Introduzione

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La malattia renale policistica dell’adulto è una malattia ereditaria dovuta a mutazioni dei geni che sintetizzano per la policistina 1 (cromosoma 16) e policistina 2 (cromosoma 4). Le due mutazioni corrispondono a due diversi fenotipi: una forma clinicamente grave (policistina 1, tipo I) ed una forma con quadri clinici attenuati (policistina 2, tipo 2). La patologia colpisce tutte le razze ed ha una prevalenza nella popolazione tra 1:400 a 1:1000 [1] (full text)

Il quadro renale è dominato dalla comparsa, progressiva negli anni, di cisti che sovvertono il parenchima renale e si associano, soprattutto nel tipo I, alla comparsa di un quadro di insufficienza renale terminale. Episodi di emorragia delle cisti, di coliche renali per calcolosi, di infezioni delle vie urinarie contrassegnano il decorso clinico.

Negli ultimi anni l’interesse dei nefrologi per questa patologia è stato rinnovato per le acquisizioni raggiunte nella diagnosi e nella ricerca di terapie farmacologiche in grado di rallentare il decorso clinico.

I miglioramenti ottenuti dalle tecniche di diagnostica genetica, in particolare la next generation sequency [2] (full text), hanno facilitato i processi riducendo i tempi dell’indagini ed aprendo nuovi percorsi diagnostici. Alcuni studi prima sperimentali e poi clinici hanno fatto intravedere la possibilità di modificare il decorso clinico dei pazienti affetti da rene policistico con l’impiego di alcuni farmaci (tolvaptan, somatostina, inibitori del mTOR) [3] (full text) [4] (full text) [5] (full text). A fronte di queste nuove acquisizioni molti gruppi nefrologici hanno posto rinnovata attenzione ai pazienti affetti da rene policistico al fine di porre diagnosi corrette e di individuare i pazienti idonei a ricevere le nuove opportunità terapeutiche.

Proprio dall’esigenza di definire la patologia, classificare i quadri clinici dei singoli pazienti e delle loro famiglie, individuare un approccio corretto alla diagnosi, all’utilizzo della genetica e alla terapia, si è sentita l’esigenza di raccogliere il tutto in un numero unico del nostro giornale. Per facilitare una rapida consultazione degli argomenti, in ogni capitolo sono state inserite delle raccomandazioni che rappresentano la sintesi ed il messaggio che si vuol trasmettere ai lettori.

Lo scopo di questo lavoro è proprio quello di attualizzare in Italia le numerose nuove evidenze scientifiche provenienti da tutti i gruppi di ricerca clinica del mondo [6] nell’ambito della malattia policistica, tenendo conto dei contesti sociali-economici-scientifici nei quali operano i nefrologi italiani.

Preface

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Negli ultimi anni vi è stato un fervente crescere di studi sulla malattia renale policistica dell’adulto, definita generalmente con l’acronimo inglese APKD, Adult Polycistic Kidney Disease. Gli studi recenti hanno chiarito molti degli aspetti di questa patologia ereditaria, che ha una prevalenza variabile da uno a 400 ad uno a 4.000 individui. Ma il dato più rilevante è che di recente vediamo all’orizzonte farmaci, che vanno alla radice della malattia, e che risultano promettenti nel ridurre lo sviluppo delle cisti e nella prevenzione secondaria e terziaria. Per questo motivo la Società di Nefrologia ha deciso di dar vita ad una collezione di articoli, scritti da esperti della materia, che chiarissero gli svariati e molteplici aspetti di questa importante patologia a prevalente interessamento renale.

Sono passati quasi 500 anni da quando la malattia viene descritta, all’autopsia di Ivan il “terribile”, come era chiamato Stefan Bathory, re di Polonia. All’autopsia i reni si presentavano “grandi come quelli di un bue con una superficie irregolare e bombata”. Bisogna attendere il 1800 quando la malattia viene descritta sul piano patologico ed il 1990 quando i geni responsabili, – PKD1 and PKD2 – vengono identificati. Solo però da alcuni anni, al seguito della scoperta degli intimi meccanismi molecolari di sviluppo delle cisti, sono venuti alla luce farmaci che agiscono direttamente a livello delle cellule epiteliali e tubulari. Sono tre le categorie di farmaci interessanti, e ciascuna di esse ha un diverso meccanismo di azione. Infatti la somatostatina, gli inibitori di mTOR ed i vaptani hanno, in varia misura dimostrato, una loro efficacia nel controllo dello sviluppo delle cisti e della evoluzione della malattia policistica. Su ognuno di loro vi sono studi significativi, ma si attendono studi su vasta scala che dimostrino l’efficacia e la tollerabilità nella vita di tutti i giorni nei soggetti portatori di APKD.

Tutti gli aspetti farmacologici accanto alla clinica, alla fisiopatologia, alla genetica sono chiariti in questa raccolta di articoli che abbiamo voluto mettere insieme e pubblicare sul Giornale Italiano di Nefrologia. Mi auguro che questo sforzo editoriale fatto da valenti colleghi, che ringrazio ancora una volta, possa essere utile ai nefrologi italiani e non solo ai nefrologi, nel chiarire la conoscenza di una patologia estremamente invalidante, che grava su una così larga percentuale degli italiani.