Gennaio Febbraio 2021 - In depth review

State of art and new perspectives in the induction regimen of ANCA-associated vasculitis with renal involvement: from histopathology to therapy

Abstract

Anti-neutrophil cytoplasmic antibodies (ANCA)-associated vasculitis (AAV) are rare autoimmune diseases characterised by medium and small vessels inflammation. Renal vasculitic involvement is one of the most severe manifestations, with high mortality in case of a delayed diagnosis and a significant impact on patients’ long-term prognosis. Histological classifications and scores for the definition of renal involvement in AAV exist and correlate with the renal outcome. Current induction regimen consists of a high dose of glucocorticoids and immunosuppressive drugs: cyclophosphamide (CYC), rituximab (RTX) or a combination of both. RTX use is expanding thanks to randomised control trials suggesting its non-inferiority compared to the standard CYC therapy in general AAV and a better safety profile; its cost has also reduced thanks to the availability of biosimilars. However, the equivalence of RTX and CYC in patients with severe renal involvement is still debated.

The quest for the ideal induction regimen in AAV is moving towards a more personalized approach: on the one hand, efforts are made to use already existing therapies in the most appropriate way; on the other, new insights into AAV pathogenesis has allowed the discovery of new targets, such as the complement factor C5a.

Thanks to this new AAV management, renal outcome and overall survival has visibly improved. New studies are needed to reach a more personalized approach in the induction regimen of ANCA-associated glomerulonephritis and AAV in general.

 

Keywords: ANCA, vasculitis, glomerulonephritis, rituximab, cyclophosphamide, renal biopsy

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Introduzione

Le AAV, vasculiti ANCA-associate (anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili), sono rare vasculiti necrotizzanti autoimmuni che coinvolgono i vasi di medio e piccolo calibro. Le AAV includono tre patologie differenti: la granulomatosi con poliangioite (GPA, in passato nota come malattia di Wegener), la poliangioite microscopica (MPA) e la granulomatosi eosinofila con poliangioite (EGPA, in passato nota come sindrome di Churg Strauss) [1]. L’incidenza in Europa è rispettivamente di 2.1-14.4, 2.4-10.1 e 0.5-3.7 per milione e la prevalenza di 46-184 per milione. La sopravvivenza a 5 anni è intorno al 74-91% per la GPA, 45-76% per l’MPA e 60-76% per l’EGPA [2]. Il picco di incidenza si colloca fra i 65-75 anni, con una lieve prevalenza maschile.

Nel corso della malattia, circa il 90% dei pazienti sviluppa anticorpi ANCA, rivolti contro proteine contenute nel citoplasma dei neutrofili: sebbene esistano degli overlap, gli ANCA anti PR3 (anti-proteinasi 3) sono più frequenti nella GPA, mentre gli ANCA anti MPO (anti-mieloperossidasi) nella MPA; il 40% dei pazienti con EGPA sviluppa positività agli ANCA, in prevalenza MPO, spesso associata a forme con coinvolgimento vasculitico. Esistono alcune eccezioni: il 10% dei pazienti è ANCA negativo ed è possibile sviluppare entrambi gli anticorpi, prevalentemente nelle forme secondarie [3,4].

Gli anticorpi anti-PR3 sono associati ad un maggior rischio di recidiva di malattia ed un coinvolgimento granulomatoso; al contrario, i pazienti con anticorpi anti-MPO hanno maggior coinvolgimento vasculitico renale, maggiore mortalità ma basso rischio di recidive. Dal punto di vista istopatologico, le glomerulonefriti PR3-associate sono caratterizzate da una maggior proporzione di lesioni necrosi e semilune cellulari, mentre quelle MPO-associate presentano più frequentemente sclerosi [5,6]. Le principali caratteristiche cliniche delle AAV PR3-ANCA e MPO-ANCA sono riportate in Tabella I.

  PR3-ANCA MPO-ANCA
Età alla diagnosi 56-59 62-65
Sesso maschile 66% 48%
Distribuzione geografica Europa del Nord e Americhe Europa del Sud e Asia
Fattori di rischio Sthapylococcus aureus Idralazina, levamisolo, propriotiouracile
Fenotipo clinico prevalente GPA MPA
Istologia Necrosi e semilune cellulari Sclerosi
Coinvolgimento d’organo

GRANULOMATOSO

Coinvolgimento ENT, vie aeree superiori, noduli polmonari/lesioni cavitarie

VASCULITICO

Malattia renale severa, fibrosi polmonare, bronchiectasie

Malattia limitata al rene 2% 31%
Malattia polmonare interstiziale 0 7,20%
Coinvolgimento oculare 40% 15%
Recidiva (HR di recidiva fra PR3 ed MPO) 1,89(95% CI 1,33-2,69) 1,89(95% CI 1,33-2,69)
Pazienti senza recidiva a 5 anni dalla diagnosi 32% 60%
Rischio CV (≥1 evento in 5 anni di follow-up) 6,60% 19,20%
HR: Hazard Ratio; CV: Cardiovascolare; ENT: Ear Nose Throat

[5] Nachman, Clin J Am Soc Nephrol 2017; [6] Alberici et al. Nephrol Dial Transplant 2015; [16] Wallace et al. BMJ 2020
Tabella I: Le principali caratteristiche cliniche delle AAV PR3-ANCA e MPO-ANCA [5,6,16]

Patogenesi

Sebbene la patogenesi delle AAV sia ancora poco nota, esistono evidenze sperimentali che gli ANCA abbiano un ruolo patogenetico. Il titolo degli ANCA correla infatti sia con la risposta alla terapia che con il rischio di recidiva. L’efficacia delle terapie anti-cellule B e della plasmaferesi supportano ulteriormente il ruolo degli ANCA nella patogenesi delle AAV. Target degli ANCA sono enzimi normalmente contenuti nei granuli dei neutrofili, che vengono esposti in superficie: una volta che i neutrofili si sono attivati, rilasciano fattori che agiscono sulla via alterna del complemento, generando il fattore C5a, che contribuisce all’ulteriore priming neutrofilico, facilitando l’attivazione da parte degli ANCA. Inoltre, i neutrofili attivati rilasciano i NETs, strutture costituite da DNA decondensato e proteine citoplasmatiche come MPO e PR3. I NETs rendono quest’ultime più facilmente disponibili alla risposta immunitaria, facilitando la produzione di ANCA [5].

