Sezione 1: Gestione delle cisti epatiche e delle loro complicanze - Linee guida per la malattia policistica renale dell'adulto

Sezione 1: Gestione delle cisti epatiche e delle loro complicanze

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Raccomandazioni

  1. Per la valutazione dell’interessamento epatico, è necessaria l’esecuzione, in tutti i pazienti con rene policistico, dell’ecografia epatica, eventualmente seguita dalla RMN o dalla TAC.
  2. La terapia estrogenica (sostitutiva o contraccettiva) andrebbe evitata se non necessaria e interrotta soprattutto in caso di cisti sintomatiche.
  3. Gli analoghi della somatostatina potrebbero essere indicati solo per pazienti sintomatici in cui l’intervento chirurgico sia non tecnicamente eseguibile o i rischi correlati siano elevati.
  4. L’aspirazione con scleroterapia è indicata nei pazienti con un numero di cisti inferiore a 5, o con voluminosa cisti dominante di diametro superiore a 5 cm, localizzate sulla superficie epatica.
  5. L’embolizzazione trans-catetere non è da preferire ad altri tipi di trattamento. La fenestrazione è indicata in caso di fegato con meno di 10 cisti aventi diametro massimo di 10 cm o in caso di diffuso interessamento cistico con estese aree di parenchima risparmiato.
  6. La resezione epatica è indicata in quei pazienti con interessamento diffuso o parziale del fegato con massivo incremento volumetrico dell’organo.
  7. Nel sospetto di infezione di cisti epatiche, raccomandiamo di eseguire emocolture seriate. Il drenaggio sistematico delle cisti è raccomandato in caso di emocolture negative o nel caso di fallimento della terapia antibiotica.
  8. La terapia antibiotica empirica di prima linea deve prevedere chinolonici seguiti dai macrolidi, dalle cefalosporine di terza generazione e dal trimetoprim-sulfametossazolo.
  9. Nel sospetto di emorragia intracistica va eseguita la RMN ed instituita la terapia medica di supporto. Il trattamento radicale del sanguinamento consiste nella fenestrazione o nella cistectomia e va riservato alle forme non autolimitantesi.
  10. Non è raccomandato lo screening del carcinoma epatico nei pazienti affetti da ADPKD.

Introduzione

Il fegato policistico (PCLD) è la più comune manifestazione extrarenale dell’ADPKD, infatti ricorre nel 50-70% dei pazienti affetti [1]. Le cisti epatiche originano dai dotti biliari di medio calibro e successivamente perdono la comunicazione con essi; si formano in seguito ad alterazioni dell’adesione, della proliferazione e della secrezione dei colangiociti provocate dalla mutazione delle policistine [2] (full text) [3] (full text). Esse aumentano progressivamente di numero e dimensioni, provocando un aumento volumetrico del fegato variabile dallo 0,9% al 3,2% del volume epatico iniziale [4] [5] (full text).

Fattori di rischio per lo sviluppo di cisti renali sono [1] [6]:

  • Età superiore a 25 anni (infatti le cisti epatiche si formano più tardivamente rispetto a quelle renali e la loro prevalenza è del 58% nei soggetti di età compresa fra 15 e 24 anni; 85% nei soggetti di età fra 25 e 34 anni; 94% nei soggetti di età fra 35 e 46 anni),
  • Ssso femminile (sebbene l’incidenza sembri essere uguale nei due sessi, nelle femmine le cisti sono più voluminose, compaiono più precocemente e sono più frequentemente sintomatiche),
  • Gravidanze ed assunzione di estrogeni,
  • Elevato volume renale.

Diagnosi

L’ecografia rappresenta sicuramente la metodica più utilizzata, ma si caratterizza per un potere risolutivo inferiore a quello della TAC [7] [8]. Tuttavia, entrambe possono sottostimare la frequenza dell’interessamento epatico; infatti la RMN è la tecnica più sensibile e specifica per la diagnosi delle cisti epatiche [2] (full text) [9] (full text).

Decorso clinico

Solitamente, la patologia ha un decorso benigno, caratterizzandosi per un basso tasso annualizzato di accrescimento delle cisti epatiche (variabile dallo 0,9% al 3,2%), tuttavia, il coinvolgimento epatico in corso di ADPKD può compromettere notevolmente il decorso della patologia. Infatti, i pazienti che ne sono affetti spesso hanno una qualità di vita significativamente peggiore rispetto alla popolazione generale, con severa compromissione delle abilità fisiche, dovuta principalmente al dolore addominale e alla dispnea [10], nonché all’insorgenza di altre complicanze. Inoltre, secondo alcune casistiche, l’interessamento epatico in corso di ADPKD può rendersi responsabile del 10% dei casi di morte nei pazienti emodializzati affetti [3] (full text), prevalentemente causati da complicanze correlate ad infezione delle cisti epatiche [11] (full text).

