Novembre Dicembre 2024 - In depth review

Conservative Therapy in CKD: New Frontiers

Abstract

Chronic kidney disease (CKD) is an increasingly prevalent pathological condition. The global rise in the number of individuals affected by CKD is dependent on the ageing, as well as on the growing prevalence of obesity, diabetes and hypertension. The need for treatment strategies aimed at preventing the onset of CKD and slowing its progression has led to the implementation of combination therapy, consisting of a Renin-Angiotensin-Aldosterone System inhibitor (RAASi) and a sodium-glucose cotransporter-2 inhibitor (SGLT-2i), which has demonstrated efficacy in slowing CKD progression and reducing the occurrence of cardiovascular events. Updated guidelines recommend a tailored, multi-drug approach based on the residual cardiorenal risk of the individual patient. The KDIGO guidelines advocate for a stepwise approach in managing diabetes mellitus and CKD, with RAASi and SGLT-2i as first-line therapy, and GLP-1 receptor agonists (GLP-1 RA) and non-steroidal mineralocorticoid receptor antagonists (MRAs) as additional agents for further cardiorenal protection. Endothelin Receptor Antagonists (ERAs), a newer class of drugs, have shown antiproteinuric and nephroprotective effects in various trials. The objective of developing increasingly effective and personalized therapeutic strategies underscores the need to combine multiple drug classes that can act synergistically on different pathways.

Keywords: CKD, proteinuria, cardiovascular risk, diabetes mellitus, RAASi, SGLT-2i, MRAs, GLP-1 RA, ERAs

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Introduzione

La malattia renale cronica (CKD) è una condizione caratterizzata da una persistente riduzione della velocità di filtrazione glomerulare (GFR) [1]. Le principali cause di insorgenza e progressione del danno renale nella CKD sono ipertensione, obesità e diabete mellito [24]. Tali fattori sono in grado di causare una iperfiltrazione/ipertensione glomerulare che assieme alla albuminuria determinano infiammazione e fibrosi [5, 6]. Le terapie di prima linea per la prevenzione della progressione della CKD sono dunque volte al controllo della ipertensione sistemica e glomerulare, del peso corporeo e glicemia, e della albuminuria. La CKD rappresenta oggi una vera condizione pandemica, interessando circa 800.000.000 di soggetti nel mondo. Tale numero è destinato ad aumentare, e si prevede che la CKD diventerà la quinta causa di morte nel mondo entro il 2040 [7, 8]. L’entità di questi numeri è legata a una maggiore sopravvivenza dei pazienti affetti da CKD, dati i crescenti e continui progressi in ambito terapeutico. Questi numeri impongono la ricerca e l’implementazione di strategie terapeutiche volte a prevenire l’insorgenza di CKD, attività di screening e riferimento precoce alla Nefrologia in primis, nonché a rallentarne la progressione [8]. Riportiamo, di seguito, una narrative review volta a descrivere le nuove classi di farmaci nefroprotettori emerse nel corso degli ultimi anni.

 

SGLT-2 inibitori e agonisti del recettore GLP-1

Le linee guida KDIGO 2024 raccomandano l’utilizzo di una terapia di associazione rappresentata da un inibitore del Sistema Renina-Angiotensina-Aldosterone (RAASi) alla massima dose tollerata e un inibitore del cotrasportatore sodio-glucosio di tipo 2 (SGLT-2i) in pazienti affetti da CKD non dialitica e albuminuria, con o senza diabete mellito tipo 2 (T2D) [9]. Tale terapia di associazione si è dimostrata efficace nel ridurre l’insorgenza di eventi cardiovascolari e la progressione della CKD [9].

I GLP-1 RA rappresentano una valida strategia terapeutica in pazienti affetti da T2D. Da un’analisi delle attuali evidenze provenienti da studi su soggetti con T2D con funzione renale generalmente preservata, si evidenzia come i GLP-1 RA migliorino in modo sicuro il controllo glicemico e possano ridurre il peso corporeo ed il rischio di malattie cardiovascolari in pazienti con CKD [10, 11].

Gli SGLT2i e i GLP-1 RA rappresentano dunque delle classi farmacologiche efficaci nel ridurre l’insorgenza di eventi cardiovascolari e la progressione della CKD nella classe di pazienti affetti da T2D, nonché nel ridurne la mortalità [11, 12]. Nel recente studio FLOW in pazienti con T2D e CKD albuminurica, semaglutide alla dose di 1.0 mg/settimana sottocute riduceva significativamente il rischio di eventi renali maggiori del 24%, oltre a migliorare la prognosi cardiovascolare [13].

