ANCA-Associated Glomerulonephritis Following SARS-CoV2 Infection: A Case Report

Abstract

Antineutrophil cytoplasmic autoantibody (ANCA)-associated vasculitis (AAV) primarily affects small- and medium-sized arteries, including kidney vessels, thus causing rapidly progressive glomerulonephritis. The pathogenesis of AAV is intricate and several factors, including infections, are known to possibly trigger the autoimmune process. Numerous studies have reported that SARS-CoV-2 might cause acute kidney injury (AKI). To date, a modest number of AAV with COVID-19 cases has been reported. Herein, we discuss the case of a 61-year-old man with new-onset of diffuse proliferative ANCA-associated glomerulonephritis after COVID-19.

Keywords: Vasculitis, ANCA, Acute Kidney Injury, Glomerulonephritis, COVID

Introduction

Antineutrophil cytoplasmic autoantibody (ANCA)-associated vasculitis (AAV) is a systemic autoimmune disease that affects primarily small- and medium-sized arteries, including kidney vessels, thus causing rapidly progressive glomerulonephritis (GN) [1, 2]. The pathogenesis of AAV is intricate. Several factors (i.e. specific drugs, infectious agents, environmental exposures, etc.) are known to possibly trigger the autoimmune process in genetically susceptible patients [3, 4]. Numerous studies have reported that severe acute respiratory syndrome coronavirus-2 (SARS-CoV-2), responsible for the respiratory disease called Coronavirus disease-19 (COVID-19), may cause acute kidney damage (AKI) [5, 6]. To date, a modest number of AAV with COVID-19 cases have been reported [7]. Herein, we discuss the case of a 61-year-old man with new-onset of diffuse proliferative ANCA-associated glomerulonephritis (GN) after COVID-19. 

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Anti-Glomerular Basement Membrane Disease: new insights on an old disease

Abstract

Anti-glomerular basement membrane disease is a rare small-vessel immune-complex vasculitis (incidence <1/1.000000/year), characterized by the presence of serum antibodies directed against glomerular and pulmonary basement membrane antigens. It is characterized by rapidly progressive crescentic glomerulonephritis, active urinary sediment, subnephrotic proteinuria and oligo-anuria, often coupled to alveolar haemorrage. The main renal lesion on histology specimen is the presence of crescents, often associated to fibrinoid necrosis and linear pattern anti-glomerular basement membrane antibodies positivity on direct immunofluorescence. Lung involvement can be determined clinically, radiologically or by bronchoscopy, by isolation of macrophagic hemosiderin deposits. In order to rapidly remove the pathogenetic autoantibody, plasmapheresis is the mainstay of treatment, associated with cyclophosphamide and steroids, both to control the inflammation and reduce antibody production. A deep knowledge of the pathogenetic mechanisms involved in the anti-GBM disease is mandatory to reach a more and more appropriate diagnostic-therapeutic approach: on one hand, new triggers of the disease (SARS-COV2 infection) and new pathogenetic autoantigens (laminin-521, peroxidasin) have been identified; on the other hand, new therapeutic approaches to lower antibody clearance emerged. The monoclonal anti-CD20 antibody Rituximab can be reasonably used in refractory disease with persistence of antibody anti-GBM, or where standard therapy is not suitable. IdeS (Immunoglobulin G degrading enzyme of Streptococcus pyogenes), which cleaves pathogenetic IgG in a specific site, could be used in place of apheresis, if associated with immunosuppressive therapy. New studies are necessary to better understand pathogenesis, etiology, and treatment options. Key words: Anti-GBM, vasculitis, laminin-521, COVID-19, RItuximab, IdeS