Attualmente non esiste uno strumento validato per la valutazione della presenza e la quantificazione dei disturbi correlati al fegato policistico. Tuttavia, è in corso di validazione un questionario specifico [12].

Nei pazienti asintomatici, solitamente gli esami di laboratorio sono normali, anche se il 45% dei pazienti con fegato policistico può avere un incremento del CA-19.9, pur in assenza di neoplasie maligne. Vi è una correlazione positiva con il volume epatico ed inoltre esso può incrementare in presenza di infezioni. Altri onco-markers (CA-125, CEA, αFP) potrebbero essere incrementati, ma meno frequentemente rispetto al CA-19.9 [13] [14] [15].

In presenza di sintomi, invece, si può avere un aumento del CA-19.9, dell’ALP (47% dei casi), della γGT (70% dei casi), dell’AST (27% dei casi), della bilirubina totale (15% dei casi) [16] [17] [18].

La funzionalità epatica è usualmente conservata, nonostante la presenza di innumerevoli cisti[19] (full text).

Studi osservazionali e sperimentali hanno dimostrato che le cisti epatiche in pazienti ADPKD possono aumentare di numero e volume sotto l’influenza degli estrogeni in gravidanza o di estrogeni esogeni (terapia sostitutiva e contraccettiva), in quanto essi aumentano i livelli intracellulari di cAMP [20] [21] [22] (full text).

Sintomatologia

Le cisti epatiche sono usualmente asintomatiche (nell’80% dei casi). Quando insorgono, i sintomi possono essere i seguenti:

  • Sintomi cronici legati all’effetto massa ed alla compressione di organi adiacenti al fegato: distensione addominale, senso di sazietà precoce (che può condurre ad iporessia ed a severa malnutrizione), reflusso gastroesofageo, stipsi, dispnea, idronefrosi destra, ernie della parete addominale;
  • Sintomi legati a complicanze sovraimposte alla compressione delle strutture biliari e vascolari adiacenti: compressione delle vene sovraepatiche, sindrome della vena cava inferiore, compressione della vena porta con ipertensione portale, sindrome di Budd-Chiari, ittero ostruttivo.

L’ipertensione portale è poco frequente nella policistosi epatica associata ad ADPKD. Essa è generalmente causata da due meccanismi. Il primo consiste nella compressione delle vene sovra epatiche o della vena cava inferiore nella sua porzione retro-epatica; in questi casi può associarsi alla sindrome di Budd-Chiari (essa può anche verificarsi dopo nefrectomia, mono- o bi-laterale, o dopo interventi chirurgici sul fegato). In tal caso la manifestazione clinica principale è la formazione di ascite essudativa, dolore addominale più o meno intenso, ittero e rapido deterioramento della funzione epatica. Il secondo meccanismo è rappresentato dalla compressione della vena porta. In tal caso la manifestazione principale consiste nella formazione di varici esofago-gastriche ed emorragia digestiva. Una causa rara di ipertensione portale è la fibrosi epatica congenita [23] (full text).

L’ittero franco è poco comune ed è generalmente causato dalla compressione, da parte delle cisti, del dotto epatico di destra o di sinistra, o del dotto epatico comune [23] (full text).

  • Sintomi legati a complicanze acute intrinseche delle cisti (infezione, torsione, rottura ed emorragia delle cisti). Questi possono essere: dolore molto intenso in ipocondrio destro, talora con incremento volumetrico della massa epatica dovuto alla torsione di una cisti o all’emorragia intracistica; dolore addominale diffuso con peritonismo o addome acuto dovuto alla rottura di una cisti nella cavità peritoneale o all’emorragia cistica intra-addominale; dolore in ipocondrio destro con febbre, in caso di infezione di una cisti.
  • Sintomi correlati a fibrosi epatica congenita/malattia di Caroli/sindrome di Caroli, neoplasie maligne.