Tali classi di farmaci non sono scevre dal rischio di insorgenza di alcune complicanze minori. Gli SGLT-2i si caratterizzano per l’insorgenza di infezioni genito-urinarie in pazienti con e senza T2D [14, 15]. Tale complicanza risulta però facilmente controllabile attraverso l’esecuzione di una corretta igiene personale. Si è osservato allo stesso modo un lieve e transtorio aumento dei valori di creatinina sierica [1416], con successiva riduzione spontanea della stessa nell’arco di alcuni mesi di trattamento e ritorno dell’eGFR a valori simili ai gruppi placebo. È stata inoltre osservata l’insorgenza di chetoacidosi diabetica in un piccolo numero di pazienti affetti da T2D in trattamento insulinico [14, 16, 17], anche questa facilmente prevenibile raccomandando ai pazienti di non assumere il farmaco nei cosiddetti “sick days” (digiuno prolungato per ospedalizzazioni, febbre elevata, disturbi gastroenterici).

Per i GLP-1 RA sono stati segnalati casi di ipoglicemia minore quando associati a metformina o insulina [1820]. Più frequenti sono stati invece i disturbi gastroenterici soprattutto nelle prime settimane di trattamento, con riduzione e scomparsa degli stessi nei mesi successivi [19, 20].

 

Antagonisti del recettore mineralcorticoide

Gli antagonisti selettivi del recettore mineralcorticoide (MRAs) si sono dimostrati efficaci nel ridurre la pressione arteriosa e l’albuminuria in pazienti con CKD [21] e rientrano tra gli interventi raccomandati per lo scompenso cardiaco con frazione di eiezione ridotta [22].

Le linee guida attuali suggeriscono l’utilizzo di un MRA non steroideo con comprovati benefici renali o cardiovascolari per adulti con T2D, GFR>25 ml/min per 1,73 m², concentrazione sierica di potassio normale e presenza di albuminuria (>30 mg/g [[>3 mg/mmol]]) nonostante una terapia in atto con RAASi alla dose massima tollerata [9]. Il finerenone è un antagonista selettivo del recettore dei mineralcorticoidi non steroideo, che si è dimostrato un farmaco nefro e cardioprotettivo in pazienti con nefropatia diabetica in terapia con ACE-inibitori o sartani e che potrebbe offrire protezione ulteriore a quella conferita dagli SGLT-2i [23].

Gli studi FIGARO-DKD e FIDELIO-DKD, entrambi trial di fase 3, randomizzati, in doppio cieco e controllati con placebo, hanno valutato l’uso del finerenone per la protezione renale e cardiaca nei pazienti con CKD e T2D [24, 25].  Il trial FIGARO-DKD ha valutato l’efficacia del finerenone nel ridurre gli eventi cardiovascolari in pazienti con CKD e T2D [24], mentre il trial FIDELIO-DKD si focalizza sulla progressione della CKD [25]. Entrambi i trial hanno dimostrato che il finerenone può ridurre significativamente il rischio di eventi renali e cardiovascolari in questa popolazione di pazienti ad alto rischio.

Ulteriori analisi hanno confermato un impatto positivo del finerenone sulla riduzione della proteinuria e della progressione della CKD e degli outcome cardiovascolari [26, 27]. Infatti il finerenone è stato approvato da FDA ed EMA per il trattamento della CKD stadio 3 e 4 con albuminuria in adulti con T2D [28].

Entrambi i trial sono stati cruciali per dimostrare i benefici del finerenone nel migliorare gli esiti renali e cardiovascolari nei pazienti con CKD e T2D.

Il FINESSE (Optimization of albuminuria lowering therapies to individual patients with CKD using FINErenone and Semaglutide-EU, trial number 2023-506434-69-00) è un trial in corso volto a valutare l’efficacia antialbuminurica del finerenone e della semaglutide, in monoterapia e in combinazione.

Ulteriore vantaggio degli MRAs non steroidei è rappresentato dalla minore incidenza di iperkaliemia rispetto alla terapia con ACE-i e sartani [24, 25]. La maggior parte degli episodi di iperkaliemia nei pazienti in trattamento con MRAs non steroidei si è dimostrata di entità lieve o moderata e non ha richiesto sospensione del farmaco [24, 25]. Al fine di limitare tale effetto è auspicabile valutare l’aggiunta in terapia di un diuretico tiazidico o dell’ansa, l’associazione con SGLT-2i o l’utilizzo dei nuovi K+ binder (Patiromer e Sodio Zirconio Ciclosilicato) [2931].

In ultimo, è attualmente in corso il trial BaxDuo-Arctic (A Phase III Study to Investigate the Efficacy and Safety of Baxdrostat in Combination with Dapagliflozin on CKD Progression in Participants with CKD and High blood pressure. Trial number D6972C00003) [32], un nuovo trial di fase 3, multicentrico, randomizzato e controllato, volto a valutare l’efficacia e sicurezza dell’associazione di Baxdrostat (inibitore selettivo dell’aldosterone sintasi) e dapaglifozin versus il solo dapaglifozin sul rallentamento della progressione della CKD in pazienti affetti da CKD ed ipertensione arteriosa.

