Maggio Giugno 2022 - Case reports

Glomerulonefrite stafilococcica in assenza di depositi di IgA: un case report

Abstract

La glomerulonefrite associata ad infezione stafilococcica (SAGN) rappresenta una possibile variante di glomerulonefrite parainfettiva, e costituisce un’entità patologica in costante aumento nei Paesi industrializzati. Come noto, le infezioni batteriche possono rappresentare un possibile trigger di numerosi tipi di glomerulonefrite con esordio e andamento clinico sovrapponibili alle glomerulonefriti parainfettive. Inoltre, molto spesso non sempre è possibile isolare ed identificare il patogeno responsabile della glomerulonefrite parainfettiva. Pertanto molto spesso nei casi di sospetta SAGN, ai fini di una corretta diagnosi differenziale, si rende necessario ricorrere alla biopsia renale. In letteratura, classicamente la caratteristica anatomopatologica distintiva di SAGN è rappresentata dalla presenza di proliferazione mesangiale e/o endocapillare, con depositi di IgA predominanti o codominanti all’immunofluorescienza, che la pongono in diagnosi differenziale con la nefropatia da IgA. Esistono tuttavia diversi report che testimoniano come la natura degli immunodepositi in corso di SAGN possa essere altamente variabile. In alcuni casi i depositi di IgA possono risultare addirittura assenti, in altri ancora viene documentata una netta dominanza dei depositi di C3. Quest’ultimo scenario in particolare è di indubbia rilevanza, poiché pone l’assoluta necessità di escludere la diagnosi di C3 glomerulopathy (C3GN), dato anche il diverso approccio terapeutico e le diverse implicazioni prognostiche ad essa associati. La diagnosi differenziale tra SAGN e C3GN può risultare tuttavia particolarmente ostica.

Riportiamo di seguito il caso clinico di un paziente ricoverato presso la nostra Unità Operativa che ha sviluppato una forma di SAGN presentante all’esame istologico suddette caratteristiche anatomopatologiche atipiche.

Parole chiave: glomerulonefrite stafilococcica, C3GN, diagnosi differenziale, istopatologia renale.

Introduzione 

Fino allo scorso secolo il prototipo di glomerulonefrite (GN) associata ad infezione batterica era rappresentato dalla glomerulonefrite acuta “post-streptococcica”, caratterizzata dalla comparsa di sindrome nefritica dopo completa risoluzione di un’infezione streptococcica in pazienti prevalentemente in età pediatrica. Questo tipo di glomerulonefrite, ad oggi, continua ad essere altamente diffusa nei Paesi in via di sviluppo, mentre nei Paesi occidentali negli ultimi decenni si è assistito ad un aumento delle glomerulonefriti cosiddette “parainfettive”; esse risultano caratterizzate da un esordio clinico che avviene durante la fase attiva di infezione da parte di un più ampio spettro di patogeni. Il termine di glomerulonefrite post-infettiva viene pertanto riservato a casi insorti dopo un periodo di latenza dalla completa risoluzione dell’infezione, e la forma post-streptococcica sembra essere ad oggi l’unica entità che rientri in questa denominazione [1]. Il patogeno più frequentemente responsabile di glomerulonefrite parainfettiva nell’adulto e nel paziente anziano è rappresentato dallo stafilococco aureo, prevalentemente ceppi meticillino-resistenti (MRSA). Le manifestazioni renali insorgono quando l’infezione scatenante è ancora in fase di piena attività e sono costituite nella maggior parte dei casi da sindrome nefritica, con insufficienza renale acuta associata ad anomalie urinarie con microematuria (raramente macroematuria) e/o proteinuria, talora anche in range nefrosico; agli esami di laboratorio è inoltre frequente il riscontro di ipocomplementemia (C3 con o senza riduzione del C4) che tende a normalizzarsi dopo circa 2 mesi dall’esordio, tranne nei casi di infezione persistente [2].