Gestione delle complicanze legate all’effetto massa

Se le cisti epatiche sono asintomatiche o paucisintomatiche, non vanno trattate. Il trattamento andrebbe riservato a quei casi con severa compressione di organi adiacenti al fegato o con torsione, infezione o emorragia di una o più cisti che non è possibile gestire con la terapia medica convenzionale o recidivanti [2] (full text) [23] (full text) [24] [25] (full text) [26] (full text).

Trattamenti non chirurgici

Trattamenti medici

Analoghi della somatostatina

Essi sono inibitori dell’adenilato ciclasi VI (AC VI) e riducono, tramite l’inibizione della formazione di cAMP, la secrezione intracistica di fluido e la proliferazione di diversi tipi cellulari (tra cui i colangiociti) [27] [28] (full text) [29]. Inoltre essi sopprimono l’espressione di IGF-1 (insulin-like growth factor 1), VEGF (vascular endothelial growth factor) ed altri fattori di crescita [30].

Due trial clinici hanno recentemente dimostrato che un analogo long-acting della somatostatina, il Lanreotide, dopo un periodo di trattamento di 6-12 mesi, è in grado di ridurre significativamente (del 3-5%) il volume epatico in pazienti con fegato policistico rispetto al placebo. Tuttavia, la sintomatologia addominale non viene significativamente migliorata, pur con un incremento della percezione di salute generale [4] [31] (full text) [32] (full text) [33]. Un altro trial multicentrico, a numerosità campionaria molto più ampia, fornirà ulteriori indicazioni circa il potenziale impiego del Lanreotide nella patologia, specie nei pazienti con funzionalità renale ridotta [34].

Due altri trial clinici randomizzati controllati, hanno dimostrato l’efficacia dell’Octreotide LAR nel ridurre significativamente l’accrescimento delle cisti epatiche in pazienti ADPKD. Tuttavia, l’estensione di uno di questi studi a due anni di trattamento, non ha evidenziato variazioni significative nella riduzione del volume tra il primo ed il secondo anno di trattamento [35][36] (full text) [37] (full text).

Inoltre, uno studio recentemente pubblicato ha dimostrato che un trattamento della durata di tre anni riduce il volume epatico, e la riduzione si protrae anche per due anni dopo la sospensione del trattamento [38] [38].

I soggetti che trarrebbero maggior beneficio sono i giovani e le femmine [39].

Inibitori di mTOR

Sebbene uno studio retrospettivi abbia mostrato una riduzione del volume epatico in trapiantati di rene trattati con Sirolimus, a differenza di quelli trattati con Tacrolimus [40] (full text), attualmente non abbiamo a disposizione trial clinici randomizzati controllati condotti sull’uomo che abbiano valutato l’efficacia degli inibitori di mTOR nella riduzione della cistogenesi e del volume epatico nei pazienti ADPKD. Lo studio SIRENA II, che avrebbe valutato gli effetti epatici del Sirolimus, è stato infatti chiuso per ragioni di efficacia e sicurezza [41], mentre un altro trial che valuterà l’effetto del sirolimus è in corso [42].

Tuttavia un recente trial clinico ha dimostrato come l’aggiunta di everolimus alla terapia con octreotide non offrirebbe alcun beneficio aggiuntivo [43].

Radiologia interventistica

Aspirazione e scleroterapia

Consiste nell’aspirazione radio-guidata percutanea del contenuto della cisti, seguita dall’iniezione di un agente sclerosante (etanolo, etano lamina oleato, minociclina, tetraciclina) che, danneggiando l’epitelio cistico, impedisce la formazione di nuovo fluido intracistico [44] [45][46] [47].

Generalmente una singola seduta è sufficiente, tuttavia alcuni pazienti ne richiedono più di una[48]. Nel 70% dei casi i pazienti riferiscono la scomparsa o il miglioramento dei sintomi. Nel 22% dei casi si ha una regressione completa delle cisti e nel 19% una regressione parziale [44]

L’aspirazione con scleroterapia ha un eccellente profilo di sicurezza, anche se una piccola parte dei pazienti può sperimentare dolore addominale dovuto alla perdita dell’agente sclerosante nella cavità peritoneale. Altre possibili complicazioni sono: infezioni ed emorragie [44].

Embolizzazione arteriosa trans-catetere

Consiste nell’embolizzazione dei rami arteriosi che riforniscono i segmenti epatici sostituiti dalle cisti tramite micro particelle di polivinil alcool o microcoil [44] [49] [50] (full text) [51].

Permette una significativa riduzione del volume epatico nei segmenti trattati, mentre quelli non trattati continuano ad aumentare di volume. Inoltre dopo diversi mesi i pazienti continuano a riferire un miglioramento dei sintomi [49].