 

ERAs

Una delle ultime classi farmacologiche affacciatasi sullo scenario terapeutico della CKD, è rappresentata dagli antagonisti del recettore di tipo A dell’endotelina (ERAs). Questa classe di farmaci presenta un effetto protettivo su CKD e proteinuria, ma il suo utilizzo è stato spesso gravato dall’insorgenza di sodio-ritenzione ed espansione di volume. Gli ERAs hanno dimostrato effetti benefici emodinamici, anti-infiammatori, anti-fibrotici e protettivi dei podociti in modelli di malattie glomerulari [33]. Ulteriori benefici sono stati dimostrati per la combinazione di RAASi e ERAs in modelli preclinici [34, 35] e in pazienti con nefropatie diabetiche e non diabetiche [3639].

Bosentan, e in particolare Atrasentan sono gli ERAs tradizionali che hanno mostrato effetti nefroprotettivi in pazienti con CKD [4043].

Il Sitaxentan ha dimostrato di ridurre la proteinuria e la pulse wave velocity in confronto al placebo in pazienti non diabetici con proteinuria [44].

Dal momento che il problema maggiore degli ERAs è rappresentato dalla sodio-ritenzione, può essere ipotizzato che la co-somministrazione di SGLT-2i potrebbe migliorare il profilo di sicurezza e potenzialmente favorire la nefroprotezione. Lo ZENITH-CKD trial ha infatti messo in luce come in pazienti con CKD, l’associazione tra SGLT-2i (dapaglifozin) e ERAs (zibotentan) possa ridurre la proteinuria e rallentare la progressione della CKD. Zibotentan è l’antagonista del recettore dell’endotelina A più potente e selettivo sviluppato fino ad oggi [45].

Nel trial ZENITH-CKD è stato mostrato come una bassa dose di zibotentan (0,25 mg/die) in combinazione con dapagliflozin (10 mg/die) sia stata in grado di diminuire la Urine Albumin-Creatinine Ratio (UACR) senza effetti collaterali significativi nei pazienti con CKD in terapia standard (RAASi). Zibotentan in combinazione con dapagliflozin ha inoltre ridotto la pressione arteriosa, il colesterolo LDL e l’emoglobina glicata (HbA1c). Sebbene una combinazione a dose fissa di zibotentan 1,5 mg più dapagliflozin abbia avuto un effetto leggermente maggiore sulla riduzione dell’UACR rispetto a zibotentan 0,25 mg più dapagliflozin 10 mg, questa combinazione ha anche causato una maggiore sodio-ritenzione [46].

La sodio-ritenzione osservata con l’utilizzo degli ERAs è da attribuirsi al blocco dei recettori ERA-B, mentre si è osservato che la selettività degli antagonisti del recettore ERA-A diminuisce con l’aumentare del dosaggio [47, 48]. Lo sviluppo di antagonisti altamente selettivi per ERA-A dovrebbe quindi essere l’obiettivo futuro ed è attualmente sotto analisi.  Inoltre, gli SGLT-2i influenzano il volume intravascolare ed extravascolare in modo differente rispetto ai diuretici tradizionali [49].  La riduzione preferenziale del volume extravascolare da parte degli SGLT-2i potrebbe quindi consentire una migliore mitigazione dell’accumulo di liquidi mediato dagli ERAs, senza essere limitata dalle concentrazioni sistemiche di sodio. Pertanto, una combinazione a dose fissa di zibotentan con dapagliflozin rappresenta una strategia razionale per contrastare l’accumulo di liquidi e l’edema in individui suscettibili, come dimostrato in un piccolo studio retrospettivo [50]. Inoltre, uno studio sperimentale sui ratti ha mostrato che lo zibotentan aumentava l’accumulo di liquidi in modo dose-dipendente. Questo effetto scompariva quando lo zibotentan era combinato con dapagliflozin [51].

Lo sparsentan è una nuova molecola antagonista selettivo del recettore A dell’endotelina e antagonista del recettore dell’angiotensina II sottotipo 1 [52]. Sparsentan si è dimostrato più potente dell’irbesartan nel ridurre la proteinuria in pazienti con glomerulosclerosi focale e segmentale (FSGS), senza effetti collaterali significativi [53].

Lo studio DUET, trial randomizzato di fase 2, controllato e in doppio cieco, ha dimostrato un’efficacia antiproteinurica significativamente superiore con sparsentan rispetto all’irbesartan in pazienti con FSGS; sparsentan è stato ben tollerato, con effetti di riduzione della proteinuria sostenuti [44, 54]. L’estensione open-label dello studio DUET ha inoltre dimostrato una riduzione sostenuta della proteinuria e un profilo di sicurezza favorevole nei pazienti che continuano a ricevere sparsentan [54, 55].

Il trial DUPLEX di fase 3 è stato progettato per valutare gli effetti antiproteinurici e nefroprotettivi a lungo termine e la sicurezza di sparsentan rispetto al controllo attivo irbesartan in pazienti con FSGS [56]. A 108 settimane di follow-up, è stata evidenziata una maggiore percentuale di riduzione della proteinuria e di remissione completa o parziale della FSGS nel gruppo in trattamento con sparsentan rispetto ad irbesartan. Tuttavia, non sono state evidenziate differenze statisticamente significative tra i due gruppi nella progressione della malattia renale [56].

