Supplemento S80 -

Thrombotic microangiopathy: atypical hemolytic uremic syndrome

Abstract

Atypical hemolytic uremic syndrome is an ultra-rare disease characterized by acute kidney injury, thrombocytopenia, and microangiopathic hemolytic anemia (thrombotic microangiopathy) that occurs with a reported incidence of approximately 0.5 per million per year.

At least 50% of patients with aHUS have an underlying inherited and/or acquired complement abnormality, which leads to dysregulated activity of the alternative pathway at the endothelial cell surface.

Until recently, the prognosis for aHUS was poor, with the majority of patients developing end-stage renal disease within 2 years of presentation. However, with the introduction of eculizumab, a humanized monoclonal antibody against C5, effective to inhibit complement-mediated thrombotic microangiopathy, it is now possible to control the renal disease and prevent development of end-stage renal disease.

Dosing schedule and treatment duration remain controversial and should be rigorously studied.

On this regard, C5b-9 endothelial deposition assay may represent an advance to monitor complement activity in aHUS and to individualize therapy, but currently it can be performed in only specialized laboratories.

 

Keywords: Atypical hemolytic uremic syndrome, complement, anti-C5 monoclonal antibody, C5b-9 assay

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Introduzione

Il termine sindrome emolitico-uremica (SEU) atipica è stato utilizzato per molto tempo per definire qualsiasi forma di SEU non causata da Shiga-tossina (SEU tipica). Le attuali classificazioni riflettono una maggiore comprensione dei meccanismi della malattia, compreso l’impatto del background genetico e dei fattori scatenanti [1]. L’indagine per Shiga-tossina dovrebbe essere comunque di routine in tutti i pazienti con presunta SEU atipica, poiché circa il 5% dei casi di SEU da Shiga-tossina non ha diarrea prodromica, mentre il 30% dei casi di SEU atipica mediata dal complemento ha diarrea o gastroenterite concomitanti.

Attualmente si usa spesso il termine di SEU atipica primaria quando si sospetta fortemente un’anomalia genetica (o acquisita) della via alternativa del sistema del complemento e sono state escluse altre cause di SEU secondaria. Tuttavia, anche in alcuni di questi ultimi casi può venire identificata un’anomalia del complemento. In molti pazienti con un sottostante fattore di rischio del complemento, è inoltre necessario un fattore scatenante per la manifestazione della SEU atipica [2]. Fattori scatenanti possono includere condizioni autoimmuni, trapianto, gravidanza, infezioni, farmaci e condizioni metaboliche [3].

La dimostrazione che la SEU atipica è una malattia associata ad anomalie del complemento ha aperto la strada a trattamenti complemento-specifici, come l’eculizumab, un anticorpo monoclonale umanizzato diretto contro il fattore C5 del complemento [4], che ha migliorato notevolmente la prognosi a lungo termine di questa patologia modificandone drasticamente la storia naturale.

 

Implicazioni delle anomalie genetiche nella SEU atipica

Studi su centinaia di pazienti con SEU atipica hanno permesso di comprendere i fattori genetici della malattia e fornito informazioni in merito alle correlazioni genotipo-fenotipo predittive della progressione della malattia, della risposta alla terapia e del rischio di recidiva dopo il trapianto [5].

Il pannello base di geni da analizzare nello screening genetico della SEU atipica (attualmente mediante Next generation sequencing) dovrebbe comprendere CFH, CD46, CFI, C3, CFB, THBD, CFHR1 e DGKE [611]. Questa analisi dovrebbe includere anche la genotipizzazione per gli aplotipi di rischio CFH-H3 e MCPggaac [12], che rappresentano fattori genetici di suscettibilità per la SEU atipica, spesso presenti in concomitanza con una variante patogenetica.

Nella SEU atipica, le varianti patogenetiche compromettono in modo specifico la capacità di proteggere le cellule endoteliali e le piastrine dell’ospite dal danno o dall’attivazione del complemento [1315]. È inoltre chiaro che la combinazione di diverse varianti patogenetiche e/o la combinazione di varianti patogenetiche e degli aplotipi di suscettibilità in CFH e MCP determinano il rischio e la predisposizione genetica individuale alla SEU atipica [12, 1618].

