KIDNEY TRANSPLANTATION IN THE ELDERLY PATIENT - GIN

Supplemento S73 - Articoli originali

KIDNEY TRANSPLANTATION IN THE ELDERLY PATIENT

Abstract

The increasing number of patients waiting for a kidney transplant is mainly due to the increase in the number of patients over 65 year old.

Kidney transplantation from cadaveric or living donors confer benefits in terms of improved patient survival in suitably selected elderly recipients. The net gain in survival becomes evident two years after transplantation.

The old for old allocation strategy aims to ensure an appropriate match of kidney and patient life expectancy, simultaneously providing a more immunogenic graft to a less immune-responsive recipient.

The entity of life expectancy gain after transplantation should be evaluated taking into account the improvement in dialysis life expectancy that has been observed in the last years, especially in the elderly patients.

By recognizing who the frail patients are, and by measuring their frailty, we can improve our ability to select older patients for transplantation.

The mostly adopted immunosuppressive regimens for older recipients are not different from those adopted in other patients, at least in the induction phase. The maintenance therapy is kept to the lower limits of standard immunosuppression.

Due to the unfavorable effect of a long dialysis vintage on graft and patient survival, it is important to lead older patients to transplantation with no delays.

It has been demonstrated that kidney transplantation from expanded criteria donor in patients 60 years or older is associated with higher survival rates than remaining on dialysis, whereas living donor renal transplantation is superior to all other options.

 

Keywords: Kidney transplantation, aging, immunosuppressive agents, frailty

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Introduzione

Il lento ma progressivo aumento dei trapianti renali riguarda prevalentemente riceventi di età più avanzata. In particolare la fascia di età ≥65 anni è quella che beneficia del maggior incremento (1).

Ciò può essere il risultato di un’efficace cura della malattia renale che ha innalzato l’età di ingresso in dialisi e anche della maggiore disponibilità di organi da donatore cadavere anziano; infatti grazie alla riduzione dei decessi per casa traumatiche, incidenti stradali o incidenti sul lavoro, è mutata la fonte di organi per trapianto che oggi è rappresentata prevalentemente da donatori deceduti per evento cerebrovascolare, quindi di fascia di età più avanzata.

Assegnare un rene anziano ad un ricevente anziano, la cosiddetta strategia old for old, non risponde soltanto a una logica di accoppiamento tra durata dell’organo e spettanza di vita ma anche a considerazioni di rischio immunologico. Il danno da ischemia/riperfusione che il rene subisce nelle fasi di prelievo, conservazione, preparazione e trapianto, determina una sovra-espressione di antigeni HLA, in particolare di classe II, che rende l’organo più immunogeno e il ricevente anziano, che è meno immunoreattivo del giovane, sembra il candidato ideale a ricevere questo rene.

Altri fattori possono contribuire a questo incremento come ad esempio il programma di trapianto di rene doppio (DKG), ma anche i trapianti da donatore a cuore non-battente (NHBD) che, almeno inizialmente, non sono stati offerti ai riceventi più giovani.

 

 

Mortalità post-trapianto e in lista di attesa per trapianto

È stato osservato che il trapianto renale conferisce un beneficio in termini di sopravvivenza del paziente rispetto a rimanere in lista di attesa, che si evidenzia in tutte le fasce di età (2). Il beneficio si ottiene dopo un periodo post-trapianto che è più lungo nei pazienti anziani ed è stato quantificato in circa 2 anni nei pazienti di età ≥60 anni (3).

Il guadagno di attesa di vita è stato descritto in diversi studi da 2,2 a 3,6 anni per la fascia di età 65-69 (4, 5) e da 1 a 3,8 anni per la fascia ≥70 anni (6, 7).

La mortalità annuale da causa cardiovascolare nei pazienti >65 anni in lista di attesa e dopo trapianto è riportata di 9,7%, vs 3,6% rispettivamente (2). Un beneficio, sebbene meno evidente, è riportato anche per la mortalità da causa infettiva, 2,0% e 1,6% rispettivamente nei pazienti in lista e nei trapiantati. In una casistica monocentrica italiana la mortalità da causa infettiva diventa la prima causa di decesso del paziente trapiantato di età ≥65 (8).

È importante notare che negli ultimi anni la sopravvivenza in dialisi è aumentata soprattutto per le fasce più alte di età (9), la sopravvivenza KM a 5 anni è passata da 16,5 nel 1997 a 25,1 anni nel 2003 (10) e i dati del registro americano United Network for Organ Sharing (UNOS) riportano una riduzione della mortalità dei pazienti >65 anni in lista di attesa per trapianto di rene. Mancano dati di confronto di sopravvivenza con il trapianto rispetto a questi nuovi risultati in dialisi.

È stato dimostrato che il trapianto di rene da donatori con criteri estesi, in riceventi di età superiore o uguale a 60 anni, è associato a maggiore sopravvivenza rispetto al rimanere in dialisi. Il trapianto di rene da donatore vivente rimane l’opzione con i migliori risultati (11).

