Settembre Ottobre 2019 - Comunicazione e Marketing

Conflicts in healthcare: a communication issue

Abstract

Conflicts are situations in which two or more people come into disagreement: they are an integral part of social life caused by the inability to find a solution to a dispute. Conflicts are constantly present within families and in all social organizations; in the health sector, they are part of the daily routine. The most common causes of conflict are the lack of resources and the divergence in objectives. All conflicts can quickly escalate, so it is essential to recognize them in order to defuse them as soon as possible. Doctors, as managers, must recognize the early signs of latent conflict in order to better manage them and possibly use them in order to stimulate change in the organization.

Keywords: conflict, resources, communication, change

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Introduzione

I conflitti sono situazioni nelle quali due o più persone entrano in opposizione o disaccordo perché i reciproci interessi, posizioni, bisogni, desideri, valori sono incompatibili, o sono percepiti come incompatibili: in tutto ciò giocano un ruolo importante le emozioni e i sentimenti. La relazione tra le parti in conflitto può uscirne rafforzata o deteriorata in funzione di come si sviluppa il processo di risoluzione del conflitto [1].

Il conflitto tra individui o gruppi di individui è parte integrante della vita di relazione ed è causata dalla incapacità di trovare una soluzione condivisa della lite, che, sebbene sia molte volte presente, non è volutamente vista, perché ogni parte tende comunque a voler vedere solo quella a sé più favorevole [2]. Il conflitto è un fenomeno che pervade ogni aspetto dell’esistenza e si presenta con toni differenti secondo i temi e gli attori coinvolti, con gli esiti più disparati. È piuttosto probabile che due o più soggetti che intrattengono qualsiasi tipo di relazione (personale, ludica, di lavoro, occasionale o di vecchia data) possano entrare in conflitto in un qualsiasi momento. A volte potrebbe essere interessante domandarsi se il conflitto sia necessario, e se sia positivo o negativo; sarebbe forse utile studiare le sue caratteristiche, e le diverse soluzioni percorribili, partendo dall’interno del contesto in cui si manifesta.

I conflitti in ambito sanitario sono una costante presenza della quotidianità lavorativa. Si generano tra colleghi, tra operatori e pazienti, tra reparti, con i familiari dei pazienti e possono autoalimentarsi e determinare un incremento degli attori coinvolti [3]. Risulta perciò fondamentale che i Dirigenti Medici sviluppino competenze relazionali specifiche legate alla gestione dei conflitti.

 

Le cause

Quando si parla di conflitti si pensa immediatamente alle grandi battaglie del passato, alle guerre di religione, alla cosiddetta “guerra fredda” post secondo conflitto mondiale, etc.; ciò anche se in realtà sono costantemente presenti nei contesti familiari e in tutte le organizzazioni sociali situazioni di attriti personali e dinamiche conflittuali.

In un qualsiasi contesto conflittuale possono essere individuate variabili sempre presenti e riconoscibili, che rendono tali situazioni simili: si tratta fondamentalmente di cause molte volte presenti contemporaneamente.

Tutto quello che ruota intorno alla Sanità fornisce molti esempi di scenari conflittuali; le cause fondamentali dei conflitti possono essere semplicisticamente riassunte in risorse limitate e divergenze di obiettivi.

Risorse limitate. La più importante causa di contenzioso è il denaro, che per sua stessa natura è una risorsa limitata. In realtà qualsiasi fonte di contenzioso in ambito sanitario (una ambita posizione lavorativa, la richiesta dello stesso periodo di congedo o di uno stesso congresso, il numero dei turni di pronta disponibilità, etc.) può essere in fondo causata da carenza di risorse.

Divergenza di obiettivi. Obiettivi differenti, personali o utilitaristi, possono generare conflitti che non si presenterebbero in caso di ripartizione della risorsa fonte del contendere. La progressione di carriera, con le sue implicazioni di vita (turni, riposi, orario di lavoro, etc.) ed economiche, rappresenta nelle aziende sanitarie una delle prime fonti del contendere. Molte volte sono gli obiettivi personali, non conformi a quelli aziendali, che generano contenzioso: su questa dualità può poi inserirsi l’ulteriore variabile sindacale (magari di sigle diverse) a complicare ulteriormente il quadro.

 

Le fasi

È opportuno considerare come i soggetti coinvolti non scelgono quasi mai di entrare in conflitto deliberatamente: si tratta solitamente di un’esclatation di incomprensioni, cattiva o assente comunicazione, insofferenza al rispetto delle regole, etc. Le parti “in causa” risultano frequentemente sorprese nel constatare come i rapporti tendano lentamente ed inesorabilmente a deteriorarsi, e da una situazione di convivenza pacifica si arrivi al litigio. Le fasi che classicamente portano al conflitto sono quattro e ognuna risulta caratterizzata da situazioni che coinvolgono le parti in causa [4].

