Marzo Aprile 2019 - In depth review

Temporal variation of Chronic Kidney Disease’s epidemiology

Abstract

Chronic Kidney Disease (CKD) is a major risk factor for mortality and morbidity, as well as a growing public health problem. Several studies describe the epidemiology of CKD (i.e. prevalence, incidence) by examining short time intervals. Conversely, the trend of epidemiology over time has not been well investigated, although it may provide useful information on how to improve prevention measures and the allocation of economic resources. Our aim here is to describe the main aspects of the epidemiology of CKD by focusing on its temporal variation. The global incidence of CKD has increased by 89% in the last 27 years, primarily due to the improved socio-demographic index and life-expectancy. Prevalence has similarly increased by 87% over the same period. Mortality rate has however decreased over the last decades, both in the general and CKD populations, due to a reduction in cardiovascular and infectious disease mortality. It is important to emphasize that the upward trend of incidence and prevalence of CKD can be explained by the ageing of the population, as well as by the increase in the prevalence of comorbidities such as hypertension, diabetes and obesity. It seems hard to compare trends between Italy and other countries because of the different methods used to assess epidemiologic measures. The creation of specific CKD Registries in Italy appears therefore necessary to monitor the trend of CKD and its comorbidities over time.

Keywords: chronic kidney disease, CKD, epidemiology, registers, socio-demographic index

Sorry, this entry is only available in Italiano.

Introduzione

La malattia renale cronica (CKD) è una condizione patologica associata ad un alto rischio di mortalità e di morbidità. È stato infatti dimostrato, in studi di popolazione generale e di pazienti seguiti dalle unità nefrologiche, che la presenza di un valore di filtrato glomerulare stimato (eGFR) <60 ml/min/1,73m2 o di proteinuria si associa ad un alto rischio di sviluppare, nel tempo, eventi cardiovascolari (CV) maggiori (malattia coronarica, scompenso cardiaco, vasculopatia periferica), progressione del danno renale (riduzione del eGFR ed ingresso in dialisi) e mortalità da tutte le cause [15]. Di conseguenza, si è fatto un grande sforzo negli ultimi anni per sensibilizzare l’opinione pubblica, i medici di medicina generale e gli specialisti non nefrologi sull’importanza della diagnosi precoce di CKD, per individuare delle strategie di prevenzione efficaci nel ridurre il rischio di una sua progressione, e per stimolare le istituzioni ad una redistribuzione delle risorse sanitarie verso la Nefrologia, che notoriamente si occupa delle nefropatie [6]. Diversi studi hanno descritto dettagliatamente l’epidemiologia della CKD, focalizzandosi principalmente su prevalenza ed incidenza [7]. Una descrizione del trend temporale della CKD può aggiungere informazioni utili alla letteratura scientifica, individuando le aree in cui è necessario intensificare l’intervento preventivo e terapeutico.

Lo scopo di questo articolo è quello di descrivere i principali aspetti della CKD, focalizzando l’attenzione sul suo trend temporale, ossia sui cambiamenti che si sono verificati nel tempo.

 

Consapevolezza del problema CKD

Il livello di consapevolezza della CKD, definito come la reale presa di coscienza da parte del paziente dell’alterazione della propria funzionalità renale, è ancora oggi molto basso. Nella coorte NHANES (National Health and Nutrition Examination Survey), esso è addirittura lievemente diminuito dal 2001 al 2016 per gli stadi I, II, III, mentre è aumentato nei pazienti in IV stadio, in cui è passato dal 36% al 57%. Questo dato non è per nulla soddisfacente se consideriamo che circa la metà dei pazienti ignora la propria condizione, anche quando si trova in una fase severa della malattia renale [8]. Il risultato è simile se viene esaminata la consapevolezza delle condizioni che notoriamente costituiscono fattori di rischio per lo sviluppo della CKD, quali il diabete e l’ipertensione arteriosa, che raggiunge solamente il 15% [9].

Per quanto riguarda la popolazione italiana, dallo studio CARHES (CArdiovascularrisk profile in Renal patients of the Italian Health ExaminationSurvey) è emerso che solamente il 10% dei pazienti con CKD era consapevole della propria condizione; si è riscontrato il grado di consapevolezza maggiore (18.4%) tra i pazienti con eGFR <60/ml/min/1,73 m2 [10].