Le analisi genetiche devono inoltre includere tecnologie adeguate (quale la metodica MLPA, Multiplex Ligation-dependent Probe Amplification) per rilevare la variazione del numero di copie dei geni CFHR, i geni ibridi e altri complessi riarrangiamenti genomici nella regione genomica di CFH/CFHR [1921]. La presenza della delezione in omozigosi dei geni CFHR3-CFHR1 rappresenta un fattore di rischio per la formazione di anticorpi anti-Fattore H, identificati nel 5-10% dei casi di SEU atipica (specialmente bambini) e solitamente associati con questa delezione in omozigosi [22].

L’identificazione di una variante genetica patogenetica in un paziente con SEU atipica rafforza la diagnosi e stabilisce con precisione la causa della malattia, facilitando la gestione del paziente [5].

L’analisi genetica è inoltre essenziale nel trapianto di rene da donatore vivente [23]. La raccomandazione generale nella SEU atipica è che il trapianto da donatore consanguineo di rene dovrebbe essere preso in considerazione solo nel caso in cui fattori genetici chiaramente identificati nel ricevente siano assenti nel donatore consanguineo. In questo contesto, la presenza nel donatore degli aplotipi di suscettibilità CFH-H3 o MCPggaac non costituisce una controindicazione alla donazione [5].

Questo livello di comprensione supporta un approccio individualizzato alla gestione e al trattamento del paziente basato sull’interpretazione esperta dei profili genetici e richiede la diagnostica molecolare in ogni paziente. I tempi per ottenere i risultati dagli studi genetici non dovrebbero peraltro posticipare il trattamento, poiché il trattamento precoce è fondamentale per preservare la funzione renale ed evitare sequele irreversibili [24].

 

Trattamento della SEU atipica

La dimostrazione che la SEU atipica è una malattia associata ad anomalie del complemento ha aperto la strada a trattamenti complemento-specifici.

L’introduzione di eculizumab, un anticorpo monoclonale umanizzato diretto contro il fattore C5 del complemento [4], ha cambiato la storia naturale della SEU atipica. Prima di eculizumab, nella maggior parte dei pazienti con SEU atipica la malattia progrediva verso l’insufficienza renale terminale, momento in cui il processo di microangiopatia trombotica di solito cessava [25]. Con la terapia inibitoria del complemento, la perfusione glomerulare e la funzione renale vengono invece mantenute.

Tutti i pazienti con una diagnosi clinica di SEU atipica primaria sono eleggibili per il trattamento con un inibitore del complemento. Viene raccomandato di seguire lo schema posologico riportato negli studi [4], sebbene siano state prese in considerazione due possibili opzioni per modificare il dosaggio: la dose minima richiesta per ottenere il blocco del complemento, e uno schema posologico di allungamento dell’intervallo delle infusioni fino all’interruzione del trattamento [4]. Non ci sono però dati a supporto di nessuna delle due opzioni ed entrambe richiedono il monitoraggio dell’attività del complemento. Non è comunque raccomandata l’interruzione della terapia che blocca la via terminale del complemento durante una malattia intercorrente, una situazione ad alto rischio di recidiva di SEU atipica.

Se l’accesso alla terapia con eculizumab non è disponibile, è possibile utilizzare il plasma. Il trattamento con plasma-exchange dovrebbe essere preso in considerazione anche per la SEU atipica associata ad anticorpi anti-Fattore H e nel trattamento di emergenza di pazienti critici con grave microangiopatia trombotica (ad es. coma o convulsioni) e un forte sospetto di porpora trombotica trombocitopenica, fino a quando non si dimostra che l’attività di ADAMTS13 sia superiore al 10% [26].

L’utilizzo di plasma-exchange quando l’eculizumab è disponibile può essere associato a qualche miglioramento del quadro clinico, ma può esserci il rischio che ritardare l’inizio della terapia con eculizumab possa portare a un risultato terapeutico non ottimale.

