Marzo Aprile 2021 -

Phosphorus binders: trigger for intestinal diverticula formation in an ADPKD patient

Abstract

Hyperphosphoremia is common in patients with chronic kidney disease and is an important risk factor in this patient population. Phosphate binding drugs are a key therapeutic strategy to reduce phosphoremia levels, although they have significant side effects especially in the gastrointestinal tract, such as gastritis, diarrhoea and constipation. We report the case of a haemodialysis-dependent patient suffering from chronic kidney disease stage V KDIGO secondary to polycystic autosomal dominant disease; treated with phosphate binders, the case was complicated by the appearance of diverticulosis, evolved into acute diverticulitis.

 

Keywords: hyperphosphoremia, phosphate binding drugs, chronic kidney disease, polycystic autosomal dominant disease, diverticulosis, acute diverticulitis

Sorry, this entry is only available in Italiano.

Spett.le Editore,

Un recente evento avverso nella gestione di un paziente emodializzato presso la nostra U.O.C. di Nefrologia e Dialisi ci ha impegnati particolarmente e ci ha indotto a pubblicare questa comunicazione, per stimolare la discussione sull’uso dei chelanti del fosforo nei pazienti con insufficienza renale cronica secondaria a Rene Policistico dell’Adulto (ADPKD).

L’iperfosforemia nei pazienti con malattia renale cronica è un accertato fattore di rischio cardiovascolare [13]. La dieta ipofosforica e gli agenti chelanti del fosforo sono, infatti, prescritti nei pazienti con insufficienza renale cronica in fase conservativa ed evoluta in uremia al fine di ridurre i livelli di fosforemia, di migliorare l’iperparatiroidismo secondario ed attenuare la progressione delle calcificazioni vascolari [37]. Inoltre, gli effetti benefici dei chelanti del fosforo sono correlati ad una aumentata sopravvivenza dei pazienti in trattamento emodialitico, in maniera indipendente da altri fattori [8].

In terapia conservativa, il mantenimento di una bassa concentrazione di fosforo sembra una misura utile persino nelle nefropatie proteinuriche non diabetiche, dove è stato dimostrato che l’elevata fosforemia limita, o addirittura annulla, l’effetto nefroprotettivo degli ace-inibitori [9]. In questi pazienti, il fosforo è un fattore indipendente di rischio di progressione della malattia renale [9].

Il trattamento con sevelamer o lantanio carbonato garantisce una protezione dall’iperfosforemia senza incrementare il rischio di deposizione di calcio nei tessuti molli [10], rischio correlato invece all’uso di chelanti a base di calcio [11]. Questi farmaci svolgono il loro meccanismo d’azione nel tratto gastrointestinale, dove permangono per molte ore. Ciò spiega i frequenti effetti indesiderati, quali gastrite, diarrea estipsi, che si manifestano sia per i chelanti a base di calcio che per quelli che ne sono privi. Una metanalisi non ha trovato differenze tra le due classi di chelanti in termini di eventi gastrointestinali minori, ma i pazienti che assumevano sevelamer si sono dimostrati a maggior rischio di eventi clinici gravi richiedenti la sospensione del farmaco [12]. In questo caso, il numero di compresse giornaliere necessarie per ottenere l’effetto terapeutico condizionava la tollerabilità e l’aderenza terapeutica [12].

La malattia diverticolare è estremamente comune: nel 2009 negli Stati Uniti è stata riscontrata in 2.682.168 pazienti ambulatoriali e 283.355 pazienti ricoverati per diverticolite o diverticolosi [13], riconoscendo una prevalenza di diverticolosi del 50% in pazienti di età uguale o superiore a 60 anni [14]. I diverticoli intestinali hanno origine dall’erniazione della mucosa e della sottomucosa del colon, attraverso zone di minore resistenza degli strati muscolari circolari della parete del colon, spesso in corrispondenza del sito di passaggio dei vasi sanguigni. I fattori di rischio per lo sviluppo di diverticolite includono obesità, fumo, uso di anti-infiammatori non steroidei, corticosteroidi ed oppiacei [14]. Alcuni autori hanno indicato la malattia diverticolare come una manifestazione extrarenale del Rene Policistico Ereditario [1516]. Tuttavia, altri studi non hanno trovato differenze di incidenza di tale patologia tra pazienti con insufficienza renale cronica da ADPKD e pazienti con nefropatia cronica da altre cause, o rispetto alla popolazione generale [171819].

