondere alla seguente domanda: quanti decessi sono stati accelerati dal “Covid wind”, che ha fatto contemporaneamente cadere molte foglie già destinate comunque a cadere in breve tempo?

La risposta anticorpale (qualitativa e quantitativa) nei pazienti Covid-19 positivi è adeguata, se raffrontata con quella degli operatori positivi.

La determinazione degli anticorpi integra i dati clinici e consente di meglio definire la risposta immunologica dei soggetti e la loro eventuale suscettibilità al virus; in particolare, i test quantitativi consentiranno di seguire il titolo anticorpale nel tempo, valutandone l’effetto protettivo e determinando eventuali scelte organizzative (raggruppamento di pazienti nel corso delle sedute emodialitiche, isolamento, ecc.).

Esiste una totale corrispondenza tra Tampone O-F, anticorpi qualitativi e quantitativi, ad indicare l’affidabilità di tali esami. La fase di massima criticità è durata circa 45 giorni. L’esecuzione precoce ed estesa di tamponi O-F e test immunologici ha probabilmente contribuito, dopo 128 giorni dall’individuazione del primo caso positivo, a rendere l’Area di dialisi Covid-free, senza necessità di emodialisi in isolamento.

Il rischio infettivo rimane per almeno il 78% dei pazienti (58/74) e per il 65.5% degli operatori sanitari (19/29). Per il momento non resta che continuare l’opera di contenimento dell’infezione, della diagnosi precoce e della migliore terapia.

 

 

Bibliografia

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