Supplemento S71 - Editorial

Home Hemodialysis: Experience and Preliminary Results Of The First Center In Campania

Abstract

The Home Hemodialysis (HHD) is an uncommon dialytic option that can offer better clinical outcomes and a more satisfactory quality of life. The Health Plan of the Region Campania 2011-2013 states that” the system of home care for regional planning is particularly important”.

From August 2014 to March 2015 two patients, on standard dialysis (HD) as inpatients at Dialysis Centre of the University “Federico II” of Naples, started Short Daily Home Hemodialysis (SDHD) (4-6 dialysis treatments/week, 2.5 hours per session) using the portable cycler NxStage System One).

The data collected showed that the clinical benefits described in the literature were confirmed in patients enrolled in this HHD program. Shorter and more frequent hemodialysis sessions allowed a significant reduction in interdialytic weight gain and greater intradialytic hemodynamic stability. A significant reduction in blood pressure and anti-hypertensive drugs were obtained. The control of phosphorus appeared better and hemoglobin was to target with a lower dose of weekly erythropoetin. The patients reported a greater well-being and a reduction in post-dialytic asthenia. No problem has been reported in using the vascular access (CVC and FAV) by the patient/caregiver. The dialysis adequacy and efficiency were comparable between SDHD and HD. The experience with the HHD is encouraging as the patients achieved an adequate dialysis dose without any complications reporting an improving sense of well-being and a better quality of life.

Key Words: Home Hemodialysis, Short Daily Home Hemodialysis, Dialysis Adequacy, Quality of Life.

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L’Emodialisi Extracorporea Domiciliare (HHD) è un’alternativa non ancora ben conosciuta nel panorama dei trattamenti sostitutivi dell’insufficienza renale cronica. Questo tipo di modalità dialitica, già utilizzata in altri Paesi e in alcune Regioni Italiane, può offrire significativi vantaggi in termini di outcomes clinici, socio-economici e soprattutto di qualità della vita del paziente.

L’OMS definisce l’assistenza terapeutica domiciliare come “la possibilità di fornire al domicilio dei pazienti quei servizi e quegli strumenti che contribuiscono al mantenimento del massimo livello di benessere, salute e funzione”. Questa definizione rispecchia a pieno i benefici possibili con la terapia dialitica domiciliare. Attualmente La metodica di HHD più diffusa è la Short Daily Home Hemodialysis (SDHD), che consiste in 4-6 trattamenti dialitici a settimana ognuno della durata di circa 2,5 ore. La riduzione dei periodi inter-dialitici e la durata più breve del trattamento rendono la metodica molto sicura e ben tollerata, permettendo una maggiore stabilità emodinamica e migliori risultati clinici, come confermato dalla letteratura internazionale. Sono ormai sempre più numerose le evidenze scientifiche che mostrano che trattamenti emodialitici più brevi e frequenti determinano:

  • Una migliore qualità della vita e riabilitazione sociale [1,2];
  • Maggiore energia, miglioramento della sintomatologia depressiva e minor tempo di recupero da astenia nel periodo post-dialitico [3];
  • Miglioramento dei disturbi del sonno e della sindrome delle gambe senza riposo [4];
  • Riduzione dell’incremento ponderale inter-dialitico, minore stress sulla attività cardiaca e riduzione dell’ipertrofia ventricolare sinistra [5,6];
  • Migliore controllo dell’ipertensione arteriosa e riduzione dell’uso di farmaci anti-ipertensivi [5,7,8];
  • Migliore controllo degli elettroliti plasmatici, del metabolismo calcio-fosforo e dell’anemia con conseguente ridotto uso di eritropoietina e di farmaci chelanti del fosforo [5,9];
  • Riduzione della morbilità e della mortalità attesa [1013];

Oltre ai vantaggi sugli outcomes clinici descritti, la domiciliarizzazione della terapia emodialitica riveste grande importanza all’interno della programmazione sanitaria in linea con quanto previsto dal Piano Sanitario della Regione Campania 2011-2013 che nell’ambito dello sviluppo del sistema di erogazione dei servizi sociosanitari, afferma che “per la programmazione regionale riveste particolare importanza il sistema di cure domiciliari”. In tale documento si sottolinea come occorra “riequilibrare l’offerta a favore della domiciliarità” per numerosi motivi, di seguito analizzati, che trovano piena realizzazione nella deospedalizzazione del trattamento emodialitico:

 

  • “Riequilibrare il sistema degli investimenti, liberando risorse”: I costi del trattamento emodialitico ospedaliero non riguardano solo la strumentazione tecnica ed i presidi (“costi diretti”), ma anche il personale medico-infermieristico, la formazione professionale (“costi umani”), le infrastrutture, i trasporti, le terapie concomitanti (“costi indiretti”). Inoltre non è da trascurare la condizione di “disabilità” in cui molto spesso vengono a trovarsi i pazienti dializzati, per cui l’impegno di recarsi al centro per quattro ore tre volte a settimana frequentemente si traduce in perdita di giorni lavorativi ed in una irrimediabile compromissione dei rapporti interpersonali (“costi sociali”). La dialisi praticata al proprio domicilio, utilizzando moderne tecnologie e secondo uno schema “sartoriale” con perfetta integrazione delle esigenze fisiche, sociali e lavorative del paziente, si realizza semplicemente con l’ausilio del “caregiver”. Pertanto, essa permette una evidente risparmio dei “costi indiretti” dell’emodialisi ed una piena riabilitazione sociale e lavorativa, che si traduce quindi in una riduzione anche dei “costi sociali” della terapia stessa. Inoltre il migliore controllo clinico-metabolico si riflette in un minore tasso di ospedalizzazione [14] con ulteriore riduzione della spesa sanitaria. Quindi, la contrapposizione tra il costo del trattamento emodialitico in continuo aumento e le restrizioni del budget sanitario può trovare tra le soluzioni la domiciliarizzazione del trattamento che consente un risparmio di risorse.