La malattia renale policistica è una vera malattia sistemica; oltre alle cisti renali ed epatiche, può svilupparsi con manifestazioni a carico di diversi apparati: ipertensione arteriosa, prolasso e rigurgito mitralico ed aortico, ectasia anuloaortica, bronchiectasie, aneurismi intracranici, cisti aracnoidee, cisti delle vescicole seminali [16].

Riportiamo il caso di un paziente in trattamento emodialitico affetto da malattia renale cronica secondaria a malattia policistica autosomica dominante in cui il trattamento con chelanti del fosforo è stato complicato dalla comparsa di diverticolosi intestinale evoluta in diverticolite acuta.

 

Il caso

Presentiamo la storia clinica di F.M., un uomo affetto da tubulopatia renale policistica ereditaria dell’adulto (ADPKD) con modesto interessamento epatico, diagnosticata nel 2008 all’età di 37 anni insieme al rilievo di ipertensione arteriosa, in seguito ad un intervento di ernioplastica ombelicale. È portatore di protesi femorale sinistra, sede di frattura accidentale.

Nel maggio 2015 veniva ricoverato presso la nostra U.O.C. per un peggioramento della funzione renale (GFR 12 ml/m CKD-EPI) e iperparatiroidismo secondario con emoglobinemia nei limiti. Per valutare l’eventuale tolleranza alla dialisi peritoneale, veniva eseguita una colonscopia, risultata perfettamente normale. Tuttavia, il paziente sceglieva l’emodialisi, volendo preservare i suoi familiari dai risvolti della tecnica peritoneale. Dopo otto mesi, durante i quali venivano eseguiti due interventi per fistola arterovenosa (il primo non andato a buon fine), all’età di 44 anni iniziava il trattamento emodialitico (28/01/2016).

Dopo 4 mesi dall’inizio del trattamento sostitutivo, a causa della comparsa di iperfosforemia, veniva prescritto sevelamer, 800 mg 1 cpr x 2 al giorno inizialmente, 2 cpr per ogni pasto principale successivamente. Purtroppo, il farmaco veniva sospeso a causa di disturbi intestinali. In particolare, il paziente lamentava dolori addominali localizzati ai quadranti inferiori, nausea, inappetenza e sensazione di peso nella regione pelvica, talvolta anche stipsi. Tanto in questa istanza che sucessivamente, il paziente non discuteva con i medici l’opportunità di sospendere il farmaco; semplicemente ometteva di assumerlo per un po’ di tempo, per poi ricominciare.

La persistenza dell’iperfosforemia (Tabella 1), nonostante le prescrizioni dietetiche, induceva i medici a raccomandare l’assunzione del chelante. Visti i disturbi lamentati con il sevelamer, a settembre 2017 veniva prescritto il lantanio carbonato, 1000 mg da 4 a 2 volte al giorno a seconda dei valori della fosforemia (Figura 1). Anche questo farmaco veniva sospeso autonomamente dal paziente quando si presentavano nausea e dolore addominale con tenesmo rettale seguito da diarrea. È importante sottolineare che i disturbi intestinali lamentati si palesavano dopo l’inizio della terapia con chelanti, mentre si risolvevano con la loro sospensione. Inoltre, il paziente assumeva abitualmente: Ramipril 10 mg 1 cpr, Calcitriolo 0,25 mcg 1 cpr, Ferinject 50 mg/ml 1 fl da 10 ml, Epoetina Zeta. In passato, il paracalcitolo non era stato tollerato dal paziente.

Il 26 ottobre 2018 insorgevano febbre con temperatura di 38-38,5° C e dolori addominali, localizzati per lo più ai quadranti inferiori dell’addome. Il paziente si presentava pallido, inappetente e si mostrava piuttosto ansioso e irrequieto. La terapia orale era sospesa, essendo a digiuno. Gli esami biochimici mostravano leucocitosi neutrofila (GB 16.4 x 10^3 u/L, N 82,7%, L 6,7 %), PCR 195,7 mg/L, Procalcitonina 2,52 ng/ml, creatininemia 8,81 mg/dl, urea 138 mg/dl, calcemia 8,7 mg/dl, fosforemia 6,4 mg/dl, AST 9 U/L, ALT 16 U/L, gammaGT 40 U/L, bilirubinemia totale 0,45 mg/dl, amilasemia 97 U/L. L’ecografia addominale evidenziava la presenza in sede ipogastrica retrovescicale di anse del sigma con pareti ispessite, rigide, ipervascolarizzate e circondate da marcata ipertrofia mesenteriale ed iperecogenicità del grasso pericolico. Non erano presenti immagini sicure da riferire a raccolte fluide pericoliche, mentre si evidenziavano bolle gassose intradiverticolari, la cui presenza era estesa a sinistra fino al colon discendente. Il reperto, confermato con TAC senza e con mdc, era compatibile con la diagnosi di diverticolite intestinale acuta. Veniva avviata un’antibioticoterapia ad ampio spettro che portava ad una risoluzione dell’infezione intestinale e alla ripresa di una vita regolare, con una dieta più controllata, priva di cibi fritti e piccanti, verdure e frutta con semi non eliminabili, cioccolato, bevande alcoliche o gassate. Dopo alcuni mesi venivano reintrodotti i vari farmaci orali, compreso il lantanio carbonato, dal momento che la fosforemia risultava elevata.

