Supplemento S81 - In depth review

Management of the Oncological Patient with Chronic Renal Failure

Abstract

Cancer is a leading cause of death in people with chronic kidney disease (CKD). The incidence of CKD in patients with cancer is higher than in the non-cancer population. Across various populations, CKD is associated with an elevated risk of cancer incidence and cancer death compared with people without CKD, although the risks are cancer site-specific. The potential mechanisms for the increased risk of cancer observed in CKD, include patient factors, disease, and treatment factors. CKD has also a major impact on the treatment of cancer patients. The kidney is the primary route of elimination of many anticancer drugs. Dosing of anticancer agents according to kidney function is essential to avoid undertreatment and toxicity. Because of the systemic exclusion of patients with severe kidney dysfunction from clinical cancer trials, data are lacking to guide dosing of anticancer drugs in patients with chronic kidney disease. As a consequence, many therapies are denied to CKD patients due to their possible toxicities. An orchestrated effort by all stakeholders is required to fill the knowledge gap and improve the outcome of cancer patients with kidney dysfunction.

Sorry, this entry is only available in Italian.

L’aumento del rischio di cancro nei pazienti con malattia renale cronica è noto e i pazienti con tumore hanno una maggiore incidenza di malattia renale cronica [1]. È stato ipotizzato un possibile ruolo dell’insufficienza renale nel determinare un microambiente infiammatorio e/o uno stress ossidativo capace di produrre un habitat ideale per la crescita di un tumore.

I primi studi che hanno riportato dati di una elevata prevalenza di insufficienza renale nei pazienti oncologici risalgono a 15 anni fa. Si tratta degli studi IRMA 1 e 2 che hanno incluso circa 5000 pazienti non in dialisi con diagnosi di tumore solido [2, 3]. In queste coorti, il 52,9% e il 50,2% dei pazienti rispettivamente in IRMA-1 e IRMA-2 avevano un filtrato glomerulare (GFR) ridotto, e il 12,0% e l’11,8% uno stadio 3 o 4 di insufficienza renale. Contestualmente, altri studi in Belgio, Stati Uniti, Giappone e Austria hanno riportato prevalenze di GFR < 60 mL/min variabili tra il 12% e il 25% [4-7]. Lo studio IRMA-2, ha valutato anche il potenziale impatto dell’insufficienza renale sulla sopravvivenza dei pazienti con un follow-up di 2 anni. Ne è risultato che un GFR inferiore a 60 mL/min al momento dell’inclusione nello studio correlava con una sopravvivenza inferiore. Di più, l’analisi multivariata aggiustata per diversi fattori, inclusa l’età, ha mostrato che i pazienti con un GFR inferiore a 60 mL/min avevano una sopravvivenza media di 16,4 mesi, molto inferiore ai 25,0 mesi per i pazienti con un GFR ≥ 60 mL/min, indipendentemente dal tipo di tumore o dallo stadio della malattia oncologica. Considerando i 2382 pazienti che avevano una malattia non metastatica, l’impatto dell’insufficienza renale sulla sopravvivenza manteneva la significatività con sopravvivenze di 21,0 vs 25,0 mesi per i pazienti con un GFR < o ≥ 60 mL/min, rispettivamente [3].

Il rischio di tumore può essere influenzato da fattori che dipendono dal paziente come il fumo, l’obesità, le malattie cardiovascolari, ma anche dalla malattia di base [8, 9] o fattori genetici [1, 10]. Si tratta di fattori di rischio spesso comuni allo sviluppo di insufficienza renale cronica. I meccanismi alla base dell’associazione tra stile di vita e cancro non sono stati completamente chiariti. Questi includono l’associazione diretta con altri fattori di rischio cardiometabolico con un aumento dell’infiammazione che promuove un danno ossidativo del DNA, o l’ingestione di agenti cancerogeni (come i nitriti contenuti in molti alimenti conservati) [11]. Un altro fattore di rischio è rappresentato dalle esposizioni professionali o ambientali (amianto, pesticidi, polveri, idrocarburi e altri inquinanti). Alcune condizioni genetiche come ad esempio la malattia di Von Hippel-Lindau (VHL) o la sclerosi tuberosa, malattie genetiche rare, sono caratterizzate da una frequenza aumentata tumori (Figura 1).

