Supplemento S73 - Articoli originali

Drugs and kidney in the elderly patient

Abstract

With aging, different factors contribute to change the pharmacokinetics and pharmacodynamics of drugs and therefore can cause variable and unpredictable clinical outcomes.

As we age, the body composition changes, liver and kidney blood flow decreases resulting in reduced function of both organs and therefore decreased metabolism and insufficient elimination of drugs. On the other hand, the elderly are at greater risk in the use of drugs both for the reasons listed above and for the presence of diseases that determine the intake of numerous drugs that can interact with each other. The lower physiological reserves and the conditions related to fragility contribute to the occurrence of toxicity or adverse events related to therapy. To these causes are added factors related to the health system such as the fragmentation of care with multiple prescribers and inadequate training in treating the elderly patient. The need for correct reconnaissance and pharmacological reconciliation is therefore of fundamental importance.

The frequency of adverse drug reactions is about three to ten times higher in the elderly patient and clinically the adverse reactions are more severe. Furthermore, there is a close relationship between the incidence of adverse reactions and renal function which is in turn responsible for changes in the pharmacokinetics and pharmacodynamics of drugs and the kidney is very often the target organ of adverse drug reactions.

 

Keywords: Drugs, kidney, adverse drugs reactions, drugs toxicity

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Introduzione

Il mondo invecchia e con lui la sua popolazione. L’invecchiamento che da anni sembra riguardare solo i paesi occidentali ed industrializzati, coinvolgerà nei prossimi decenni anche i paesi in via di sviluppo e la popolazione con età superiore ai 65 anni passerà dall’8% nel 2015 a quasi il 20% nel 2050 (1).

L’Osservatorio nazionale sull’impiego dei farmaci riporta che la quasi totalità dei soggetti con più di 65 anni assume almeno un farmaco e non vi è differenza fra sesso maschile e femminile. Un individuo con età compresa tra i 65 e i 74 anni consuma ogni giorno in media 2,8 dosi unitarie di medicinali e, quando supera i 74 anni, le dosi unitarie diventano 4,1. La popolazione con più di 64 anni (22% della popolazione totale) assorbe il 60% della spesa in assistenza convenzionata (2).

Poiché parliamo di farmaci e rene, è necessario ricordare che la prevalenza di malattia renale cronica si attesta intorno all’11% negli Stati Uniti (3) e intorno al 6,5% in Italia, con una prevalenza maggiore nella popolazione anziana oggetto della nostra discussione (4). Questi dati indicano che più di 2 milioni di italiani sono affetti da malattia renale cronica, la maggioranza dei quali sono pazienti anziani con patologia ai primi stadi e quindi verosimilmente misconosciuta. Uno studio epidemiologico effettuato dalla regione Toscana evidenzia come la quasi totalità dei pazienti con insufficienza renale cronica stadio 3a e oltre abbia più di 65 anni (5).

 

Farmacocinetica e metabolismo dei farmaci negli anziani

Nel paziente anziano diversi fattori, legati sia ai farmaci che al paziente, possono causare modificazioni nella farmacocinetica e farmacodinamica portando a differenti risultati clinici. Con l’invecchiamento si assiste a modificazioni della composizione corporea con aumento del grasso, diminuzione dell’acqua totale corporea, del volume plasmatico e dei liquidi extracellutari. Da ciò ne risulta che il volume di distribuzione diminuisce per i farmaci polari ed aumenta per i farmaci lipofili. Inoltre l’aumento del pH gastrico, la ridotta motilità gastrointestinale, la diminuzione della superfice di assorbimento ed il ridotto flusso ematico a livello splacnico, modificazioni fisiologiche che si verificano nell’anziano, possono portare ad un ridotto assorbimento. I bassi livelli di albumina determinano un aumento della quota libera di farmaci con alto legame per le proteine. La riduzione della massa epatica ed il ridotto flusso ematico epatico hanno certamente influenza sul metabolismo, mentre il ridotto flusso plasmatico renale e la ridotta funzione determinano importanti modifiche sull’eliminazione dei farmaci (6).