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Introduzione

La malattia da anticorpi anti-membrana basale glomerulare (AA-MBG) è una rara vasculite dei piccoli vasi causata da immuno-complessi (come classificata nel Revised International Chapel Hill Consensus Conference Nomenclature of Vasculitides del 2012) [1]. Questa interessa i capillari glomerulari e/o quelli polmonari ed è caratterizzata dalla presenza di anticorpi sierici diretti contro gli antigeni della membrana basale. Clinicamente si presenta con emorragia alveolare e glomerulonefrite crescentica rapidamente progressiva. La malattia di Goodpasture fu descritta per la prima volta da Stanton e Tange nel 1958 [2] in onore di Ernest Goodpasture, che nel 1919 l’aveva identificata per la prima volta, scambiandola per un caso atipico di influenza [3]. Fino al 1964 la malattia ha avuto una diagnosi prettamente clinica; in seguito, con l’avvento delle tecniche di immunofluorescenza, Scherr, Grossman, Wilson e Dickson hanno descritto rispettivamente la deposizione lineare delle IgG a livello delle MBG e la glomerulonefrite (GN) da AA-MBG in toto [4, 5]. L’eponimo “Malattia di Goodpasture” è rimasto di uso comune per identificare interessamento renale e polmonare di pazienti in cui si era dimostrata la presenza di AA-MBG. Tuttavia, come emerge dalla letteratura, l’assenza degli anticorpi specifici non esclude la presenza della forma atipica della malattia, caratterizzata da antigeni (es. laminina-521 (LM521), perossidasina), epitopi o sottoclassi IgG atipici, quindi non rilevati dai kit di laboratorio attualmente disponibili in commercio [6, 7].

 

Epidemiologia

L’AA-MBG è una malattia rara, con un’incidenza inferiore ad 1/1.000000/anno nelle popolazioni europee: rappresenta l’1-2% di tutte le glomerulonefriti ed il 10-15% di tutte le glomerulonefriti crescentiche rapidamente progressive. La distribuzione per età è di tipo bimodale (terza e sesta decade) con picco di incidenza nella terza decade e lieve prevalenza maschile [8]. La presentazione renale e polmonare concomita prevalentemente nella terza decade mentre negli anziani è più comune l’interessamento renale isolato [8-12].

Nel 21-47% dei pazienti è possibile riscontrare positività per anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili (ANCA) con prevalenza per gli anti-mieloperossidasi (MPO) [6, 9, 13-19].

Alcuni fattori ambientali quali fumo di sigaretta ed inalazione di idrocarburi possono contribuire allo sviluppo di sintomatologia polmonare: l’infiammazione locale indotta dall’inalazione delle tossine altera la permeabilità capillare e la struttura quaternaria della membrana basale alveolare, esponendo antigeni sequestrati agli autoanticorpi [8, 20-24].

 

Eziologia e patogenesi

L’AA-MBG è dovuta ad una reazione autoimmune ai danni di componenti della membrana basale polmonare e glomerulare. Nella sua forma più comune, la risposta autoimmunitaria è data dalla produzione di anticorpi specifici diretti contro l’“antigene Goodpasture”, ovvero gli epitopi EA ed EB del dominio non-collagenosico (NC1) della catena α3 del collagene IV, che è normalmente sequestrato all’interno della struttura quaternaria (nel siero dei pazienti possono essere presenti anticorpi con titolo inferiore diretti contro altre catene del collagene, forse prodotti secondariamente alla risposta primaria contro la catena α3) [6, 8, 25-27].

Nei pazienti con doppia positività AA-MBG e ANCA la presenza degli ANCA induce infiammazione a livello glomerulare e quindi predispone l’esposizione degli epitopi del collagene, stimolando la produzione di anticorpi specifici [8, 28].

Negli ultimi anni, tuttavia, nuovi studi hanno dimostrato che pazienti con positività per AA-MBG possono presentare anche anticorpi anti-perossidasina (una perossidasi extracellulare che contribuisce alla creazione dei cross-link sulfiliminici che stabilizzano gli NC1 opposti nella molecola del collagene) o anti-laminina-521 (LM 521, un componente della membrana basale matura) [6, 29].

Come capita per molte malattie autoimmuni, per la Malattia di Goodpasture sono stati identificati fattori genetici predisponenti, come il fattore HLA di tipo II DRB*1501: l’esposizione a fattori scatenanti (fumo di sigaretta, inalazione di idrocarburi, litotrissia, vasculite ANCA-associata (VAA), infezione da SARS-COV2) può più facilmente indurre in questi pazienti modifiche conformazionali della struttura della membrana basale, con conseguente slatentizzazione della malattia [6, 8, 30-32]. Inoltre, parallelamente alla risposta umorale, anche le cellule T hanno un ruolo diretto nella patogenesi (come dimostrato dalla presenza di infiltrato infiammatorio mononucleare nei reperti bioptici), forse per una autoreattività determinata da multipli fattori (non sono stati ad oggi identificati epitopi patogeni delle cellule T nell’uomo), che favorisce lo sviluppo dell’autoimmunità per alterazione della membrana basale e conseguente esposizione degli epitopi chiave [8, 33-40].