 

Coinvolgimento renale

Sebbene qualsiasi organo possa essere virtualmente coinvolto nelle AAV, le più frequenti localizzazioni di malattia sono i reni (70%), i polmoni, le vie aeree superiori ed il sistema nervoso periferico [7,8]. A seconda del fenotipo clinico si possono sviluppare manifestazioni vasculitiche (prevalentemente renali) e/o granulomatose (prevalentemente polmonari e delle vie aeree superiori): il coinvolgimento renale vasculitico è una delle manifestazioni di malattia più severe, con un’elevata mortalità in caso di ritardo diagnostico e con un impatto significativo sulla prognosi a lungo termine dei pazienti, dato dallo sviluppo di malattia renale cronica e malattia renale terminale (30% dei pazienti a 5 anni) [2,9,10]. La prevalenza del coinvolgimento renale alla diagnosi varia dal 50% nei pazienti con GPA, all’80%-100% in quelli con MPA; è possibile che il coinvolgimento renale sia l’unica manifestazione della patologia: si parla quindi di “vasculite limitata al rene” (RLV) [11]. Le glomerulonefriti ANCA-associate sono la prima causa di glomerulonefrite rapidamente progressiva nel mondo e la biopsia renale ne è il gold standard diagnostico: score e classificazioni istopatologiche recentemente sviluppati hanno evidenziato una correlazione con l’outcome renale a lungo termine [12,13,14,15].

 

Terapia

Data la natura recidivante delle AAV, la terapia è costituita da una fase di induzione ed una di mantenimento: la prima consiste in alte dosi di corticosteroidi associati a farmaci immunosoppressori, al fine di indurre la remissione nel minor tempo possibile [16]. Sono attualmente utilizzati tre schemi farmacologici: ciclofosfamide (CYC), rituximab (RTX) o entrambi i farmaci (le principali caratteristiche delle due terapie di induzione sono riassunte nella Tabella II). Tuttavia, la mortalità nei pazienti con AAV è ancora maggiore rispetto alla popolazione generale: da una parte vi sono gli effetti legati alla terapia immunosoppressiva, dall’altra permane un elevato rischio di recidiva (l’11-57% dei pazienti sviluppa recidiva renale) [10,17,18].

La ricerca della terapia di induzione ideale è volta sia all’individuazione di nuovi target terapeutici, sia all’identificazione di sottogruppi di pazienti che rispondano meglio ad uno specifico trattamento. Sebbene RTX e CYC siano considerati equivalenti nella terapia di induzione delle AAV in generale, i dati che riguardano il coinvolgimento renale sono scarsi; in particolare, non esistono studi che abbiano indagato l’equivalenza delle terapie nei sottogruppi istopatologici alla biopsia renale. Nella Tabella III sono riportati i principali studi che hanno definito la terapia di induzione delle glomerulonefriti ANCA-associate. 

Dose Somministrazione Effetti avversi Profilassi e monitoraggio
CYC 7.5-15mg/kg, da aggiustare per età e creatinina 1. Pre-idratazione con 1000ml fisiologica in 2 ore (4 ore se anziano/insufficienza cardiaca) Infezioni o riattivazioni di malattia latente (es. epatite B, JC virus) Pneumocystis jiroveci/PJP:trimethoprim/sulfamethoxazole (800/160 mg a giorni alterni o 400/80 mg al giorno)
  Intervallo fra dosi: 2 settimane per le prime 3, poi 3 settimane 2. CYC IV in 100 ml di fisiologica in 1/2 ora Citopenia Esami ematici periodici (1-3 mesi)
  Terapia standard: 6 dosi 3. Controllo esami del sangue e GB prima della somministrazione Ipogammaglobulinemia Esami ematici periodici (1-3 mesi)
  4. Antiemetico 8 mg ogni 12 ore x 2 Cancro alla vescica, cistite emorragica MESNA per os, non obbligatorio (400 mg 2 ore prima e 6 ore dopo la somministrazione), analisi periodiche urine
  Infertilità, menopausa prematura Consulenza endocrinologica
  Teratogenicità
RTX 375mg/m2/die per 4 settimane consecutive o 1. Idrocortisone emisuccinato sodico: 100 mg in 100 ml di fisiologica in 1/2 ora Infezioni o riattivazioni di malattia latente (es. epatite B, JC virus) Pneumocystis jiroveci / PJP:trimethoprim / sulfamethoxazole (800/160 mg a giorni alterni o 400/80 mg al giorno)
  1000 mg x 2 a distanza di due settimane 2. Paracetamolo 1000 mg x os Ipogammaglobulinemia Esami ematici periodici (1-3 mesi); Immunoglobuline IV se severa
  3. Clorfenamina maleato 10 mg in 100 ml di fisiologica in 1/2 ora Neutropenia idiosincrasica ad insorgenza tardiva
  4. RTX IV 1000 mg in 500 ml di fisiologica
CYC: Ciclofosfamide; RTX: Rituximab; GC: Glucocorticoidi; GB: Globuli Bianchi