 

Impatto dell’invecchiamento renale sulla terapia farmacologica

Nel soggetto anziano si verificano alterazioni vascolari aterosclerotiche che, per quanto fisiologiche, determinano una riduzione del flusso ematico glomerulare con conseguente riduzione del filtrato glomerulare e della riserva funzionale renale. Questa riduzione del flusso ematico determina anche alterazioni su tutti i segmenti del nefrone con modificazioni nella clearance dell’acqua libera, nel riassorbimento e secrezione di vari elettroliti (sodio, potassio, calcio e magnesio), nella tonicità della midollare renale (7).

Inoltre, nell’anziano, la secrezione di ormone antidiuretico non può essere soppressa in condizioni di bassa osmolarità, l’attività del sistema renina-angiotensina e la capacità di ritenere il sodio, dopo restrizione sodica sono ridotte, la capacità del rene di concentrare le urine dopo perdita di acqua è diminuita, la sensibilità dei barocettori (come meccanismo di compensazione ad una caduta pressoria) è ridotta e l’abilità a mantenere il bilancio elettrolitico è diminuita.

In aggiunta, il rene è in grado di mantenere l’omeostasi acido-base in condizioni basali, ma quando esposto ad un carico acido non è in grado di aumentare l’escrezione di acidi nello stesso modo di un soggetto giovane (8).

La conoscenza di queste modificazioni fisiologiche che avvengono con l’età ed il possibile impatto sulla farmacocinetica e farmacodinamica di alcuni farmaci possono aiutarci nell’ottimizzazione della terapia e ridurre le complicanze legate all’impiego di vari farmaci nel soggetto anziano.

Dopo i 40 anni, poiché la massa muscolare e l’escrezione di creatinina urinaria diminuiscono quasi allo stesso ritmo, le concentrazioni medie di creatinina sierica sono pressoché costanti a fronte di una graduale diminuzione del filtrato glomerulare. La consapevolezza di questo fenomeno deve portare a non utilizzare la creatininemia, ma sempre il filtrato glomerulare per determinare le dosi di farmaci che hanno una eliminazione renale (8).

Studi di farmacocinetica per 8 tipologie di farmaci (enalapril, cefotaxime, furosemide, spironolctone, idroclorotiazide, piracetam, pentossifillina, lorazepam) eseguiti in 101 pazienti geriatrici ha evidenziato che la presenza di livelli plasmatici di farmaco potenzialmente tossici si associavano in tutti i casi ad una clearance della creatinina inferiore a 40 ml/m’ (8).

 

Nefropatia acuta da farmaci

La nefropatia acuta da farmaci si manifesta in circa il 10% dei pazienti anziani ospedalizzati ed è prevalentemente riconducibile a forme imputabili a modificazioni emodinamiche (FANS, inibitori sistema renina-angiotensina, diuretici), a tossicità diretta con necrosi tubulare acuta secondaria (aminoglicosidi, cefalosporine, Amfotericina B); evento più raro, ma da tenere in considerazione, è lo sviluppo di nefropatia tubulo-interstiziale acuta (FANS, penicilline semisintetiche, ciprofloxacina).

