Introduzione
Il progressivo invecchiamento della popolazione ha favorito l’aumento dell’incidenza di pazienti affetti da Malattia Renale Cronica allo stadio terminale, soprattutto nelle età più avanzate, con conseguente aumento della domanda dialitica.
Il registro ERA 2019 [1] indica che la prevalenza della dialisi è superiore nei pazienti con più di 75 anni (539 pmarp = per million age-related population) rispetto a quelli con età 45-65 (165 pmarp). In Italia secondo i dati del RIDT 2019 (Registro Italiano Dialisi e Trapianto) l’incidenza aumenta significativamente e progressivamente dopo i 65 anni di età.
Secondo i dati dell’European Renal Association, l’84% dei pazienti inizia il trattamento dialitico con l’emodialisi ospedaliera (HD), nonostante la dialisi peritoneale (DP) presenti numerosi vantaggi: miglior impatto sulla qualità di vita, effettuabile a domicilio in autonomia o col supporto del caregiver (familiare o sanitario) adeguatamente formato, presenta maggior flessibilità, migliore tolleranza emodinamica ed ha una sopravvivenza sovrapponibile a quella della HD nei pazienti anziani.
Accanto ai vantaggi sopra descritti, occorre anche sottolineare l’aspetto economico che risulta vantaggioso; nelle tabelle 1 e 2 si riporta una analisi dei costi effettuata dal CENSIS, ove vengono presi in considerazione i costi diretti ed indiretti per due tipologie di dialisi extracorporea e per le due metodiche di DP [2].
Prestazione | Personale | Apparecchi (non in service) | Manutenzione | Materiali | Service | Farmaci | Esami | Totale
Costi diretti |
39.95.4 HD | € 97,9 | € 2,88 | € 2,56 | € 5,30 | € 48,10 | € 23,75 | € 6,36 | 186,85 |
39.95.5 HDF | € 94,77 | € 4,23 | € 3,02 | € 19,21 | € 88,36 | € 25,45 | € 6,62 | 241,68 |
54.98.1 APD | € 17,08 | € 0,00 | € 0,00 | € 0,00 | € 53,94 | € 6,00 | € 2,74 | 79,66 |
54.98.2 CAPD | € 17,25 | € 0,00 | € 0,00 | € 0,00 | € 34,11 | € 7,43 | € 2,75 | 61,55 |
Tabella 1. Costi diretti per trattamento in euro dei vari tipi di dialisi in Italia valorizzata al 2015 (Fonte Censis).
Codice prestazione | Trasporti | Servizi alberghieri | Servizi generali | Totale per trattamento |
39.95.4 HD | 24,31 € | 20,77 € | 16,54 € | 61,62 € |
39.95.5 HDF | 20,38 € | 20,20 € | 17,00 € | 57,58 € |
54.98.1 APD | 1,38 € | 7,71 € | 8,57 € | 17,66 € |
54.98.2 CAPD | 1,38 € | 7,05 € | 8,06 € | 16,48 € |
Tabella 2. Totale costi indiretti per trattamento in euro dei vari tipi di dialisi in Italia valorizzata al 2015 (Fonte Censis).
È stato presentato di recente a Roma uno studio di HTA realizzato da Altems-Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, che mette a confronto le due terapie dialitiche – dialisi peritoneale vs. emodialisi – sulla base di valutazioni costo-utilità e costo-efficacia. Lo studio ha evidenziato la superiorità della dialisi peritoneale per quanto riguarda: la qualità di vita dei pazienti, i costi sociali e l’impatto economico organizzativo sul Servizio sanitario nazionale, con un costo totale per paziente inferiore del 18% rispetto all’emodialisi [3].
In Italia, la DP, nelle varie Nefrologie, ha prevalenza variabile tra il 10% e il 20%, tuttavia, vi sono Centri che non la praticano, nonostante questo non sia eticamente accettabile, poiché al paziente andrebbero offerte tutte le tipologie di dialisi.