Minutolo et al. hanno mostrato come in una coorte italiana di 451˙548 pazienti seguiti in medicina generale, solamente il 17% era stato sottoposto al dosaggio della creatininemia, ed una percentuale ancor più trascurabile al il dosaggio della proteinuria (sia come raccolta delle 24h che estemporanea) [11]. Inoltre, una bassa sensibilità verso il problema della CKD è osservabile anche nell’ambito delle cure terziarie, come ad esempio il setting diabetologico, dove, nell’anno 2016, il dosaggio dell’albuminuria è stato praticato soltanto nella metà dei pazienti diabetici [12]. I limiti dei metodi usati per stimare il dosaggio di creatinina sierica, che possono essere falsati ad esempio dalla riduzione della massa muscolare tipica dell’anziano, amplificano l’entità del problema e rivelano come gli obiettivi diagnostici auspicati non siano stati tuttora raggiunti [13]

 

Incidenza della CKD

Il rapporto Global Burden 2018 (GB-CKD), mostra come l’incidenza mondiale di CKD sia passata da 11˙299˙557 di individui nel 1990, a 21˙328˙971 nel 2016, con un aumento del 89% in 27 anni [14]. Scomponendo tale dato a seconda del diverso Indice Socio-Demografico (SDI) delle aree in esame, si nota come il trend positivo dell’incidenza sia fortemente modificato da quest’ultimo: l’aumento è infatti compreso tra il 60%, nei paesi che avevavno un alto SDI tra il1990 e il 2017, ed il 123,67% per i paesi a basso SDI.

Considerando i nuovi casi di CKD per 100˙000 abitanti e standardizzando per il dato dalla crescita demografica globale, si osserva un aumento di ben il 34% in 27 anni; considerando inoltre l’incidenza standardizzata per l’età, l’aumento diventa più modesto nellearee ad alto SDI, tra cui l’Italia, in cui il maggiore contributo è attribuibile all’invecchiamento della popolazione.

 

Prevalenza della CKD

Dal GB-CKD emerge anche come il numero assoluto di pazienti CKD sia passato da 147˙598˙152 individui nel 1990 a 275˙929˙799 nel 2006, con un aumento percentuale dell’87% in 27 anni [14]. Col trascorrere degli anni, la prevalenza standardizzata (per 100˙000 abitanti) è aumentata del 33%, per cui un contributo sostanziale a questo trend è dato evidentemente dalla crescita demografica globale.

Anche nel caso della prevalenza, l’età è un fattore che modifica fortemente il dato a livello mondiale. I paesi con il più alto livello di prevalenza globale sono Cina, India, Russia, e USA. Tuttavia, il dato di prevalenza cambia se è standardizzato per l’età: una volta attribuito un maggiore peso alla giovane età, is rileva infatti un’alta prevalenza in Africa, Oriente e Messico, mentre si osserva una brusca diminuzione in Europa, USA e Cina, aree in cui è l’invecchiamento della popolazione a contribuire fortemente alla prevalenza. Anche l’Italia mostra un andamento simile.

Negli Stati Uniti, secondo i dati del Registro USRDS, nel periodo 2013-2016 il 14,9% della popolazione generale aveva diagnosi di CKD, con un aumento percentuale di 0,6 punti rispetto al periodo 2001-2004, distribuiti per il 6,9% negli stadi III-V della CKD e per il 7,9% negli stadi I e II, e con un lieve aumento di prevalenza per lo stadio III, dal 6,1% al 6,4% [9]. Dall’analisi emergeva anche un aumento generale della prevalenza di albuminuria. Un rapporto albuminuria/creatininuria (ACR) ≥30 mg/g era rilevato nel 10% dei partecipanti allo studio NHANES, nella coorte 2013-2016, un dato non irrilevante considerata la correlazione tra l’albuminuria e l’aumento del rischio di mortalità [13, 8]. Nelle coorti dal 2001 al 2016 si è registrata, tra i pazienti con un’età maggiore di 60 anni, una diminuzione della prevalenza di CKD di III stadio e un’aumento della prevalenza per gli stadi I e II; ciò si può spiegare in parte con l’aumento delle diagnosi precoci di CKD, dovuto ad un maggiore accesso alle cure e a una maggiore prevenzione.