Uno studio multicentrico, retrospettivo condotto in ospedali cinesi sull’epidemiologia dell’insufficienza renale acuta (IRA) in più di 40.000 pazienti anziani (età > 65 anni), ha dimostrato una frequenza di IRA pari al 15% (la frequenza superava il 20 % nei soggetti con più di 80 anni). La comparsa di IRA si associava ad una elevata mortalità (10% circa nei soggetti tra 65 e 80 anni e 20% circa nei soggetti con più di 80 anni.) Nel 40% dei casi la causa dell’IRA era dovuta alla somministrazione di farmaci nefrotossici (50% nei pazienti con più di 80 anni); i pazienti con IRA più frequentemente presentavano insufficienza renale cronica (9). In uno studio osservazionale prospettico condotto su pazienti con oltre 65 anni di età che afferivano in ospedale, la presenza di IRA sviluppata presso il proprio domicilio era del 5.8% per pazienti con età compresa fra 65 e 75 anni e del 11% in pazienti con più di 75 anni. I più importanti fattori di rischio erano legati all’assunzione di farmaci quali inibitori del sistema renina-angiotensina, antiinfiammatori non steroidei (FANS), antialdosteronici oppure alla somministrazione di mezzi di contrasto. Il rischio aumentava enormemente se questi farmaci erano assunti in associazione o erano presenti patologie come il diabete e l’insufficienza cardiaca (10).

L’impiego di inibitori del sistema renina-angiotensina, FANS e diuretici può determinare una riduzione del filtrato glomerulare e per questo motivo la combinazione di questi farmaci è stata definita “The Triple Whammy”. Un recente lavoro ha studiato l’incidenza di IRA in soggetti che ricevevano questi farmaci da soli o in combinazione. Su 8,029 ricoveri, 415 erano dovuti ad IRA di cui 368 secondaria all’assunzione di farmaci e 85 direttamente imputabili all’assunzione di FANS, inibitori sistema renina-angiotensina o diuretici. Nel 78% dei casi con IRA da FANS, inibitori sistema renina-angiotensina o diuretici i pazienti avevano un’età superiore a 70 anni. L’incidenza di IRA era 3.4 casi/anno/1000 trattati con questi farmaci, ma aumentava di circa 3 volte se questi farmaci erano assunti in associazione (11).

L’incidenza di IRA al ricovero è risultata estremamente elevata in uno studio della durata di un anno eseguito in Taiwan su 152 soggetti con più di 60 anni in terapia con farmaci cardiovascolari; 73 pazienti (48%) presentavano IRA. I pazienti che assumevano più farmaci cardiovascolari più frequentemente presentavano IRA al momento del ricovero (0 farmaci: 33%; 1 farmaco: 50%; 2 farmaci: 57%; 3 o più farmaci: 60%). Anche la severità dell’IRA era in relazione con il numero di farmaci in terapia (12).

Uno studio effettuato sulle biopsie renali effettuate in Giappone, dati di 26,535 biopsie registrate nel Registro Giapponese per le biopsie renali dal 2007 al 2015, ha evidenziato 328 casi di danno renale da farmaci dimostrato biopticamente; il numero di casi aumentava con l’età del paziente raggiungendo il picco massimo nella settima decade di vita (13).

La nefrite tubulo-interstiziale acuta (NTI) è causa più frequente di quanto si immagini di IRA. Nell’anziano la NTI è più spesso dovuta a farmaci rispetto a soggetti giovani che più frequentemente riconoscono cause quali malattie sistemiche e autoimmuni. Gli antibiotici continuano a essere la causa più frequente di NTI ma, nell’anziano, è causa frequente la somministrazione di inibitori di pompa protonica indicando che con l’aumentare dell’età aumenta la suscettibilità a sviluppare NTI secondaria a questi farmaci. Inoltre i soggetti anziani che sviluppano NTI presentano più frequentemente insufficienza renale cronica precedente all’episodio acuto che peraltro risulta di gravità maggiore (14).

Con l’aumentare dell’età aumenta il rischio di sviluppare iperpotassiemia; in un recente studio effettuato su più di 40.000 soggetti con più di 65 anni, 1180 di questi presentavano iperpotassiemia (2.94% di tutti i pazienti). I fattori di rischio per lo sviluppo di iperpotassiemia erano la presenza di insufficienza renale cronica (IRC), l’assunzione di FANS, antialdosteronici ed inibitori del sistema renina-angiotensina; se un paziente con IRC assumeva almeno uno di questi farmaci, il rischio aumentava di circa 30 volte (15).

