Contrast Induced Encephalopathy after carotid percutaneous transluminal angioplasty in a patient with end stage renal disease undergoing peritoneal Dialysis

Abstract

Introduction. Contrast Induced Encephalopathy (CIE) belongs to Major Adverse Renal and Cardiovascular Events (MARCE) after iodinated contrast medium (IOCM), especially for high-risk patients with several comorbidities such as hypertension, diabetes, heart failure, and Chronic Kidney Disease (CKD). We report a case of CIE in a Peritoneal Dialysis (PD)-patient.
Case report. A 78-year-old, affected by diabetes, hypertension, chronic heart failure, and End Stage Renal Disease (ESRD) treated with PD, underwent a carotid Percutaneous Angioplasty (PTA). Immediately after the exam, he developed mental confusion and aphasia. Encephalic CT scan and MRI excluded acute ischemia or hemorrhage but showed cerebral oedema.  Mannitol and steroids were administered and additional PD exchange was performed with depurative aim. Within 2 days the patient completely recovered.
Discussion. CIE mimics severe neurological diseases. It should be considered as a differential diagnosis if symptoms occur immediately after administration of IOCM, especially in high-risk patients and in case of intra-arterial injection. Clinical presentation includes transient cortical blindness, aphasia, focal neurological defects, and confusion. CIE is often a diagnosis of exclusion, and imaging plays a significant role. Symptoms generally resolve spontaneously within 24-48h, rarely in few days. Symptomatic therapy, including mannitol and steroids could be considered. In literature, CIE is reported only in a few patients affected by ESRD treated with chronic HD, and our is the first available case of a patient treated with chronic PD who developed this rare complication.

Keywords: Peritoneal Dialysis, Contrast-induced encephalopathy, contrast medium

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Introduzione

I mezzi di contrasto organo-iodati (Iodinated Contrast Medium, IOCM) sono largamente utilizzati per procedure diagnostiche e interventistiche. È risaputo che il loro uso si associa ad un aumentato rischio di eventi avversi maggiori cardiovascolari e renali (Major Adverse Renal and Cardiovascular Events, MARCE), soprattutto nelle persone ad alto rischio per la presenza di più comorbidità, come ipertensione arteriosa, diabete mellito, scompenso cardiaco e insufficienza renale cronica (Chronic Kidney Disease, CKD).
I MARCE comprendono sia eventi maggiori renali (Major Adverse Kidney Events, MAKE) – che includono il peggioramento della funzione renale, la necessità di avvio del trattamento dialitico – sia eventi cardiovascolari maggiori (MACE, Major Adverse Cardiac Event) tra cui l’infarto miocardico, l’ictus, lo scompenso cardiaco, fino al decesso [1].
Il rischio di eventi avversi si è dimostrato significativamente più basso con volumi minori di mezzo di contrasto, utilizzando mezzi di contrasto iso-osmolari, rispetto a mezzi di contrasto di tipo ipo- o iper-osmolare, e in caso di somministrazione endovenosa piuttosto che intra arteriosa: tale rischio è aumentato per i pazienti con funzione renale già compromessa e/o diabete [24].
Tra gli eventi avversi maggiori legati all’utilizzo di IOCM più rari, ma potenzialmente gravi, vi è l’encefalopatia indotta da mezzo di contrasto (Contrast-Induced Encefalopathy, CIE) [5, 6].
Durante un episodio di CIE i pazienti possono sviluppare un’ampia gamma di deficit neurologici: il più frequente è rappresentato dalla cecità transitoria corticale, afasia, deficit neurologici focali, confusione, simulando quindi la clinica tipica dello stroke, a cui si potrebbe aggiungere il rialzo termico. La sintomatologia nella maggior parte dei casi si risolve entro 24-48 ore, meno spesso, entro pochi giorni [6], in rari casi i danni possono essere permanenti [7].
Nel presente lavoro riportiamo un caso di CIE a seguito dell’utilizzo di IOCM intra arterioso durante una procedura di angioplastica di stenosi carotidea in un paziente affetto da diabete mellito, ipertensione arteriosa, scompenso cardiaco ed insufficienza renale cronica in fase uremica (End Stage Renal Disease, ESRD) in trattamento dialitico peritoneale (Peritoneal Dialysis, PD) cronico.
Limitatamente alle nostre conoscenze, si tratta del primo caso riportato in letteratura di paziente con ESRD trattato con PD cronica che abbia sviluppato questa rara complicanza.