Il trial PROTECT ha dimostrato nelle 110 settimane di follow-up una maggiore efficacia antiproteinurica dello sparsentan versus irbesartan al massimo dosaggio in pazienti affetti da nefropatia da IgA (IgAN) [57]. È stato inoltre evidenziato come nei pazienti con IgAN in terapia con sparsentan, la riduzione del GFR sia risultata minore rispetto al gruppo in trattamento con irbesartan, dimostrando una maggiore capacità di sparsentan di preservare la funzione renale.

L’arruolamento di una popolazione ampia, diversificata e rappresentativa come quella del trial PROTECT ha rappresentato un fattore importante per una valutazione completa della risposta terapeutica a sparsentan in pazienti con IgAN, indipendentemente dalla regione e dall’etnia di appartenenza [58].

Classe farmacologica Meccanismo d’azione Dosaggio Effetti collaterali
SGLT-2i Inibizione del cotrasportatore sodio-glucosio SGLT-2 a livello del tubulo contorto prossimale, con conseguente glicosuria e natriuresi. Dapaglifozin: 5 mg/die (pz epatopatici),10 mg/die

Canaglifozin: 100 mg/die, 300 mg/die

Empaglifozin: 10 mg/die, 25 mg/die

Infezioni genito-urinarie, incremento della creatininemia, chetoacidosi diabetica
GLP-1 RA Agonisti recettoriali dell’ormone GLP-1. Inducono riduzione della glicemia in modo glucosio-dipendente, secrezione dell’insulina, riduzione della secrezione di glucagone in presenza di glicemia elevata, ritardo dello svuotamento gastrico Semaglutide: 0,25 mg/settimana, 0,50 mg/settimana, 1 mg/settimana, 3 mg/die, 7 mg/die, 14 mg/die

Dulaglutide: 0,75 mg/settimana,1,5 mg/settimana, 3 mg/settimana, 4,5 mg/settimana

Ipoglicemia, disturbi gastroenterici (nausea, vomito, diarrea)
MRAs non steroidei Antagonista selettivo del recettore dei mineralcorticoidi; blocco del reclutamento di co-attivatori trascrizionali coinvolti nell’espressione di mediatori proinfiammatori e profibrotici Finerenone: 10 mg/die, 20 mg/die Iperkaliemia
ERAs Antagonisti dell’endotelina tramite legame selettivo al recettore ET-A dell’endotelina Bosentan: 62,5 mg bis in die, 125 mg bis in die

Sitaxentan: 100 mg/die

Atrasentan: 0,75 mg/die, 1,25 mg/die

Zibotentan: 0,25 mg/die, 0,50 mg/die, 1,5 mg/die

Sparsentan: 200 mg/die, 400 mg/die

Sodio-ritenzione
Tabella 1. SGLT-2i, sodium glucose transporter 2-inibitori; GLP-1 RA, agonisti recettoriali GLP-1; MRA, antagonisti del recettore mineralcorticoide; ERA, antogonisti del recettore A dell’endotelina.

 

Terapia di combinazione

L’obiettivo della messa in atto di strategie terapeutiche sempre più efficaci deve essere quello di combinare l’utilizzo di più classi di farmaci attivi su diversi target. All’utilizzo di una terapia di fondo che comprenda un RAASi ed un SGLT-2i, andrebbero associati farmaci in grado di agire in maniera combinata su altri pathway, disegnando in questo modo una terapia quanto più personalizzata sulla base del fenotipo del singolo paziente.

Mentre gli SGLT2i e gli MRAs non steroidei presentano un effetto più pronunciato su progressione della CKD e scompenso cardiaco, i GLP-1 RA potrebbero aggiungere ad una efficacia nefroprotettiva (minore rispetto agli SGLT-2i) una maggiore riduzione degli eventi aterosclerotici come infarto del miocardio ed ictus [11, 59].

I complessi meccanismi fisiopatologici alla base dello sviluppo e della progressione della malattia cardiovascolare e renale in pazienti affetti da T2D hanno condotto alla crescita di un considerevole interesse verso l’adozione di un approccio terapeutico “multitarget” per migliorare gli outcome clinici. Il concetto di terapia di combinazione con SGLT-2i, GLP-1 RA e MRAs non steroidei, in aggiunta al trattamento di base con RAASi in pazienti con albuminuria, ha sollevato una crescente attrattiva, dal momento che tali farmaci presentano come target pathway di danno emodinamici, disregolazione metabolica, infiammazione e fibrosi, attraverso dei meccanismi d’azione diversi e complementari [60]. La terapia di associazione con SGLT2i, GLP-1 RA e MRAs non steroidei può ottenere risultati rilevanti in termini di sopravvivenza cardiovascolare e renale. In un trial preclinico randomizzato che ha utilizzato un modello animale di CKD, la combinazione di RAASi, SGLT-2i e MRAs non steroidei è risultata in un miglioramento sostanziale nella sopravvivenza confrontato con un regime di singola o doppia terapia [61]. Un trial randomizzato in pazienti con CKD ha dimostrato come l’associazione di SGLT-2i e l’MRA eplerenone riduca maggiormente la proteinuria rispetto al loro utilizzo in terapia singola [31]. Infine, una analisi recente dei vari trial disponibili su SGLT-2i, GLP1-RA e MRAs non steroidei ha dimostrato che la massima protezione renale e cardiovascolare si ottiene quando queste tre classi di farmaci sono usate in contemporanea [62]. È infatti noto che gli SGLT-2i sono efficaci nel ridurre la pressione intraglomerulare, gli MRAs non steroidei riducono infiammazione e fibrosi, mentre i GLP1-RA correggono le anomalie metaboliche patognomoniche del T2D oltre a prevenire il peggioramento dell’aterosclerosi [60].