Ha un buon profilo di sicurezza, tuttavia occasionalmente può complicarsi con la sindrome post-embolizzazione [49] [50] (full text) [51], caratterizzata da dolore in ipocondrio destro, nausea e vomito.

 

Trattamenti chirurgici

Fenestrazione

Consiste nell’aspirazione del liquido cistico e nella rimozione dell’epitelio di rivestimento della cisti. Può essere condotta per via laparoscopica o laparotomia [44] [52] [52] [53] (full text)

L’approccio laparotomico è generalmente preferibile nei pazienti con la maggior parte delle cisti nei segmenti VI, VII, VIII, in quanto le cisti localizzate in queste sedi possono essere difficili da visualizzare e fenestrare [53] (full text).

La percentuale di successo è molto elevata, infatti il nel 92% dei pazienti si verifica l’immediata regressione dei sintomi, tuttavia il tasso di recidiva arriva al 25%. Fattori che la favoriscono sono: precedenti interventi addominali, cisti profonde, rimozione incompleta dell’epitelio cistico, cisti nei segmenti VI-VII-VIII e malattia molto diffusa [44].

Il tasso di complicanze è del 23% [44]. Esse includono: ascite, versamento pleurico, emorragie, perdite biliari [54]. Il tasso di mortalità è del 2% [44].

Resezione epatica

La regressione dei sintomi si può avere finanche nell’86% [44] dei casi e complessivamente molti dei pazienti riferiscono un miglioramento della qualità di vita e del performance status [17]. Il tasso di recidiva è del 30% circa [44].

Possibili complicanze sono: ascite, versamento pleurico, complicanze biliari ed emorragie e possono verificarsi anche nel 50-80% dei casi [44]. L’elevato tasso di complicanze è dovuto alla significativa distorsione dell’albero vascolare e biliare intraepatico [55] [56] (full text) [57]. Di frequente, inoltre, la vena epatica di destra è compressa dalle cisti e ciò comporta la creazione di circoli collaterali che possono frequentemente determinare sanguinamenti intraoperatori. Il tasso di mortalità è del 3% circa [44].

Trapianto ortotopico di fegato

Il trapianto ortotopico di fegato permette un miglioramento della qualità della vita del 90% e possono farvi ricorso pazienti in cui abbiano fallito altri trattamenti o con severa compromissione della funzionalità epatica [44] [58] (full text) [59] [60] (full text).

L’attuale sistema di assegnazione del trapianto di fegato è basato sul MELD score (Model for End-Stage Liver Disease), che tiene conto, tra l’altro, dei livelli sierici di bilirubina e dell’INR. I pazienti con fegato policistico conservano una discreta funzionalità epatica, pur in presenza di massivo interessamento epatico; infatti dopo l’introduzione di tale criterio il tempo di attesa per trapianto di fegato (da solo o combinato fegato/rene) si è allungato significativamente, sebbene con un miglioramento dell’outcome post-trapianto [61]. Pertanto sono necessarie delle eccezioni ai criteri MELD, specifiche per i pazienti con fegato policistico [1] [62] (full text) [63] (full text). Queste sono rappresentate da:

  • Fegato policistico massivo (rapporto cisti/parenchima totale>1),
  • Fallimento o impossibilità ad eseguire altre procedure,
  • Hanno manifestazioni cliniche severissime correlate al fegato policistico (ascite, ipertensione portale con varici esofagee sanguinanti), ostruzione delle vene epatiche, colestasi o infezioni ricorrenti delle cisti,
  • Malnutrizione severa/cachessia,
  • Ipoalbuminemia (<2.2 g/dl),
  • Riduzione della massa magra (circonferenza brachiale ≤ 23.1 cm nella femmina, ≤ 23,8 nel maschio).

La morbidità perioperatoria è elevata (40-50%), mentre la mortalità è del 10-17% e nel 3% dei pazienti è necessario un re-trapianto [44]. Il tasso di sopravvivenza a 5 anni è del 93% per i pazienti sottoposti a trapianto solo di fegato, dell’80% per quelli sottoposti a trapianto combinato di fegato e rene [44].

Nella scelta ottimale del trattamento del paziente con fegato policistico, potrebbe essere utile, quindi, fare riferimento alla classificazione proposta dalla Mayo Clinic [64] (Tabella 1).