 

Reazioni avverse da farmaci negli anziani

Uno studio multicentrico condotto in Italia fra il 1988 e il 1997 ha cercato di stabilire la prevalenza di ospedalizzazione dovuta a reazioni avverse da farmaci in una popolazione anziana. Sono stati valutati 28,411 ricoveri consecutivi effettuati negli 81 ospedali che hanno partecipato allo studio; 1704 (6%) reazioni avverse da farmaci sono state identificate dopo il ricovero, di queste 964 (3.4% di tutti i ricoveri) risultavano esserne la causa. Il 20% erano classificate come severe. I farmaci più frequentemente implicati erano diuretici, calcio-antagonisti, FANS e digossina. L’età media dei pazienti era 70 +/- 16 anni. Il più importante fattore di rischio per reazioni avverse da farmaci nei pazienti anziani era il numero di farmaci assunti (16).

Il numero di farmaci assunti si è confermato essere il maggior fattore di rischio anche in una popolazione di vecchi veterani americani (17).

Uno studio canadese ha stimato il costo medio di un ricovero per reazione avversa da farmaci intorno a 8000 dollari con un impatto economico annuale di circa 11 milioni di dollari canadesi solo in Ontario stimato di oltre 35 milioni nell’intero Canada (18).

Le più comuni reazioni avverse da farmaci sono complicanze gastrointestinali (sanguinamenti, ulcere, nausea e vomito), disordini cardiovascolari (ipotensione, bradicardia, aritmie), insufficienza renale e disordini idroelettrolitici, ipoglicemia e disordini del sistema nervoso centrale (19). I farmaci più frequentemente implicati sono ipotensivi, ipoglicemizzanti, FANS, antibiotici e antitrombotici. I fattori predittivi più importanti di evento avverso, oltre al numero di farmaci, sono la presenza di comorbidità, l’età, farmaci potenzialmente inappropriati a cui si aggiunge la presenza di insufficienza renale, la presenza di fragilità e, cosa interessante, l’aver consultato più di tre medici precedentemente all’evento (19).

 

Appropriatezza prescrittiva nel paziente anziano. Politerapia come rischio di prescrizione inappropriata

In uno studio italiano effettuato su 1582 pazienti (ospedalizzati, n = 528; a domicilio, n = 527; in residenza per anziani, n = 527), il rischio di prescrizione inappropriata era aumentato di circa 7 volte quando il numero di farmaci prescritti era superiore a 10; altri fattori di rischio erano l’età superiore a 75 anni, il sesso femminile e la presenza di insufficienza renale. Il numero di farmaci maggiore era prescritto nei pazienti ospedalizzati e degenti presso residenze per anziani (20).

Esiste una relazione diretta fra numero di farmaci prescritti e Indice di Comorbidità (CIRS). Un farmaco può essere prescritto in modo inappropriato in quanto non indicato o con errata indicazione, in dose e durata della terapia non corretti, non adatto per le circostanze, senza valutare le interazioni con gli altri farmaci in terapia o con la patologia stessa che si vuole trattare. Un classico esempio è la prescrizione a cascata: dopo una reazione avversa che viene misconosciuta e interpretata come nuova patologia si prescrive un nuovo farmaco che a sua volta può dare reazioni avverse per cui viene aggiunto un terzo farmaco e così via. Quindi ogni volta che prescriviamo un farmaco dobbiamo porci alcune domande fondamentali: è corretta la dose e durata della terapia? c’è una vera indicazione? potrebbe interagire con altri farmaci assunti? Non è una duplicazione?

Abbiamo già visto che il paziente anziano è a maggior rischio nell’uso di farmaci per le modificazioni famacocinetiche e farmacodinamiche legate all’invecchiamento, alle minori riserve fisiologiche ed alla fragilità; a questi fattori si aggiunge la prescrizione di molti farmaci che possono interagire fra loro. Esistono inoltre fattori di rischio legati al sistema sanitario come la frammentazione delle cure (più medici prescrittori) ed un inadeguato training nel trattare il paziente anziano; il rischio diminuiva se il paziente frequentava un’unica farmacia (21).