Il Censimento del Gruppo di Progetto di Dialisi Peritoneale (GdPDP) dell’anno 2022 [4] ha documentato che nei 177 Centri Italiani non-pediatrici e con dati completi (DP + HD), la prevalenza percentuale della DP è del 14,9%. Se rapportiamo i pazienti prevalenti in DP nel 2022 ai dati di prevalenza della dialisi (HD + DP) in Italia, stimata dal RIDT per il 2019 (811 pmp), la prevalenza della DP in Italia scende all’8,7% ed è in lento e progressivo calo, nonostante i suoi riconosciuti vantaggi, l’invito delle politiche sanitarie regionali e nazionali alla domiciliazione delle cure, la documentata preferenza per la dialisi domiciliare da parte dei pazienti qualora vengano coinvolti nella scelta del trattamento (>50% dei pazienti privilegiano la DP).
Di conseguenza la Commissione Governo Clinico della SIN con il fattivo contributo del Gruppo di Progetto di Dialisi Peritoneale ha deciso di redigere un documento, approvato dal Consiglio Direttivo della Società Italiana di Nefrologia (SIN), per riproporre la DP in tutte le sue declinazioni formative e organizzative. Il fine ultimo è fornire uno stimolo concreto alla sua crescita, attraverso le idee di un gruppo di esperti del settore. Il documento riporta anche le esperienze già applicate in alcuni centri nefrologici particolarmente attenti alla DP, che potranno essere prese a riferimento per altre realtà nefrologiche italiane che vogliano espandere la DP.
Gli argomenti trattati sono:
- Le competenze dei nefrologi per la DP
- Percorso formativo ottimale di specializzandi e nefrologi per la DP
- Dalla cultura “peritonealista” alla pratica clinica
- L’informazione al paziente: esperienza dell’ambulatorio MaReA
- Organizzazione e sviluppo della DP nel territorio e nella residenzialità
- Dialisi Peritoneale assistita domiciliare: modello di integrazione ospedale/territorio;
esperienza dell’ospedale Bassini di Cinisello Balsamo - Modello di gara per l’affidamento dell’erogazione di un servizio di dialisi peritoneale
domiciliare assistita - Il ruolo della telemedicina nell’espansione di un programma di DP
Le competenze dei nefrologi per la dialisi peritoneale: ruolo della Società Italiana di Nefrologia
Noi, soci della Società Italiana di Nefrologia (SIN), dovremmo definire alcuni punti per formulare proposte organizzative coerenti a livello nazionale non solo per la Dialisi Peritoneale (DP):
1) è etico che alcuni centri Nefrologici non propongano la DP come possibile metodica dialitica?
2) l’esistenza di un programma di DP potrebbe essere uno dei requisiti per l’accreditamento della U.O. di Nefrologia?
3) proporre modifiche dell’Ordinamento Didattico della Scuola di Specializzazione in Nefrologia per garantire un’adeguata attività professionalizzante in DP
4) definire se gli aspetti chirurgici della dialisi (sia DP, sia HD) debbano costituire competenza del Nefrologo o debbano essere demandati ai Chirurghi
5) proporre/adottare programmi informatici comuni per registrare e analizzare i dati dei pazienti uremici, trapiantati o in dialisi come parte di o come interazione con il Fascicolo Sanitario Elettronico Regionale, con automatismo nell’invio di dati anonimi o anonimizzati ai Registri Regionali o Nazionale di Dialisi e Trapianto
6) favorire l’utilizzo della Telemedicina per i pazienti uremici, prima e dopo l’inizio della dialisi
7) ripensare se il contributo di una Società Scientifica, fondamentale per la qualità di cura ai pazienti, possa essere indipendente e non coordinato con quello delle altre figure professionali coinvolte nel prendersi cura dei pazienti nefropatici.
Gli ultimi tre punti sono sufficientemente espliciti e non si entrerà in dettaglio.
Per quanto riguarda il primo punto, non dovrebbero esserci dubbi sull’obbligo etico di proporre la DP: è una terapia diffusa in tutto il mondo, che ha dimostrato equivalenza di sopravvivenza del paziente in dialisi o dopo il trapianto, nei confronti dell’HD. La ridotta sopravvivenza della metodica, pur incrementata rispetto al passato, può migliorare ancora grazie alle recenti soluzioni dialitiche, agli apparecchi dialisi più moderni e ad una più attenta selezione dei pazienti. La ridotta sopravvivenza della tecnica non può, tuttavia, costituire alibi per non proporre la DP.