[2] Yates et al. Ann Rheum Dis 2016; [16] Wallace et al. BMJ 2020
Tabella II: Le principali terapie di induzione delle glomerulonefriti ANCA-associate [2,16]
Nome Data Obiettivo Studio Outcome primario Risultati
CYCLOPS [42] 2009 CYC giornaliera vs CYC intermittente in AAV non severe RCT 149 Tempo alla remissione Nessuna differenza significativa: HR, 1.098 (95% CI, 0.78 to 1.55); P = 0.59
RAVE [50] 2010 RTX vs CYC giornaliera in AAV severe con nuova diagnosi o recidiva RCT 197 Remissione a 6 mesi (BVAS =0) con sospensione di GC RTX non inferiore a CYC: 64% vs 59%; P <0.001
RITUXIVAS [49] 2010 RTX più IV CYC vs IV CYC in AAV severe con nuova diagnosi RCT 44 Remissione sostenuta (BVAS = 0 per 6 mesi) e effetti avversi a 12 mesi Nessuna differenza significativa per la remissione sostenuta: RTX (76%) vs CYC (82%); nessuna differenza significativa per gli effetti avversi: RTX (42%) vs CYC (35%)
MEPEX [65] 2007 Plasmaferesi vs GC IV intermittenti in AAV con coinvolgimento renale severo RCT 137 Indipendenza dalla dialisi a 3 mesi Plasmaferesi più efficace dei GC: 69% vs 49%; P=0.02. Dato non confermato nel follow-up a lungo termine.
PEXIVAS [36] 2020 Plasmaferesi vs non plasmaferesi e dose ridotta di GC vs dose standard RCT 704 ESRD o morte per qualsiasi causa Nessuna differenza significativa fra plasmaferesi (28%) e non (31%) (HR 0.86, 95% CI 0.65-1.13; P=0.27); non inferiorità della dose ridotta di GC rispetto alla standard: 28% vs 26%
CLEAR [38] 2017 Avacopan vs avacopan più GC a bassa dose vs GC ad alta dose Studio di fase 2 (studio di fase 3 in corso) 67 Riduzione BVAS>50% a 12 settimane senza peggioramento in nessuna sede corporea Nessuna differenza significativa fra i 3 gruppi: 70% GC alta dose, 86.4% avacopan più GC bassa dose (P=0.002 per la non-inferiorità); 86% avacopan (P=0.01 per la non-inferiorità)
CYC: Ciclofosfamide; RTX: Rituximab; GC: Glucocorticoidi; BVAS: Birmingham Vasculitis Activity Score; ESRD: End Stage Renal Disease; HR: Hazard Ratio; RCT: Randomised Controlled Trial

[42] de Groot et al. Ann Intern Med 2009; [49] Jones et al. N Engl J Med 2010; [50] Stone et al. N Engl J Med 2010; [65] Jayne et al, J Am Soc Nephrol 2007; [36] Walsh et al. N Engl J Med 2020; [38] Jayne et al. J Am Soc Nephrol 2017
Tabella III: I principali studi sulla terapia di induzione delle glomerulonefriti ANCA-associate

Caratteristiche istopatologiche alla biopsia renale

La classificazione istopatologica delle biopsie renali fornisce informazioni riguardo lo stato di attività della malattia, individuando caratteristiche che ne predicono l’andamento e la risposta alla terapia [12,13,14,15]. La biopsia renale è il gold standard diagnostico e può essere ripetuta nel caso di recidiva [2]. Nella maggior parte dei casi sarà presente una glomerulonefrite rapidamente progressiva, caratterizzata da scarsa o nulla positività alle immunoglobuline o al complemento all’immunofluorescenza, vari gradi di edema subendoteliale, micro-trombosi e degranulazione dei neutrofili alla microscopia elettronica [19]. Al microscopio ottico saranno visibili semilune cellulari e/o fibrotiche e/o aree di necrosi della parete dei vasi, con rilascio di fattori di coagulazione nella zona necrotica, dove si attiva la cascata della coagulazione, con produzione di fibrina (necrosi fibrinoide) [20].

 

Classificazione di Berden et al.

Nel 2010 Berden et al. hanno proposto una nuova classificazione istopatologica per le glomerulonefriti ANCA-associate. Sono state individuate quattro categorie, basate unicamente su caratteristiche glomerulari: la classe focale, crescentica, mista e sclerotica. La classe focale è costituita da ≥50% di glomeruli normali, la classe crescentica da ≥50 di glomeruli con semilune cellulari mentre la classe sclerotica da ≥50 di glomeruli globalmente sclerotici; i fenotipi restanti sono stati inclusi nella classe mista. Le semilune cellulari sono costituite da lesioni esclusivamente o parzialmente cellulari (con una componente fibrotica); le semilune fibrotiche sono costituite da lesioni interamente fibrotiche, con riempimento dello spazio di Bowman da parte dei fibroblasti. La glomerulosclerosi globale è definita come sclerosi di più dell’80% del glomerulo [12]. Ogni paziente può presentare contemporaneamente lesioni in diverso stadio evolutivo, prima acute e poi croniche, fino alla remissione [5]. Mentre la percentuale di glomeruli normali e di semilune cellulari correlano con un buon outcome renale a lungo termine, la percentuale di semilune fibrotiche e i glomeruli globalmente sclerotici correlano con una peggior prognosi renale [21,22,23,24]. La sclerosi è associata a perdita di funzione e sviluppo di malattia renale cronica.

Tramite valutazione dell’eGFR (Estimated Glomerular Filtration Rate) al momento della biopsia renale, ad 1 e 5 anni, e del rischio di ESRD (End Stage Renal Disease) nel tempo, le classi istopatologiche proposte sono state ordinate a seconda della funzione renale basale e della prognosi renale a lungo termine: la classe focale è caratterizzata da una funzione renale relativamente preservata alla biopsia ed un outcome a lungo termine favorevole; la classe crescentica presenta una maggiore riduzione della funzione renale alla biopsia renale, ma ha una buona capacità di recupero a lungo termine; la classe mista ha un profilo di rischio intermedio ed infine la sclerotica è caratterizzata da un mancato recupero della funzione renale, già gravemente compromessa alla biopsia renale, con elevato rischio di morte nell’anno successivo alla diagnosi. Tuttavia, nei pazienti con eGFR <15 ml/min per 1.73 m2, le classi proposte da Berden et al. non sono predittive dell’outcome renale [12,25].

 

Nuove classificazioni

Nonostante la classificazione di Berden et al. sia stata successivamente validata, numerosi studi ne hanno evidenziato i limiti nel predire l’outcome renale [26]. Fra gli altri, Hilhorst et al. hanno mostrato che la prognosi renale dei pazienti con biopsia di classe crescentica o mista non possa essere differenziata se non con l’aggiunta di un nuovo parametro: il numero di glomeruli normali [27]. Simile risultato è stato ottenuto da Brix et al., che hanno quindi proposto un nuovo score prognostico basato sia su parametri clinici che istologici [13]. Quest’ultimi non comprendono solo lesioni glomerulari, ma anche indici di danno tubulointerstiziale: atrofia tubulare (TA), fibrosi interstiziale (IF) ed infiammazione interstiziale globale. Indipendentemente dalla causa di danno renale, il danno tubulointerstiziale (IF+TA) correla con la perdita di nefroni [28]. Lo score di Brix et al. è quindi costituito da tre parametri: la percentuale di glomeruli normali (N0 >25%, N1 10-25%, N2 <10%), TA + IF (T0 ≤25%, T1 >25%) e la funzione renale alla diagnosi, valutata come eGFR (G0 >15ml/min/1.73m2, G1 ≤15ml/min/1.73m2). Il calcolo dello score per ogni paziente ha permesso l’identificazione di tre gruppi a diverso rischio di ESRD a 36 mesi: alto, medio e basso [13].