La glomerulonefrite associata ad infezione stafilococcica (SAGN) presenta caratteri istologici distinti dalle altre forme di GN parainfettiva, in particolare la presenza dominante o codominante di IgA a livello mesangiale e il riscontro alla microscopia elettronica di depositi elettrondensi (humps) sempre in sede mesangiale, talora anche subendoteliale, intramembranosa o subepiteliale. Tuttavia, i reperti istologici di SAGN non sono patognomonici; infatti possono essere in alcuni casi mascherati o coesistenti con altri derivanti dalle comorbidità del paziente (in particolare il diabete mellito) [3]. Le principali difficoltà di diagnosi differenziale si riscontrano con la glomerulonefrite acuta post-streptococcica, la nefropatia a depositi mesangiali di IgA (IgAN) e la glomerulonefrite da depositi di C3 (C3GN) [4].

L’attivazione del complemento gioca un ruolo centrale nella patogenesi della SAGN. Il sistema del complemento, infatti, è coinvolto nella omeostasi immunologica anche in corso di infezione batterica che può essere un trigger per l’attivazione della via alterna (più frequentemente) o della via lectinica [5]. Il passaggio chiave nella cascata del complemento è la scissione di C3 in C3a e C3b influenzata dall’attività della C3 convertasi. La cascata del complemento terminale viene avviata dalla convertasi C5 e, infine, genera il complesso di attacco della membrana che induce la lisi cellulare, l’attivazione di segnali infiammatori e il conseguente danno tissutale [6].

La terapia della SAGN, come nelle altre glomerulonefriti parainfettive, richiede l’eradicazione del focolaio infettivo, mentre l’effettiva efficacia dei corticosteroidi rimane ad oggi ancora dubbia e peraltro non scevra da rischi. Come nelle altre forme di GN parainfettive anche i pazienti con SAGN presentano maggior rischio di mortalità e di ESRD rispetto alla classica GN post-streptococcica, in quanto tale patologia colpisce pazienti spesso di età avanzata e con patologie croniche concomitanti [7].

 

Caso clinico

Riportiamo il caso di un paziente di sesso maschile, etnia caucasica, di 61 anni, giunto alla nostra osservazione per insufficienza renale acuta sviluppata in corso di sepsi da stafilococco aureo meticillino-sensibile (MSSA) con focolai multipli (ossei, oculari e polmonari). In anamnesi il paziente presentava un singolo evento di trombosi retinica associato a positività per anticorpi antifosfolipidi risalente a 10 anni prima, motivo per il quale era in terapia antiaggregante, calcolosi renale non complicata, pregresso intervento di emorroidectomia e dislipidemia.

Il paziente veniva inizialmente ricoverato presso il reparto di Medicina Interna per iperpiressia, severa lombalgia associata ad artralgie diffuse, edemi declivi di discreta entità ed un riferito singolo episodio di macroematuria nei giorni immediatamente precedenti. Agli esami di laboratorio veniva documentato un quadro infettivo sistemico caratterizzato da leucocitosi neutrofila ed incremento degli indici di flogosi (PCR 272 mg/l, PCT 28 ng/ml), mentre la funzione renale risultava inizialmente conservata (sCr 0.9 mg/dl) seppur con presenza di anomalie urinarie quali proteinuria dosabile (178 mg/dl), leucocituria e microematuria con alcuni cilindri ialino-granulosi al sedimento. In seguito all’isolamento di stafilococco aureus meticillino-sensibile (MSSA) dalle emocolture eseguite all’ingresso, veniva modificata la terapia antibiotica empirica, sostituendo piperacillina/tazobactam ed azitromicina con oxacillina per via endovenosa in infusione continua, che il paziente effettuerà per 43 giorni complessivi. Durante la degenza presso il reparto di Medicina Interna venivano riscontrati diversi focolai di infezione, tra cui localizzazioni polmonari bilaterali in forma di addensamento, osteoarticolari con spondilodiscite coinvolgente le vertebre lombari e le prime vertebre sacrali, complicate da raccolte ascessuali intracanalari in sede peridurale, ed oculari con essudati cotonosi a carico dell’occhio sinistro. Risultava invece negativo per endocardite lo studio ecocardiografico transesofageo.