Per quanto riguarda il secondo punto, poiché la qualità dei risultati clinici è fondamentale, è ragionevole che un centro nefrologico di piccole dimensioni possa essere esentato da tale requisito; infatti, aver pochi pazienti in DP significa poca esperienza e rischio di risultati inadeguati. In un centro piccolo, per offrire al paziente tutte le possibilità di cura, si dovrebbe documentare l’avvenuta comunicazione/informazione circa le possibilità di DP in un centro vicino di maggiori dimensioni, con il quale sia stato approntato un protocollo di intesa. La verificata applicazione di tale percorso potrebbe costituire uno dei criteri di accreditamento per una struttura nefrologica che insiste su un più piccolo bacino di utenza. L’implementazione di strumenti come la telemedicina e la video-dialisi costituisce oggigiorno un valido aiuto per superare eventuali ritrosie del paziente che da un centro nefrologico dovesse spostarsi in un Centro HUB più distante.
Un punto da riconsiderare sia per l’attività clinica, sia per l’Ordinamento Didattico della Scuola di Specializzazione, riguarda gli accessi dialitici per HD e DP. Dai dati del Censimento SIN del 2018 [5] si evince una progressiva rinuncia, da parte dei nefrologi, all’attività chirurgica per gli accessi dialitici. Si ritiene che sarebbe opportuno riconsiderare con chiarezza a chi debba far capo l’attività chirurgica degli accessi: nefrologi del centro? Nefrologi di un centro Hub? Solo chirurghi? Collaborazione nefrologi-chirurghi? Argomenti da considerare nella scelta: a) adeguata qualità dell’accesso; b) tempo d’attesa di realizzazione dell’accesso; c) tempo di attesa per la risoluzione di complicanze; d) l’Ordinamento didattico delle Scuole di Specializzazione può costituire una sufficiente copertura legale per un Internista che esegua atti di chirurgia vascolare o addominale?
Il punto f) degli Obiettivi formativi della Specializzazione in Nefrologia prevede che lo Specialista in Nefrologia debba “saper approntare un accesso vascolare per la dialisi d’emergenza, confezionare una fistola artero-venosa e impiantare un catetere peritoneale” grazie all’esperienza maturata con la “partecipazione al posizionamento di almeno 5 cateteri venosi per emodialisi extracorporea, al confezionamento di almeno 5 fistole artero-venose e all’impianto di almeno 5 cateteri peritoneali”. Va considerato che: a) con l’esperienza indicata sopra non è possibile saper posizionare un catetere peritoneale o approntare una fistola artero-venosa di buon livello; b) non tutti i nefrologi di un reparto devono necessariamente essere in grado di eseguire la fistola AV o l’impianto di catetere peritoneale. Si può pensare che in una U.O. di Nefrologia con adeguato organico medico, è bene che solo 2-3 nefrologi approntino le fistole e solo 1-2 impiantino cateteri peritoneali, per garantire l’acquisizione ed il mantenimento di un’esperienza adeguata e una buona qualità dei risultati. Non ha conseguentemente senso pretendere che tutti gli Specializzandi in Nefrologia sappiano eseguire questi interventi; ha senso invece offrire un percorso chirurgico adeguato agli Specializzandi interessati (nell’ambito delle attività professionalizzanti a scelta dello Specializzando); similmente si potrebbero creare percorsi di approfondimento su malattie genetiche renali, immunopatologia renale, CRRT e plasmaferesi. Terminare il percorso della Scuola di Specializzazione con un’adeguata competenza nefrologica complessiva, e con uno o più approfondimenti definiti (una linea di indirizzo), potrebbe divenire criterio di scelta dei candidati nei concorsi, in un particolare contesto clinico. Attualmente il conferimento del Diploma di Specializzazione in Nefrologia certifica implicitamente, e non realisticamente, un’adeguata capacità chirurgica di preparazione degli accessi dialitici.
Percorso formativo ottimale di specializzandi e nefrologi per la dialisi peritoneale
Sono molteplici i motivi che non consentono l’aumento dell’utilizzo della DP e tra di essi spicca la non sempre esauriente formazione dei medici specializzandi in Nefrologia. Infatti, non tutte le Scuole di Specializzazione in Nefrologia fanno frequentare agli specializzandi un periodo in DP adeguato a raggiungere autonoma competenza clinica.