 

Presentazione clinica e diagnosi

Malattia da AA-MBG tipica

Nella maggioranza dei casi (80-90%), la malattia si presenta con una glomerulonefrite crescentica rapidamente progressiva, caratterizzata da sedimento urinario attivo, proteinuria subnefrosica e oligo-anuria, accompagnata da emorragia alveolare nel 40-60% dei casi. Nel 10% dei casi la presentazione è atipica, con titolo anticorpale anti-MBG variabile, prevalenza di coinvolgimento polmonare più o meno grave, e minimo o nessun interessamento renale.

La presenza di emorragia alveolare può essere determinata clinicamente, radiologicamente o tramite broncoscopia, con riscontro al lavaggio bronco-alveolare di depositi macrofagici di emosiderina.

La diagnosi di malattia da AA-MBG è posta sulla base della presenza di AA-MBG sierici (prevalentemente IgG1 e IgG3); in caso di coinvolgimento renale, il gold-standard è la biopsia renale, caratterizzata da positività all’immunofluorescenza diretta per AA-MBG con pattern lineare. Alla microscopia ottica, la lesione cardine è costituita da semilune floride, spesso associate a necrosi fibrinoide, presenti nel 95% dei pazienti nel 90-100% dei glomeruli. La microscopia elettronica invece ha scarsa utilità, se non per determinare la presenza di eventuali concomitanti glomerulopatie [7, 8].

Varianti della Malattia da AA-MBG

Nel 10% dei casi, la malattia da AA-MBG ha una presentazione clinico-laboratoristica atipica. La letteratura ne è ricca: vi sono casi di positività ad AA-MBG di classe IgG4, non rilevati dai kit convenzionali, associati a manifestazione cliniche severe ma quasi esclusivamente renali e vi sono casi con AA-MBG sierici negativi, immunofluorescenza su preparato renale positiva in assenza di semilune alla microscopia ottica e manifestazioni cliniche modeste sia da punto di vista renale che polmonare [7, 8, 41, 42].

Sono descritti inoltre casi in cui coesiste una nefropatia membranosa (NM) anti-recettore della fosfolipasi A2 negativa o una positività per ANCA (GN associata a doppia positività ANCA/anti-MBG). Nel primo caso, i pazienti presentavano una malattia da AA-MBG meno aggressiva, ma con proteinuria più elevata, quadro istologico renale con caratteristiche di NM ed un numero inferiore di semilune [7, 43].

Il 21-47% di pazienti con malattia da AA-MBG presenta ANCA-positività (70% ANCA-MPO, 27% ANCA-PR3, 3% ANCA-MPO/PR3), mentre solo il 10% dei pazienti con VAA presenta positività per AA-MBG. Non è certo quale sia il meccanismo che porti alla doppia positività, ma è stato dimostrato che la positività degli ANCA precede quella degli AA-MBG, suggerendo che sia il processo infiammatorio a livello glomerulare ad indurre lo sviluppo della malattia da AA-MBG. La prognosi di questi pazienti è nettamente peggiore rispetto a quelli con positività esclusiva ad AA-MBG, sia in termini di mortalità che di recidive a distanza, quest’ultime paragonabili ai pazienti con VAA. Per questo motivo, necessitano di un follow-up più stretto e di una terapia immunosoppressiva di mantenimento [6-8, 13-19].

Malattia da AA-MBG post-trapianto

In caso di malattia renale terminale, si può ricorrere al trapianto con buona sopravvivenza. Tuttavia, se effettuato in presenza di AA-MBG, nel 50% dei casi si assiste a recidiva di malattia sul graft. Per questo motivo è raccomandata la persistenza di siero-negatività per almeno 6 mesi prima di essere sottoposti a trapianto renale [7, 8, 44].

