Abstract
Numerosi studi hanno dimostrato come l’iperuricemia (HU) costituisca un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo della malattia renale cronica (CKD) e di eventi patologici cardiovascolari. Pur tuttavia, benché alcune evidenze sembrino attribuire all’acido urico (UA) un ruolo non solo predittivo, ma anche causale nei confronti degli eventi sopra citati, una robusta e definitiva dimostrazione di ciò continua tuttora a mancare.
Inoltre, a dispetto di quello che parrebbe un logico razionale a sostegno dell’impiego della cosiddetta “urate-lowering therapy” (ULT) a scopo nefroprotettivo nel paziente iperuricemico con CKD, studi e meta-analisi al riguardo, peraltro talora gravati da limiti che potrebbero averne inficiato i risultati, hanno sinora fornito risultati tra loro assai divergenti lasciando incertezza circa la possibilità che una riduzione farmaco- indotta dell’uricemia possa davvero consentire di rallentare la progressione della CKD e prevenirne le complicanze cardiovascolari.
Il presente articolo riassume le attuali conoscenze sul metabolismo dell’UA e sui farmaci che con esso interferiscono, illustra le teorie sui possibili plurimi meccanismi patogenetici che sarebbero alla base del danno renale HU-correlato e passa in rassegna risultati e limiti dei più recenti studi che hanno sostenuto o negato il ruolo nefroprotettivo della ULT nella CKD alimentando una controversia scientifica che tuttora si protrae.
Parole chiave: Acido urico, iperuricemia asintomatica, gotta, malattia renale cronica, urate-lowering therapy.