Un anno dopo, il paziente veniva di nuovo ricoverato per l’insorgenza di algie addominali, nausea inappetenza, astenia e stipsi. Gli esami mostravano segni di infezione con PCR di 44,8 mg/L, elevatasi a 228,7 mg/L dopo 24 ore e poi ancora a 476,9 mg/l, con procalcitonina da 3,07 ng/ml fino a 56,3 ng/ml, globuli bianchi 10,5 x 10^3 u/L, N 83%, L 7,5%. All’esame TAC addome si evidenziava la presenza di qualche diverticolo al sigma con disomogenità del tessuto adiposo circostante, come da flogosi in assenza di aria libera in addome. Il paziente veniva trattato con terapia antibiotica infusionale ma, in data 04/09/2019, veniva sottoposto ad una seconda TAC per il peggiorarare della sintomatologia dolorosa addominale, con chiari segni clinici di sub-occlusione intestinale e l’insorgenza di febbre. Quest’ultima evidenziava la presenza di bolle aeree extra-luminali da perforazione a livello del colon e per tale motivo il paziente veniva trasferito presso l’U.O.C. di chirurgia e sottoposto in urgenza ad intervento chirurgico di sigmoidectomia e confezionamento di colostomia temporanea. L’esame colturale del liquido peritoneale risultava positivo per Klebsiella Pneumoniae, fenotipo resistente ai carbapenemi, per cui F.M. veniva sottoposto a terapia con Meropenem e Tigeciclina. Cinque mesi dopo, previa colonscopia di controllo (Figura2), veniva eseguito con successo l’intervento di ricanalizzazione intestinale.

Figura 1: Andamento medio della calcemia e della fosforemia in relazione al chelante utilizzato. I periodi di interruzione della terapia  sono secondari agli intercorrenti disturbi intestinali
Figura 1: Andamento medio della calcemia e della fosforemia in relazione al chelante utilizzato. I periodi di interruzione della terapia  sono secondari agli intercorrenti disturbi intestinali
Anno

2015

2016 2017 2018 2019

2020

Calcio mg/dl

9,39

8,85 8,53 8,38 8,16

7,74

Fosforo mg/dl

5,11

5,23 4,98 5,99 6,64

7,73

PTH pg/ml

168,25

248,00 434,25 394,40 518,75

567,44

Fosfatasi Alcalina UI/l

67,25

51,50 69,25 62,33 69,50

57,20

25 OH Vitamina D

26,3

Tabella I: I valori medi aritmetici di calcemia, fosforemia, PTH, Fosfatasi alcalina e Vitamina 25OH D disponibili, divisi per anno
Figura 2: Diverticolo intestinale (al centro, in basso) alla colonscopia di controllo eseguita prima dell’intervento di ricanalizzazione
Figura 2: Diverticolo intestinale (al centro, in basso) alla colonscopia di controllo eseguita prima dell’intervento di ricanalizzazione

 

Discussione

Sebbene la malattia diverticolare appaia con uguale frequenza nella popolazione generale ed nei pazienti con rene policistico, in questi ultimi l’evenienza di diverticolite ha risvolti più gravi, con un maggior rischio di chirurgia addominale. Questo è stato appurato soprattutto nei pazienti ADPKD con trapianto di rene, nei quali la terapia immunosoppressiva può avere un ruolo importante nell’incremento del rischio di diverticolite acuta da trattare chirurgicamente [16]. Un altro fattore che potrebbe comportare una maggiore morbilità nei pazienti ADPKD affetti da malattia diverticolare è l’aumento della pressione addominale. Ciò è stato postulato in un caso di diverticolosi localizzata a livello del digiuno e complicata da ascesso localizzato in una donna emodializzata affetta da ADPKD [20]. La localizzazione della malattia diverticolare nel piccolo intestino rappresenta una rarità nella popolazione generale, ed il suo riscontro in un caso di rene policistico potrebbe rafforzare l’ipotesi genetica della malattia, postulata da alcuni autori per questi pazienti, oppure più semplicemente indicare che l’aumento della pressione addominale è un fattore favorente la formazione di diverticoli intestinali [16].