Ulteriore supporto alla terapia di combinazione deriva da analisi di sottogruppo di grandi trial clinici randomizzati che indicano che l’effetto di ogni singolo farmaco non viene modificato dalla terapia di combinazione, indicando appunto la presenza di effetti additivi. Lo studio AMPLITUDE-O ha incluso la più grande proporzione di pazienti che ricevevano terapia basale con SGLT-2i (15,2%) rispetto a qualsiasi altro studio sugli esiti della terapia con GLP-1 RA [63].  In questo studio, la riduzione degli eventi cardiovascolari raggiunta con l’utilizzo di efpeglenatide è risultata consistente indipendentemente dall’uso di SGLT-2i. Allo stesso modo, nello studio DECLARE-TIMI 58, gli effetti del dapagliflozin sono risultati indipendenti dall’uso di GLP-1 RA [16]. Nell’analisi combinata FIDELITY, gli effetti del finerenone sugli esiti cardiorenali sono stati indipendenti dall’uso o meno di SGLT-2i e GLP-1 RA [64].

Il CONFIDENCE (COmbinationN effect of FInerenone anD EmpaglifloziN), oggi in corso, rappresenta il primo studio randomizzato controllato a valutare l’efficacia, la sicurezza e la tollerabilità della terapia combinata con finerenone ed empaglifozin rispetto al loro utilizzo in monoterapia in pazienti con CKD e T2D [65].

Sono inoltre da sottolineare i vantaggi in termini di riduzione del rischio di iperkaliemia dell’utilizzo contemporaneo di SGLT-2i e MRAs non steroidei [6668].

Infine, dati osservazionali dal Regno Unito supportano l’evidenza che la terapia di combinazione con SGLT-2i e GLP-1 RA consenta un minor rischio di eventi cardiovascolari in una popolazione in prevenzione primaria, confrontata ai risultati ottenuti con ciascuno dei due farmaci in monoterapia [69].

Pertanto, le maggiori linee guida aggiornate raccomandano una strategia multifarmacologica cucita sul rischio cardiorenale residuo del singolo individuo. Le linee guida KDIGO raccomandano un approccio graduale per la gestione del T2D e della CKD, con RAASi e SGLT-2i come terapia di prima linea e GLP-1 RA e MRAs non steroidei indicati in aggiunta successiva per una ulteriore protezione cardiorenale [9]. Analogamente, le linee guida ADA e EASD per il diabete raccomandano che i GLP-1 RA siano aggiunti preferibilmente come terapia di seconda linea per pazienti in terapia con SGLT-2i e viceversa [70]. Il United Kingdom’s National Institute for Clinical Excellence raccomanda di aggiungere il finerenone ad un SGLT-2i in pazienti con T2D e CKD con albuminuria residua [71].

Nonostante l’applicazione di una terapia farmacologica di associazione possa sembrare economicamente poco vantaggiosa, i costi della terapia devono essere confrontati con il potenziale impatto economico derivante dalla riduzione dei multipli eventi avversi in termini di complicazioni e ospedalizzazioni, specialmente nella previsione dell’inizio del trattamento sostitutivo emodialitico per insufficienza renale, che è ad oggi tra i trattamenti più costosi in molti sistemi sanitari nel mondo [72, 73].

In sintesi, in pazienti con T2D e almeno albuminuria moderata, il trattamento di associazione con SGLT-2i, GLP-1 RA e MRAs non steroidei ha la capacità di apportare un guadagno rilevante grazie ad un’overall survival priva di eventi cardiovascolari e renali.

 

Prospettive future

Al momento attuale, diversi trial sono in corso di esecuzione per valutare in maniera sempre più efficace i vantaggi della terapia di combinazione per la prevenzione della progressione della CKD. Nonostante i progressi in termini di farmacoterapia abbiano permesso di migliorare la prognosi per molti pazienti affetti da CKD, non tutti i pazienti hanno infatti mostrato avere benefici o hanno tollerato i nuovi farmaci. Per questo motivo è necessario mettere in atto degli approcci innovativi, più rapidi ed efficienti, per sperimentare l’efficacia dei nuovi farmaci nel prevenire il danno renale. Verificare l’efficacia e la sicurezza dei trattamenti in maniera rapida risulta al momento una sfida necessaria, dato che i trial di fase 3 richiedono spesso l’utilizzo di un periodo di tempo abbastanza ampio [74].