Figura 1. Fattori di rischio condivisi tra insufficienza renale cronica e tumore.
Figura 1. Fattori di rischio condivisi tra insufficienza renale cronica e tumore.

Va sottolineato che l’incidenza più elevata di alcuni tumori come quelli renali, della prostata o ematologici, potrebbe essere correlata almeno in parte ad un bias diagnostico. I pazienti con insufficienza renale sono infatti sottoposti a controlli più frequenti. D’altra parte la presenza di insufficienza renale può essere riscontrata in corso di accertamenti per un tumore non correlato. Un altro fattore di rischio può essere rappresentato dai trattamenti pregressi. Alcuni immunosoppressori utilizzati nel trattamento di patologie nefrologiche possono aumentare il rischio di tumore. L’esempio più ovvio è quello della ciclofosfamide, ma anche gli stimolatori di eritropoiesi possono esacerbare tumori pre-esistenti.

La presenza di insufficienza renale cronica ha un impatto importante sul trattamento dei pazienti oncologici [12, 13]. Due studi, pubblicati quasi contemporaneamente, hanno dimostrato l’importanza degli aggiustamenti del dosaggio dei farmaci antitumorali nei pazienti con un GFR < 60 mL/min. Nel primo Chen et al. hanno incluso 143 pazienti con carcinoma colorettale metastatico con una creatinina sierica di norma al momento dell’inclusione e trattati con lo stesso protocollo (dosaggio standard di chemioterapia). Al termine del trattamento i pazienti sono stati suddivisi in due gruppi a seconda che avessero, al momento dell’inclusione, un GFR < o > 60 mL/min. Il 35% dei pazienti inclusi in questo studio aveva un GFR < 60 mL/min nonostante valori normali di creatinina. In questo gruppo sono stati registrati tassi di eventi avversi dose-correlati significativamente più elevati con frequente necessità di interrompere il trattamento e una più rapida progressione di malattia [14].

Nel secondo studio condotto su pazienti anziane affette da carcinoma mammario in fase iniziale, il trattamento chemioterapico è stato aggiustato per il grado di insufficienza renale. Confrontando il gruppo di pazienti con un GFR < 60 mL/min (trattate con dosi aggiustate) e il gruppo di pazienti con un GFR > 60 mL/min (trattate con dosi standard), non sono emerse differenze significative nell’andamento dell’insufficienza renale, sulla sopravvivenza libera da recidiva o sulla sopravvivenza globale [15]. Questi risultati hanno sottolineato l’importanza di adattare i dosaggi dei farmaci antitumorali alla funzione renale quando i pazienti hanno una insufficienza renale, anche moderata.

Nonostante i dati di prevalenza di insufficienza renale cronica (CKD) e le sue implicazioni prognostiche, non ci sono linee guida che regolino il trattamento del cancro nei pazienti con CKD, principalmente a causa dell’esclusione di tali pazienti dagli studi clinici. In una recente metanalisi [16] sono stati valutati i trial relativi ai 5 tumori solidi più frequenti pubblicati tra il 2012 e il 2017. Dei 310 trial identificati l’85% escludeva i pazienti con insufficienza renale cronica. Considerando che almeno la metà dei pazienti oncologici può avere una CKD alla diagnosi è verosimile che gli studi clinici sul cancro non siano rappresentativi della popolazione generale.