Fino all’età di 44 anni il nostro paziente non aveva diverticoli del colon, come documentato dalla colonscopia eseguita durante il suo primo ricovero per l’uremia incipiente. La malattia diverticolare compariva solo tre anni più tardi, dopo una storia di coliche addominali associate inizialmente all’uso di sevelamer e successivamente all’uso di lantanio carbonato, prescritto per via degli effetti intestinali del primo. Fino allo sviluppo di diverticolite acuta, i sintomi erano correlati all’assunzione del farmaco e scomparivano con la sua sospensione. Naturalmente, anche altri fattori potrebbero aver contribuito all’infiammazione diverticolare, ad esempio il consumo di certi cibi.

Secondo la nostra ipotesi, i farmaci chelanti del fosforo hanno contribuito alla formazione di diverticoli intestinali in un contesto in cui il rischio di diverticolosi era già elevato e potrebbero quindi aver avuto un effetto favorente. Il paziente ha sviluppato due episodi di diverticolite acuta, di cui l’ultimo esitato in perforazione intestinale e trattato con intervento chirurgico. Non è escluso che la somministrazione ciclica dei chelanti del fosforo abbia facilitato l’insorgere dell’infiammazione diverticolare. Ciò sarebbe avvalorato dall’assenza di sintomi intestinali e di recidive di diverticolite dal momento in cui i chelanti del fosforo sono stati definitivamente sospesi.

In medicina legale il rapporto di causa ed effetto viene dimostrato dalla concomitanza di più criteri di causalità [21]. Nel nostro caso il criterio cronologico tra l’esposizione al farmaco e l’esordio di sintomi intestinali è molto stretto. Inoltre, dopo tre anni di ciclica assunzione delle compresse, si è assistito allo sviluppo di diverticolosi complicato da diverticolite acuta, sebbene in un esame precedente non si fossero riscontrati diverticoli intestinali. I chelanti del fosforo sono già noti per causare sintomi gastrointestinali, che costituiscono la maggiore causa di sospensione della terapia [22], poichè la loro sede di azione farmacologica è proprio l’intestino. Anche il criterio topografico è dunque soddisfatto. Anche l’episodio di diverticolite e la perforazione intestinale possono essere spiegati, in quanto si tratta di effetti collaterali noti di questi farmaci [22]. Per tali motivi, il rapporto di causalità tra chelante e lesione può essere suggellato anche dal criterio di idoneità qualitativa e quantitativa [21].

 

Conclusioni

Il nostro è il primo caso in cui sia stata riscontrata l’associazione tra uso di chelanti del fosforo, non a base di calcio, e la formazione di diverticoli intestinali. Inoltre, l’uso di tali farmaci ha sicuramente favorito l’infiammazione diverticolare ed una recidiva di diverticolite con perforazione intestinale, come già riportato in letteratura in altri casi di pazienti trattati con chelanti [22].

Nei pazienti affetti da rene policistico che necessitano di terapia per l’iperfosforemia, il rischio di sviluppare diverticolosi e/o diverticolite deve essere tenuto in debito conto e i chelanti del fosforo vanno usati con cautela e sotto stretta sorveglianza.

 