Per ovviare alla prescrizione inappropriata di farmaci in pazienti anziani, nel 1997 sono stati definiti dei criteri per classificare farmaci potenzialmente inappropriati (criteri di Beers) (22). Successivamente la Società Americana di Geriatria ha rivisto questi criteri con lo scopo di individuare tre classi di farmaci: potenzialmente inappropriati in tutti i soggetti anziani, potenzialmente inappropriati in soggetti anziani con certe malattie, da usare con cautela in soggetti anziani (23).

I criteri STOPP&START sono una successiva iniziativa europea intrapresa poiché i criteri di Beers presentavano alcune criticità (es. farmaci non presenti in Europa) ed inoltre non prendevano in considerazione errori di prescrizione dovuti ad omissione di farmaci appropriati.

La prima versione dei criteri STOPP&START è stata validata e pubblicata nel 2008 ed è stata elaborata da un gruppo di esperti in farmacologia geriatrica inglesi e irlandesi (24).

Recentemente è stata pubblicata una revisione di questi criteri (25).

Il metodo STOPP&START è un sistema di valutazione dell’inappropriatezza prescrittiva basato su due tipologie di criteri: classi di farmaci da non prescrivere nel paziente anziano (STOPP: Screening Tool of Older Person’s Prescriptions) e classi di farmaci che sarebbero da prescrivere (START: Screening Tool to Alert doctors to Right Treatment).

I criteri STOPP sono 80 e identificano farmaci da sospendere nell’anziano perché sbagliati per posologia o durata della terapia o ingiustificati perché mancanti di indicazione clinica.
I criteri START sono 34 e identificano farmaci con potenziale beneficio per il trattamento o la prevenzione di una malattia.

L’applicazione di questi criteri dovrebbe portare ad una migliore appropriatezza prescrittiva e ad una riduzione delle reazioni avverse da farmaci. Uno studio randomizzato ha dimostrato che l’applicazione del metodo come screening al momento del ricovero comporta una migliore appropriatezza prescrittiva alla dimissione e a distanza di tempo (26).

Un altro studio prospettico ha dimostrato che i pazienti che, secondo i criteri STOPP/START, assumevano farmaci inappropriati presentavano più ospedalizzazioni e più frequentemente erano sottoposti a visite presso il medico curante (27).

In uno studio retrospettivo effettuato in Irlanda su più di 300000 soggetti anziani, la prevalenza di terapie inappropriate era del 36%. I principali farmaci incriminati erano: gli inibitori della pompa protonica prescritti alla massima dose terapeutica per più di 8 settimane, gli antinfiammatori non steroidei prescritti per più di 3 mesi e benzodiazepine a lunga durata d’azione prescritte per più di 1 mese. Altro motivo di prescrizione inappropriata era legato all’assunzione di farmaci duplicati.

Il più importante fattore di rischio per prescrizione inappropriata era ancora una volta il numero dei farmaci prescritti. La spesa legata ai farmaci inappropriati era circa il 9% della spesa complessiva per i prodotti farmaceutici (28).

L’applicazione di questo metodo come screening al momento del ricovero sembra quindi comportare una migliore appropriatezza prescrittiva alla dimissione e a distanza di tempo, riduzione degli eventi avversi da farmaci e risparmio in termini economici.

Gli ultimi dati pubblicati dall’osservatorio nazionale sull’impiego dei medicinali indicano una prevalenza d’uso inappropriato di antibiotici in soggetti con più di 65 anni affetti da influenza, raffreddore, laringotracheite acuta di circa il 50%; inoltre circa il 70% dei pazienti ultraottantenni trattati con statine non erano diabetici e non avevano mai presentato eventi cardiovascolari (2).