Malattia da AA-MBG post-trapianto nella Sindrome di Alport

La Sindrome di Alport è dovuta a mutazione di geni che codificano le catene tessuto specifiche del collagene di tipo IV, prevalentemente α5. Dopo il trapianto renale, l’esposizione degli antigeni presenti sulla membrana basale glomerulare del graft e precedentemente sconosciuti al sistema immunitario dell’host, può comportare lo sviluppo di AA-MBG. Contrariamente a quanto succede per la malattia da AA-MBG classica, non vi è una risposta agli epitopi EA ed EB della catena α3, ma a degli epitopi specifici della catena α5. Per questo motivo, gli AA-MBG non sono sempre dosabili nel siero dei pazienti (solo nel 5-10%) e anche la clinica, probabilmente a causa della terapia anti-rigetto, è raramente grave. Quando si sviluppa, ad ogni modo, è generalmente molto precoce e spesso porta a fallimento del graft [7, 8].

Malattia da AA-MBG da Alemtuzumab

L’alemtuzumab è un anticorpo monoclonale anti-CD52 utilizzato nel trattamento della sclerosi multipla che può determinare l’insorgenza di nefropatia membranosa e malattia da AA-MBG nella fase di ripopolazione linfocitaria, per elevata autoreattività. In caso di utilizzo del alemtuzumab per altre necessità (es. farmaco di induzione al trapianto renale) non sono stati descritti casi di malattia da anti-GBM (nel caso del trapianto, probabilmente a causa dell’immunosoppressione massiva) [45-47].

Malattia da AA-MBG in gravidanza

È estremamente rara, ma nei casi descritti si presenta prevalentemente nel secondo trimestre: a causa del passaggio degli anticorpi IgG attraverso la barriera placentare, può scatenare una sindrome rene-polmone nel feto con conseguente aborto (spontaneo o indotto) o parto di feto morto [47-49].

 

Trattamento

Il trattamento, fin dal 1976 e ancora approvato dalle linee guida, consiste in sedute di plasmaferesi (PLEX) per rimuovere rapidamente l’autoanticorpo (specialmente in caso di severo coinvolgimento polmonare) in associazione a ciclofosfamide (CYC) e corticosteroidi (CS) sia per controllare l’infiammazione, sia a scopo immunosoppressivo per bloccare la produzione anticorpale (Tabella I) [8, 50, 51].

Il vantaggio di un rapido avvio della PLEX, e la conseguente rapida riduzione del titolo degli anticorpi (circa 60-65% per seduta), ha un impatto sulla prognosi sia renale che del paziente [8, 12, 52].

Un’alternativa alla PLEX è l’immunoadsorbimento (IA), una tecnica extracorporea che, a seconda del sistema utilizzato, consente la rimozione del 71-86% degli autoanticorpi per sessione, con l’ulteriore vantaggio di minimizzare le reazioni allergiche poiché non necessità di sostitutivi proteici (albumina) o accessi venosi centrali [52, 53]. 

CS CYC PLEX/ IA

Dose iniziale:

  • Prednisone 1 mg/kg per os (max 60 mg)
  • Metilprednisolone ev 1g/die per 3 giorni consecutivi e poi per os
  • Riduzione a 20 mg/die entro 6 settimane
  • Sospensione entro 6 mesi

Dose iniziale: 2-3 mg/kg per os

  • Adeguare per funzione renale (riduzione del 25% se eGFR 45-59 ml/min; del 40% se eGFR 30-44 ml/min; del 50% se eGFR 15-29 ml/min; del 60% se eGFR <15 ml/min o dialisi)
  • Max 2 mg/kg se età > 55 anni
  • Se leucopenia 75% della dose
  • Da proseguire per 3 mesi
  • Non ci sono dati sufficienti sulla somministrazione in bolo

PLEX:

1–1.5 di volume plasmatico (massimo 4000 ml) or 60 ml/kg, utilizzando albumina o plasma fresco congelato. Giornalmente fino alla scomparsa/titolo non significativo degli autoanticorpi

IA:

  • Pazienti allergici a emoderivati
  • Peso corporeo superiore a 80/90 Kg (con la PLEX non possono essere raggiunti i volumi ideali)
Tabella I: Terapia della malattia da AA-MBG [6-8,50-53].