Lo score è stato validato in studi successivi, mirati ad esplorare nuove caratteristiche istologiche. É stato recentemente dimostrato che la distribuzione dei fenotipi delle cellule del sistema immunitario nell’interstizio renale è un predittore indipendente di ESRD: cellule CD20, CD68 e CD163 positive sono associate ad un peggior outcome renale [14]. L’evidenza è concorde con modelli sperimentali, nei quali le cellule CD68 e CD163 positive sono risultate capaci di indurre fibrosi renale, a sua volta associata ad un outcome peggiore: l’espressione di CD68 è implicata nella trasformazione dei macrofagi in miofibroblasti, mentre l’espressione di CD163 è caratteristica dei macrofagi polarizzati M2, coinvolti nella risposta anti-infiammatoria e nella progressione della fibrosi [29].

L’espansione delle conoscenze nell’ambito dell’istopatologia renale permetterà di ottenere una sempre maggior capacità prognostica nelle fasi precoci della malattia, con la possibilità di scegliere il percorso terapeutico più adatto all’individuo e alla sua malattia.

 

Terapia di induzione: stato dell’arte

La scelta di un adeguato regime terapeutico nelle AAV è complessa, considerando il rapporto rischi-benefici che si associa a ciascun immunosoppressore. La terapia è convenzionalmente costituita da una fase di induzione, che riduce l’attività di malattia fino a spegnerla in 3-6 mesi, ed una fase di mantenimento, che evita eventuali recidive. L’uso efficace della terapia di induzione ha trasformato le AAV da patologie acute a croniche, con un’importante riduzione della mortalità [30]. Essenziale per la buona riuscita della terapia è la somministrazione precoce: nella coorte analizzata da Poulton et al., il 71% dei pazienti che ha richiesto aiuto medico è stato visitato tardivamente dallo specialista (oltre un mese dall’insorgenza dei sintomi); questo ritardo può comportare un aumentato rischio di danno cronico [31].

 

Glucocorticoidi

I glucocorticoidi (GC) sono la pietra miliare del trattamento delle AAV sin dagli anni ‘70: inizialmente utilizzati da soli, sono stati poi associati alla CYC. I GC riducono efficacemente l’infiammazione acuta tramite un lento meccanismo genomico ed un rapido meccanismo non genomico; l’uso è limitato tuttavia dai ben conosciuti effetti avversi: aterosclerosi, ipertensione, perdita muscolare, diabete mellito e osteoporosi [32]. L’aggiunta di un secondo immunosoppressore nasce con lo scopo di ridurne la dose, limitandone gli effetti avversi. D’altra parte, la dose, la via di somministrazione e la durata della terapia ottimali nelle AAV non sono state ancora determinate in studi controllati e randomizzati [16].

Nel coinvolgimento renale severo AAV-associato, il metilprednisolone endovena è spesso somministrato alla dose di 500-1000 mg/die per tre giorni. Il ruolo dei GC somministrati per via endovenosa è tuttavia controverso: un recente studio retrospettivo ha suggerito che l’aggiunta di GC IV alla terapia d’induzione standard non conferisca beneficio clinico, ma si associ ad un maggior rischio di infezioni e di diabete mellito [33].

I GC orali sono normalmente somministrati alla dose di 1 mg/kg/die (massimo 80 mg/die prednisone o equivalente), scalati a 30-40 mg/die entro un mese e a 10-20 mg/die entro tre mesi, con una durata totale della terapia che va dai 5.5 a più di 24 mesi nei diversi trials [16]. Non esiste un approccio univoco sull’eventuale sospensione completa della terapia steroidea, che andrà considerata caso per caso valutando il rischio di recidiva, la severità di malattia, il danno d’organo residuo e le comorbidità. Una terapia di maggior durata si associa a minor recidive; d’altra parte, l’uso di GC in continuo per più di cinque mesi espone il paziente alla tossicità da farmaco [2,34,35].

 

Liberi dai glucocorticoidi

La terapia ideale dovrebbe permettere di ridurre o addirittura eliminare l’uso dei GC: nello studio Plasma Exchange and Glucocorticoids in Severe ANCA-Associated Vasculitis (PEXIVAS), che ha indagato il ruolo della plasmaferesi nelle AAV severe, i pazienti sono stati assegnati randomicamente ad assumere una dose standard o ridotta (il 55% del regime standard nei primi 6 mesi) di GC orali. Per quanto riguarda mortalità ed ESRD, la dose ridotta si è dimostrata non inferiore a quella standard (differenza rischio assoluto, 2.3 punti percentuali; 90% CI, −3.4 to 8.0; 95% CI, −4.5 to 9.1) [36]. Altri studi hanno utilizzato regimi di induzione costituiti da RTX e CYC a bassa dose al fine di sospendere i GC, assicurando simile efficacia e minor tossicità rispetto allo standard [37]. Infine, in uno studio randomizzato preliminare, l’inibitore del fattore C5 del complemento avacopan si è dimostrato efficace nel sostituire l’uso dei GC in pazienti con malattia severa [38]. Nella Tabella IV sono riassunte le principali modalità di tapering dello steroide.

PEXIVAS
dose standard [36]
PEXIVAS
dose ridotta° [36]
Regimi steroid free* [37].
<50 50-75 Kg >75 <50 50-75 Kg >75 Gruppo 1 Gruppo 2
Metilprednisolone IV (mg/die) 1000-3000 1000-3000 500-1000
(giorni 0 e 7)
250-1000
Prednisolone orale (mg/die)
Settimana:
1 50 60 75 50 60 75 0.5 mg/kg (max 30 mg, giorni 2-6 inclusi) 60
2 50 60 75 25 30 40 45
3-4 40 50 60 20 25 30
5-6 30 40 50 15 20 25
7-8 25 30 40 12.5 15 20
9-10 20 25 30 10 12.5 15
11-12 15 20 25 7.5 10 12.5
13-14 12.5 15 20 6 7.5 10
15-16 10 10 15 5 5 7.5
17-18 10 10 15 5 5 7.5
19-20 7.5 7.5 10 5 5 5
21-22 7.5 7.5 7.5 5 5 5
23-52 5 5 5 5 5 5
>52 Pratica clinica locale Pratica clinica locale
° La dose ridotta è il 55% di quella standard nei primi 6 mesi

* Regimi ottenuti combinando RTX e CYC in induzione

[36] Walsh et al. N Engl J Med 2020; [37] Pepper et al. Rheumatology 2019
Tabella IV: Le principali modalità di tapering dello steroide

Ciclofosfamide

Associare i GC ad un secondo immunosoppressore permette di ridurne la dose. La ciclofosfamide (CYC) agisce come agente alchilante sulle cellule linfoidi in proliferazione e su alcune cellule a riposo [39]. La CYC conferisce quindi un’immunosoppressione aspecifica, che include la deplezione B cellulare [40].