 

Caso clinico

Riportiamo un caso clinico di un paziente di 78 anni, di etnia caucasica, affetto da ESRD secondaria a nefropatia diabetica con diuresi ancora conservata, in trattamento con Continuous Cycling Peritoneal Dialysis (CCPD1) da dicembre 2019 presso il nostro centro di dialisi peritoneale. Lo schema dialitico domiciliare prevedeva l’utilizzo di 9,5 L di dialisato (agente osmotico: Glucosio 1,36%) per la dialisi automatizzata notturna e 1 scambio diurno con 1,5 L (agente osmotico: Icodestrina 7,5%); l’ultrafiltrazione media giornaliera era pari circa a 1 L, e la diuresi residua media giornaliera era pari a circa 1 L. In anamnesi patologica prossima si documentava un ricovero di circa sei mesi prima per polmonite da SARS-CoV-2 successivamente complicata da peritonite sterile. Tra le principali comorbidità si identificavano l’ipertensione arteriosa, scompenso cardiaco cronico secondario a cardiopatia ischemica e pregressi attacchi ischemici cerebrali transitori (TIA). Non erano documentate precedenti allergie.

Il paziente veniva ricoverato nel nostro reparto per una peritonite polimicrobica de novo (dagli esami colturali del liquido peritoneale venivano isolati Escherichia Coli, Enterococcus Faecalis, Klebsiella Pneumoniae), trattata con terapia antibiotica endovenosa (Piperacillina/Tazobactam e Linezolid) ed intraperitoneale (Ceftazidime e Vancomicina) ottenendo una buona risposta clinica e laboratoristica. Durante il ricovero lo schema dialitico prevedeva tre scambi di Continuous Ambulatory Peritoneal Dialysis (CAPD) di cui due diurni con agente osmotico Glucosio 1,36% (2 L per scambio) e uno notturno con 1,5 L (agente osmotico: Icodestrina 7,5%). Il ricovero veniva complicato da un infarto NSTEMI (Non ST-segment Elevation Myocardial Infarction), per cui veniva eseguita una coronarografia urgente, durante la quale venivano somministrati per via intra arteriosa 125 mL di IOCM (Iodixanolo 320 mg/mL). Veniva documentata trombosi a carico di un pregresso stent sulla coronaria interventricolare anteriore, che veniva efficacemente trattata tramite una Percutaneous Transluminal Angioplasty (PTA) e il posizionamento di uno stent medicato (drug-eluting stent, DES), pertanto veniva avviata duplice terapia antiaggregante. Alcune ore dopo la procedura, il paziente manifestava un episodio di afasia per cui veniva eseguita una angio-TC (Tomografia Computerizzata) cerebrale che escludeva eventi ischemico-emorragici acuti, ma evidenziava una lesione occipitale subacuta e una stenosi critica della carotide interna sinistra, con indicazione a correzione per via percutanea.

Nelle giornate successive il paziente mostrava una graduale e spontanea regressione della sintomatologia, pertanto si procedeva all’esecuzione in elezione di PTA della nota stenosi carotidea. Al fine di ridurre il rischio di nefropatia da mezzo di contrasto (PC-AKI, Post Contrast-Acute Kidney Injury) in paziente con diuresi conservata, nelle 12 ore precedenti l’esame, veniva somministrata soluzione fisiologica 0,9% 1000 mL, anche in considerazione dei valori di pressione arteriosa sistemica ai limiti inferiori (Pressione Arteriosa media, PAm 100/65 mmHg) a seguito dell’evento cardiologico. Al fine, inoltre, di favorire l’eliminazione urinaria di IOCM è stata confermata la terapia diuretica cronica. L’accesso arterioso avveniva tramite l’arteria femorale destra, venivano somministrati di 75 mL di IOCM (Iopidamolo 300 mg/ml) intra arterioso. Veniva posizionato uno stent 10×40 mm a livello del bulbo carotideo poi dilatato con un palloncino 5×20 mm, escludendo così la nota placca ateromasica. L’intervento avveniva in assenza complicanze intra procedurali e si otteneva la completa ricanalizzazione della arteria carotidea.