In Italia si è fatto riferimento allo studio CARHES, condotto su 7˙552 pazienti reclutati a livello nazionale negli anni 2008-2012 [10]. La prevalenza assoluta riportata era del 7%, del 4,16% negli stadi I-II e del 2,89% negli stadi III-V rispettivamente. Gli individui con eGFR <45 ml/min/1,73m2 rappresentavano lo 0,78% dell’intera popolazione e l’11% dei pazienti con CKD. Se standardizzata per età, la prevalenza scendeva tuttavia al 6,29% per effetto del maggiore peso attribuito all’età avanzata dei pazienti, a dimostrazione del fatto che la popolazione con CKD sta progressivamente invecchiando. Inoltre, ACR ≥30 mg/g era presente nel 4,77% dei pazienti dello studio; di essi, l’84% mostrava un’albuminuria moderata (ACR: 30-299 mg/g) e il 16% un’albuminuria severa (ACR ≥300 mg/g). La prevalenza dell’albuminuria saliva al 24% negli individui con eGFR <60 ml/min/1,73 m2.

Il dato di prevalenza italiano differisce molto dalla media degli USA e da quella europea (Tabella I) che è intorno al 10-13%. È da sottolineare che in Italia manca ancora oggi un Registro della CKD; esso costituirebbe uno strumento essenziale per la Sanità Pubblica, sia per la valutazione di quali siano i maggiori determinanti della CKD sia per il monitoraggio nel tempo dei fattori di rischio, aspetto ugualmente importante. La variabilità delle stime di prevalenza da nazione a nazione fa sorgere il dubbio che il peso dei fattori di rischio della CKD possa essere modificato anche da altri elementi non ancora misurati e strettamente collegati alla popolazione di origine. Anche per questo motivo è auspicabile l’implementazione di un Registro nazionale informatizzato che consenta di attuare strategie di prevenzione e di monitoraggio nella popolazione. A riprova di questa necessità, diversi studi recenti mostrano un cambiamento netto nell’epidemiologia dei pazienti con CKD seguiti nelle divisioni di Nefrologia di tutta la nazione, con una maggiore prevalenza di nefropatia non proteinurica e di pazienti diabetici non proteinurici [3, 1517].

 

Mortalità nella CKD

In Italia, il tasso di mortalità annuo riferito alla popolazione generale si è ridotto, passando da 697 per 100˙000 abitanti/anno del 1979 a 352 del 2015 con un calo percentuale del 48% (Figura 1), a fronte di una spesa sanitaria in crescita, presumibilmente anche nei prossimi anni, a causa dell’aumento dei pazienti affetti da malattie croniche [1819]. La mortalità associata ad alcune delle comorbidità della CKD ha mostrato un simile trend di decrescita nello stesso intervallo di tempo: per la malattia coronarica si riporta una riduzione del 68%, per l’ipertensione arteriosa e il diabete mellito rispettivamente del 20 e del 32% (Figura 2). Anche negli USA la mortalità ha subito un calo sensibile, riducendosi da 685 a 480 per 100˙000 abitanti/anno dal 1979 al 2015, con una riduzione percentuale del 29,9% (Figura 1); tale variazione è inferiore rispetto a quella italiana e ciò riflette abitudini di vita diverse, oltre ad una diversa organizzazione del sistema sanitario nazionale.

Quanto affermato per i dati di prevalenza ed incidenza della CKD vale anche per i dati di mortalità. In Italia, infatti, non sono disponibili attualmente dati sul trend di mortalità estraibili direttamente dai Registri dedicati alla popolazione con CKD. Il database della World Health Organization (WHO) fornisce alcune stime, combinando però la mortalità dovuta alle malattie dell’apparato urinario [18]. Secondo queste stime, la mortalità annua per le malattie del tratto genitourinario (n/100˙000 abitanti) ha mostrato una riduzione del 5,7% dal 1979 al 2015. Questi dati non sono tuttavia direttamente confrontabili con quelli dei pazienti con CKD, perché la definizione di malattia dell’apparato urinario è basata su criteri diversi e non esclude la diagnosi di neoplasia. Alcuni dati più specifici sulla mortalità nei pazienti affetti da CKD possono essere estratti dal Registro statunitense USRDS (Figura 3). Il tasso crudo di mortalità nel sottogruppo di pazienti con CKD del Medicare (USA) è sceso da 192,0 a 134,8 per 1˙000 pazienti/anno nel periodo 2003-2015. Alla luce del fatto che i pazienti inclusi nella coorte Medicare avevano un’età avanzata (≥66 anni) e un eGFR ridotto, questo importante dato dimostra che la riduzione della mortalità è estendibile anche agli individui con queste specifiche caratteristiche.