 

Outcome e terapia di mantenimento

La letteratura concorda su una sopravvivenza ad un anno pari all’80-90%, con sopravvivenza renale strettamente dipendente dal grado di alterazione della funzione renale alla diagnosi, preservazione della diuresi e necessità di emodialisi in corso di malattia [7].

Le recidive sono piuttosto rare (intorno al 3%) e spesso associate alla continua esposizione ad irritanti polmonari (es. fumo, idrocarburi). In questi casi non esistono delle indicazioni precise nelle linee guida per cui si opta per l’immunosoppressione con steroidi e citotossici; negli ultimi anni si sono avuti buoni risultati con il Rituximab (RTX) [8, 12, 47, 50, 54-57].

In assenza di recidive, a meno di malattie concomitanti (es. doppia positività con ANCA, specialmente PR3 o nefropatia membranosa), la terapia di mantenimento non è generalmente necessaria oltre i 6 mesi richiesti per il decalage dello steroide [6-8, 47, 50].

 

Nuovi risvolti di una malattia antica

Nuovi autoantigeni: laminina-521

Il repertorio di autoantigeni coinvolti nella malattia da AA-MBG è in espansione: la laminina è una glicoproteina di membrana, uno dei maggiori costituenti della membrana basale. Ne esistono almeno 16 isoforme tessuto-specifiche, con una struttura trimerica assemblata da un repertorio di 5 catene a, 4 b e 3 g [58].

La laminina riveste il ruolo di autoantigene in diverse malattie autoimmuni: la laminina-332 nel pemfigoide mucoso, la laminina gi nel pemfigoide anti-p200 e nel lupus eritematosus cutaneo, la laminina-511 nella pancreatite autoimmune [59, 60].

La laminina-521 (LM521, a5b2g1) è l’isoforma maggiormente rappresentata nella membrana basale glomerulare matura e si trova in quantità relativamente più abbondante nella MB alveolare; il suo ruolo nella patogenesi della malattia è stato indagato inizialmente in modelli animali: topi transgenici per la catena a5 della laminina umana (LAMA5) sono stati incrociati con femmine wild-type. Alla prima gravidanza le femmine hanno sviluppato una risposta anticorpale anti-LAMA5: nelle gravidanze successive, il trasferimento placentare delle IgG materne tramite sacco vitellino ha comportato lo sviluppo di glomerulonefrite anti-GBM nei neonati transgenici (non nei wild-type) [61].

Sulla base dei dati precedenti, il ruolo patogenetico della laminina-521 nell’uomo è stato indagato in uno studio retrospettivo: sono stati testati 101 pazienti con AA-MBG e 185 controlli (30 controlli sani e 155 controlli con malattia renale) tramite un dosaggio immunologico a fase solida in grado di misurare le IgG specifiche per la laminina-521 ricombinante, con struttura ed attività simili a quella nativa. Anticorpi anti-laminina-521 (prevalentemente IgG1 e IgG4) sono stati individuati nel 33% dei pazienti con AA-MBG ma in nessun controllo sano, né con altra malattia glomerulare. In particolare, gli anticorpi sono stati rilevati nel 51,5% dei pazienti con coinvolgimento di malattia sia renale che polmonare, contro un 33% dei pazienti con coinvolgimento esclusivamente renale (P=0.005). La presenza degli anticorpi era associata significativamente alla presenza di emorragia alveolare (P=0.005), emottisi (P=0.008) e fumo di sigaretta (P=0.01), senza alcuna associazione con marcatori di danno renale [62].

In conclusione, gli anticorpi anti-laminina 521 hanno un ruolo patogenetico nella malattia da anti-GBM, in particolare potrebbero contribuire al coinvolgimento polmonare di malattia [29].

Nuovi trigger di malattia: la pandemia da SARS-COV2

La presenza di cluster spazio-temporali di malattia da AA-MBG ha lasciato spazio all’idea che fattori ambientali, fra cui quelli infettivi, possano contribuire allo sviluppo della patologia [2, 4].