Dopo due ore dalla procedura il paziente appariva confuso, non collaborante, e disartrico. I nervi cranici esplorati erano intatti, ad eccezione di un deficit aspecifico del VII nervo e del nervo oculomotore in paziente affetto da completa perdita del visus. Nelle ore successive il paziente sviluppava inoltre iperpiressia (TC fino a 38,5 °C), in assenza di segni clinici o laboratoristici suggestivi per infezione in atto (le emocolture e le colture del liquido peritoneale sono risultate negative).  Non vi erano segni clinici di sovraccarico idrico e la diuresi era conservata. I parametri vitali documentavano un quadro di ipotensione (PAm 90/50 mmHg). In Tabella 1 sono riportati i principali parametri biochimici del paziente che si riferiscono a un mese precedente al ricovero in fase di stazionarietà clinica e immediatamente precedenti all’evento acuto (Tabella 1).

  Un mese prima del ricovero in fase di stazionarietà clinica Il giorno precedente l’evento acuto
BMI (kg/m2) 29,4
Pressione arteriosa (mmHg) 160/70 100/65
Diuresi/24 ore (mL) 1100 700
Creatinina (mg/dL) 6,0 4,58
eGFR (mL/min/1,73 m2) 8 11
Urea (mg/dL) 84 65
Na (mmol/L) 137 138
K (mmol/L) 3,6 3,5
Calcio (mg/dL) 8,5 9,0
HCO3(mmol/L) 26,8 28,0
Emoglobina (g/L) 108 138
Albumina (g/dL) 3,9 3,5
BNP (ng/L) 13459 9000
Schema dialitico Agente osmotico, Volume Agente osmotico, Volume
CCPD1 NIPD Glucosio 1,36%, 9.5 L
Scambio diurno Icodestrina 7,5%, 1,5 L
CAPD Scambi diurni Glucosio 1,36%, 2 L x 2
Scambio notturno Icodestrina 7,5%, 2 L
UF nelle 24 ore (ml) 900 mL 1100 mL
Total wKt/Vurea 2,1
Total wCCr (ml/min/1,73m2) 60
Tabella 1. Parametri bioumorali del paziente un mese prima del ricovero in fase di stazionarietà clinica e il giorno precedente l’evento acuto.
BMI: Body Mass Index; eGFR: estimated Glomerular Filtration Rate; UF: Ultrafiltrazione; CCPD1: Continuous Cycling Peritoneal Dialysis; NIPD: Nocturnal Intermittent Peritoneal Dialysis; CAPD: Continuous Ambulatory Peritoneal Dialysis; Total wKt/Vurea: Total (renale e peritoneale) weekly Kt/Vurea; Total wCCr: Total (renale e peritoneale) weekly Clearance della Creatinina; BNP: Brain Natriuretic Peptide.

La TC e la Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) encefaliche escludevano fatti ischemici o emorragici acuti, ma la TC evidenziava segni di edema cerebrale diffuso (Figura 1). L’Elettro Encefalo Gramma (EEG) mostrava segni di anomalie dell’emisfero destro correlabili a sequele di recente ischemia. Veniva quindi impostata idratazione con soluzione fisiologica 0,9% (1000 mL nelle 24 h) e somministrati Mannitolo 18% (100 mg bis in die) e Desametasone (8 mg bis in die) a scopo anti-edemigeno. Il paziente proseguiva il trattamento di CAPD implementato con uno scambio supplementare al giorno (agente osmotico: glucosio 2,27% 2 L) a scopo depurativo. Nei due giorni successivi si documentava una remissione completa della sintomatologia. La clinica, il timing di insorgenza e di regressione, le indagini laboratoristiche e strumentali consentivano pertanto di ipotizzare una encefalopatia secondaria all’utilizzo di IOCM in paziente con numerosi fattori di rischio per tale complicanza.

Figura 1. TC senza mezzo di contrasto: edema cerebrale diffuso.
Figura 1. TC senza mezzo di contrasto: edema cerebrale diffuso.

 

Discussione

Nel presente lavoro abbiamo descritto un raro caso di comparsa di sintomatologia neurologica scatenata dalla somministrazione intra-arteriosa di IOCM in un paziente con più comorbidità (diabete mellito, ESRD, ipertensione arteriosa, scompenso cardiaco, pregressi TIA) [2, 8].