La durata del trattamento con eculizumab è controversa e ad oggi non ci sono prove a sostegno di una terapia permanente in tutti i pazienti affetti da SEU atipica. Gli esperti sono comunque a favore di un periodo minimo di trattamento per consentire un recupero renale ottimale senza recidive precoci [5]. Non ci sono infatti studi prospettici controllati in pazienti con SEU atipica per definire i criteri per l’interruzione della terapia con eculizumab. L’interruzione del trattamento può essere presa in considerazione caso per caso nei pazienti dopo almeno 6-12 mesi di trattamento e almeno 3 mesi di normalizzazione (o stabilizzazione in caso di malattia renale cronica residua) della funzionalità renale. Una interruzione anticipata (a 3 mesi) può essere presa in considerazione nei pazienti (soprattutto bambini) con varianti patogenetiche nel gene MCP, se si è verificata una rapida remissione e recupero della funzione renale [5]. Nei pazienti sottoposti a dialisi, la terapia con eculizumab deve essere mantenuta per almeno 4-6 mesi prima di considerare l’interruzione. Nei pazienti che hanno subito un trapianto, in particolare quelli che hanno perso precedenti trapianti, l’interruzione non è raccomandata [27, 28].

Gli studi prospettici sono fondamentali per valutare parametri predittivi di recidiva e per definire in che modo la genetica, la qualità del recupero renale, l’età, la presenza o assenza di un evento scatenante e biomarcatori correlati all’attivazione del complemento e/o al danno delle cellule endoteliali possano dare informazioni utili per decidere in merito alla sospensione della terapia con eculizumab.

Se la terapia con eculizumab deve essere interrotta, è comunque fondamentale un attento e periodico monitoraggio della funzionalità renale e dei parametri ematologici.

 

Trapianto di rene nella SEU atipica

Il trapianto di rene dovrebbe essere posticipato fino ad almeno 6 mesi dopo l’inizio della dialisi poiché può verificarsi un minimo recupero renale diversi mesi dopo l’inizio della terapia con eculizumab [29, 30]. La risoluzione dei segni ematologici della microangiopatia trombotica e delle manifestazioni extrarenali è un prerequisito per il trapianto. La decisione di utilizzare la terapia di inibizione del complemento per il trapianto dovrebbe essere basata sul rischio di recidiva [5].

La donazione di rene da vivente può comportare un rischio di recidiva nel ricevente e un rischio di malattia de novo nel donatore se il donatore è portatore di una variante genetica di rischio. Dovrebbero essere quindi esclusi potenziali donatori con evidenza di attività anomala della via alternativa del complemento. Se il potenziale donatore vivente non è portatore di una variante patogenetica in un gene del complemento e non ha evidenza di un’attivazione anomala del complemento, la donazione è invece possibile [5].

 

Test di deposizione endoteliale del complesso terminale del complemento C5b-9

Nella SEU atipica si verifica un’attivazione del complemento ristretta all’endotelio e la remissione clinica si basa su un’efficace inibizione del complemento a livello endoteliale.

Nel 2014 Noris M., Galbusera M. e collaboratori hanno analizzato un gruppo di 44 pazienti affetti da SEU atipica per testare nuovi saggi di attivazione del complemento e per trovare uno strumento per il monitoraggio dell’efficacia di eculizumab [31].

Nel 50% dei pazienti vi erano normali livelli nel circolo di C3, C5a o di C5b-9 solubile, anche durante la fase acuta della malattia, il che indicava che questi non erano utili marcatori di attivazione del complemento nella malattia. Invece, il siero prelevato in fase acuta di SEU atipica, ma non il siero in fase di remissione, induceva un’aumentata deposizione di C5b-9, rispetto al siero di controllo, su cellule endoteliali microvascolari umane non stimolate (HMEC). Inoltre, nelle cellule HMEC attivate con adenosina difosfato anche il siero raccolto in remissione induceva un eccesso di depositi di C5b-9 nella maggior parte dei pazienti.

I risultati di cui sopra confermavano precedenti studi in vitro con proteine mutanti del complemento, indicando che l’attivazione del complemento sulle cellule endoteliali piuttosto che in fase fluida svolge un ruolo patogenetico nella SEU atipica [8, 3234].