 

Inappropriato uso di farmaci in pazienti anziani con riduzione della funzione renale

Il declino della velocità di filtrazione glomerulare che spesso avviene con l’invecchiamento e la non attenta valutazione del filtrato glomerulare aumentano il rischio di somministrazione inappropriata di farmaci. In uno studio che ha coinvolto 8701 partecipanti con più di 65 anni, la percentuale complessiva di esposizione al rischio di uso inappropriato di farmaci era del 13,3% ed aumentava progressivamente con il ridursi della funzione renale arrivando a circa il 90% nei soggetti con filtrato glomerulare inferiore a 30 ml / min / 1,73 m2. Nei soggetti con un eGFR <60 ml / min / 1,73 m2, il rischio di mortalità era aumentato significativamente, del 40%, con l’uso di farmaci che richiedevano un aggiustamento della dose (29).

In un’analisi retrospettiva effettuata su 100 pazienti con insufficienza renale cronica avanzata ed età superiore a 70 anni, 56 pazienti assumevano uno o più farmaci potenzialmente inappropriati (81 dei 622 farmaci prescritti, il 13%, erano “inappropriati”). Antibiotici e antipertensivi rappresentavano la maggior parte dei farmaci potenzialmente inappropriati (30).

I pazienti con malattia renale cronica in fase predialitica sono maggiormente a rischio di progressione della malattia se esposti a insulti renali; pertanto, preservare la funzione renale è essenziale per evitare la terapia dialitica. Prevenire la nefrotossicità richiede un’attenzione particolare nella scelta, nella dose, nella durata della terapia e nella valutazione delle interazioni fra farmaci.

Uno studio americano effettuato su 809 pazienti in predialisi ha evidenziato che nel 72% erano stati prescritti farmaci nefrotossici; i soggetti più anziani e con maggiori comorbidità erano maggiormente a rischio. I farmaci maggiormente implicati erano diuretici, inibitori di pompa protonica, FANS e antibiotici. Spesso venivano prescritti almeno 2 farmaci nefrotossici in contemporanea (31).

Anche il paziente anziano in terapia sostitutiva è un paziente a rischio di prescrizione inappropriata. Uno studio giapponese ha valutato la prescrizione inappropriata di farmaci in 1367 pazienti emodializzati con più di 65 anni. Più della metà dei pazienti (57%) aveva ricevuto un farmaco potenzialmente inappropriato. Le prescrizioni inappropriate erano più probabili se più di un medico aveva l’autorizzazione a modificare la terapia emodialitica, se il paziente era in dialisi da più tempo e con l’aumentare del numero dei farmaci prescritti (32).

I nefrologi sono pienamente consapevoli che la malattia renale cronica e la dialisi sono in genere condizioni geriatriche, ma sia la conoscenza che l’uso di strumenti geriatrici continuano ad essere insoddisfacenti nella pratica clinica. Questo importante divario può influire sulla gestione dei pazienti affetti da insufficienza renale cronica e richiede interventi educativi urgenti che coinvolgano sia la società di nefrologia che quella di geriatria (33).

 

Autoprescrizione, compliance e frammentazione delle cure

Gli anziani usano in media 2-6 farmaci prescritti e da 1 a 3,4 medicinali non prescritti (34); il 7% dei farmaci venduti sono medicinali auto prescritti. La letteratura segnala che i farmaci da banco sono responsabili del 2% di tutte le reazioni avverse da farmaci e del 10% dei casi di ospedalizzazione per questo motivo (35).

Circa 1/3 dei pazienti non aderiscono alla terapia; vi è infatti una non corrispondenza tra le prescrizioni dei medici e quanto assunto dai pazienti nel 76% dei casi (36).