Durante la pandemia da SARS-COV2, un cluster di malattia è stato identificato nell’area geografica a nord-ovest di Londra: fra dicembre 2020 ed aprile 2021 sono stati diagnosticati 8 nuovi casi, 5 volte di più rispetto all’incidenza attesa di 1.5 milioni/anno. Tutti i pazienti hanno sviluppato sintomi prodromici aspecifici: il test molecolare anti-SARS-COV2 alla presentazione è risultato negativo nei 5 pazienti testati; tuttavia, in 4 pazienti su 8 sono stati riscontrati livelli circolanti di IgM e/o IgG, suggerendo infezione pregressa. Due ulteriori case report hanno proposto la stessa associazione [30-32].

Sebbene l’associazione causale sia solo speculativa, l’infezione da SARS-COV2 potrebbe stimolare una risposta immunitaria aberrante che si renderebbe evidente a settimane dalla risoluzione dell’infezione acuta, sviluppando una AA-MBG.

Nuove terapie per la clearance anticorpale

Rituximab

Recentemente il RTX è diventato un farmaco di largo impiego nel campo delle glomerulonefriti, in particolare nelle vasculiti ANCA-associate, nella nefrite lupica e nella nefropatia membranosa [63-65].

Negli ultimi anni numerosi case-report e reviews hanno indagato l’uso del RTX nella terapia della malattia da AA-MBG, in associazione alla terapia classica ed in sostituzione della CYC. Il RTX è un’opzione terapeutica teoricamente valida: il ruolo patogenetico degli AA-MBG è stato precedentemente dimostrato su modelli animali e in studi clinici [8, 66] e la terapia si basa sulla rapida eliminazione degli anticorpi patogenetici. Inoltre, l’interazione B-T cellulare precede e stimola lo sviluppo anticorpale: cellule B e T sono state riscontrate a livello renale [67].

Il RTX è un anticorpo monoclonale chimerico anti-CD20: il CD20 è un antigene di membrana specifico dei linfociti B e coinvolto sia nella differenziazione B cellulare e produzione anticorpale, che nella stimolazione B-T cellulare.

Jain et al. hanno comparato 22 case-reports presenti in letteratura: in 14 casi su 15, l’uso del RTX nelle forme refrattarie alla terapia classica o recidivanti ha comportato una rilevante riduzione dei livelli di AA-MBG circolanti con risoluzione della sintomatologia associata, senza tuttavia permettere la sospensione della terapia dialitica dove iniziata; inoltre, se utilizzato come regime primario in sostituzione della ciclofosfamide, il Rituximab sembrerebbe facilitare la rapida riduzione dei livelli anticorpali circolanti, senza però preservare necessariamente la funzione renale.

La dose di RTX utilizzata è variabile nei diversi studi: 375 mg/m2 per 2-6 settimane o 1000 mg 1 o 2 dosi a 2 settimane. Inoltre, la PLEX rimuove dal plasma circa il 65% del farmaco, che deve quindi essere somministrato dopo la seduta e almeno 48 ore prima dalla seduta successiva [57, 68].

Data la rarità e severità della patologia, non esistono attualmente in letteratura studi controllati e randomizzati che confrontino RTX con la terapia standard, né esiste evidenza sulla terapia delle forme di malattia refrattarie o recidivanti. Sulla base dei dati a disposizione, il RTX può essere ragionevolmente utilizzato nei casi di malattia refrattaria alla terapia standard con persistenza di AA-MBG; può essere inoltre un’alternativa alla terapia standard nei casi questa non fosse consigliata (es. nei pazienti giovani al posto della CYC per preservare la fertilità) [57].

Imlifidase (IdeS)

Nell’ottica di ottenere un rapido ed efficace cleavage anticorpale, fra le nuove terapie in studio si annovera l’endopeptidasi IdeS (Immunoglobulin G degrading enzyme of Streptococcus pyogenes), comunemente conosciuta con il nome di Imlifidase. L’IdeS cliva le IgG in un sito specifico a livello della regione cerniera, generando frammenti F(ab’)2 e Fc ed inibendo la citotossicità complemento mediata ed il richiamo di neutrofili [69].

