Luglio Agosto 2020 - In depth review

SGLT2 inhibitors, beyond glucose-lowering effect: impact on nephrology clinical practice

Abstract

Epidemiological data show an increasing diffusion of diabetes mellitus worldwide. In the diabetic subject, the risk of onset of chronic kidney disease (CKD) and its progression to the terminal stage remain high, despite current prevention and treatment measures. Although SGLT2 inhibitors have been approved as blood glucose lowering drugs, they have shown unexpected and surprising cardioprotective and nephroprotective efficacy. The multiple underlying mechanisms of action are independent and go beyond glycemic lowering. Hence, it has been speculated to extend the use of these drugs also to subjects with advanced stages of CKD, who were initially excluded because of the expected limited glucose-lowering effect. Non-diabetic patients could also benefit from the favorable effects of SGLT2 inhibitors: subjects with renal diseases with different etiologies, heart failure, high risk or full-blown cardiovascular disease. In addition, these drugs have a good safety profile, but several post-marketing adverse event have been reported. The ongoing clinical trials will provide clearer information on efficacy, strength and safety of these molecules. The purpose of this review is to analyze the available evidence and future prospects of SGLT2 inhibitors, which could be widely used in nephrology clinical practice.

Keywords: diabetes, oral hypoglycemic agents, SGLT2 inhibitors, chronic kidney disease

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Introduzione

Il diabete mellito (DM) è una delle patologie più diffuse nel mondo: ne soffre circa l’8,5% della popolazione adulta ed il trend nelle ultime decadi mostra un progressivo aumento dell’incidenza e della prevalenza [1].

La malattia renale cronica (MRC) è frequente complicanza del DM, sia di tipo 1 (DM1) che di tipo 2 (DM2). Si calcola che tra il 40 e il 50% dei soggetti affetti da DM2 sviluppa MRC nell’arco della vita e la sua presenza e severità influenzano significativamente la prognosi [2, 3, 4]. Pochi e dibattuti sono i dati relativi alla progressione del danno renale nel diabetico fino alla malattia renale cronica terminale (ESRD). Le cifre sono sottostimate e inficiate dall’elevata mortalità di questi soggetti, molti dei quali muoiono prima di giungere alla necessità di terapia sostitutiva della funzione renale, soprattutto per patologie cardiovascolari (CV) [5, 6, 7]. Negli Stati Uniti nel 2010 la prevalenza di ESRD tra i diabetici adulti è stata di 20/10.000 [8]. Guardando all’eziopatogenesi, il DM è ormai stabilmente la causa principale dell’ESRD. È da ascrivere al DM il 23% e il 16% dei casi incidenti e prevalenti di ESRD, rispettivamente, secondo il più recente report ERA-EDTA (European Renal Association-European Dialysis and Transplant Association) [9]. 

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