È noto che la somministrazione di mezzo di contrasto si associa al rischio di sviluppare MARCE, che comprendono sia forme di nefropatia da mezzo di contrasto (PC-AKI) che altre complicanze sistemiche come eventi cardiaci e cerebrali [1, 2]. Se per la PC-AKI vi sono numerose evidenze [9], limitatamente a quanto a noi noto, vi è poca letteratura in merito alle altre forme di MARCE e in particolare alla CIE.

La fisiopatologia della neurotossicità da mezzo di contrasto non è completamente conosciuta: l’ipotesi è che il mezzo, attraversando la barriera ematoencefalica, si accumuli ed eserciti una tossicità diretta nei confronti delle cellule nervose e l’iperosmolarità dello stesso contribuirebbe all’instaurarsi dell’edema cerebrale [10, 11].

Clinicamente, la CIE è una diagnosi di esclusione di altre patologie cerebrali acute e pertanto l’imaging cerebrale è utile per la diagnostica differenziale; l’uso di TC e di RMN consente di escludere eventi embolici, emorragici ed emodinamici. Alla RMN è possibile riscontrare aree corticali edematose che appaiono iper-intense, alla CT è possibile osservare aree di iperattenuazione corticale che simulano lesioni ischemiche subcorticali e lesioni emorragiche; tuttavia la TC potrebbe anche non mostrare alcun reperto patologico [5, 12]. L’imaging del nostro paziente escludeva fatti ischemico-emorragici acuti, mentre la presenza di edema cerebrale diffuso era compatibile con il sospetto clinico di CIE. Una presentazione clinica analoga si potrebbe riscontrare in corso di Posterior Reversible Encephalophaty Syndrome (PRES), quadro neurologico spesso secondario a quadri ipertensivi, indotto da farmaci, preeclampsia e CKD. Questa condizione si associa tipicamente a ipodensità patologiche nelle aree cerebrali posteriori alla TC, e zone di edema vasogenico localizzato, con ipodensità nelle sequenze T1-pesate e iperdensità nelle sequenze T2-pesate alla RMN , che nel nostro paziente non era possibile documentare.

Per quanto riguarda la terapia della PC-AKI, secondo le recenti line guida ESUR (European Society of Urology and Radiology) [14], l’identificazione dei pazienti ad alto rischio, la prevenzione e lo stretto monitoraggio dopo la somministrazione rappresentano le azioni più efficaci per ridurne l’incidenza.

Gli IOCM vengono eliminati rapidamente attraverso il glomerulo; in caso di rallentata eliminazione essi diffondono nel compartimento extravascolare fino all’equilibrio. Pertanto una ridotta funzionalità renale determina una riduzione della clearance e un accumulo di IOCM nei tessuti. Nei pazienti normofunzione renale (eGFR>100 mL/min) il 50% di IOCM è escreto nelle urine dopo circa 2 ore; nei pazienti con danno renale severo (eGFR<25 mL/min) l’eliminazione urinaria del 50% di IOCM si ottiene in 16-84h; mentre nei pazienti con ESRD l’eliminazione è molto più lenta, con un contributo da parte dell’eliminazione biliare [15].

L’emodialisi (Haemodialysis, HD) e la PD risultano efficaci nel rimuovere dal corpo gli agenti di contrasto, anche se la PD in tempi più lunghi rispetto all’HD. In particolare, la CAPD rimuove tra il 36% e l’80% del IOCM somministrato in sette giorni [16]. Nella Tabella II abbiamo riportato le principali evidenze in letteratura in merito all’eliminazione del mezzo di contrasto in relazione alla funzione renale e alle diverse tecniche dialitiche.

  Mezzo (V) Osmolarità (mOsm/kg H2O) Tecnica dialitica Emivita (media) Tasso di rimozione (tempo) Modalità di escrezione Bibliografia
eGFR>100 mL/min Iomeprolo

(50 mL)

730 2h 87% (12h)

90% (24h)

Urine (93%)

Feci (1,5%)

Lorusso, 2001

[15]
eGFR 75-50 mL/min 4-8h Urine (90%)

Feci(2,4%)

eGFR 26-50 mL/min 4-8h Urine (82%)

Feci (2,6%)

eGFR<25 mL/min 16-84h Urine (68%)

Feci (7%)

Bile

HD HD LF 83% (4h) Dialisato (58%)
  Iopromide/

Iomeprol

(64 mL)