La riduzione della mortalità nel tempo è stata attribuita a molteplici meccanismi, primo tra tutti la più attenta prevenzione e cura della malattia cardiovascolare (CVD). L’attività fisica e la dieta mediterranea, insieme ad un più largo uso di farmaci come le statine e gli antiipertensivi, appare strettamente collegato a questo trend positivo [20]. Un altro fattore che può contribuire a questo fenomeno è sicuramente la drastica riduzione della mortalità per malattie infettive che si è verificata nelle ultime decadi [21]. Una sintesi del significato delle principali misure epidemiologiche riportate nel testo è mostrata in Tabella II.

 

Principali fattori responsabili del trend epidemiologico

I fattori principali che possono spiegare l’aumentato peso globale della CKD sono l’invecchiamento della popolazione, la costante crescita demografica, la diminuzione delle patologie trasmissibili (per i paesi con un minore SDI) e anche l’aumento dei fattori di rischio delle malattie non trasmissibili (NCDs), quali appunto la CKD, ma anche l’obesità, il diabete, l’ipertensione, l’abitudine al fumo e la CVD. Secondo i dati forniti dal Global Burden e relativi al periodo di tempo 1990-2016, la crescita demografica e l’aumento della durata media della vita sono i fattori maggiormente responsabili dell’aumentata incidenza di CKD a livello globale. Hanno inoltre contribuito a questo cambiamento del quadro complessivo anche l’aumentata incidenza di diabete mellito (DM), obesità, nefropatia ipertensiva (HTN) e fumo, oltre al livello socio-demografico della popolazione. Le aree a medio SDI, sostanzialmente rappresentate dai cosiddetti paesi in via di sviluppo in parte del continente africano ed asiatico, sono infatti quelle in cui si è riscontrato un maggiore aumento della ricchezza relativa pro-capite, che non è stata seguita da un’adeguata sensibilizzazione e da politiche sanitarie di prevenzione e di controllo delle NCDs [14].

Nelle aree geografiche ad alto SDI invece, quali gli USA e l’Europa (Italia compresa), la maggiore prevalenza è da ricondurre all’invecchiamento della popolazione, come dimostrato dalla diminuzione della prevalenza se questa viene standardizzata per l’età, unitamente all’aumentato burden di obesità, fumo, CVD, DM e HTN. Esistono naturalmente fonti di eterogeneità tra i paesi ad alto SDI che determinano un diverso impatto dei vari fattori: in Italia, i dati WHO relativi al periodo 1979-2015 mostrano un’espansione demografica molto modesta (+6,7%) dovuta in buona parte all’invecchiamento della popolazione, a seguito del calo repentino delle nascite (-29,3% nuovi nati/anno) e alla minore mortalità globale [22, 23].

Il peso di tutte le NCDs, oggi responsabili del 91% delle morti in Italia, è aumentato a causa di questo aumento della età media. I fattori di rischio di CKD nella popolazione italiana sono stati almeno in parte definiti. I dati dello studio CARHES mostrano, infatti, un’alta prevalenza di comorbidità tra i pazienti con CKD: CVD (24% M, 12% F), ipertensione (78% M, 71% F), diabete (33% M, 24% F), obesità (38% M, 40% F) e fumo (19% M, 15% F), con percentuali maggiori rispetto alla popolazione senza CKD. Dall’analisi di regressione emerge come l’età avanzata, la presenza di ipertensione e di una CVD pregressa siano fattori di rischio indipendenti di CKD; inoltre, un ACR ≥30 mg/g è fortemente associato alla presenza di diabete, ipertensione arteriosa e abitudine al fumo, mentre un eGFR <60 ml/min/1,73m2 correla più strettamente con la presenza di CVD, ipertensione arteriosa ed obesità.