 

Ripresa funzionale ritardata

L’allocazione old for old cioè rene da donatore anziano assegnato a ricevente anziano, implica una maggiore possibilità di ripresa funzionale ritardata dopo il trapianto (delayed graft function = DGF) con allungamento della permanenza di tubi di drenaggio, catetere vescicale e vie di infusione e conseguente allungamento del tempo di ricovero.

Spesso il processo di allocazione del rene da donatore anziano è gravato da tempi più lunghi, in particolare in caso di analisi istologica. Il programma di allocazione Eurotransplant dedicato ai riceventi anziani prevede che reni da donatori anziani siano preferenzialmente allocati a riceventi anziani senza analisi del match HLA e in una ristretta area geografica. Essendo il procedimento più rapido si minimizzano i tempi di ischemia fredda, riducendo così la possibilità di una ripresa funzionale ritardata (DGF) e il numero di rigetti non è aumentato anzi risulta più basso (12).

 

Rigetto

Il tasso di rigetti acuti nel primo anno dopo trapianto è minore nei riceventi di età più avanzata. Questo può essere dovuto ad una migliore aderenza alla terapia e ad una minore immunoreattività del soggetto anziano.

L’avanzare dell’età induce cambiamenti strutturali e funzionali del sistema immunitario. Il peso delle tonsille e della milza diminuisce a partire rispettivamente dai 65 e dai 70 anni. Responsabile di questo processo e della parallela involuzione dei linfonodi, è la deplezione di linfociti che interessa soprattutto il compartimento delle cellule T; diminuiscono le cellule T circolanti e si rileva una bassa attività delle cellule NK. Sembra dimostrata un’aumentata incidenza di infezioni nell’età avanzata nella popolazione generale.

Nelle fasce di età più giovane l’evenienza di un rigetto si associa ad una prognosi inferiore della durata del trapianto, mentre nei pazienti di età 60-69 e ancora di più in quelli ≥70 anni l’evento rigettuale è predittivo di morte prematura (13). Questa osservazione, non confermata in altre casistiche, indicherebbe che la cura del rigetto possa esporre ad un più elevato rischio di infezioni.

In uno studio monocentrico su un campione di 805 trapianti, sono stati studiati 509 riceventi di primo trapianto, tutti in terapia con ciclosporina. Il campione era suddiviso in tre fasce di età 17-43, 44-55, 56-75, tali da consentire gruppi numericamente simili.

I fallimenti del graft, escludendo il decesso a rene funzionante (death censored), risultavano significativamente inferiori nel gruppo più anziano. Il rigetto acuto come causa di perdita del rene si riduceva da 42% a 21% dalla fascia di età inferiore a quella superiore. La morte da infezione aumentava significativamente con l’avanzare dell’età da 5 a 12% (14). La mortalità era significativamente più alta nella fascia di età più avanzata, senza che le differenze nelle cause fossero significative.

Questi risultati hanno ovvie implicazioni terapeutiche. In uno studio retrospettivo monocentrico (15) sono stati comparati due gruppi di età >60 anni, paragonabili per caratteristiche pre-trapianto, trattati rispettivamente con AZA 2mg/Kg/die, Pred, CSA (46 pazienti) o con MMF 2g/die, Pred, CSA (45 pazienti). Nel gruppo trattato con micofenolato mofetile (MMF) si registravano 27 infezioni con necessità di ricovero in 15 pazienti, rispetto a 10 infezioni in 7 pazienti nel gruppo trattato con AZA. Non si osservavano differenze significative nell’incidenza di rigetto acuto e nella sopravvivenza a un anno del rene e del paziente.

Dati recenti di analisi di registro mostrano come se, escludiamo i decessi a rene funzionante, riceventi di ≥65 anni abbiano migliore sopravvivenza dell’organo a cinque anni (90,7 vs 79,8) rispetto a riceventi di età <50 (16).

Studi prospettici su protocolli immunosoppressivi differenziati e in generale meno intensi nei riceventi anziani non sono disponibili. In un’analisi retrospettiva è stato valutato l’impatto in pazienti >60 anni di una terapia immunosoppresssiva a base di tacrolimus con BTL target 8-10 ng/ml e MMF 1g/die in 101 pazienti, rispetto a tacrolimus con BTL target 10-12 ng/ml e MMF 2 g/die in 88 pazienti. Gli autori pur non fornendo dati puntuali dell’effettiva esposizione ai farmaci durante il periodo di studio, riportano un sostanziale beneficio nei pazienti avviati ad una terapia meno intensa, con minore fallimento dell’organo (9,1 vs 26,7 % p=0,01) e con un trend di minore mortalità 8,0 vs 18,8% p=0,09 (17).