777/791 HD LF 1h55’ 64% (4h) Schindler, 2001

[26]
  HD HF 1h40’ 74% (4h)
  Iopromide

Iomeprol (60 mL)

HDF online 1h35’ 82% (4h)
  HF online 2h10’ 62% (4h)
PD Iopamidolo

(30 mL)

796 CAPD (2×3.86%+

1,36%)

38h

 

36-80% (7 giorni) Urine (27%) Donnelly, 1992

[27]
  APD

(36-60l)

16-18h 43-72%  
Tabella 2. Caratteristiche di eliminazione dei mezzi di contrasto in base all’eGFR o alla tecnica renale sostitutiva.
eGFR: estimated Glomerular Filtration Rate; HD: Haemodialysis; PD: Peritoneal Dialysis; LF: Low Flux; HF: High Flux; CAPD: Continuous Ambulatory Peritoneal Dialysis; APD: Automated Peritoneal Dialysis.

Tuttavia non vi sono evidenze che indichino un vantaggio nell’eseguire una seduta dialitica post esposizione all’IOCM per prevenire la PC-AKI anche nei pazienti a rischio [16].

Pertanto per la prevenzione della nefropatia da mezzo di contrasto, la principale strategia è rappresentata dall’idratazione pre- e post-esposizione a mezzo di contrasto con Na bicarbonato 1,4% 3 mL/kg/h nell’ora precedente e con soluzione fisiologica al 0,9% 1 mL/kg/h per 3-4 ore prima e 4-6 ore dopo, compatibilmente con la funzione renale e cardiaca [5, 12, 17]. Anche i farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS) potrebbero causare una maggior esposizione al mezzo di contrasto per riduzione del flusso ematico renale [18]. Il nostro paziente era in duplice terapia antiaggregante con ticagrelor, inibitore del recettore P2Y12 dell’ADP, che non presenta attività anti-infiammatoria, e con acido acetilsalicilico a bassa dose (100 mg al giorno). A tale dosaggio tale molecola esercita un’azione prevalentemente antiaggregante rispetto a quella anti-infiammatoria [19], con un impatto trascurabile sulla funzionalità renale [20].

Viceversa, per le forme di CIE non vi sono chiare evidenze in letteratura in merito a un trattamento ottimale [21]. La somministrazione di fluidi, al fine di favorirne l’eliminazione renale, sembra essere utile nei pazienti con funzione renale residua; il ricorso a farmaci sintomatici (anticonvulsivanti, anti piretici) è indicato. La somministrazione di steroidi a scopo anti-edemigeno può essere considerata in caso di documentato edema cerebrale [22]; analogamente, il mannitolo, in quanto agente iperosmolare, viene utilizzato per ridurre l’edema cerebrale, richiamando acqua libera in eccesso a livello della barriera ematoencefalica e favorendone l’eliminazione a livello renale; il suo uso nei pazienti con ESRD è dibattuto dal momento che il rallentato metabolismo del IOCM in pazienti oligoanurici potrebbe associarsi a una retrodiffusione dello stesso. Il nostro paziente aveva una diuresi conservata e il mannitolo potrebbe aver contribuito alla sua eliminazione [7, 24].

Limitatamente a quanto per noi noto, non sono riportati in letteratura casi di pazienti in PD che abbiano sviluppato CIE. Sono stati decritti invece pochi casi di CIE in pazienti affetti da CKD e in pazienti con ESRD in HD cronica [21, 23, 25], e alcuni casi di sindromi neurologiche (Posterior Reversible Encephalopathy Syndrome, PRES) in pazienti con CKD [13].

Per i primi è stata somministrata terapia medica, mentre quelli in HD cronica hanno eseguito anche una seduta emodialitica supplementare, che potrebbe aver favorito la rimozione più rapida di mezzo di contrasto [11, 16].

Il nostro paziente, in PD cronica con ancora funzione renale residua, ha raggiunto in pochi giorni una completa risoluzione della sintomatologia, giovandosi di idratazione, somministrazione di mannitolo e steroidi ed implementazione degli scambi di dialisi peritoneale già in corso. Non abbiamo sottoposto il paziente a un trattamento di dialisi peritoneale automatizzata, che rimuoverebbe in maggior percentuale il mezzo di contrasto utilizzando tuttavia alti volumi (36-60 L) in un periodo di tempo lungo (16-18 ore), né ad un trattamento di emodialisi per evitare una conseguente disidratazione e un peggioramento dell’ipotensione [16]. La terapia medica oltre che funzione antiedemigena può aver favorito l’eliminazione renale del IOCM, a cui si è aggiunta la clearance peritoneale che può aver contribuito sia a una miglior depurazione che a una parziale eliminazione del mezzo di contrasto.