La situazione demografica mostra invece un maggiore dinamismo negli USA, con un’attiva espansione demografica (+43,5% dal 1979 al 2016), dovuta al trend positivo delle nascite (+15,6% dal 1979 al 2016) e alla crescita dell’aspettativa di vita [22]. Anche nel caso degli Stati Uniti, i dati del registro USRDS mostrano che le comorbidità hanno un forte peso sull’aumento dell’incidenza della CKD. Essa è presente nel 16,8% dei pazienti obesi (definiti da un BMI >30 kg/m2), nel 36% dei pazienti diabetici, nel 31% dei pazienti con ipertensione arteriosa e nel 40,3% dei pazienti con CVD. Nelle coorti 2001-2016, dalla definizione dei fattori di rischio individuale di sviluppare un eGFR <60 ml/min/1,73m2 emerge che il rischio di contrarre CKD per effetto dell’obesità, dell’ipertensione arteriosa e della CVD è in diminuzione, mentre il rischio per effetto del DM è in aumento; è stato inoltre confermato che l’età rimane, costantemente nel tempo, di gran lunga il maggiore predittore di una riduzione dell’eGFR [9]. Nello stesso intervallo di tempo (2001-2016), la presenza di CVD, ed in particolar modo della HTN, ha mostrato un effetto crescente nel predire lo sviluppo di ACR ≥30 mg/g; il controllo pressorio arterioso sembra pertanto prioritario nella riduzione del rischio legato alla proteinuria, che è notoriamente un fattore di rischio indipendente a livello cardiovascolare nonché un marcatore di danno renale ben consolidato e oggi utilizzato diffusamente per la stadiazione della CKD [24]. Inoltre, come riportato nell’USRDS, solamente il 37% dei pazienti con eGFR <60 ml/min/1,73m2 e il 18,6% tra i pazienti con ACR ≥30 mg/g rientrano nel target pressorio di 140/90 mmHg; il resto è costituito da pazienti ignari della propria condizione di HTN e quindi non in trattamento, oppure trattati ma non ben controllati [14].

A tal riguardo, lo studio Norvegese HUNT, condotto su due coorti raccolte in periodi successivi (1995-1997 e 2006-2008), ha mostrato che un aumento nell’utilizzo di inibitori del RAS (dal 4% all’11.2%), una maggiore attività fisica (dal 32% al 49%) e una riduzione dell’abitudine al fumo (dal 29% al 21%), si associano non solo ad un migliore controllo pressorio a distanza di tempo, ma anche ad una lieve diminuzione dell’albuminuria (-7.9%) e alla stabilizzazione (intorno all’11%) del trend di prevalenza della CKD (11,3% nel 1995-1997 e 11,1% nel 2006-2008), pur in presenza di un aumento del BMI, e ad una maggiore prevalenza del DM [25, 26].

È evidente come oggigiorno nei paesi ad alto SDI, tra i quali l’Italia, la prevenzione della CKD debba basarsi sulla riduzione complessiva dei fattori di rischio, tramite programmi di prevenzione mirati, allo scopo di poter ottenere una diagnosi precoce della malattia e il suo trattamento tempestivo [27].

Tuttavia, i dati di prevalenza limitati a brevi intervalli di tempo possono fornire delle informazioni solamente parziali rispetto ai trends temporali più estesi. Un esempio eclatante è dato dalla crescente prevalenza dell’obesità negli anni che ha interessato particolarmente le popolazioni con un indice socio-demografico più basso [28]. Nel 2014, il 37% dei cittadini USA ed il 22% di quelli italiani avevano un BMI >30 Kg/m2; rispetto al 1975 questo dato è praticamente triplicato in Italia e raddoppiato negli USA (Figura 4) [29]. Il dato relativo all’anno 2016 (Figura 5) sembra indicare che l’obesità è più diffusa nelle popolazioni meno deprivate; tuttavia, la variazione temporale ha visto un incremento della prevalenza circa 6 volte maggiore nelle popolazioni a SDI medio e medio-basso.