In quest’ottica, nuovi disegni di studio si stanno concentrando sulla malattia piuttosto che su uno specifico trattamento farmacologico. I cosiddetti “trial di piattaforma” valutano gli effetti di molteplici interventi simultaneamente, utilizzando disegni adattativi e confronti statistici bayesiani [75]. Un trial di piattaforma valuta molteplici interventi versus un gruppo di controllo comune e può continuare indefinitamente [76]. Una caratteristica comune di un trial di piattaforma è un protocollo standard che definisce gli elementi chiave del trial clinico [75]. Per ogni valutazione specifica condotta all’interno di una piattaforma, possono essere apportate piccole modifiche al protocollo principale o aggiunta un’appendice a seconda della specifica domanda scientifica, agente terapeutico o approccio in fase di test, ma l’infrastruttura chiave del trial rimane costante. I confronti statistici bayesiani utilizzano ciò che è già noto per generare analisi sulle probabilità di successo o fallimento per un trattamento specifico e forniscono un metodo formale per favorire decisioni sull’efficacia del trattamento durante le analisi intermedie nel corso dello svolgimento del trial [77]. Il principale vantaggio dei trial di piattaforma è la capacità di definire in maniera più rapida il successo o il fallimento dei trattamenti, permettendo così di testare diversi trattamenti contemporaneamente eliminando i farmaci risultati non efficaci o non tollerati, riducendo quindi la durata stessa del trial [75].

Il CAPTIVATE (The Chronic kidney disease Adaptive Platform Trial Investigating Various Agents for Therapeutic Effect) trial [78] è un esempio. È un trial multicentrico, di fase 3, adattativo, su piattaforma, randomizzato e controllato con l’obiettivo di individuare il miglior trattamento, o trattamenti in associazione, in grado di rallentare la progressione della CKD, diminuendo così il numero di pazienti destinati a sviluppare una insufficienza renale terminale. CAPTIVATE rappresenta il primo trial su piattaforma per la CKD, e questo permetterà di identificare lo schema di trattamento più efficace in maniera più rapida e più economica rispetto ai classici trial. Essendo inoltre un trial “adattativo”, sarà possibile aggiungere in maniera più flessibile nuovi trattamenti oppure rimuovere quelli inefficaci.  Al momento, sono previsti un braccio con il finerenone ed uno con un GLP-1 RA (semaglutide), ma potrebbe arricchirsi in futuro con un ulteriore braccio con un ERA.

Il progetto PRIME-CKD (Personalized drug Response: Implementation and Evaluation in CKD), finanziato dalla Comunità Europea-Horizon 2022 [79], si propone invece di superare un altro grosso limite per l’attuazione di una terapia personalizzata, caratterizzato dall’assenza di biomarcatori di CKD utilizzabili per instaurare una terapia ottimale. Il progetto è finalizzato all’individuazione di biomarcatori di efficacia nel trattamento della CKD. In aggiunta, il progetto punta a creare una rete a livello europeo mirata a identificare una strategia di trattamento personalizzata per i singoli pazienti. L’obiettivo primario è di effettuare una validazione clinica di biomarcatori che permettano un uso efficace ed efficiente di farmaci già esistenti per il trattamento della CKD. I biomarcatori rilevati dovrebbero permettere di identificare il giusto farmaco, alla giusta dose e al giusto momento di somministrazione, secondo il concetto di medicina personalizzata, tenendo conto delle differenze di sesso, età, etnia e severità di malattia.

Trial

N

Farmaco testato

Outcome Risultati
FLOW

 

3533

 

 

Semaglutide

Outcome primari: insorgenza di insufficienza renale terminale (dialisi, trapianto o eGFR < 15 ml/min/1,73m2), riduzione dell’eGFR di almeno il 50% rispetto ai valori basali, o morte per cause renali o cardiovascolari. Outcome secondari: slope dell’eGFR, insorgenza di eventi cardiovascolari maggiori, morte per qualsiasi causa. Rischio di outcome primario ridotto del 24% nel gruppo semaglutide rispetto al gruppo placebo (HR 0,76). I risultati relativi agli outcome secondari hanno favorito semaglutide: più lenta riduzione dell’eGFR, rischio di eventi cardiovascolari maggiori più basso del 18% (HR 0,82), rischio di morte per qualsiasi causa più basso del 20% (HR 0,80).
FIGARO-DKD

 

7437

 

Finerenone

Outcome primario composito: morte per cause cardiovascolari, infarto miocardico non fatale, stroke non fatale o ospedalizzazione per scompenso cardiaco. Outcome secondario composito: insufficienza renale,  riduzione sostenuta dell’eGFR di almeno il 40% rispetto al basale o morte per cause renali. L’outcome primario si è verificato nel 12,4% dei pz nel gruppo finerenone e nel 14,2% nel gruppo placebo (HR 0,87), con una più bassa incidenza di ospedalizzazione per scompenso cardiaco (HR 0,71). L’outcome secondario composito si è verificato nel 9,5% dei pz nel gruppo finerenone  e nel 10,8% nel gruppo placebo (HR 0,87). Non vi è stata differenza nella frequenza di insorgenza di eventi avversi tra i due gruppi. L’incidenza di iperkaliemia con necessità di sospensione della terapia è stata maggiore nel gruppo finerenone (1,2%) che nel gruppo placebo (0,4%).
FIDELIO-DKD