Scoperta da Bjork nel 2008, ha mostrato risultati promettenti in diversi modelli animali di malattie autoimmuni (es. porpora trombotica trombocitopenica, malattia di Guillan Barrè e glomerulonefriti) causando una rapida e specifica clearance delle IgG circolanti, senza riscontro di effetti avversi [70, 71]. Jordan et al. hanno somministrato Imlifidase in 25 pazienti con elevata sensibilizzazione HLA in attesa di trapianto renale da donatore con HLA incompatibile, permettendo una desensibilizzazione efficace in 24 su 25 pazienti, con sospensione dell’aferesi [72].

Sulla base dei dati precedenti, l’IdeS è stata introdotta nella gestione della malattia da AA-MBG come terapia vicariante PLEX/IA nelle forme non responsive. In pregressi modelli animali, il pretrattamento con IdeS aveva permesso una riduzione sia dei livelli di IgG circolanti, che dei depositi lineari di IgG su biopsia renale (90% in meno rispetto ai controlli), rimuovendo la porzione Fc degli anticorpi legati alla membrana basale glomerulare e prevenendo il danno indotto da complemento e neutrofili [73].

Nel 2019 Soveri et al. hanno trattato con IdeS 3 pazienti con glomerulonefrite da anti-MBG refrattaria alla terapia. I pazienti non avevano coinvolgimento polmonare ed erano sottoposti a terapia dialitica sostitutiva (creatinina all’ingresso: 534, 837 e 2046 mmol/L). La percentuale di semilune glomerulari alla biopsia renale, direttamente proporzionale alla prognosi di malattia, era compresa fra l’84% ed il 100%. Una singola dose di Ides (0,25 mg/kg) ha comportato una completa clearance degli anticorpi circolanti in tutti i pazienti entro 2 ore. In confronto, una singola seduta di PLEX rimuove circa il 60% delle IgG totali, necessitando diversi giorni per una riduzione sotto i livelli di tossicità; una seduta di IA comporta una rimozione di circa l’80% delle IgG totali. Tuttavia, dal punto di vista clinico, nessun paziente ha beneficiato di un miglioramento della funzione renale, ma l’output urinario è migliorato in 2 pazienti su 3. L’IdeS ha un effetto transitorio sulle IgG: in tutti i pazienti si è verificato un rebound anticorpale dopo 6-13 giorni, necessitante nuovamente l’uso della PLEX.

Ad una analisi istopatologica, il segmento Fc è risultato assente in tutti i casi: Ides agisce anche a livello dei depositi anticorpali renali. In due pazienti su 3 è stata riscontrata una positività lineare del segmento Fab’ lungo la membrana basale glomerulare, il cui ruolo patogenetico in assenza del frammento Fc è ancora discusso [74].

In uno studio di fase IIa recentemente concluso sono state valutate l’efficacia e la sicurezza di una singola dose di Imlifidase nella terapia della malattia da AA-MBG. Lo studio europeo multicentrico ha incluso 15 pazienti con severo danno renale acuto (eGFR <15 ml/min per 1.73 m2) o refrattari alla terapia, in assenza di anuria da più di 48 ore o non sottoposti a dialisi da più di 5 giorni. All’ingresso 10 pazienti erano in dialisi. Una singola dose di Ides (0,25 mg/kg) ha comportato una completa clearance degli anticorpi circolanti in tutti i pazienti entro 6 ore; tuttavia, nel giro di 7 giorni in media, 10 pazienti hanno necessitato terapia con plasmaferesi per un nuovo aumento dei livelli di IgG. A 6 mesi, 10 pazienti non necessitavano di terapia dialitica (eGFR mediano 27 ml/min/1.73m2), 1 paziente è morto e 4 sono rimasti in dialisi (GOOD-IDES01, NCT03157037).

Per il suo effetto rapido, efficace ma transitorio sulle IgG, l’IdeS può essere utilizzato come sostituto dell’aferesi, se associato a terapia immunosoppressiva che inibisca la produzione anticorpale attiva a origine dai linfociti B e riduca l’entità del noto rebound anticorpale. L’eventuale ripetizione di una seconda dose di IdeS per scongiurare l’effetto rebound non è attualmente indicata: lo sviluppo di una risposta anticorpale anti-farmaco da una parte potrebbe scatenare una risposta da ipersensibilità, dall’altra ridurre l’efficacia del farmaco stesso. Per ora, plasmaferesi ed immunoassorbimento restano terapie fondamentali per la gestione della malattia da anti-GBM.