Quanto al DM, la sua prevalenza globale si è quadruplicata dal 1980 al 2014, passando da 108 milioni a 422 milioni; in maniera analoga, la percentuale di diabetici in Italia è aumentata esponenzialmente, passando dal 2,9% nel 1980 all’11,8% nel 2012 [10, 3031]. La prevalenza globale di HTN è raddoppiata, passando da 594 mln del 1975 a 1˙130 mln del 2015; in Italia, nel periodo compreso fra il 2000 e il 2014, l’HTN sembra invece essere in lieve diminuzione: dal 64% al 61% negli uomini e dal 54% al 51% nelle donne [32]. Questa riduzione può essere almeno in parte riconducibile ad una progressiva intensificazione, nello stesso periodo, dell’attività degli ambulatori di Nefrologia dedicati [33].

 

Considerazioni sugli studi epidemiologici sulla CKD

È rilevante che mentre per i pazienti in end-stage renal disease si dispone di registri su larga scala, quali l’USRDS per gli USA, l’ERA-EDTA per l’Europa e il RIDT per l’Italia, l’analisi sulla prevalenza ed incidenza di CKD è invece basata su numerosi studi tra loro assai differenti per grandezza del campione, metodologia, e aree territoriali coinvolte.

In alcuni paesi sono disponibili dati ben rappresentativi della popolazione CKD, raccolti su scala nazionale e in modo omogeneo: NHANES negli USA, AUSDIAB in Australia e CHINA HEALTH in Cina. Tuttavia in molti altri paesi, soprattutto europei, i dati appaiono estremamente eterogenei nella misurazione della creatininemia e carenti in quella della proteinuria [34]. Alcuni studi, inoltre, sono stati condotti solamente su scala regionale: ad esempio, l’INCIPE nel Veneto, lo studio Gubbio, lo studio HUNT nel Nord-Trøndelag norvegese e il PREVEND nella città di Groningen in Olanda (Tabella I) [25, 3538]. Tali condizioni di eterogeneità rendono purtroppo non sempre confrontabili i risultati ottenuti.

 

Conclusioni

In Italia, come nel resto del mondo, la prevalenza e l’incidenza di CKD sono in costante aumento. Parte di questo trend è sicuramente dovuto all’invecchiamento della popolazione e ad un aumento delle comorbidità tipiche dell’età avanzata, in primis il diabete e l’ipertensione arteriosa. In un contesto epidemiologico in costante evoluzione, per comprendere quale sia l’evoluzione della CKD e dei suoi fattori di rischio e per pianificare le corrette misure preventive, sarà decisivo attuare un monitoraggio nel tempo tramite la creazione di Registri della CKD.

 