 

5734

 

Finerenone

Outcome primario composito: insufficienza renale, riduzione sostenuta dell’eGFR di almeno il 40% rispetto al basale o morte per cause renali. Outcome secondario composito: morte per cause cardiovascolari, infarto miocardico non fatale, stroke non fatale o ospedalizzazione per scompenso cardiaco. Outcome primario: 17,8% gruppo finerenone e 21,1% gruppo placebo (HR 0,82). Outcome secondario: 13,0% gruppo finerenone e 14,8% gruppo placebo (HR 0,86). Frequenza di eventi avversi simile nei due gruppi.
FINESSE

 

36

 

Finerenone/Semaglutide

Outcome primario: valutazione della percentuale di pz con una riduzione dell’UACR ≥30% rispetto al basale durante monoterapia con finerenone o semaglutide o loro associazione. Studio in corso
DUET

 

96

 

Sparsentan

Outcome primari: riduzione dell’UPCR rispetto al basale dopo 8 settimane di trattamento e percentuale di pz con remissione parziale di FSGS Pz trattati con sparsentan hanno mostrato una maggiore riduzione dell’UPCR rispetto ai pz trattati con irbesartan con tutti i dosaggi (45% versus 19%; p=0,006) o con i dosaggi da 400 mg e 800 mg (47% versus 19%; p=0,01). La remissione parziale di FSGS è stata raggiunta nel 28% dei pz del gruppo sparsentan e nel 9% del gruppo irbesartan (p=0,04). L’incidenza di eventi avversi è risultata simile tra i due gruppi.
ZENITH-CKD

 

1492

 

Zibotentan/Dapaglifozin

Outcome primario: cambiamento dell’UACR rispetto al basale nei pz in terapia con zibotentan/dapaglifozin o zibotentan/placebo dopo 12 settimane di trattamento. Zibotentan 1,5 mg/dapagliflozin e zibotentan 0,25 mg/dapagliflozin ha ridotto l’UACR rispetto a dapagliflozin/placebo durante il periodo di trattamento. A 12 settimane, la differenza dell’UACR tra dapagliflozin/placebo è risultata –33,7% (90% CI –42,5 a –23,5; p<0,0001) per zibotentan 1,5 mg/ dapagliflozin e –27,0% (90% CI –38,4 a –13,6; p=0,0022) per zibotentan 0,25 mg/dapagliflozin. Episodi di sodio-ritenzione sono stati osservati nel 18% dei pz nel gruppo zibotentan 1,5 mg/ dapagliflozin, 9% nel gruppo zibotentan 0,25 mg/dapagliflozin, e 8% nel gruppo dapagliflozin/placebo.
DUPLEX

 

371

 

Sparsentan

Outcome primario: valutazione dell’efficacia e sicurezza di sparsentan 800 mg/die vs irbesartan 300 mg/die in pz con peso corporeo ≥20 kg con FSGS documentata alla biopsia o da mutazioni genetiche in una proteina podocitaria associata a FSGS, e UPCR≥1,5 g/g. A 36 settimane, la percentuale di pz con remissione parziale della proteinuria è stata del 42,0% nel gruppo sparsentan e 26,0% nel gruppo irbesartan (p=0,009), una risposta che si è mantenuta fino a 108 settimane. A 108 settimane, non sono state identificate differenze significative tra i due gruppi nella riduzione dell’eGFR. La variazione media dell’eGFR dalla randomizzazione alla settimana 112 è stata di -10,4 ml/min/1,73m2 con sparsentan e -12,1 ml/min/1.73m2 con irbesartan (95% CI, -1,4 a 4,9). Sparsentan e irbesartan hanno mostrato profili di sicurezza simili e una frequenza di insorgenza di eventi avversi sovrapponibile.
PROTECT

 

404

 

Sparsentan

Outcome primario: variazione della proteinuria tra i gruppi di trattamento a 36 settimane. Outcome secondari: slope dell’eGFR, variazioni della proteinuria, insufficienza renale (riduzione del 40% dell’eGFR, insufficienza renale terminale o mortalità per tutte le cause), e sicurezza e tollerabilità del farmaco dopo 110 settimane dalla randomizzazione. Minor riduzione dell’eGFR nel gruppo sparsentan rispetto al gruppo irbesartan. La riduzione dell’eGFR a 2 anni è stata  -2,7 mL/min per 1,73 m2/anno nel gruppo sparsentan versus -3,8 mL/min per 1,73 m2/anno nel gruppo irbesartan (p=0,037). A 110 settimane, l’UPCR è stata più bassa del 40% rispetto al basale nel gruppo sparsentan rispetto al gruppo irbesatan (geometric least-squares mean ratio 0,60). L’outcome composito di insufficienza renale è stato raggiunto nel 9% dei pz nel gruppo sparsentan vs 13% dei pazienti nel gruppo irbesartan (RR 0,7).
AMPLITUDE-O