Dal punto di vista nefrologico, tra la quinta e la settima giornata rispetto all’insorgenza dei sintomi correlabili allo stato settico, si registrava un iniziale peggioramento della funzione renale con valori di creatininemia che da 0,9 mg/dl raggiungevano gli 1,86 mg/dl. Nonostante la risoluzione dello stato settico con riduzione degli indici infiammatori plasmatici e della sintomatologia riferita, la funzione renale risultava essere in costante peggioramento anche nei giorni successivi fino a raggiungere il valore massimo di creatininemia di 4 mg/dl alla trentacinquesima giornata di degenza; inoltre a partire dalla settima/ottava giornata di ricovero si assisteva al consumo isolato del fattore C3 del complemento, mentre il fattore C4 si manteneva in range di normalità, durante tutto la durata del ricovero.
A scopo di approfondimento diagnostico il paziente veniva pertanto trasferito presso il nostro reparto e veniva sottoposto ad agobiopsia renale ecoguidata al polo renale inferiore sinistro in trentesima giornata di ricovero, senza complicanze, in particolare non macroematuria, che mostrava i seguenti reperti:

– Alla microscopia ottica presenza di dodici glomeruli con moderata ipercellularità mesangiale di tipo diffuso e globale associata a minimo incremento della matrice mesangiale e assenza di crescents, ipercellularità endocapillare con abbondante infiltrato infiammatorio interstiziale rappresentato per lo più da neutrofili, linfociti di piccola taglia e plasmacellule. La popolazione neutrofila presentava tendenza a migrare nei tubuli in corrispondenza del materiale proteinaceo presente. Si evidenziavano poi aree focali di necrosi tubulare, edema e aree focali di necrosi interstiziale. Non trombosi dei vasi. (Fig. 1 e 2)

Figura 1: Biopsia renale. Microscopia ottica (PAS; 20x) – Inclusione in paraffina sezione 3-μm. Un glomerulo con ipercellularità mesangiale diffusa con espansione della matrice ed infiltrato infiammatorio (> neutrofili). Assenza di crescents.
Figura 2: Biopsia renale. Microscopia ottica (PAS; 40x) – Inclusione in paraffina sezione 3-μm. Necrosi tubulare e atrofia tubulare.

– All’immunofluorescenza (IF) presenza di sei glomeruli caratterizzati da lievi depositi focali e segmentari a livello mesangiale e delle anse di IgM (1+) e IgG (1+) ed intensa positività per il fattore C3 (3+). Vi era invece negatività completa per IgA. (immagini non disponibili)

– Alla microscopia elettronica è stata esaminata l’ultrastruttura di due glomeruli in cui si osservava normale spessore delle membrane basali, ipertrofia endoteliale, ipercellularità mesangiale segmentale, numerosi depositi elettrondensi (non strutturati) su anse glomerulari (prevalentemente sub-endoteliali ed intramembranosi) e nel mesangio e paramesangio in assenza di franchi aspetti tipo “humps”, ampi tratti di fusione dei pedicelli (pari a circa il 40% della loro estensione) e minima iperplasia villosa dei podociti. (Fig. 3)

Figura 3: Biopsia renale. Microscopia elettronica – Membrane basali di normale spessore; ipercellularità mesangiale segmentale; numerosi depositi elettrondensi su anse (subendoteliali ed intramembranosi) e nel mesangio/paramesangio (non humps); tratti di fusione dei pedicelli (fino a 40%); non aspetti riferibili a DDD.

Data la scarsa specificità del quadro anatomopatologico, in particolare il quadro evidenziato all’immunofluorescenza di negatività completa per IgA con forte intensità per il fattore C3 del complemento, si rendeva necessario escludere un quadro di C3GN. Per ottenere un elemento aggiuntivo a favore della diagnosi di glomerulonefrite parainfettiva si procedeva ad esecuzione di immunoistochimica per il fattore C4d alla microscopia ottica, che risultava essere lievemente e diffusamente positivo a livello della parete capillare (Fig.4), indicativo pertanto di un effettivo danno mediato da immunocomplessi con attivazione della via classica o lectinica del complemento. Le notizie cliniche, laboratoristiche ed anatomo-patologiche a nostra disposizione, indirizzavano alla diagnosi di SAGN; veniva quindi iniziata terapia con prednisone alla dose di 0.5 mg/kg/die per os. Il paziente veniva quindi trasferito presso una struttura riabilitativa per la prosecuzione delle cure.