Bibliografia

  1. Gansevoort RT, Matsushita K, van der Velde M, et al. Lower estimated GFR and higher albuminuria are associated with adverse kidney outcomes. A collaborative meta-analysis of general and high-risk population cohorts. Kidney Int 2011; 80:93-104. https://doi.org/10.1038/ki.2010.531
  2. Astor BC, Matsushita K, Gansevoort RT, et al. Lower estimated glomerular filtration rate and higher albuminuria are associated with mortality and end-stage renal disease. A collaborative meta-analysis of kidney disease population cohorts. Kidney Int 2011; 79:1331-40. https://doi.org/10.1038/ki.2010.550
  3. De Nicola L, Provenzano M, Chiodini P, al. Epidemiology of low-proteinuric chronic kidney disease in renal clinics. PLoS One 2017 Feb 17; 12(2):e0172241. https://doi.org/10.1371/journal.pone.0172241
  4. De Nicola L, Provenzano M, Chiodini P, et al; SIR-SIN study group. Prognostic role of LDL cholesterol in non-dialysis chronic kidney disease: Multicenter prospective study in Italy. Nutr Metab Cardiovasc Dis 2015 Aug; 25(8):756-62. https://doi.org/10.1016/j.numecd.2015.04.001
  5. Russo D, Corrao S, Battaglia Y, et al. Progression of coronary artery calcification and cardiac events in patients with chronic renal disease not receiving dialysis. Kidney Int 2011 Jul; 80(1):112-8. https://doi.org/10.1038/ki.2011.69
  6. De Nicola L, Chiodini P, Zoccali C, et al; SIN-TABLE CKD Study Group. Prognosis of CKD patients receiving outpatient nephrology care in Italy. Clin J Am Soc Nephrol 2011 Oct; 6(10):2421-8. https://doi.org/10.2215/CJN.01180211
  7. Conte G, Pacilio M, Garofalo C, Liberti ME, Provenzano M, Santangelo S. [Epidemiology of CKD in Italy and prevention strategies]. G Ital Nefrol 2014 Jul-Aug; 31(4). https://giornaleitalianodinefrologia.it/wp-content/uploads/sites/3/pdf/GIN_A31V4_00194_11.pdf
  8. Coresh J, Selvin E, Stevens LA et al. Prevalence of chronic kidney disease in the United States. JAMA 2007; 298:2038-47. https://doi.org/10.1001/jama.298.17.2038
  9. United States Renal Data System–2018 Annual Data Report. Volume 1: Chronic Kidney Disease in the United States. https://www.usrds.org/2018/view/Default.aspx (ultimo accesso: 1/3/2019).
  10. De Nicola, L., Donfrancesco, C., Minutolo, R., et al. Prevalence and cardiovascular risk profile of chronic kidney disease in Italy: Results of the 2008-12 National Health Examination Survey. Nephrology Dialysis Transplantation 2015; 30:806-14. https://doi.org/10.1093/ndt/gfu383
  11. Minutolo R, De Nicola L, Mazzaglia G, et al. Detection and awareness of moderate to advanced CKD by primary care practitioners: a cross-sectional study from Italy. Am J Kidney Dis 2008 Sep; 52(3):444-53. https://doi.org/10.1053/j.ajkd.2008.03.002
  12. Annali AMD 2018: Sintest dei Risultati. http://aemmedi.it/annali-amd-2018-sintesi-dei-risultati/ (ultimo accesso: 1/3/2019).
  13. Cirillo M. Razionale, pregi e difetti della stima della filtrato glomerulare: equazione Cockcroft-Gault ed equazione MDRD. G Ital Nefrol 2009; 26(3): 310-7. https://giornaleitalianodinefrologia.it/wp-content/uploads/sites/3/pdf/storico/2009/3/310-317.pdf
  14. Xie Y, Bowe B, Mokdad AH, et al. Analysis of the Global Burden of Disease study highlights the global, regional, and national trends of chronic kidney disease epidemiology from 1990 to 2016. Kidney Int 2018 Sep; 94(3):567-81. https://doi.org/10.1016/j.kint.2018.04.011
  15. ERA–EDTA. Annual report 2016. https://www.era-edta-reg.org/index.jsp?p=14 (ultimo accesso: 1/3/2019).
  16. Minutolo R, Gabbai FB, Provenzano M, et al. Cardiorenal prognosis by residual proteinuria level in diabetic chronic kidney disease: pooled analysis of four cohort studies. Nephrol Dial Transplant 2018 Nov 1; 33(11):1942-9. https://doi.org/10.1093/ndt/gfy032
  17. Pugliese G, Solini A, Bonora E, et al. Chronic kidney disease in type 2 diabetes: lessons from the Renal Insufficiency And Cardiovascular Events (RIACE) Italian Multicentre Study. Nutr Metab Cardiovasc Dis 2014; 24(8):815-22. https://doi.org/10.1016/j.numecd.2014.02.013
  18. WHO Mortality Database. http://apps.who.int/healthinfo/statistics/mortality/whodpms/ (ultimo accesso: 1/3/2019).