L’imprinting iniziale è fondamentale anche dal punto di vista professionale per cui uno specializzando che conosce solo l’HD, quale terapia sostitutiva, anche da specialista sarà portato ad offrire e ad utilizzare solo questa. Infatti, uno dei problemi fondamentali dello scarso utilizzo della DP in Italia è la mancata informazione ai pazienti che, non conoscendo o conoscendo poco l’esistenza di percorso alternativo, sono costretti a prendere con l’HD una direzione obbligata.
Per assicurare un’adeguata formazione degli specializzandi anche nelle strutture in cui non si utilizza la DP, si dovrebbe fare riferimento a quanto riportato dall’art. 38 del D.L 368/99 secondo cui “la Scuola opera nell’ambito di una rete formativa dotata di risorse assistenziali e socio-assistenziali adeguate allo svolgimento delle attività professionalizzanti. La rete formativa viene individuata dal Consiglio della Scuola di Specializzazione al fine di poter soddisfare la totalità delle esigenze didattiche e assistenziali indispensabili al raggiungimento degli obiettivi formativi della Scuola. In particolare, il Consiglio della Scuola, sulla base degli spazi e delle risorse disponibili presso le strutture di sede, individua la tipologia di attività e l’entità delle prestazioni assistenziali che, per ciascun anno di corso, non possono essere assicurate presso le Aziende di riferimento. Tali attività dovranno quindi essere assicurate mediante la frequenza presso ulteriori strutture pubbliche presenti sul territorio e ritenute idonee, da inserire nella rete formativa”.
In particolare, per quanto riguarda il profilo di apprendimento dei medici nefrologi in formazione (D.M. 68 del 2015 e D.M. 402 del 2017, che adegua gli ordinamenti didattici delle scuole di specializzazione di area sanitaria al D.M. n. 270/2004, e individua profilo specialistico, obiettivi formativi e relativi percorsi didattici): “Lo specialista in Nefrologia deve aver maturato conoscenze teoriche, scientifiche e professionali nel campo della fisiopatologia e clinica delle malattie del rene e delle vie urinarie; gli ambiti di competenza clinica e di ricerca sono la semeiotica funzionale e strumentale, la metodologia clinica e la terapia dietetica, farmacologica e strumentale in nefrologia con particolare riguardo alla terapia sostitutiva della funzione renale dialitica e post trapianto.
Per quanto riguarda gli obiettivi della Scuola di Specializzazione in Nefrologia, lo specializzando deve acquisire gli strumenti conoscitivi e l’esperienza professionale necessari per (…):
- utilizzare delle diete ipoproteiche nel paziente con insufficienza renale avanzata, in dialisi peritoneale, in emodialisi e nel paziente con trapianto renale
- praticare la emodialisi extra-corporea e tecniche correlate e la dialisi peritoneale
- saper organizzare in modo partecipato un accesso vascolare per la dialisi d’emergenza, confezionare una fistola artero-venosa e impiantare un catetere peritoneale
- apprendere i principi e le manovre necessari al funzionamento delle apparecchiature per dialisi.
Sono attività professionalizzanti obbligatorie per il raggiungimento delle finalità didattiche della tipologia: (…) partecipazione all’impianto di almeno 5 cateteri peritoneali”
Va sottolineata l’incongruenza dell’Ordinamento della Scuola di Specializzazione che, da un lato, dichiara tra gli obiettivi formativi “praticare la emodialisi extra-corporea e tecniche correlate e la dialisi peritoneale”, dall’altro non prevede esplicitamente un periodo di tempo di attività professionalizzante in DP, a differenza di quanto previsto per nefrologia clinica, HD o trapianto. Resta il fatto che una Scuola di Specializzazione che non prepari adeguatamente sulla DP, non soddisfa gli Obiettivi Formativi e che tale lacuna dovrebbe essere colmata.
Considerando che non tutte le Scuole di Specializzazione sembrano avere la DP, in riferimento a quanto indicato dalle norme sopra descritte, si potrebbero proporre sedi esterne di riferimento (sedi “HUB”), presso cui lo specializzando abbia la possibilità di approfondire la conoscenza della metodica. Tali strutture potrebbero diventare punti di riferimento per i medici specializzandi, fornendo le basi fondamentali della dialisi peritoneale e permettere il loro utilizzo nella pratica clinica quotidiana. In tal senso, il GdPDP della SIN si rende disponibile ad un confronto con i Direttori delle Scuole di Specializzazione in Nefrologia per trovare i percorsi didattici.