Il regime di induzione costituito da CYC più GC è stato usato per anni come terapia convenzionale, portando a remissione il 75% dei pazienti a 3 mesi e fino al 90% a 6 mesi. Tuttavia, l’uso del farmaco è limitato da un’importante tossicità dose-correlata: soppressione midollare e cistite emorragica nel breve termine, carcinoma vescicale ed insufficienza ovarica prematura nel lungo termine [5].

Lo studio Cyclophosphamide Oral versus Pulse Trial (CYCLOPS) ha per primo definito la dose ottimale di CYC nella terapia di induzione delle AAV. Studi precedenti avevano comparato l’efficacia della CYC somministrata per via intermittente e per via orale-quotidiana, concludendo che la somministrazione intermittente fosse più efficace nel raggiungere la remissione di malattia, con minori effetti avversi [41]. Nello studio CYCLOPS, 149 pazienti ANCA positivi con GPA o MPA sono stati randomizzati in due gruppi: al primo è stata somministrata CYC orale-quotidiana (2 mg/kg/die; massima dose orale 200 mg), al secondo CYC intermittente (3 boli endovena di 15mg/kg a 2 settimane di distanza, seguite da boli a 3 settimane: 15 mg/kg endovena o 5 mg/kg per via orale per 3 giorni consecutivi, massima dose per boli 1.2 g). L’azatioprina è stata somministrata come terapia di mantenimento alla sospensione della CYC, dopo 3-6 mesi. La dose di CYC somministrata per via orale-quotidiana è risultata doppia rispetto a quella intermittente (16 g vs 8 g, P=0.001).

Non sono state evidenziate differenze nei due gruppi in studio per quanto riguarda il tempo di remissione (hazard ratio, 1.098 (95% CI, 0.78 to 1.55); P=0.59), la proporzione di pazienti in remissione a 9 mesi (88.1% vs. 87.7%), la sopravvivenza renale, la mortalità e gli effetti avversi maggiori. Il 26% dei pazienti che avevano assunto CYC intermittente ed il 45% di quelli che avevano assunto CYC per via orale hanno sviluppato leucopenia [42]. In conclusione, la ridotta dose cumulativa necessaria di CYC intermittente ha reso questa somministrazione più sicura in termini di tossicità, specialmente a lungo termine.

 

Rituximab

Un case report del 2001 ha motivato per la prima volta lo studio del rituximab (RTX) come terapia di induzione nelle AAV, mostrando l’efficacia clinica della deplezione delle cellule B periferiche CD20-positive [43]. Il RTX è un anticorpo monoclonale chimerico anti-CD20: quest’ultimo è un antigene di membrana proprio delle cellule B, coinvolto nei processi di differenziazione e nella stimolazione B-T; è espresso da tutte le linee di cellule B, ad eccezione delle cellule pro-B e plasma cellule. Il RTX causa una ridistribuzione dei CD20 sulla membrana cellulare per poi legarvisi in complessi antigene-anticorpo: la deplezione delle cellule B avviene tramite citotossicità complemento ed anticorpo mediata [30]. Tale meccanismo ha permesso la precoce approvazione del farmaco nel 1997 per il trattamento dei linfomi B cellulari e nel 2005 per l’artrite reumatoide [44,45]. La base razionale del suo uso nelle AAV è il ben noto ruolo patogenetico degli ANCA: l’ANCA negatività che segue la terapia di induzione con RTX si associa ad un minor rischio di recidive [46]. La deplezione dei progenitori delle plasma cellule che producono ANCA non è però l’unico meccanismo che spiega l’efficacia del RTX: la presenza di cellule B nelle lesioni vasculitiche e la loro correlazione con l’attività di malattia suggeriscono il coinvolgimento di altre funzioni B cellulari, come la stimolazione B-T [47]. Inoltre, l’attività che la CYC ha sulle cellule B è concorde con il ruolo patogenetico attribuito [48]. Diversamente dalla CYC, il RTX è target-specifico, preservando le altre funzioni del sistema immunitario.

 

CYC o RTX?

Fra gli altri, due studi controllati e randomizzati hanno indagato il ruolo del RTX nella terapia di induzione delle AAV, autorizzandone l’approvazione dell’FDA: il Rituximab versus Cyclophosphamide for ANCA-associated Vasculitis (RAVE) ed il Rituximab versus Cyclophosphamide in ANCA Associated Renal Vasculitis (RITUXIVAS) [49,50].

In entrambi gli studi il RTX è stato somministrato alla dose di 375 mg/m2 a settimana per quattro settimane consecutive. Nello studio RITUXIVAS, 44 pazienti con AAV di nuova insorgenza sono stati suddivisi in due gruppi: al primo è stato somministrato RTX più IV CYC (15 mg/kg), al secondo solo IV CYC; nello studio RAVE, 197 pazienti con malattia di nuova insorgenza o recidivante hanno assunto o RTX o CYC orale (15mg/kg). Nei gruppi trattati con CYC è stata somministrata azatioprina a 3-6 mesi come terapia di mantenimento; nessuna terapia di mantenimento è stata invece utilizzata dopo l’uso del RTX. Tutti i pazienti hanno assunto GC: fino a 3g di IV metil-prednisolone, con una dose di partenza di 1 mg/kg. I GC sono stati scalati secondo diversi schemi: 0 mg al quinto mese nello studio RAVE e 5 mg entro 6-12 mesi nel RITUXIVAS.

Entrambi i trial hanno mostrato la non-inferiorità del RTX più GC rispetto alla CYC più GC come terapia di induzione nelle AAV di nuova insorgenza. I simili tassi di remissione nei due studi non hanno evidenziato alcun vantaggio nell’uso della terapia di combinazione di RTX + CYC.