Le stesse problematiche persistono anche negli studi relativi alle nuove terapie. Una review recentemente pubblicata da Elyan et al. [17] ha messo in evidenza l’esclusione dei pazienti con insufficienza renale da tutti gli studi che valutano l’impiego della terapia combinata con immunocheckpoint inhibitor (ICI) e anti-VEGF. Nello specifico, nessuno studio ha incluso pazienti con insufficienza renale cronica avanzata e pochi hanno incluso pazienti con proteinuria. La scarsa inclusione nei trial di pazienti affetti da CKD può inficiare la validità dei risultati e impedirne l’estensione alla popolazione generale. L’assenza di questi dati può inoltre penalizzare i pazienti con compromissione della funzione renale ai quali spesso viene negata la possibilità di accedere a queste “nuove molecole” come gli ICI, senza che vi sia una reale giustificazione. Questi farmaci hanno proprietà farmacocinetiche che sono sovrapponibili a tutti gli anticorpi monoclonali. Dopo somministrazione endovena hanno un volume di distribuzione limitato perché sono in gran parte confinati nello spazio intravascolare. I dati di farmacocinetica disponibili hanno consentito di dimostrare che questi farmaci non vengono eliminati né dal fegato né dai reni, ma vengono sottoposti ad un processo di endocitosi e di degradazione proteolitica aspecifica nei tessuti periferici o ad opera del sistema reticolo endoteliale. È importante quindi ricordare che la clearance del farmaco è proporzionale alla massa tumorale e che diminuisce con la progressiva riduzione del tumore. È proprio in questa fase di clearance ridotta che aumenta la possibilità di effetti collaterali [18].

Uno studio pubblicato recentemente da Tiu et al. ha valutato la comparsa di insufficienza renale terminale e acute kidney injury (AKI) in tre gruppi di pazienti trattati con immunocheckpoint inhibitor, terapie oncologiche nefrotossiche o terapie oncologiche non nefrotossiche. I risultati dello studio hanno portato gli autori a concludere che gli ICI non sono associati ad un aumento del rischio di AKI o di insufficienza renale di nuova insorgenza rispetto ad altre terapie antineoplastiche in pazienti con insufficienza renale cronica avanzata. Inoltre, la presenza di malattia renale cronica avanzata non aumenta il rischio di eventi avversi immunologici extra-renali [19].

Un altro aspetto sul quale la letteratura ad oggi è carente riguarda i dati di farmacocinetica dei farmaci oncologici nei pazienti affetti da CKD. Meno del 60% dei farmaci oncologici approvati tra il 1999 e il 2010 includono dati relativi alla farmacocinetica nei pazienti affetti da insufficienza renale cronica.

Con molti chemioterapici convenzionali le variazioni di farmacocinetica espongono i pazienti a possibili sovradosaggi quando la dose non sia adattata alla funzione renale. La somministrazione di un farmaco a dose standard ad un paziente in cui i processi di eliminazione sono compromessi espone ad un elevato rischio di effetti collaterali anche gravi. È quindi fondamentale che il dosaggio dei farmaci antitumorali nei pazienti con CKD sia adeguato per evitare problemi di sovradosaggio e tolleranza.

Nella pratica clinica molti pazienti non ricevono aggiustamenti della dose terapeutica adeguati. In uno studio retrospettivo, circa la metà dei pazienti con funzionalità renale compromessa e tumori solidi, il cui trattamento necessitava di aggiustamenti della dose per la funzionalità renale, ha ricevuto in quasi il 50% dei casi delle prescrizioni a dosi standard con una potenziale tossicità inaccettabile per il paziente. Circa il 3% dei pazienti ha ricevuto un farmaco per il quale sarebbe necessario un aggiustamento della dose nel contesto di funzionalità renale compromessa senza alcuna valutazione della funzionalità renale. I farmaci più comunemente implicati includevano cisplatino, carboplatino, capecitabina, etoposide e l’acido zoledronico [4]. L’errore di prescrizione della dose di questi farmaci può dipendere dalla formula utilizzata per il calcolo della funzione renale. Una stima accurata del GFR nei pazienti oncologici è essenziale per garantire un dosaggio ottimale dei farmaci chemioterapici tradizionali o di alcune nuove molecole.