Gestione delle complicanze acute

Infezione delle cisti

L’incidenza delle infezioni cistiche varia dall’1% al 3%. Esse, per il 50% circa, sono nosocomiali, verificandosi dopo procedure di aspirazione delle cisti [26] (full text)e sono più frequenti nei pazienti dializzati, nei quali è più frequente che le infezioni siano spontanee [65]. Sono generalmente causate da una sola specie batterica (soprattutto Enterobatteri) [66], a differenza degli ascessi epatici che sono più frequentemente polimicrobici [67].

Fattori di rischio per l’infezione delle cisti epatiche sono: sesso femminile, età superiore a 45 anni, emodialisi, procedure invasive epatiche o addominali [68] [69].

Non esistono criteri diagnostici validati. Tuttavia è possibile basarsi sui seguenti criteri, proposti da Sallée [70] (full text):

– Diagnosi certa: tramite esame chimico-fisico e citologico e colturale del liquido cistico ottenuto tramite drenaggio percutaneo. Il drenaggio sistematico non è raccomandato in caso di emocoltura positiva (nell’85% dei casi) [2] (full text) [69].

– Diagnosi probabile: in presenza di febbre > 38.5° per più di 3 giorni, dolore al fianco o all’ipocondrio di destra, incremento della PCR, leucocitosi neutrofila in assenza di segni TC di emorragia intracistica o di altre cause di febbre. Altri segni laboratoristici sono: aumento dell’ALP e del CA 19.9 e delle transaminasi.

È opportuno, nel sospetto di un’infezione cistica, sottoporre il paziente ad una valutazione strumentale del fegato con Ecografia, TAC o RMN. Tuttavia queste metodiche non hanno sensibilità e specificità elevate [71] (full text) [72] (full text).

Segni ecografici di infezione sono: presenza di detriti con ispessimento della parete cistica e/o rinforzo di parete posteriore in almeno una cisti.

Segni TC o RM di infezione sono: ispessimento della parete cistica e/o infiammazione perilesionale in almeno una cisti.

Di valido aiuto può essere il ricorso alla PET/TC con FDG che, fornendo immagini morfo-funzionali, ha dimostrato, in diversi studi retrospettivi, una validità maggiore rispetto alle classiche metodiche di diagnostica per immagini [72] (full text).

Il drenaggio sistematico (percutaneo o chirurgico) della cisti infetta non è necessario se: la cisti infetta è ben localizzata, l’emocoltura è positiva, il decorso clinico è favorevole dopo l’inizio della terapia antibiotica empirica. Al contrario, lo è nelle infezioni enfisematose ed in caso di cisti infette dal diametro > 5 cm [23] (full text) [72] (full text). Tuttavia associare il drenaggio e la terapia antibiotica, sembrerebbe essere in ogni caso più efficace[68] [68].

Nel sospetto di un’infezione delle cisti epatiche, è necessario iniziare terapia antibiotica empirica parenterale. Gli antibiotici di prima scelta sono i chinoloni (ciprofloxacina), seguiti dai macrolidi (cloramfenicolo), dalle cefalosporine di terza generazione e dal trimetoprim-sulfametossazolo. Se dopo tre giorni il decorso non è favorevole è necessario ricorrere ad almeno due antibiotici [68] [70] (full text) [72] (full text).

La terapia antibiotica andrebbe prolungata almeno sei settimane e, attualmente, non è indicata una terapia antibiotica profilattica [23] (full text).

Emorragia intracistica

È una complicanza piuttosto rara, ma possibile, della malattia ed è dovuta alla rottura di un vaso della parete cistica. Può essere acuta, subacuta o cronica [25] (full text).

L’emorragia intracistica acuta può causare un quadro clinico drammatico con intenso dolore all’ipocondrio destro (talora può mimare una colica biliare) e anemizzazione (talora con shock ipovolemico) [23] (full text).

Il più delle volte, tuttavia, l’emorragia è sub-acuta o cronica e si manifesta con un progressivo incremento del dolore in ipocondrio destro con incremento volumetrico della massa epatica, decadimento delle condizioni generali del paziente ed anemizzazione [23] (full text).

Nel sospetto di un’emorragia intracistica, è necessario eseguire una valutazione con metodiche di diagnostica per immagini. La metodica più sensibile e specifica nell’individuare un sanguinamento intracistico sembra essere la RMN, la quale, più delle altre metodiche, è utile anche nel distinguere un sanguinamento acuto da uno cronico o sub-acuto, e nel distinguere l’emorragia dall’infezione o da altre complicanze [2] (full text).