L’obiettivo primario dello studio RAVE era la remissione di malattia a 6 mesi, associata alla sospensione efficace dei GC: il 64% dei pazienti trattati con RTX ed il 53% di quelli con CYC hanno raggiunto l’obiettivo con successo, dimostrando la non-inferiorità del RTX rispetto alla terapia immunosoppressiva standard (P<0.001). Nella coorte di pazienti dello studio RAVE con malattia recidivante a tempo zero, si è reso evidente un maggior tasso di remissione nel gruppo trattato con RTX a 6 (P=0.01) e 12 mesi (P=0.009), ma non a 18 mesi (P=0.06) [49,50]. Inoltre, un singolo ciclo di RTX si è dimostrato non inferiore alla somministrazione di CYC più azatioprina a 18 mesi (39% vs 33%) [51].

 

Coinvolgimento renale moderato-severo

Circa il 52% dei pazienti dello studio RAVE aveva coinvolgimento renale, definito come glomerulonefrite riscontrata alla biopsia, cilindri urinari ematici o declino sostanziale della funzione renale. Un’analisi post hoc svolta su tale sottogruppo di pazienti ha confermato i principali risultati dello studio RAVE: a 18 mesi, il regime di induzione costituito da RTX più GC senza ulteriore terapia di mantenimento si è dimostrato efficace quanto la terapia standard.

Il RTX si può quindi considerare una terapia efficace ed appropriata come regime di induzione delle AAV in pazienti con coinvolgimento renale moderato-severo. Tuttavia, i pazienti con creatinina maggiore di 4.0 mg/dL sono stati esclusi dallo studio: non è stato quindi possibile ottenere da questa analisi alcuna informazione riguardo i pazienti con coinvolgimento renale grave [52].

Sebbene un’altra analisi post hoc abbia mostrato la superiorità del RTX rispetto alla CYC nei pazienti PR3-ANCA positivi nelle AAV in generale, nessuna differenza di risposta basata sul tipo di ANCA è stata riscontrata nei sottogruppi renali [53]. Inoltre, l’efficacia dei due regimi terapeutici rimane incerta per i pazienti ANCA negativi e per quelli con doppia positività anticorpale [52].

 

Coinvolgimento renale severo

Maggiori informazioni riguardo l’efficacia del RTX rispetto alla CYC nella terapia di induzione dei pazienti con AAV con coinvolgimento renale severo si possono ricavare dallo studio RITUXIVAS, dove il coinvolgimento renale è stato inserito fra i criteri di inclusione. La risposta alla terapia è stata valutata a 12 mesi: entrambi i gruppi hanno raggiunto remissione completa e sostenuta (BVAS=0 per 6 mesi) in percentuali paragonabili (76% RTX vs 82% CYC, P=0.7). É da notare che la plasmaferesi si è resa necessaria nel 24% dei pazienti e che il gruppo trattato con RTX ha ricevuto inoltre fino a tre infusioni di CYC [49]. Sebbene dati retrospettivi abbiano mostrato l’equivalenza di RTX e CYC come regimi di induzione nei pazienti con coinvolgimento renale grave, non esistono attualmente dati prospettici in supporto [54].

 

Terapia attuale

In conclusione, CYC più GC può essere considerata la terapia standard per le AAV di nuova diagnosi, con e senza coinvolgimento renale [2].

Sebbene non siano state evidenziate differenze negli studi RAVE e RITUXIVAS, il profilo di sicurezza del RTX è considerato migliore rispetto alla CYC. Dati suggeriscono che il rischio di malignità a lungo termine del RTX sia minore rispetto alla CYC [55]. Il RTX può essere somministrato alla dose di 375mg/m2 per quattro settimane consecutive, come nei due studi randomizzati, o alla dose di 1000 mg a due settimane di distanza [49]. Dosi minori sono state utilizzate, ma sono necessari ulteriori studi per confermarne l’equivalenza al regime standard [56].

Mentre l’efficacia del RTX sulle manifestazioni granulomatose è variabile, l’efficacia su quelle vasculitiche è ben dimostrata. Il RTX ha anche un ruolo nella terapia di mantenimento: ne è stata dimostrata la superiorità rispetto all’azatioprina e la capacità di ridurre la dose di GC [57,58]. Alcuni studi hanno individuato marcatori precoci della risposta al RTX: alti livelli di BAFF (B-cell activating factor of the TNF family) sono associati ad una minor durata della deplezione delle cellule B e polimorfismi a singolo nucleotide di geni correlati possono predire la risposta clinica [59,60].

Con alcune eccezioni (studio RAVE), negli studi clinici riguardanti la terapia di induzione delle AAV, raramente si distinguono i pazienti trattati per nuova diagnosi o per recidiva: per questo le evidenze sulla terapia delle recidive maggiori di malattia sono spesso le stesse della terapia di nuova diagnosi. Tuttavia, data la tossicità cumulativa della CYC, viene favorito il RTX.

La terapia combinata di IV CYC più RTX e GC deve essere considerata in riacutizzazioni severe di malattia, al fine di ridurre la dose di GC o per malattia refrattaria. In quest’ultimo caso, a seconda della severità della malattia, si potranno considerare anche plasmaferesi e ripetizione di boli di GC [2]. Nonostante la completa rimozione o la riduzione della CYC nei pazienti trattati con RTX negli studi RAVE e RITUXIVAS rispettivamente, fra i gruppi di terapia non sono state riscontrate differenze negli effetti avversi: è la tossicità da GC ad assumere quindi un ruolo centrale [30]. Basandosi su studi precedenti, Pepper et al. hanno indagato retrospettivamente 49 pazienti con AAV: è stata somministrata una terapia di induzione costituita da RTX, CYC a bassa dose per 3 mesi ed al massimo 2 settimane di GC orali. La terapia a dose ridotta si è dimostrata tanto efficace quanto quella standard, ma con minori effetti avversi [37,61]. Altri studi hanno ottenuto risultati simili: manca tuttavia una conferma prospettica dell’equivalenza delle terapie [62].