Nonostante molti farmaci oncologici vengano dosati, in base alla superficie corporea (BSA) il metodo più comunemente usato per stimare la funzione renale in oncologia rimane la formula di Cockroft Gault, che fornisce una metrica assoluta della funzione renale, non indicizzata alla BSA. Il carboplatino costituisce un esempio di come una variazione “apparentemente limitata” di prescrizione possa comprometterne l’efficacia. Il carboplatino mostra una relazione esposizione-risposta con l’aumento dell’area sotto la curva (AUC), con conseguente aumento dell’attività antitumorale. Il plateau della relazione esposizione-risposta e ulteriori aumenti dell’esposizione determinano un aumento della tossicità. L’AUC target suggerito per il carboplatino è di 4-6 mg/mL al minuto, che sembra ottimizzare l’efficacia antitumorale entro tossicità accettabili. Anche piccoli cambiamenti del dosaggio e dell’esposizione al carboplatino possono avere conseguenze cliniche significative. Ad esempio, una riduzione della dose di carboplatino anche solo del 10% può comportare un raddoppio del tasso di recidiva a 5 anni [20]. Sono necessari quindi ulteriori studi che consentano di definire la modalità più adeguata di valutazione della funzione renale nei pazienti oncologici al fine di consentire una prescrizione ottimale dei farmaci più indicati.

In conclusione, l’incidenza e la mortalità per tumore nei pazienti con insufficienza renale cronica continuano a costituire un challenge importante per nefrologi e oncologi. Ad oggi sappiamo che tali dati sono verosimilmente correlati a una combinazione di fattori di rischio che possono dipendere dal paziente, dalla malattia di base e dal trattamento stesso. Tuttavia il persistere di un limitato coinvolgimento di questi pazienti, che costituiscono una porzione significativa della popolazione generale, negli studi di farmacocinetica, farmacodinamica e di registrazione continua a rappresentare un ostacolo significativo ad una gestione ottimale. Questi pazienti continuano a non avere accesso a nuove terapie o ricevono dosi inadeguate di terapie convenzionali che ne condizionano una evoluzione sfavorevole.

 