Il trattamento prevede: la somministrazione di farmaci analgesici e la stabilizzazione dell’emocromo e della volemia del paziente. Il drenaggio della cisti (il cui contenuto dovrà essere sottoposto sistematicamente ad esame colturale) può essere utile per detendere la cisti ed attenuare la sintomatologia algica, ma non va eseguito in maniera sistematica. Successivamente, se la sintomatologia non regredisce, bisognerà far ricorso alla fenestrazione della cisti o alla cistectomia.

Rottura delle cisti

È un’evenienza assai rara e si presenta con intenso dolore addominale accompagnato a segni di peritonismo, o con un quadro di addome acuto. Complicanze emodinamiche sono rare ma descritte in letteratura [73]. Può verificarsi la comparsa di liquido ascitico, che richiede stretto follow-up. Il più delle volte si rende necessario il ricorso al trattamento chirurgico, al fine di identificare la cisti rotta, effettuare emostasi e resecare la cisti [25] (full text).

Gestione della fibrosi epatica congenita/malattia di Caroli/ sindrome di Caroli

La fibrosi epatica congenita (CHF) si caratterizza istologicamente per la presenza di alterato rimodellamento del piatto duttale con interessamento dei dotti biliari di piccolo calibro, vene portali anomale, fibrosi progressiva degli spazi portali. Essa è tipicamente associata all’ARPKD e al fegato policistico non associato ad ADPKD. Tuttavia, in letteratura sono descritti numerosi casi di CHF associata ad ADPKD. Questi sono tutti rinvenuti in pazienti affetti da mutazione del gene PKD1, senza che però ci sia una trasmissione verticale, probabilmente per l’esistenza di numerosi geni modificatori, verosimilmente autosomici [26] (full text) [74] [75] (full text) [76].

I segni e i sintomi possono comparire finanche nella 5^ decade, ma generalmente insorgono nell’adolescenza o nella giovane età adulta. Questi possono essere: ittero e/o ascite con ipertensione portale associata o meno a colestasi e colangiti ricorrenti, in presenza di poche cisti o in loro assenza. Talora può rimanere silente [75] (full text). Attualmente l’elastosonografia non trova indicazione nell’individuazione precoce della fibrosi epatica [77].

La malattia di Caroli (CD) consiste in una dilatazione cistica dei dotti biliari di medio e grosso calibro (in cui è conservata la comunicazione col dotto biliare da cui origina la cisti). Questa si manifesta con colangite batterica ricorrente, calcolosi biliare che causa dolore biliare, o episodi di pancreatite. Quando si associa a CHF, prende il nome di sindrome di Caroli (CS).

L’ecografia addominale è la tecnica di diagnostica per immagini più informativa nel diagnosticare la CHF/CS, in quanto mostra l’iper-ecogenicità del parenchima epatico interessato, con associate aree di parenchima grossolanamente normo-ecogeno ed omogeneo. Inoltre si possono riscontrare ipertrofia del lobo sinistro e del lobo caudato, atrofia del lobo destro, splenomegalia, dilatazione delle vie biliari intra- ed extra-epatiche, ispessimento periportale. La colangio-RMN permette poi una più accurata valutazione dell’albero biliare [74] [75] (full text).

Degenerazione neoplastica

Sebbene riportata in letteratura, questa complicanza è rarissima. Istologicamente, può trattarsi di un colangiocarcinoma o di un cistoadenocarcinoma derivante dall’epitelio della parete cistica.

Le neoplasie in fegato policistico possono manifestarsi con accentuazione del dolore, febbre, ittero, ascite, ulteriore e rapido decadimento generale.

Importanti, ai fini diagnostici, sono la biopsia epatica con la TC addome. Il comportamento clinico è molto aggressivo [23] (full text).

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Tabella 1
Trattamenti ottimali delle cisti epatiche

Tipo A Tipo B Tipo C Tipo D
Sintomi Assenti o lievi Moderati o severi Severi o moderati Severi o moderati
Caratteristiche delle cisti Qualunque N° limitato di cisti Qualunque Qualunque
Aree di parenchima normale Qualunque ≥2 settori ≥1 settore <1 settore
Occlusione della vena epatica o della vena porta di settori preservati Qualunque Assenti Assente Presente

Tipo A: osservazione o terapia medica.
Tipo B: fenestrazione delle cisti.
Tipo C: resezione epatica (con o senza fenestrazione delle cisti rimanenti).
Tipo D: trapianto di fegato.