 

Comorbidità e fragilità

Il trapianto di rene richiede che almeno un asse iliaco sia risparmiato da calcificazioni circonferenziali che impediscono il clampaggio dell’arteria e il confezionamento dell’anastomosi della neo-arteria; l’assenza di questo requisito rappresenta la controindicazione principale al trapianto. Anche la presenza di stenosi sull’asse iliaco-femorale può rappresentare una controindicazione per l’utilizzo di quel lato per il trapianto e deve quindi essere risolta preliminarmente. Talora, in assenza di una diagnostica aggiornata, il trapianto di rene svela la presenza di una stenosi emodinamicamente significativa sull’asse iliaco. In caso di stenosi a monte della anastomosi il segno sarà una stentata o parziale ripresa funzionale del graft, con resistenze intraparenchimali basse all’analisi doppler. In caso di stenosi a valle dell’anastomosi si potrà presentare un quadro ischemico dell’arto omolaterale. Per questo è indicato un monitoraggio con ecodoppler annuale dei pazienti in attesa di trapianto, o addirittura semestrale per pazienti a rischio elevato di malattia vascolare.

Talora il paziente anziano con caratteristiche d’idoneità al trapianto, dopo una fase postoperatoria priva di complicanze stenta a riprendere la piena autonomia necessaria per la dimissione oppure, una volta dimesso, va incontro a ripetuti ricoveri per problemi che usualmente sono gestibili a livello ambulatoriale come infezioni urinarie o citomegalovirosi.

In passato non esistevano indicatori per predire questa evenienza. Recentemente è stato introdotto il concetto di fragilità, la cui misurazione è un fattore predittivo di complicanze postoperatorie e di aumento della mortalità più potente di altre tradizionali misurazioni del rischio operatorio.

Il fenotipo con fragilità fisica è caratterizzato da una ridotta riserva funzionale fisiologica e da aumentata vulnerabilità.

Sebbene studi su ampie casistiche abbiano identificato fattori di rischio associati allo sviluppo di fragilità, come insufficienza cardiaca, artrite, vasculopatia periferica e stato depressivo, molti pazienti che non presentano questi fattori, sono tuttavia fragili. Lo studio Cardiovascular Health Study riporta che di tutti i pazienti affetti da fragilità il 94% era in grado ancora di svolgere le attività quotidiane e il 54% non presentava comorbidità.

Le variabili che misurano lo stato di fragilità sono le seguenti: a) un calo ponderale >4,5 Kg nell’ultimo anno, b) la debolezza misurata con il grip test tramite dinamometro da mano e risultata al 20° percentile più basso c) Uno stato di esaurimento riportato dal paziente come una sensazione di “non farcela” avvertita più di tre volte alla settimana, d) un livello di attività, misurato con il consumo calorico giornaliero, <20° percentile più basso, e) velocità del cammino con test sui cinque metri risultato al 20° percentile più basso. Ogni criterio viene graduato da 0 a 1 e la fragilità indicata come intermedia con punteggio 2-3 o piena con punteggio 4-5. Il fenotipo con fragilità è stato associato a prognosi sfavorevole in pazienti adulti con ESRD di tutte le fasce di età (19).

In uno studio monocentrico sulla fragilità nei pazienti con ESRD sottoposti a trapianto di rene, 19,5% erano affetti da fragilità.

 

Conclusioni

Il trapianto da cadavere o da vivente rappresenta un beneficio in termini di minore mortalità per il paziente anziano selezionato; il numero di pazienti >65 anni che vengono iscritti in lista di attesa è in aumento.

La strategia old for old di allocazione del trapianto da cadavere rispnde a criteri di beneficialità ma anche a considerazioni immunologiche, assegnando un rene più immunogeno a un paziente meno immunoreattivo.

Il trapianto di rene nei pazienti più anziani si associa ad un iniziale aumento di mortalità e il guadagno di sopravvivenza si ottiene dopo circa due anni nelle fasce di età più elevata. L’entità del beneficio di sopravvivenza deve essere rivalutato alla luce del progresso della sopravvivenza in dialisi registrato negli ultimi anni.

La misurazione della fragilità può aiutare nella selezione del paziente anziano da avviare al trapianto.

Gli schemi di terapia più diffusi prevedono una immunosoppressione piena iniziale e una terapia di mantenimento ai limiti inferiori dei target usuali.

In considerazione dell’effetto sfavorevole di un lungo tempo dialitico sia sull’outcome del trapianto sia sulla sopravvivenza del paziente è importante evitare che il paziente maturi una lunga permanenza in dialisi. È stato dimostrato che il trapianto di rene da donatori con criteri estesi, in riceventi di età superiore o uguale a 60 anni, è associato a maggiore sopravvivenza rispetto al rimanere in dialisi. Il trapianto di rene da donatore vivente rimane l’opzione con i migliori risultati.

 

 

Bibiografia

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  2. Meier-Kriesche HU, Ojo AO, Hanson JA and Kaplan B, Exponentially increased risk of infectious death in older renal transplant recipients, Kidney Int, Vol. 59 (2001), pp. 1539–1543
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