Bibliografia

  1. Lowrance WT, Ordoñez J, Udaltsova N, et al. CKD and the risk of incident cancer. J Am Soc Nephrol. 2014;25:2327-34. https://doi.org/10.1681/ASN.2013060604.
  2. Launay-Vacher V, Oudard S, al; Renal Insufficiency and Cancer Medications (IRMA) Study Group. Prevalence of Renal Insufficiency in cancer patients and implications for anticancer drug management: the renal insufficiency and anticancer medications (IRMA) study. Cancer. 2007;110:1376-84. https://doi.org/10.1002/cncr.22904.
  3. Launay-Vacher V. Epidemiology of chronic kidney disease in cancer patients: lessons from the IRMA study group. Semin Nephrol. 2010;30:548-56. https://doi.org/10.1016/j.semnephrol.2010.09.003.
  4. Janus N, Launay-Vacher V, Byloos E, et al. Cancer and renal insufficiency results of the BIRMA study. Br J Cancer. 2010 Dec 7;103(12):1815-21. https://doi.org/10.1038/sj.bjc.6605979.
  5. Canter D, Kutikov A, Sirohi M, et al. Prevalence of baseline chronic kidney disease in patients presenting with solid renal tumors. Urology. 2011;77:781-5. https://doi.org/10.1016/j.urology.2010.11.050.
  6. Nakamura Y, Tsuchiya K, Nitta K, et al. Prevalence of anemia and chronic kidney disease in cancer patients: clinical significance for 1-year mortality. Nihon Jinzo Gakkai Shi. 2011;53:38-45.
  7. Königsbrügge O, Lötsch F, Zielinski C, et al. Chronic kidney disease in patients with cancer and its association with occurrence of venous thromboembolism and mortality. Thromb Res. 2014;134:44-9. https://doi.org/10.1016/j.thromres.2014.04.002.
  8. Wakasugi M, Narita I, Iseki K, et al. The Effect of CKD on Associations between Lifestyle Factors and All-cause, Cancer, and Cardiovascular Mortality: A Population-based Cohort Study. Intern Med. 2021;60:2189-2200. https://doi.org/10.2169/internalmedicine.6531-20.
  9. Tang L, Li C, Chen W, et al. Causal Association between Chronic Kidney Disease and Risk of 19 Site-Specific Cancers: A Mendelian Randomization Study. Cancer Epidemiol Biomarkers Prev. 2022;31:1233-1242. https://doi.org/10.1158/1055-9965.EPI-21-1318.
  10. Lees JS, Elyan BMP, Herrmann SM,et al. The ‘other’ big complication: how chronic kidney disease impacts on cancer risks and outcomes. Nephrol Dial Transplant. 2023;38:1071-1079. https://doi.org/10.1093/ndt/gfac011.
  11. Key TJ, Bradbury KE, Perez-Cornago A, et al. Diet, nutrition, and cancer risk: what do we know and what is the way forward? BMJ. 2020;368:m511. https://doi.org/10.1136/bmj.m511.
  12. Krens SD, Lassche G, Jansman FGA, et al. Dose recommendations for anticancer drugs in patients with renal or hepatic impairment. Lancet Oncol. 2019;20:e200-e207. https://doi.org/10.1016/S1470-2045(19)30145-7.
  13. Launay-Vacher V, Janus N, Deray G. Renal insufficiency and cancer treatments. ESMO Open. 2016:e000091. https://doi.org/10.1136/esmoopen-2016-000091.
  14. Chen J, Wang XT, Luo PH, et al. Effects of unidentified renal insufficiency on the safety and efficacy of chemotherapy for metastatic colorectal cancer patients: a prospective, observational study. Support Care Cancer. 2015;23:1043-8. https://doi.org/10.1007/s00520-014-2461-3.
  15. Hashimoto Y, Takagi T, Kondo T, et al. Comparison of prognosis between patients with renal cell carcinoma on hemodialysis and those with renal cell carcinoma in the general population. Int J Clin Oncol. 2015;20:1035-41. https://doi.org/10.1007/s10147-015-0812-9.
  16. Kitchlu A, Shapiro J, Amir E, et al. Representation of Patients With Chronic Kidney Disease in Trials of Cancer Therapy. JAMA. 2018;319:2437-2439. https://doi.org/10.1001/jama.2018.7260
  17. Elyan BMP, Rankin S, Jones R, et al. Kidney Disease Patient Representation in Trials of Combination Therapy With VEGF-Signaling Pathway Inhibitors and Immune Checkpoint Inhibitors: A Systematic Review. Kidney Med. 2023;5:100672. https://doi.org/10.1016/j.xkme.2023.100672.
  18. Perazella MA, Shirali AC. Immune checkpoint inhibitor nephrotoxicity: what do we know and what should we do? Kidney Int. 2020;97:62-74. https://doi.org/10.1016/j.kint.2019.07.022.
  19. Tiu BC, Strohbehn IA, Zhao S, et al. Safety of Immune Checkpoint Inhibitors in Patients With Advanced Chronic Kidney Disease: A Retrospective Cohort Study. Oncologist. 2023;28:e379-e390. https://doi.org/10.1093/oncolo/oyad001.
  20. Casal MA, Nolin TD, Beumer JH. Estimation of Kidney Function in Oncology: Implications for Anticancer Drug Selection and Dosing. Clin J Am Soc Nephrol. 2019;14:587-595. https://doi.org/10.2215/CJN.11721018.