 

4076

 

Efpeglenatide

Outcome primario: evento cardiovascolare maggiore (MACE); outcome composito di infarto miocardico non fatale, stroke non fatale, o morte per cause cardiovascolari o non determinate. Un MACE si è verificato nel 7,0% dei pz del gruppo efpeglenatide e nel 9,2% dei pz nel gruppo placebo (HR 0,73). Un outcome renale composito (riduzione della funzione renale o albuminuria) si è verificato nel 13,0% dei pz nel gruppo efpeglenatide e nel 18,4% dei pz del gruppo placebo (HR 0,68).
DECLARE-TIMI 58

 

17160

 

Dapaglifozin

Outcome primario: outcome composito di eventi cardiovascolari maggiori (MACE), definiti come morte per cause cardiovascolari, infarto miocardico o ictus ischemico. Outcome primario di efficacia: MACE e un outcome composito di morte cardiovascolare o ospedalizzazione per scompenso cardiaco. Dapaglifozin ha mostrato una non inferiorità rispetto al placebo rispetto all’insorgenza di MACE (p<0,001 per non inferiorità). Nelle due analisi primarie di efficacia, dapagliflozin non ha causato una minore incidenza di MACE (8,8% nel gruppo dapagliflozin e 9,4% nel gruppo placebo; HR 0,93) ma ha consentito di ottenere una minore incidenza di morte cardiovascolare o ospedalizzazione per scompenso cardiaco (4,9% vs 5,8%; HR 0,83); non si è verificata differenza tra i gruppi per morte cardiovascolare (HR 0,98).
FIDELITY

 

13026

 

Finerenone

Outcome primario: valutare l’efficacia e la sicurezza paziente-specifica attraverso l’intero spettro di CKD al fine di fornire maggiori evidenze di sicurezza ed efficacia del finerenone rispetto al placebo. Outcome di efficacia: outcome composito di morte cardiovascolare, infarto miocardico non fatale, stroke non fatale o ospedalizzazione per scompenso cardiaco, e un outcome composito di insufficienza renale, riduzione sostenuta dell’eGFR≥57%  rispetto al basale per un periodo ≥4 settimane o morte renale. L’outcome cardiovascolare composito si è verificato nel 12,7% dei pz nel gruppo finerenone e nel 14,4% del gruppo placebo [HR 0,86]. L’outcome renale composito si è verificato nel 5.5% dei pz del gruppo finerenone e nel 7,1% del gruppo placebo (HR 0,77). Gli outcome di sicurezza sono risultati simili trai i due bracci di trattamento. Iperkaliemia con necessità di sospensione permanente del trattamento si è verificata più frequentemente nei pz in terapia con finerenone (1,7%) rispetto al placebo (0,6%).
CONFIDENCE

 

807

 

Finerenone/Empaglifozin

Obiettivo principale: dimostrare che 6 mesi di terapia di associazione finerenone/empaglifozin è maggiormente efficace nel ridurre la proteinuria rispetto ai singoli farmaci in monoterapia. Outcome primario: variazione dell’UACR rispetto al basale tra i tre gruppi. Outcome secondari: valutazione di efficacia e sicurezza, includendo variazione nell’eGFR e incidenza di iperkaliemia. Studio in corso
CAPTIVATE

 

NA

 

Trial di piattaforma

Obiettivo: individuare la migliore terapia o terapie in combinazione in grado di rallentare la progressione della CKD, così che un minor numero di soggetti possano sviluppare insufficienza renale. Outcome primario: slope dell’eGFR misurato dalla randomizzazione fino alla settimana 108. Studio in corso
PRIME-CKD

 

NA

 

Trial di piattaforma

Obiettivo: scoperta di nuovi biomarcatori al fine di individuare il miglior trattamento per ogni singolo paziente. Studio in corso
BaxDuo-Arctic

 

2500

 

Baxdrostat/Dapaglifozin

Obiettivo: definire efficacia, sicurezza e tollerabilità del baxdrostat/dapaglifozin confrontato con il dapaglifozin in monoterapia sulla progressione della CKD in pazienti con CKD ed ipertensione arteriosa. Studio in corso
Tabella 2. eGFR, velocità di filtrazione glomerulare; UACR, rapporto albuminuria/creatininuria; UPCR, rapporto proteinuria/creatininuria; FSGS, glomerulosclerosi focale e segmentale; MACE, evento cardiovascolare maggiore; pz, paziente/i; HR, hazard ratio; CI, intervallo di confidenza.

 

Conclusioni

L’introduzione dei nuovi farmaci descritti, ed il loro utilizzo in terapia di associazione, rappresenta una svolta nel trattamento conservativo della CKD. L’obiettivo principale di tali strategie è l’ottenimento di un effetto antiproteinurico atto a prevenire la progressione della malattia renale. L’utilizzo di futuri biomarcatori potrà permettere di definire schemi terapeutici sempre più personalizzati in base alle caratteristiche dei singoli pazienti.

 

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