Inoltre in 8 pazienti affetti da SEU atipica trattati con eculizumab, i depositi di C5b-9 endoteliali si normalizzavano dopo il trattamento, in parallelo o addirittura precedendo la remissione, e guidavano il dosaggio e la tempistica del farmaco.

Questi risultati indicavano che per il trattamento della SEU atipica è necessaria un’efficace inibizione del complemento a livello endoteliale, che permette di proteggere dalla trombosi microvascolare, e che i depositi endoteliali di C5b-9 indotti dal siero ex vivo sono uno strumento sensibile per monitorare l’attivazione del complemento e l’efficacia di eculizumab nella SEU atipica.

Nel 2019 Galbusera M. e collaboratori valutavano inoltre l’utilità del test di deposizione endoteliale di C5b-9 ex vivo per differenziare la SEU atipica attiva dalla remissione, monitorare l’efficacia della terapia con eculizumab, e identificare le recidive della malattia durante la riduzione graduale del dosaggio di eculizumab e dopo l’interruzione del trattamento [35]. I test con cellule HMEC attivate con adenosina difosfato mostravano depositi di C5b-9 elevati per i pazienti con SEU atipica non in trattamento con eculizumab, indipendentemente dall’attività della malattia, mentre i test con cellule HMEC non stimolate mostravano depositi di C5b-9 solo nella malattia attiva. I depositi di C5b-9 indotti dal siero sull’endotelio attivato e su quello non stimolato si normalizzavano durante il trattamento con eculizumab. La maggior parte dei pazienti trattati con eculizumab a intervalli di somministrazione estesi di 3 o 4 settimane dimostravano normali depositi di C5b-9 sull’endotelio attivato. Durante la riduzione graduale del dosaggio di eculizumab o dopo l’interruzione del trattamento, tutti i pazienti che manifestavano ricadute della malattia avevano depositi di C5b-9 elevati sull’endotelio non stimolato.

Sulla base di questi risultati, il test di deposizione endoteliale di C5b-9 (eseguito però solo in laboratori specializzati) può rappresentare un utile marcatore per monitorare l’attività della SEU atipica e personalizzare la terapia con eculizumab.

 

Conclusioni

I test genetici dovrebbero essere effettuati in tutte le persone con sospetta SEU atipica primaria, nei pazienti candidati a trapianto renale per SEU atipica e nei pazienti in cui si sta valutando l’interruzione della terapia con eculizumab.

Nonostante i notevoli progressi nella nostra comprensione dei meccanismi patologici sottostanti coinvolti nella SEU atipica, molto resta da imparare sul trattamento. L’eculizumab ha modificato la storia naturale della SEU atipica, ma sono sorte controversie in diverse aree del trattamento, in particolare il dosaggio e la durata del trattamento rimangono da stabilire e dovrebbero essere rigorosamente studiati.

A tale proposito, lo studio dei depositi endoteliali di C5b-9 potrebbe aiutare a monitorare l’efficacia di eculizumab, e potrebbe essere uno strumento utile per regolare la dose di eculizumab e l’estensione dell’intervallo tra le dosi per mantenere bloccato il complemento a livello endoteliale.

Il test di deposizione endoteliale C5b-9 può rappresentare quindi un aiuto nella capacità di monitorare l’attività del complemento nella SEU atipica e nel personalizzare la terapia.

Il limite è rappresentato dal fatto che questo test può essere eseguito solo in laboratori specializzati. I risultati sulla riduzione graduale del dosaggio di eculizumab devono inoltre essere confermati con studi di monitoraggio della deposizione di C5b-9.

Dovrebbero inoltre essere condotti studi prospettici prima di poter raccomandare questo test nella pratica clinica.

Un biomarcatore predittivo rappresenterebbe comunque una preziosa salvaguardia per la riduzione graduale del dosaggio o per l’eventuale interruzione del trattamento con eculizumab perché porterebbe alla ripresa precoce del trattamento prima di una recidiva conclamata di SEU atipica e/o al mantenimento del trattamento nei pazienti a rischio di recidiva.

 

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