Diversi fattori possono essere potenziali ostacoli all’aderenza alla terapia: fattori relativi al paziente (socio-demografici, psicosociali, comorbidità, abilità cognitive, scarsa comprensione, scarsa motivazione e non-compliance consapevole), fattori correlati al farmaco (numero di farmaci assunti, effetti collaterali e modalità di somministrazione). Altri fattori includono la relazione fra paziente-prescrittore, l’accesso ai farmaci e il supporto sociale (37).

Per migliorare la compliance è quindi necessario prescrivere trattamenti semplici ed appropriati, spiegare al paziente a cosa servono i farmaci e gli eventuali effetti collaterali, se possibile aiutare la memoria con istruzioni scritte, se necessario coinvolgere un caregiver. Una buona alleanza medico-paziente determina fiducia e quindi migliore compliance.

Un altro fattore di rischio per l’insorgenza di reazioni avverse da farmaci è la frammentazione delle cure; il rischio di ricevere farmaci con potenziale interazione aumenta infatti con il numero di medici prescrittori. La letteratura segnala inoltre come la frammentazione delle cure, soprattutto nei pazienti cronici anziani, porti a ridotta qualità dell’assistenza e maggiori costi (38).

Una comunicazione non accurata o incompleta fra professionisti o tra professionista e paziente può portare ad errori non intenzionali di terapia con effetti anche gravi; tali errori sono più frequenti nelle transizioni di cura (ricovero, dimissione, trasferimento in altro reparto) anche in considerazione dell’invecchiamento della popolazione che presenta malattie croniche che richiedono politerapia per tempi lunghi (39). Per questo motivo il Ministero della Salute ha formulato una raccomandazione per la riconciliazione della terapia farmacologica che prevede un momento di ricognizione farmacologica ed una successiva riconciliazione in modo da rilevare in modo chiaro e completo la terapia farmacologica seguita, insieme ad altre informazioni relative al paziente, e consentire al medico prescrittore di valutare se proseguirla, variarla o interromperla in toto o in parte (40).

 

Conclusioni

I pazienti anziani utilizzano fino al 30% di tutti i farmaci prescritti e sono solitamente più suscettibili agli effetti negativi di un farmaco. La diminuita clearance epatica e renale possono determinare modificazioni della concentrazione plasmatica, della durata d’azione e della risposta ad una determinata dose di farmaco. Inoltre gli anziani hanno frequentemente più patologie ed utilizzano politerapie. Per questi motivi le reazioni avverse da farmaci sono circa da tre a dieci volte più frequenti nel paziente anziano e si manifestano con maggiore gravità.

C’è una stretta relazione fra l’incidenza di reazioni avverse e funzione renale sia perché molti farmaci sono eliminati dal rene sia perché il rene è molto spesso l’organo bersaglio delle reazioni avverse da farmaci.

Evitare l’uso inutile di diversi farmaci concomitanti (polifarmacia), trattare le patologie in ordine di priorità, essere consapevoli delle interazioni potenzialmente pericolose dei farmaci, prendere in considerazione i cambiamenti farmacodinamici e farmacocinetici senili prima di prescrivere qualsiasi farmaco tenendo in considerazione le insufficienze d’organo, partire con basse dosi ed incrementare con cautela, monitorare la compliance e verificare periodicamente la terapia, sono condizioni indispensabili per cercare di evitare la comparsa di reazioni avverse da farmaci. Il coinvolgimento del paziente e della famiglia è inoltre fondamentale per impostare un adeguato ed efficace programma di cura. Si devono inoltre considerare e proporre trattamenti non farmacologici quali modificazioni della dieta, abolizione del fumo, basso consumo di alcool, esercizio fisico e cercare di attuare una rete di supporto sociale.

Il progetto di Slow Medicine “Fare di più non significa fare meglio” ha lo scopo di rendere più sobrie, rispettose e giuste le cure praticate, agendo sull’appropriatezza clinica e sulla relazione tra professionisti e pazienti/cittadini (41).

 

 

Bibliografia

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