 

Plasmaferesi e malattia severa

La plasmaferesi (PLEX) è stata introdotta nella terapia di induzione delle AAV con lo scopo di ridurre velocemente dal circolo sanguigno anticorpi e mediatori infiammatori, considerando quindi il ruolo patogenetico degli ANCA. L’efficacia terapeutica è stata valutata nei pazienti con glomerulonefrite rapidamente progressiva, emorragia alveolare o entrambe [63,64]. Ad introdurre l’uso della terapia nei pazienti con coinvolgimento renale è stato lo studio MEPEX, Methylprednisolone versus Plasma Exchange Trial. Pazienti in dialisi o con creatinina >5.8 mg/dL e con glomerulonefrite confermata alla biopsia renale sono stati randomizzati in due gruppi: al primo gruppo sono stati somministrati 7 cicli di plasmaferesi, al secondo metilprednisolone IV per tre giorni; entrambi i gruppi sono stati trattati con CYC orale più GC.

Dopo 3 mesi, il 49% dei pazienti trattati con metilprednisolone contro il 69% dei pazienti trattati con plasmaferesi era vivo e non più in dialisi (P=0.02). Dopo 12 mesi, il rischio di ESRD si è ridotto del 24% nel gruppo trattato con PLEX [65]. Tuttavia, nel follow-up a lungo termine dello studio, la PLEX non si è dimostrata capace di mantenere la propria efficacia in termini di outcome composito di ESRD e morte: il ruolo della PLEX nella gestione delle AAV rimane quindi incerto [9,66].

In questo contesto è nato lo studio Plasma Exchange and Glucocorticoids in Severe ANCA-Associated Vasculitis (PEXIVAS). Sono stati inclusi pazienti con glomerulonefrite ANCA-associata (eGFR <50 ml/min/1.73m2), emorragia alveolare o entrambe, al fine di valutare l’efficacia della PLEX in aggiunta alla terapia standard (RTX o CYC più GC). Inoltre, ad un gruppo di pazienti è stata somministrata una dose standard di GC e all’altro una dose ridotta. A tutti i pazienti è stato somministrato metilprednisolone IV. Il 98% dei 704 pazienti coinvolti nello studio aveva coinvolgimento renale.

L’uso della PLEX non ha comportato alcun beneficio in termini di ESRD o morte (valutati sia singolarmente che come outcome combinato) dopo un follow-up mediano di 2.9 anni (28% vs 31% della terapia di induzione standard; HR 0.86, 95% CI 0.65-1.13; P=0.27). Nessuna differenza è stata inoltre rilevata nell’analisi dei sottogruppi o degli outcome secondari [36].

Tuttavia, la creatinina mediana basale dei pazienti inclusi nello studio PEXIVAS era 3.8 mg/dL e solo il 30% dei pazienti aveva una creatininemia basale superiore ai 5.7 mg/dl o era dialisi dipendente alla diagnosi. I risultati potrebbero pertanto non essere applicabili al sottogruppo con coinvolgimento renale più severo. In conclusione, l’uso della plasmaferesi nella terapia di induzione non sembrerebbe associato ad una riduzione di incidenza di morte o ESRD nel follow-up a lungo termine; tuttavia rimane da chiarire il ruolo di tale metodica nelle forme di malattia renale più severe, così come nelle forme refrattarie. Ulteriori analisi sono necessarie per valutare il ruolo della PLEX in sottogruppi specifici.

 

Monitoraggio

Il monitoraggio dei pazienti affetti da glomerulonefrite ANCA-asssociata è facilitato da alcuni indicatori clinici: il Birmingham Vasculitis Activity Score (BVAS) ed il Disease Extent Index (DEI) valutano il numero degli organi colpiti e l’entità del danno nelle vasculiti in fase attiva; il Vasculitis Damage Index (VDI) valuta invece il danno cronico [2].

Il ruolo degli ANCA nel monitoraggio di malattia è invece ancora controverso: se associato ad un monitoraggio clinico, l’andamento degli ANCA può predire eventuali recidive di malattia; tuttavia, il 10% delle AAV è ANCA-negativa e, in alcuni pazienti, gli ANCA persistono nonostante la remissione [5]. Nei pazienti trattati con RTX, è la valutazione delle cellule B a dare indicazioni sull’andamento della patologia: finchè le cellule B sono azzerate, difficilmente si sviluppano recidive di malattia [2].

Infine, marker infiammatori e funzione renale (con analisi delle urine) devono essere valutati periodicamente (ogni 1-3 mesi) per valutare l’andamento di malattia, così come conta ematica, funzione epatica e glicemia per la tossicità da farmaco [16].

 

Nuove opzioni terapeutiche

Una profonda conoscenza della patogenesi delle AAV permette l’identificazione di nuovi target terapeutici, allo scopo di superare i ben noti limiti della terapia standard.

 

La via alterna del complemento

Il ruolo della cascata del complemento nella patogenesi delle AAV ed in particolare nel coinvolgimento renale, seppur di recente scoperta, è ben documentato. Nonostante la tipica glomerulonefrite ANCA-associata sia caratterizzata da un pattern pauci-immune, con scarsi depositi di immunoglobuline e frazioni di complemento all’immunofluorescenza, il ruolo del complemento si è rivelato fondamentale nello sviluppo della patologia. Secondo modelli animali, il fattore della via alterna del complemento C5a è coinvolto nel priming dei neutrofili [67]. Questi ultimi espongono sulla propria superficie gli antigeni intracellulari riconosciuti dagli ANCA: l’interazione fra gli ANCA e gli antigeni ANCA-associati comporta un’ulteriore attivazione neutrofila. I neutrofili attivati rilasciano mediatori infiammatori che stimolano la via alterna del complemento, con produzione di C5a. La properdina, rilasciata dai neutrofili, lega il fattore della via alterna C3b, aumentando ulteriormente l’attività del complemento [68,69]. Si instaura così un loop di reciproca attivazione fra neutrofili e via alterna, con un’amplificazione a feedback positivo [67,70]. Il fattore C5 è inoltre responsabile dell’attivazione dei monociti, che rilasciano anch’essi fattori attivanti la via alterna del complemento.