In parallelo a questa iniziativa, devono essere organizzati periodici corsi di aggiornamento in DP per gli specializzandi, coinvolgendoli anche come relatori, affinché si possa costituire una rete dinamica di interesse. Soprattutto la partecipazione in prima persona con relazioni o poster può stimolare l’interesse per la DP nei giovani nefrologi, che potrebbero venire coinvolti anche in iniziative associative quali la presenza di un rappresentante degli specializzandi nel futuro Comitato Scientifico del GdPDP.
Inoltre, è necessario “portare” la DP nelle aree in cui è poco utilizzata, attraverso la programmazione di corsi itineranti, al fine di sensibilizzare tutti i colleghi nell’utilizzo della metodica. Infatti, deve essere chiaro ai nefrologi italiani che, in assenza di controindicazioni reali, non offrire anche la DP è un atteggiamento eticamente scorretto e potenzialmente dannoso per i pazienti.
Dalla cultura peritonealista alla pratica clinica
La mancanza di cultura “peritonealista” nei nefrologi italiani, è la principale causa, se non l’unica, del fatto che la dialisi peritoneale (DP), da oltre un trentennio, abbia una prevalenza che non supera il 10-15% [6, 7].
La cultura “peritonealista” deve partire dalle Scuole di Specializzazione, ma deve anche diffondersi presso ogni U.O. tra i medici e gli infermieri che devono considerarla, come terapia sostitutiva della funzione renale, seconda solo al trapianto.
I Direttori che intendono iniziare la DP in U.O. in cui non viene effettuata o non sufficientemente conosciuta dovrebbero inviare i medici e gli infermieri presso Centri dove esiste ampia expertise, per poi importare ed offrire ai pazienti la metodica con un livello qualitativo pari a quello delle altre tecniche dialitiche, oppure costruire una rete con un Centro HUB in cui la DP viene già effettuata da anni con buoni risultati. In ogni U.O. tutti i Nefrologi, anche se non espressamente dedicati, devono conoscere la DP e, a seconda delle dimensioni e della organizzazione della U.O., tutti o quasi dovrebbero saperla gestire al pari della tecnica extracorporea o almeno saperne gestire adeguatamente le complicanze maggiori o più urgenti.
La diffusione della cultura “peritonealista” dovrebbe essere un obiettivo della Società Italiana di Nefrologia (SIN) che dovrebbe stimolare e anche organizzare – utilizzando gli esperti del settore – una formazione continua, estendendola anche agli infermieri e ad altri operatori (dietisti, psicologi, ecc.)
Sempre attraverso la SIN, al fine di domiciliarizzare sempre di più la terapia dialitica, i progetti ed i risultati inerenti alla DP andrebbero portati alle sedi dei decisori politici nazionali e regionali.
L’organizzazione ospedaliera della gestione medico-infermieristica
Nelle UU.OO. che effettuano la DP, nella maggioranza dei casi, la metodica è seguita da un solo medico (eccezionalmente due, nei centri più grandi) e quando, per diverse ragioni (es. trasferimento, collocazione a riposo etc.), si riduce la presenza del medico esperto, di pari passo si riduce anche l’incidenza e la prevalenza dei pazienti in peritoneale. Per ovviare tale evenienza, la gestione della metodica andrebbe affidata ad un responsabile, che venga affiancato a rotazione (semestrale/annuale) da un altro medico della U.O. Questo approccio, nel giro di due-tre anni, porta all’acquisizione da parte di tutti i medici della U.O. di una piena autonomia clinica. Lo stesso dovrebbe essere fatto anche nei confronti del pool di infermieri da dedicare alla DP; anche per loro dovrebbero essere previsti alcuni infermieri di riferimento (fissi) e altri a rotazione. Per i professionisti a rotazione si potrebbe attingere dal pool degli infermieri già esperti dell’HD, che verrebbero addestrati alla DP, resi autonomi dal punto di vista assistenziale e poi, con una turnazione programmata, potrebbero rientrare nel pool infermieristico dell’emodialisi. Molto importante sarebbe anche cercare di ottenere dall’Amministrazione una reperibilità dedicata, distinta da quella dell’HD.
Tutto questo risulta di difficile attuazione se le UU.OO. vengono mantenute con organici medico-infermieristici inadeguati, come purtroppo sempre più spesso accade.