Non è da escludere la possibilità che la rapida clearance delle IgG IdeS-mediata non abbia necessariamente un correlato clinico, essendo coinvolti nella patogenesi della malattia diversi fattori indipendenti (es. cellule T, IgM). Un maggior livello di evidenza è necessario per stabilire l’utilità clinica di questa nuova opzione terapeutica nella malattia da AA-MBG, stabilirne eventualmente la dose e lo schema adeguato [6, 69].

 

Conclusioni

Nell’era della medicina personalizzata, una profonda conoscenza dei meccanismi patogenetici alla base dell’anti-GBM è necessaria per un’appropriatezza diagnostico-terapeutica sempre maggiore, soprattutto nel campo delle malattie rare. Nuovi studi sono necessari per identificare indicatori clinici e patologici che possano meglio predire la risposta al trattamento.

 

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State of art and new perspectives in the induction regimen of ANCA-associated vasculitis with renal involvement: from histopathology to therapy

Abstract

Anti-neutrophil cytoplasmic antibodies (ANCA)-associated vasculitis (AAV) are rare autoimmune diseases characterised by medium and small vessels inflammation. Renal vasculitic involvement is one of the most severe manifestations, with high mortality in case of a delayed diagnosis and a significant impact on patients’ long-term prognosis. Histological classifications and scores for the definition of renal involvement in AAV exist and correlate with the renal outcome. Current induction regimen consists of a high dose of glucocorticoids and immunosuppressive drugs: cyclophosphamide (CYC), rituximab (RTX) or a combination of both. RTX use is expanding thanks to randomised control trials suggesting its non-inferiority compared to the standard CYC therapy in general AAV and a better safety profile; its cost has also reduced thanks to the availability of biosimilars. However, the equivalence of RTX and CYC in patients with severe renal involvement is still debated.

The quest for the ideal induction regimen in AAV is moving towards a more personalized approach: on the one hand, efforts are made to use already existing therapies in the most appropriate way; on the other, new insights into AAV pathogenesis has allowed the discovery of new targets, such as the complement factor C5a.

Thanks to this new AAV management, renal outcome and overall survival has visibly improved. New studies are needed to reach a more personalized approach in the induction regimen of ANCA-associated glomerulonephritis and AAV in general.

 

Keywords: ANCA, vasculitis, glomerulonephritis, rituximab, cyclophosphamide, renal biopsy

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Introduzione

Le AAV, vasculiti ANCA-associate (anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili), sono rare vasculiti necrotizzanti autoimmuni che coinvolgono i vasi di medio e piccolo calibro. Le AAV includono tre patologie differenti: la granulomatosi con poliangioite (GPA, in passato nota come malattia di Wegener), la poliangioite microscopica (MPA) e la granulomatosi eosinofila con poliangioite (EGPA, in passato nota come sindrome di Churg Strauss) [1]. L’incidenza in Europa è rispettivamente di 2.1-14.4, 2.4-10.1 e 0.5-3.7 per milione e la prevalenza di 46-184 per milione. La sopravvivenza a 5 anni è intorno al 74-91% per la GPA, 45-76% per l’MPA e 60-76% per l’EGPA [2]. Il picco di incidenza si colloca fra i 65-75 anni, con una lieve prevalenza maschile.

Nel corso della malattia, circa il 90% dei pazienti sviluppa anticorpi ANCA, rivolti contro proteine contenute nel citoplasma dei neutrofili: sebbene esistano degli overlap, gli ANCA anti PR3 (anti-proteinasi 3) sono più frequenti nella GPA, mentre gli ANCA anti MPO (anti-mieloperossidasi) nella MPA; il 40% dei pazienti con EGPA sviluppa positività agli ANCA, in prevalenza MPO, spesso associata a forme con coinvolgimento vasculitico. Esistono alcune eccezioni: il 10% dei pazienti è ANCA negativo ed è possibile sviluppare entrambi gli anticorpi, prevalentemente nelle forme secondarie [3,4].

 

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