 

Conclusioni

La CIE è una complicanza rara, la cui patogenesi al momento non risulta completamente chiara, ma che va ricordata nella diagnosi differenziale nei pazienti con alterazione della funzione renale che sviluppino sintomi neurologici dopo essere stati sottoposti a procedure con mezzo di contrasto intra arterioso, in considerazione della rallentata eliminazione del mezzo di contrasto, e con altri fattori di rischio associati.

 

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New strategies for prevention and early diagnosis of iodinated contrast-induced nephropathy: a systematic review

Abstract

Iodinated contrast-induced nephropathy is one of the most feared complications of percutaneous coronary interventions and is associated with increased cardio-vascular mortality and a faster progression towards end stage renal disease. The effects of the iodinated contrast medium on intra-renal hemodynamics and its direct cytotoxic action on proximal tubular cells contribute synergistically to the pathophysiology of renal damage. Since the therapeutic options are extremely limited, the rapid identification of risk factors and the timely implementation of preventive strategies are mandatory to reduce the incidence of iodinated contrast-induced nephropathy. To date, the criteria for defining and staging contrast medium nephropathy are still based on the increase of serum creatinine and/or contraction of diuresis, which are lacking in specificity and therefore do not allow early diagnosis. The aim of this review is to report the latest evidence on the pathophysiological mechanisms that contribute to renal damage by iodinated contrast medium, on the risk stratification tools and on the new early biomarkers of contrast-induced nephropathy, while also focusing on the most validated prevention strategies.

 

Keywords: contrast medium, nephropathy, risk factors, early diagnosis, prevention

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Introduzione

La nefropatia da mezzo di contrasto iodato (Contrast Induced Nephropathy – CIN) rappresenta la terza causa di danno renale acuto (Acute Kidney Injury – AKI) acquisita durante un ricovero ospedaliero. La CIN ha un impatto nettamente sfavorevole sull’outcome del paziente, in quanto si associa ad un’elevata incidenza di eventi cardio-vascolari, una ridotta sopravvivenza sia nel breve che nel medio-lungo termine e a un prolungamento dei tempi di ospedalizzazione, con importanti ripercussioni sulla spesa sanitaria. Un recente studio retrospettivo condotto su 11.249 pazienti sottoposti ad angiografia coronarica ha inoltre dimostrato che lo sviluppo di CIN correla con una progressione più rapida verso l’insufficienza renale cronica [1,2]. Questi dati dipendono non solo dal numero sempre più crescente di procedure radiologiche eseguite per fini diagnostici e/o terapeutici, ma soprattutto dalle caratteristiche demografiche dell’utenza che beneficia di tali procedure: nella maggior parte dei casi, infatti, si tratta di pazienti anziani affetti da una o più comorbilità, (ad es., scompenso cardiaco cronico, ipertensione arteriosa, diabete mellito, malattia renale cronica – MRC – preesistente, etc.,), che correlano con un aumentato rischio di CIN rispetto alla popolazione generale [3]. Sebbene l’associazione tra esposizione a mezzo di contrasto (MDC) e tossicità renale sia nota dagli anni ’60, ad oggi non vi è accordo in letteratura sulle modalità di definizione e stadiazione della CIN, che si basano ancora su parametri, quali la creatininemia e la diuresi, privi di specificità e che non consentono una diagnosi precoce. Negli ultimi anni il tema della tossicità renale da MDC è stato oggetto di nuovi studi in ambito nefrologico, cardiologico e radiologico, che hanno consentito di acquisire importanti conoscenze sulla fisiopatologia, i fattori di rischio e le strategie di prevenzione della CIN. Lo scopo della presente review è stato quello di riesaminare le ultime evidenze sui meccanismi fisiopatologici che concorrono al danno renale da MDC, sugli strumenti di stratificazione del rischio e sui nuovi biomarkers precoci di CIN, focalizzando altresì l’attenzione sulle strategie preventive maggiormente validate in letteratura. 

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