  1. Conflitto latente. Gli attori iniziano a percepire che esiste un identico interesse per il medesimo obiettivo/risultato che ovviamente non è convergente: ognuno crede di possedere validi motivi e giuste ragioni per ambire a quell’obiettivo/risultato. Ognuna delle parti ritiene di essere nel giusto e nella ragione, per cui la sensazione più frequente è quella di stupore nel verificare che non c’è compatibilità di obiettivi.
  2. Percezione del conflitto. La parti coinvolte chiariscono i reciproci interessi per lo stesso obiettivo/risultato, interessi che sono spesso esplicitati tramite l’inazione ed il silenzio che li rendono manifesti e chiari.
  3. Escalation del conflitto. In questa fase si assiste di solito a una serie di minacce incrociate e di ritorsioni, con un passaggio ad una fase attiva ed esplicita. A questo punto del conflitto sarebbe importante l’intervento di un mediatore, accettato da tutti i contendenti prima che la lite diventi evidente e conclamata. È anche il momento dei tentativi di persuasione e delle strategie conciliative che, se messe in atto solo da una delle parti, finiscono per diventare delle palesi azioni ritorsive. A questo punto, sebbene l’idea di un conflitto aperto si stia facendo strada, ciascun contendente è ancora molto sicuro di poter imporre il proprio punto di vista e si giunge quindi agli ultimatum, al “prendere o lasciare”.
  4. Conflitto. È il punto di arrivo “perdente” di una comunicazione “tra sordi”, in cui ciascuna parte è convinta di essere nel giusto, ma è delusa dalle proprie capacità in quanto capisce che non è riuscita a persuadere l’altra con i propri mezzi e le proprie minacce; a questo punto, “si entra in guerra”, ovvero ci si rivolge ad un avvocato. È fondamentale ricordare che il conflitto è comunque una fonte di disagio mal sopportata, specie se si prolunga. Risulta pertanto conveniente per tutti, dal punto di vista del carico emotivo, chiudere la questione in tempi ragionevoli e nella maniera non solo meno dolorosa possibile, ma anche più soddisfacente per entrambi i litiganti.

Per cercare di meglio comprendere come sezionare un conflitto, si può prendere come esempio un classico reparto ospedaliero con un certo numero di medici e un Direttore che va in quiescenza per fine carriera. Il dottor Rossi è l’aiuto anziano, non esegue nulla di sua iniziativa né pratica alcun intervento in autonomia, fa sempre il “secondo” del Direttore e tende a non assumere alcuna responsabilità, tantomeno in assenza del Direttore. Il dottor Bianchi è un medico giovane, intraprendente e responsabile, ha un’esperienza lavorativa ultradecennale e si fa carico di vari problemi, gestendo le problematiche e le urgenze in prima persona con buoni risultati, tanto che è il punto riferimento clinico per tutto il reparto. Il Direttore va in pensione ed individua come suo successore facente funzioni l’aiuto anziano, il dottor Rossi: quest’ultimo è sicuro della nomina che gli spetta per anzianità ed è certo che nessuno avrà nulla da eccepire. In realtà il dottor Bianchi spera nella nomina, in quanto gran parte dell’attività del reparto grava da anni sulle sue spalle e le capacità lavorative del dottor Rossi sono risaputamente limitate, così come poco il suo impegno. Il conflitto quindi è latente, nessuno ha ancora palesato il disagio.

Appena ufficializzata la nomina, si manifesta lo stupore del dottor Bianchi e di parte degli altri sanitari, mentre alcuni sono convinti che il dottor Rossi meriti tale nuova qualifica proprio perché lavora da più anni in quel reparto. Il conflitto inizia a prendere forma: siamo nella fase della percezione del conflitto.

L’attività del reparto comunque continua ed il dottor Bianchi, deluso dalla scelta dell’ex Direttore, scrive lettere alla Direzione Aziendale elencando le sue qualità e denunciando l’inettitudine del facente funzione dott. Rossi: il conflitto è nella fase dell’escalation, i due medici iniziano a salutarsi poco o a ignorarsi, spariscono lettere e riviste indirizzate ai due, si denunciano piccoli dispetti, entrambi tendono a sparlare uno dell’altro con gli altri operatori sanitari nel tentativo di trovare sostegno. Se il conflitto si allargasse ad altri attori potrebbe portare a gravi spaccature all’interno del reparto ed anche a possibili conseguenze cliniche per i pazienti (aumento del rischio clinico).

Il dott. Rossi prende appuntamento con la Direzione aziendale, denuncia il comportamento non collaborativo del dott. Bianchi e ne chiede l’allontanamento. Il conflitto è esploso e sarà indispensabile un buon mediatore che riesca a trovare un accordo tale da non ledere la dignità di nessuno.

In realtà, l’innesco del conflitto può anche essere ravvisato in un difetto di comunicazione preventiva da parte del Direttore uscente ai medici interessati (e non) circa le sue intenzioni e nell’assoluta mancanza della ricerca di un indirizzo condiviso per i vari attori dopo il suo congedo.