Figura 4: Biopsia renale. Immunoistochimica C4d positiva, espressione discontinua in alcune anse capillari glomerulari.

Dopo 8 giorni dalla dimissione il paziente veniva nuovamente ricoverato presso il nostro reparto per insufficienza renale acuta secondaria ad urosepsi da germi Gram negativi dovuta a litiasi ureterale sinistra ostruttiva, trattata con posizionamento di stent ureterale sinistro DJ e terapia antibiotica endovenosa; in tale occasione lo steroide veniva sospeso dopo rapido scalo. Una volta stabilizzato il quadro clinico, il paziente veniva nuovamente trasferito il giorno presso la struttura di provenienza con valori sierici di creatinina intorno a valori di 3.4 mg/dl (eGFR 18 ml/min sec. CKD-EPI 2009) (Grafico 1), mentre i livelli ematici del fattore C3 del complemento risultavano in aumento (Grafico 2) e successivamente normalizzati, e con valori di PCR in progressiva riduzione (Grafico 3). Dopo un mese dalla seconda dimissione il paziente si presentava ad una rivalutazione ambulatoriale in buone condizioni generali e gli esami mostravano un lieve ulteriore miglioramento della funzione renale (creatinina 2.9 mg/dl) con completa regressione delle anomalie urinarie; ai successivi controlli il paziente presentava lento e progressivo, seppur incompleto, recupero della funzione renale con stabilizzazione della creatininemia a distanza di un anno intorno a valori di 2 mg/dl (eGFR 35 ml/min sec. CKD-EPI 2009).

Grafico 1: Andamento della creatininemia mg/dl nel tempo (giorni).
Grafico 1: Andamento della creatininemia mg/dl nel tempo (giorni).
Grafico 2: Andamento fattori del complemento C3 (in rosso) e C4 (in blu) mg/dl nel tempo (giorni).
Grafico 2: Andamento fattori del complemento C3 (in rosso) e C4 (in blu) mg/dl nel tempo (giorni).
Grafico 3: Andamento della proteina C reattiva (PCR) mg/l nel tempo (giorni).
Grafico 3: Andamento della proteina C reattiva (PCR) mg/l nel tempo (giorni).

 

Discussione

Ad oggi, vi sono pochi studi dedicati in modo esclusivo alla glomerulonefrite associata ad infezione stafilococcica, pertanto le caratteristiche demografiche e clinico-patologiche di questa nefropatia non sono ancora state ben caratterizzate. Nella maggior parte delle casistiche di biopsie renali, la SAGN rappresenta meno dell’1% dei casi [7] ed è pertanto considerata una forma di glomerulonefrite rara, nonostante sia ormai ben noto un trend in aumento della sua incidenza nei Paesi industrializzati, probabilmente sottostimata; infatti per poter diagnosticare la SAGN sono necessari non solo un quadro anatomopatologico compatibile, ma anche l’isolamento colturale del patogeno che per varie ragioni può non essere disponibile (mancata raccolta di campioni, infezione subclinica misconosciuta, inizio precoce di terapia antibiotica). Le casistiche più numerose di SAGN sono quelle raccolte da Hemminger et al. (78 casi su 9500 biopsie eseguite in 13 anni) [4] e quella di Nasr (109 casi di glomerulonefrite parainfettiva, dei quali 50 erano secondari ad infezione stafilococcica) [7]; in entrambe si registrava la netta predominanza nel sesso maschile, con un rapporto medio di 3.5:1, e nelle etnie caucasiche ed asiatiche. L’età media dei pazienti è di 55-58 anni con un range d’età però molto ampio (in media 13-90 anni), indicativo di un interessamento anche delle fasce di popolazione più giovane legato all’abuso di sostanze stupefacenti per via endovenosa che espone a rischio infettivo. Tra i fattori di rischio legati all’aumento dell’incidenza di SAGN vi sono inoltre il diabete, l’alcolismo, la cirrosi epatica, l’abuso di sostanze stupefacenti per via endovenosa e le neoplasie. Il paziente giunto alla nostra osservazione tuttavia non presentava alcun noto fattore di rischio e, pur mostrando un interessamento multiorgano, non è stato possibile riconoscere il focolaio primitivo.