 

Modelli animali

Per meglio indagare il ruolo della via alterna del complemento nella patogenesi delle vasculiti ANCA-associate sono stati utilizzati modelli animali: gli MPO-ANCA causano nei topi una glomerulonefrite rapidamente progressiva; gli stessi anticorpi causano una glomerulonefrite di minor entità in topi knocked-out per il fattore C5a. Lo stesso risultato è stato ottenuto in topi con delezione del fattore B, ma nessuna differenza è stata evidenziata in topi knocked-out per il fattore C4. Questi dati confermano il ruolo preponderante della via alterna del complemento nella patogenesi delle AAV, mostrando un minor coinvolgimento delle vie classica e lectinica [71]. In topi con delezione di C6 la malattia renale si è sviluppata invece in modo classico, suggerendo il ruolo predominante del fattore C5a ma escludendo la significatività per i fattori a valle della via comune (C5b-C9) [67]. Inoltre, il pre-trattamento di topi wilde-type con un anticorpo monoclonale inibitore del C5a ha ridotto la gravità della malattia renale, riducendo in particolare la formazione di semilune [72].

 

Caratteristiche alla biopsia renale

Sulla base di questi dati, il ruolo della via alterna del complemento nelle AAV è stato indagato nell’uomo. Sebbene la glomerulonefrite ANCA-associata sia caratteristicamente pauci-immune, fattori appartenenti alla via alterna del complemento sono stati evidenziati in alcune biopsie renali. Basandosi sui precedenti risultati di Xing et al., Hilrost et al. hanno analizzato 187 biopsie renali cercando segni di attivazione del complemento: depositi di fattori del complemento sono stati riscontrati nella maggior parte delle biopsie, nonostante non vi fossero depositi di immunocomplessi. In particolare, il fattore della via comune C3d e la properdina sono risultati associati ad un maggior rischio di proteinuria ed ad un pattern ricco di semilune alla biopsia renale. I depositi di C3d sono stati rilevati sempre nell’esatta zona di attivazione del complemento, prevalentemente nei siti di malattia attiva. É stato inoltre possibile evidenziare depositi di C4d che suggeriscono anche una certa attivazione della via classica del complemento, associata alle immunoglobuline: gli autori hanno ipotizzato che i depositi di immunocomplessi si formino in principio, ma vengano degradati così velocemente da non essere visibili alla biopsia renale [73,74]. In conclusione, il complemento assume oggi un chiaro ruolo nella patogenesi delle AAV.

 

Sierologia

Nei pazienti con segni di attivazione del complemento è descritta una prognosi peggiore. In uno studio osservazionale retrospettivo di 45 pazienti, Augusto et al. hanno analizzato i livelli sierici di C3 all’insorgenza dei sintomi, prima della somministrazione della terapia di induzione. Nonostante i valori rientrassero nel range di normalità, sono stati individuati due gruppi, con una maggiore (≥120 mg/dL) o minore (<120 mg/dL) concentrazione di C3.

É stata osservata una correlazione negativa fra i livelli di C3 e la percentuale di glomeruli con semilune: secondo la classificazione di Berden et al., livelli di C3 bassi sono stati più frequentemente riscontrati nelle biopsie appartenenti al gruppo crescentico o misto (P=0.01). In conclusione, il consumo del complemento nei soggetti con AAV alla diagnosi è associato ad una peggior prognosi e minor sopravvivenza [75].

 

Nuove proposte terapeutiche

Il ruolo centrale assunto nella patogenesi delle AAV ha reso la via alterna del complemento un possibile nuovo target terapeutico di interesse. L’avacopan (CCX168) è un inibitore orale del recettore di C5a. Lo studio di fase 2 Randomized Trial of C5a Receptor Inhibitor Avacopan in ANCA-Associated Vasculitis (CLEAR) ha indagato in precedenza l’uso dell’avacopan come sostituto dei GC nelle AAV nella terapia di induzione. Un gruppo di pazienti ha ricevuto avacopan (30 mg) più GC a bassa dose (30 mg), ad un secondo gruppo è stato somministrato solo avacopan ed il terzo gruppo è stato trattato con placebo e GC ad alta dose (60 mg). La terapia di induzione standard con RTX o CYC è stata somministrata a tutti i pazienti. Dopo 12 settimane, l’avacopan si è dimostrato efficace nel sostituire alte dosi di GC: l’86.4% dei pazienti del primo gruppo, l’81% del secondo ed il 70% del terzo hanno raggiunto remissione di malattia. L’avacopan si è dimostrato sicuro e ben tollerato, con una riduzione attesa della tossicità da GC [38]. Recentemente si è concluso lo studio di fase 3 CCX168 (Avacopan) in Patients With ANCA-Associated Vasculitis (ADVOCATE) su 300 pazienti (NCT02994927): i risultati preliminari, non ancora pubblicati, confermano l’efficacia del farmaco.

 

Conclusioni

L’approccio terapeutico delle AAV sta andando incontro ad una progressiva personalizzazione, tramite individuazione della terapia più efficace in determinati sottogruppi di pazienti per mezzo di precoci indicatori di risposta [59]. Nonostante l’evidenza della non-inferiorità del RTX sulla CYC nella malattia renale lieve-moderata, i dati sul coinvolgimento renale severo sono ancora scarsi. Inoltre, la relativamente recente introduzione del RTX sulla CYC necessita di studi di follow-up a lungo termine per valutarne efficacia e sicurezza. La sicurezza della terapia è centrale nella gestione del paziente: più del 50% della mortalità a 1 anno è dovuta agli effetti avversi, piuttosto che all’attività di malattia [76]. La riduzione dei GC assume quindi un ruolo fondamentale.

Se da un lato si cerca di utilizzare le terapie già esistenti nel modo più appropriato, dall’altro le nuove conoscenze patogenetiche hanno portato all’individuazione di nuovi target terapeutici, come il fattore del complemento C5a. La terapia ideale deve essere studiata a seconda del tipo di ANCA, delle caratteristiche cliniche, istopatologiche, della risposta alla terapia e dell’analisi di costo-efficacia. La scelta del RTX, ad esempio, è stata a lungo limitata dal suo costo elevato, soprattutto se in confronto alla facilmente disponibile CYC. Solo di recente sono stati introdotti e diffusi biosimilari.

Negli ultimi decenni la conoscenza delle AAV si è ampliata notevolmente, permettendo l’uso di un grande range di opzioni terapeutiche. Grazie a questa nuova gestione, l’outcome renale e la mortalità sono visibilmente migliorati. Ulteriori studi sono necessari per una sempre maggiore personalizzazione del regime terapeutico di induzione delle glomerulonefriti ANCA-associate e delle AAV in generale.

 

 

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