 

I risultati

I conflitti in ambito lavorativo possono essere fonte di importanti disfunzioni, ma possono anche essere utilizzati per apportare cambiamenti positivi all’interno del gruppo o dell’organizzazione.

Il conflitto sicuramente genera stress, burnout e insoddisfazione nell’ambiente lavorativo, con tutte le conseguenze ben note anche relativamente al rischio clinico. È chiaro che una situazione conflittuale porta a una minor attività relazionale fra gli individui (o i gruppi di individui), con conseguente ridotta comunicazione e scambio di informazioni: anche in questo caso si attende un aumento del rischio clinico. Al contempo può svilupparsi un clima di sospetto verso i colleghi e/o verso altri gruppi, un clima di sfiducia che può accentuare lo stress lavorativo. È ovvio che le relazioni globali interpersonali o di un gruppo possono essere danneggiate da situazione di conflitto tali da creare e rendere il clima lavorativo insopportabile: conseguentemente ne può risentire la performance lavorativa, che tende ad un appiattimento verso il basso nella quantità e della qualità del lavoro. In ultimo, l’impegno del singolo e/o del gruppo all’interno dell’organizzazione può andare a ledere la lealtà verso l’organizzazione stessa, con insorgenza di ulteriori problemi e conflitti.

I conflitti possono peraltro essere utilizzati per stimolare l’innovazione, la creatività e il cambiamento attraverso l’utilizzo di meccanismi e di strumenti che permettono di trovare una mediazione all’interno dei conflitti stessi [5]. Il conflitto può permettere di migliorare i processi organizzativi e di decision making che, a loro volta, possono andare a influire sulla comunicazione e sui rapporti all’interno del gruppo stesso, anche attraverso la proposizione di soluzioni sinergiche a problemi comuni. Un possibile tentativo di soluzione può essere quello di incaricare i singoli, o piccoli gruppi di lavoro, al fine di cercare nuovi approcci e di chiarire le rispettive posizioni, proponendo possibili soluzioni condivise non prevaricatrici [6].

 

Conclusioni

Da quanto esposto è evidente come un conflitto possa generare altri conflitti e addirittura alimentarli. Dopo lo scatenarsi di un conflitto capita frequentemente di scoprire che i litiganti lo erano da più tempo di quanto lo si sarebbe potuto sospettare e che la lite in oggetto non è altro che una tattica per avere la meglio in una battaglia già in atto, oppure che questa è già terminata senza un esito negoziato, bensì con un vincitore e un perdente. A questo punto risulta però difficile trovare una mediazione. È sempre importante capire preliminarmente se ci sono rapporti pregressi fra le parti e se sussistono questioni non risolte che in qualche modo possono condizionare lo sviluppo del conflitto e del rapporto futuro. Non è detto comunque che le precedenti cattive relazioni fra i soggetti coinvolti possano sempre rendere più difficoltosa una possibile conciliazione; anzi, nell’ottica di ottenere un risultato il più possibile soddisfacente per entrambi i contendenti, avere molte questioni sul tavolo negoziale può essere di grande stimolo alla redazione di un buon accordo condiviso che non accontenti, ma al contempo non scontenti, nessuno [7, 8].

 

Bibliografia

  1. Torrego Seijo JC. Vinco-Vinci: Manuale per la mediazione dei conflitti educativi. La Meridiana, 2003.
  2. Mauro E. Manuale della nuova conciliazione stragiudiziale. Flaccovio Editore (Palermo), 2014.
  3. Jehn K, Rispens S, Jonsen K, Greer L. Conflict contagion: a temporal perspective on the development of conflict within teams. International Journal of Conflict Management 2013; 24(4):352-73. https://doi.org/10.1108/IJCMA-05-2011-0039
  4. Torrego Seijo JC, Moreno JM. Convivencia y Disciplina en la escuela. El aprendizaje de la Democracia. Alianza Ed (Madrid), 2003.
  5. Besemer C. Gestione dei conflitti e mediazione. EGA (Torino), 1999.
  6. Rahim MA. Toward a theory of managing organizational conflict. International Journal of Conflict Management 2002; 13(3):206-35. https://doi.org/10.1108/eb022874
  7. Behfar KJ, Peterson,RS. The Critical Role of Conflict Resolution in Teams: A Close Look at the Links Between Conflict Type, Conflict Management Strategies, and Team Outcomes. Journal of Applied Psychology 2008; 93(1):170-88. https://doi.org/10.1037/0021-9010.93.1.170
  8. Kramer R. Finding Common Ground for Multiparty Problems (a review of the book “Collaborating: Finding Common Ground for Multiparty Problems,” by Barbara Gray). The Academy of Management Review 1990; 15(3):545-7. https://doi.org/10.5465/amr.1990.4309133