Dal punto di vista clinico il paziente ha presentato una riduzione dei livelli di C3 dopo 7 giorni dall’ospedalizzazione con andamento pressoché parallelo alla concomitante riduzione della funzione renale; le anomalie urinarie costituivano invece la manifestazione d’esordio della nefropatia in quanto già presenti all’ingresso in ospedale. Dati simili si riscontrano anche in letteratura, dove circa il 90% dei pazienti presenta insufficienza renale acuta con microematuria e proteinuria di vario grado [8]. Nella casistica di Hemminger il 30% dei pazienti presentava bassi livelli sierici di fattore C3 ed il 14% presentava bassi livelli sierici di C4, mentre in quella di Nasr la prevalenza di ipocomplementemia era del 35-80%, nella maggior parte dei casi riguardante solo il fattore C3; valori normali di complementemia pertanto non costituiscono un affidabile criterio di esclusione di SAGN. Il dosaggio del titolo anticorpale ANCA risultava negativo; casi di positività sono tuttavia stati descritti prevalentemente in pazienti con endocardite stafilococcica senza evidenti segni clinici di vasculite [9].

Abbiamo deciso di sottoporre il paziente a biopsia renale poiché il quadro clinico di sindrome nefritica in corso di infezione sistemica in atto poteva essere riconducibile a vari tipi di glomerulonefrite (nefrite lupica, glomerulonefrite da crioglobulinemia, glomerulonefrite a depositi di C3 o C3GN, IgAN, vasculite ANCA+) [10]. Gli elementi istologici atipici in questo paziente erano rappresentati dall’assenza all’immunofluorescenza di depositi di IgA con una netta predominanza di C3, a fronte di un quadro proliferativo-essudativo alla microscopia ottica riconducibile a SAGN. I primi studi, che hanno cercato di identificare le caratteristiche peculiari di SAGN rispetto alle altre forme di glomerulonefrite parainfettiva, mostravano la presenza in tutte le biopsie di una dominanza all’IF di depositi di IgA [11]; tuttavia, questo assunto è stato messo in discussione da lavori successivi in cui è stata osservata un’ampia variabilità dell’entità di tali depositi, che addirittura possono risultare del tutto assenti in circa il 25% dei pazienti [12]. In molti casi inoltre i depositi di C3 risultano dominanti, ponendo pertanto problemi di diagnosi differenziale con la C3 glomerulopathy, gruppo di glomerulonefriti in cui lo staining di C3 all’immunofluorescenza sia di almeno 2 volte superiore a quello di altri marcatori [13]. Esistono infatti diversi punti in comune, sia clinici che anatomopatologici, tra i due tipi di glomerulonefriti che spesso non consentono una chiara definizione della nefropatia in atto. Le infezioni batteriche possono infatti rappresentare il trigger in entrambe le patologie, e causare frequentemente il consumo isolato del fattore C3 nel siero. Alla biopsia renale il quadro tipico di C3GN alla microscopia ottica è quello di una glomerulonefrite membranoproliferativa, ma in una minoranza di casi si possono riscontrare pattern di proliferazione mesangiale con componente essudativa di vario grado come nelle SAGN; anche l’IF (intensa positività per il fattore C3, eventuale debole positività per IgG ed assenza di positività per IgA) e la microscopia elettronica (immunodepositi subendoteliali, mesangiali, subepiteliali) possono presentare reperti pressoché sovrapponibili ad entrambi i tipi di nefropatia [14]. È intuibile pertanto come alcune forme di SAGN, in particolare quelle con quadro di glomerulonefrite membranoproliferativa e con assenza di IgA all’immunofluorescenza, possano essere indistinguibili dalla C3 glomerulopathy. Alcuni autori hanno proposto lo studio dei depositi di C4d per distinguere se la presenza di C3 sia secondaria all’attivazione della via classica o lectinica del complemento (da immunocomplessi, come nel nostro caso, con diffusa positività per C4d) o della via alterna (assenza di C4d, verosimile C3GN) [15]. In una casistica di GN parainfettive con depositi di IgA (78% dei casi secondarie ad infezioni da stafilococco aureo) si registrava positività per C4d nel 65% dei pazienti, ed era correlata sia alla presenza di pattern proliferativi sia ad un ridotto intervallo di tempo tra l’esordio della nefropatia e l’esecuzione della biopsia renale [16]. Tuttavia, si trovano diverse segnalazioni in letteratura di casi di glomerulonefrite parainfettive con successiva progressione della nefropatia come da C3GN cronica, in cui l’evento infettivo iniziale rappresenta il trigger per un’attivazione cronica della via alterna del complemento [17]. Secondo alcuni autori pertanto nei pazienti con glomerulonefrite con dominanza di depositi di C3 o con anomalie cliniche persistenti come ipocomplementemia, proteinuria o insufficienza renale, andrebbe eseguito lo studio dei fattori della via alterna del complemento [14]. Questi test specifici per la diagnosi di C3GN sono disponibili solo in pochi centri, sono costosi e richiedono tempi lunghi di refertazione.