Bibliografia

  1. Block GA, Hulbert-Shearon TE, et al. Association of serum phosphorus and calcium × phosphate product with mortality risk in chronic hemodialysis patients: A national study. Am J Kidney Dis 1998; 31:607-17.
  2. Jungers P, Qualim Z, Nguyen-Khoa T, Massy Z, London G. Cardioprotection: An Essential Component for Predialysis Chronic Renal Failure Treatment. Nephrologie 2003; 24(2):79-88.
  3. Suñer M, Guerrero A, Montes R, et al. Treatment of Hyperphosphatemia With Sevelamer in Patients With Chronic Renal Failure. Nefrologia 2004; 24(2):142-8.
  4. Fatica RA, Dennis VW. Cardiovascular Mortality in Chronic Renal Failure: Hyperphosphatemia, Coronary Calcification, and the Role of Phosphate Binders Cleve Clin J Med 2002; 69(S3):S21-7. https://doi.org/10.3949/ccjm.69.suppl_3.s21
  5. Amor J, Palma A. Management of Hyperphosphoremia. Nefrologia 2003; 23(S2):91-4.
  6. Chertow GM, Burke SK, Raggi P. Sevelamer attenuates the progression of coronary and aortic calcification in hemodialysis patients. Kidney Int 2002; 62:245-52.
  7. Savica V, Calò LA, Monardo P, et al. Phosphate Binders and Management of Hyperphosphataemia in End-Stage Renal Disease. Nephrol Dial Transplant 2006; 21(8):2065-8. https://doi.org/10.1093/ndt/gfl289
  8. Isakova T, Gutiérrez OM, Chang Y, et al. Phosphorus binders and survival on hemodialysis. J Am Soc Nephrol 2009; 20(2):388. (Epub 2008 Dec 17).
  9. Zoccali C, Ruggenenti P, Perna A, Leonardis D, Tripepi R, Tripepi G, Mallamaci F, Remuzzi G, for the REIN Study Group. Phosphate May Promote CKD Progression and Attenuate Renoprotective Effect of ACE Inhibition. J Am Soc Nephrol 2011; 22(10):1923-30. https://doi.org/10.1681/ASN.2011020175
  10. Locatelli F, Del Vecchio L, Violo L, Pontoriero G. Phosphate binders for the treatment of hyperphosphatemia in chronic kidney disease patients on dialysis: a comparison of safety profiles. Expert Opin Drug Saf 2014;13(5):551-61. https://doi.org/10.1517/14740338.2014.907791
  11. Block GA, Wheeler DC, Persky MS, et al. Effects of phosphate binders in moderate CKD. J Am Soc Nephrol 2012; 23(8):1407. (Epub 2012 Jul 19).
  12. Tonelli M, Wiebe N, Culleton B, Lee H, Klarenbach S, Shrive F, Manns B; Alberta Kidney Disease Network. Systematic review of the clinical efficacy and safety of sevelamer in dialysis patients. Nephrol Dial Transplant 2007; 22(10):2856-66. https://doi.org/10.1093/ndt/gfm421
  13. Peery AF, Dellon ES, Lund J, et al. Burden of gastrointestinal disease in the United States: 2012 update. Gastroenterology 2012; 143(5):1179-87.
  14. Feuerstein JD, Falchuk KR. Diverticulosis and Diverticulitis. Mayo Clin Proc 2016; 91(8):1094-104. https://doi.org/10.1016/j.mayocp.2016.03.012
  15. Scheff RT, Zuckerman G, Harter H, Delmez J, Koehler R. Diverticular disease in patients with chronic renal failure due to polycystic kidney disease. Ann Intern Med 1980; 92(2 Pt 1):202-4. https://doi.org/10.7326/0003-4819-92-2-202
  16. Perrone RD. Extrarenal manifestations of ADPKD. Kid Int 1997; 51:2022-36. https://doi.org/10.1038/ki.1997.276
  17. Iglesias CG, Torres VE, Offord KP, Holley KE, Beard CM, Kurland LT. Epidemiology of adult polycystic kidney disease, Olmsted County, Minnesota: 1935-1980. Am J Kidney Dis 1983; 2(6):630-9. https://doi.org/10.1016/s0272-6386(83)80044-4
  18. Sharp CK, Zeligman BE, Johnson AM, Duley I, Gabow PA. Evaluation of colonic diverticular disease in autosomal dominant polycystic kidney disease without end-stage renal disease. Am J Kidney Dis 1999; 34(5):863-8. https://doi.org/10.1016/S0272-6386(99)70043-0
  19. Luciano RL, Dahl NK. Extra-renal manifestations of autosomal dominant polycystic kidney disease (ADPKD): considerations for routine screening and management. Nephrol Dial Transplant 2014; 29(2):247-54. https://doi.org/10.1093/ndt/gft437
  20. Peña JM, Pernaute R, Vicente de Vera C. Is ADPKD associated with small bowel diverticular disease? Nephrol Dial Transplant 2000; 15(11):1890-1. https://doi.org/10.1093/ndt/15.11.1890
  21. Barni M. Il rapporto di causalità materiale in medicina legale. Milano: Giuffrè, 1991.
  22. Cernaro V, Calimeri S, Laudani A, Santoro D. Clinical Evaluation of the Safety, Efficacy and Tolerability of Lanthanum Carbonate in the Management of Hyperphosphatemia in Patients with End-Stage Renal Disease. Ther Clin Risk Manag 2020; 16:871-80. https://doi.org/10.2147/TCRM.S196805