  19. RIDT–Registro Italiano dialisi e trapianto. Report 2016. https://ridt.sinitaly.org/2018/10/16/report-2016/ (ultimo accesso: 1/3/2019).
  20. Timmis A, Townsend N, Gale C, Grobbee R, Maniadakis N, Flather M, et al. European Society of Cardiology: Cardiovascular Disease Statistics 2017. European heart journal 2018; 39(7):508-79. https://doi.org/10.1093/eurheartj/ehx628
  21. El Bcheraoui C, Mokdad AH, Dwyer-Lindgren L, et al. Trends and Patterns of Differences in Infectious Disease Mortality Among US Counties, 1980-2014. JAMA 2018 Mar 27; 319(12):1248-60. https://doi.org/10.1001/jama.2018.2089
  22. WHO Noncommunicable Diseases (NCD) Country Profiles 2018. https://www.who.int/nmh/publications/ncd-profiles-2018/en/ (ultimo accesso: 1/3/2019).
  23. NCD Risk Factor Collaboration. Worldwide trends in blood pressure from 1975 to 2015: a pooled analysis of 1479 population-based measurement studies with 19.1 million participants. Lancet 2017; 389:37-55. https://doi.org/10.1016/S0140-6736(16)31919-5
  24. Chronic Kidney Disease Prognosis Consortium. Association of estimated glomerular filtration rate and albuminuria with all-cause and cardiovascular mortality in general population cohorts: a collaborative meta-analysis. Lancet 2010 Jun 12; 375(9731):2073-81. https://doi.org/10.1016/S0140-6736(10)60674-5
  25. Romundstad S, Hatlen G, Hallan SI. Long-term changes in albuminuria underlying causes and future mortality risk in a 20-year prospective cohort: the Nord-Trøndelag Health (HUNT) Study. J Hypertens 2016 Oct; 34(10):2081-9. https://doi.org/10.1097/HJH.0000000000001035
  26. De Nicola L, Minutolo R. Worldwide growing epidemic of CKD: fact or fiction? Kidney Int 2016 Sep; 90(3):482-4. https://doi.org/10.1016/j.kint.2016.05.001
  27. Galassi A, Brancaccio D, Andreucci VE, local coordinators of the project. Risk for chronic kidney disease in the general population Italian reports for World Kidney Days 2007-2009. J Nephrol 2010 Nov-Dec; 23(6):743-6.
  28. Russo D, Morrone LF, Errichiello C, et al. Impact of BMI on cardiovascular events, renal function, and coronary artery calcification. Blood Purif 2014; 38(1):1-6. https://doi.org/10.1159/000362862
  29. WHO Global Health Observatory (GHO) data. Overweight and obesity. http://www.who.int/gho/ncd/risk_factors/overweight/en/ (ultimo accesso: 1/3/2019).
  30. NCD Risk Factor Collaboration. Worldwide trends in diabetes since 1980 a pooled analysis of 751 population-based studies with 4.4 million participants. Lancet 2016; 387:1513-30. https://doi.org/10.1016/S0140-6736(16)00618-8
  31. Diabetes in Italy. Years 2000-2016. https://www.istat.it/it/files//2017/07/Report_Diabetes_En_def.pdf (ultimo accesso: 1/3/2019).
  32. Tocci G, Muiesan ML, Parati G, et al. Trends in prevalence, awareness, treatment, and control of blood pressure recorded from 2004 to 2014 during World Hypertension Day in Italy. J Clin Hypertens (Greenwich) 2016; 18(6):551-6. https://doi.org/10.1111/jch.12711
  33. Russo D, Andreucci M, De Blasio A, Frattolillo P, Andreucci VE. Treatment of hypertension in Italian nephrology out-patient clinics: the THIN Study. Semin Nephrol 2005 Nov; 25(6):431-4. https://doi.org/10.1016/j.semnephrol.2005.05.015
  34. Brück K, Jager KJ, Dounousi E, et al. European CKD Burden Consortium. Methodology used in studies reporting chronic kidney disease prevalence: a systematic literature review. Nephrol Dial Transplant 2016 Apr; 31(4):iv6–iv16. https://doi.org/10.1093/ndt/gfw024
  35. Zhang L, Wang F, Wang L et al. Prevalence of chronic kidney disease in China: a cross-sectional survey. Lancet 2012; 379:815-22. https://doi.org/10.1016/S0140-6736(12)60033-6
  36. Gambaro G, Yabarek T, Graziani MS, et al. Prevalence of CKD in northeastern Italy: results of the INCIPE study and comparison with NHANES. Clin J Am Soc Nephrol 2010; 5:1946-53. https://doi.org/10.2215/02400310
  37. De Zeeuw D, Hillege HL, de Jong PE. The kidney, a cardiovascular risk marker and a new target for therapy. Kidney Int 2005; 68(Suppl 98):S25–S29. https://doi.org/10.1111/j.1523-1755.2005.09805.x
  38. Cirillo M, Laurenzi M, Mancini M et al. Low glomerular filtration in the population: prevalence, associated disorders, and awareness. Kidney Int 2006; 70:800-6. https://doi.org/10.1038/sj.ki.5001641