La diagnosi differenziale tra glomerulonefrite parainfettiva e C3GN presenta quindi ad oggi numerosi limiti e l’esclusione di quest’ultima richiede spesso il follow-up prolungato del paziente, in particolare la normalizzazione a distanza di 8-12 settimane dall’insorgenza dell’infezione dei livelli sierici del fattore C3, la graduale ripresa della funzione renale e la regressione delle anomalie urinarie [18]. Ciò comporta comunque un elevato rischio di diagnosi tardiva di C3GN e conseguentemente un aumentato rischio per il paziente di progressione verso ESRD. Nel nostro caso il paziente ha avuto un decorso favorevole con un lento ma parziale recupero della funzione renale associato alla normalizzazione dell’esame urine e dei valori di C3; si è deciso pertanto di non eseguire esami di approfondimento volti alla ricerca di anomalie del complemento.

La terapia di SAGN, come per le glomerulonefriti parainfettive, si basa sull’eradicazione dell’infezione tramite terapia antibiotica. L’utilizzo invece di steroidi o altri immunosoppressori maggiori non è ancora stato testato all’interno di trials clinici prospettici; i dati a disposizione si basano per lo più su studi di tipo retrospettivo e non sembrano identificare alcun beneficio in termini di outcome [2, 7, 19]. Esistono tuttavia alcuni case reports di pazienti con SAGN sottoposti a terapia corticosteroidea con buoni risultati in termini di recupero della funzione renale [20]. Nel nostro caso clinico, il razionale dell’utilizzo di terapia steroidea era rappresentato dalla concomitante presenza di estesi infiltrati infiammatori anche a carico dell’apparato tubulo-interstiziale con focali aree di necrosi tubulare, reperti correlati a peggior prognosi renale [21]; in considerazione inoltre della stretta vicinanza temporale dalla risoluzione del quadro infettivo, si decideva di utilizzare una bassa dose di cortisone che veniva comunque prematuramente sospeso per un nuovo intercorrente episodio infettivo.

 

Conclusioni 

La comparsa di insufficienza renale con anomalie urinarie in corso di infezione rappresenta un’indicazione ormai diffusamente condivisa all’esecuzione di biopsia renale, in quanto può sottendere a diversi tipi di nefropatia. Le GN parainfettive rappresentano un gruppo raro di glomerulonefrite e lo stafilococco aureo è il patogeno più spesso associato ad esse; la SAGN è pertanto una variante di GN parainfettiva caratterizzata dalla frequente presenza di depositi mesangiali di IgA di varia entità e di C3, talora codominanti. Casi atipici con predominanza del C3 o talora l’assenza di IgA possono porre problemi diagnostici differenziali con la C3GN: non esistono, infatti, ad oggi aspetti clinici, laboratoristi o istologici tipici che possano distinguere le due patologie, che richiedono peraltro due approcci terapeutici opposti. Risulta fondamentale, quindi, monitorare l’evoluzione del paziente e valutare la ricerca di un’effettiva disregolazione nella via alterna del complemento, qualora vi sia un mancato recupero della funzione renale o addirittura una progressione dell’insufficienza renale. L’efficacia della terapia steroidea nella SAGN è dubbia a fronte di un aumentato rischio di eventi avversi e di una prognosi renale spesso non favorevole.

 

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