 

  • “Produrre un cambiamento nel sistema di erogazione superando l’asimmetria tra rete ospedaliera e rete territoriale dei servizi”: L’emodialisi extracorporea domiciliare, consentendo la deospedalizzazione dei pazienti, permette di incrementare la potenzialità erogativa di prestazioni emodialitiche della rete dialitica pubblica senza aumento di posti tecnici per emodialisi ospedaliera. In questo modo viene garantita nel pubblico la continuità dei processi assistenziali attraverso la gestione di un percorso di cura completo che va dalla predialisi fino alla fase dialitica dell’insufficienza renale cronica, processo oggi sempre più limitato dalla scarsità di posti-rene e di personale infermieristico e medico.

 

  • “Favorire la long term care per i soggetti cronici e non autosufficienti”: Il miglioramento degli standard terapeutici ed il conseguente allungamento dell’aspettativa di vita ha permesso la diffusione e l’accesso al trattamento emodialitico a pazienti anziani che spesso hanno importanti comorbidità e non sono più autonomi. L’invecchiamento della popolazione dialitica si giova senza dubbio della domiciliarizzazione del trattamento emodialitico. Infatti, essa permette a pazienti anziani e fragili di poter rimanere nel proprio contesto domestico e familiare senza subire lo “stress” del trasporto domicilio-centro-domicilio. Inoltre i trattamenti più brevi e meno invasivi migliorano i risultati clinici e la qualità della vita favorendo il recupero e/o la conservazione delle residue capacità fisiche, relazionali e di autonomia. Tra i pazienti cronici che necessitano di terapie a “lungo termine” ci sono anche i giovani che possono beneficiare di un trattamento dialitico domiciliare che si associa ad un maggiore controllo delle complicanze dell’insufficienza renale cronica, a migliori outcomes cardiovascolari e clinici ed infine ad un maggiore benessere psicofisico con una migliore qualità della vita. Tutto questo può permettere di affrontare in modo migliore l’attesa del trapianto di rene ed avere maggiori probabilità di successo clinico dello stesso.

In linea con quanto descritto la Cattedra di Nefrologia della Università “Federico II” di Napoli ha intrapreso un programma di HHD ed ha stilato un rigoroso programma di valutazione di «idoneità» a tale modalità terapeutica per scegliere con accuratezza i pazienti candidabili al trattamento.

Da Agosto 2014 a Marzo 2015 sono stati arruolati in HHD due pazienti provenienti da un programma di emodialisi standard trisettimanale (HD) presso il Centro di emodialisi dell’Università Federico II di Napoli. La metodica HHD scelta è la Short Daily Home Hemodialysis (SDHHD) ed i parametri dialitici dei pazienti sono riassunti nella Tabella 1.

L’apparecchiatura utilizzata è stata il cycler portatile NxStage -System One (Figura n. 1). L’avanzata e semplificata tecnologia e la miniaturizzazione (il cycler è facilmente trasportabile anche in aereo!) della apparecchiatura adoperata rendono l’HHD una metodica completamente gestibile dal paziente e dal caregiver che lo aiuta nella gestione della seduta dialitica.

I risultati descritti in letteratura appaiono confermati dall’osservazione dei pazienti arruolati nel nostro programma di HHD. Infatti, si riducevano sia il fabbisogno dei chelanti del fosforo sia la dose settimanale di eritropoietina. I pazienti riferivano un maggiore senso di benessere ed una riduzione dell’astenia post-dialitica.

Si osservava una migliore controllo della pressione arteriosa con conseguente riduzione della terapia farmacologica anti-ipertensiva. Non si rilevavano problematiche nella gestione dell’accesso vascolare [CVC tipo Tesio (paz 1) e FAV distale radio-cefalica (paz 2)] da parte del caregiver/paziente.

Per confrontare i parametri di adeguatezza dialitica tra l’originario trattamento standard trisettimanale ed il trattamento tipo SDHD sono stati calcolati nei due pazienti i valori di single pool Kt/V (spKt/V) e di standard Kt/V (stdKt/V). L’analisi dei parametri di efficienza dialitica documenta come i valori medi di stdKt/V (che rappresenta l’indice di adeguatezza dialitica settimanale) erano sovrapponibili in entrambi i tipi di trattamento. Naturalmente i valori di spKt/V (rappresentativi della efficienza di ciascuna singola seduta) erano inferiori in SDHD rispetto a HD. Ciò era compensato dal maggior numero di sedute settimanali effettuate (Tab 2 e Tab 3).

L’esperienza finora fatta con la HHD è incoraggiante per quanto segue: (a) dose dialitica “adeguata”, (b) nessuna complicanza, (c) buon controllo dell’equilibrio idro-elettrolitico e minerale, (d) ridotto uso di farmaci, (d) maggiore benessere psicofisico e (e) migliore qualità della vita. Per ottenere i vantaggi clinici descritti in letteratura per questo tipo di trattamento, appare di fondamentale importanza, una accurata valutazione e selezione dell’insieme “paziente-caregiver-ambiente” ed un rigoroso follow-up della compliance del paziente/caregiver al programma terapeutico prescritto.

 

BIBLIOGRAFIA

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