Indicazioni sul fabbisogno organico per un servizio di DP
Le indicazioni seguenti sono generali e dipendono dalle dimensioni e dall’organizzazione del centro nefrologico, dalla tipologia dell’ospedale entro cui è inserito e dalla disponibilità di personale medico e infermieristico.
Pur trattandosi di una dialisi domiciliare è necessario che sia disponibile una presenza quotidiana, sia telefonica che ambulatoriale, per la risoluzione dei problemi e per organizzare l’attività ambulatoriale di controllo. Altre attività che vanno considerate sono la preparazione dei pazienti al posizionamento del catetere peritoneale e le relative medicazioni, l’attività di addestramento dei nuovi pazienti e i colloqui compresi nell’attività degli ambulatori di orientamento.
Il numero dei pazienti e le attività descritte possono essere la base per il calcolo del fabbisogno orario e di personale con il metodo della “job description” e del minutaggio sul campo, soprattutto quando il centro sta crescendo.
In generale, sono comunque consigliati un infermiere ogni 10 pazienti e un medico ogni 40 pazienti in DP, ma la base organizzativa di partenza di un servizio di DP necessita assolutamente due infermieri e un medico dedicato. Questa indicazione tiene conto che ogni persona dello staff ha diritto a ferie, aggiornamento ed eventuali malattie, ma che ogni paziente in DP ha diritto a trovare assistenza pronta ed efficiente, quando ne ha necessità.
L’organizzazione delle urgenze deve considerare la condivisione dei protocolli e procedure di base con tutti i medici e infermieri delle nefrologie e dialisi; è opportuno anche un intervento di informazione e aggiornamento a Pronto Soccorso ospedalieri e reparti di osservazione breve, medicine e chirurgie per espandere la confidenza con la DP in nefrologia e in ospedale.
Il catetere peritoneale
Il posizionamento del catetere per DP dovrebbe essere effettuato dal nefrologo. La tecnica “open”, in anestesia locale, è la più utilizzata in tutto il mondo e costituisce il gold standard [8, 9]. Questa tecnica è alla portata del nefrologo che, con adeguato addestramento, può diventare autonomo in tempi brevi. In ogni centro di discrete dimensioni almeno un nefrologo, ma sarebbe meglio fossero due, dovrebbe acquisire la padronanza della metodica. Purtroppo, troppo spesso il posizionamento viene demandato ai chirurghi che, non essendo gli utilizzatori finali, sottovalutano l’importanza di passaggi importanti e cruciali dell’atto. Molti di loro considerano il catetere alla stessa stregua di un drenaggio; la loro disponibilità di tempo è sempre molto limitata e il posizionamento viene relegato a quando trovano uno spazio nelle loro sedute di routine o in urgenza. Questo condiziona molto il possibile inizio del trattamento rendendo molto difficile la pratica della Urgent Start Peritoneal Dialysis (USPD) che si va sempre più affermando nel mondo, per i “late-referral” e non solo, evitando il posizionamento di cateteri venosi centrali e l’elevato rischio di infezioni correlate. Tuttavia, una buona collaborazione con i chirurghi è fondamentale. Ogni centro non può farne a meno soprattutto per le tecniche video-laparoscopiche (VLS) che, come largamente dimostrato in letteratura, sono importantissime nella revisione di cateteri malfunzionanti per ostruzioni meccaniche e/o dislocazioni, ma anche per il posizionamento in pazienti pluri-operati o in coloro nei quali si vogliano effettuare manovre di prevenzione delle complicanze sovra-citate come omentopessia e ancoraggio, o anche pazienti in cui si debba effettuare in contemporanea un altro tipo di intervento (es. colecistectomia).
Anche in questi casi il nefrologo deve avere un ruolo paritetico, ed è importantissima la sua presenza al tavolo operatorio o per operare insieme al chirurgo, o per indicare cosa serva fare per quel paziente, quale catetere utilizzare, quale sede di posizionamento scegliere, quali procedure mettere in atto per la revisione nel malfunzionamento (omentopessi, ancoraggio), per suggerire e cercare di ottenere modifiche della tecnica (chiusura di tutti gli ingressi utilizzati in VLS) che siano più congeniali all’effettuazione della DP anche immediata.
Non sempre e dovunque è possibile tutto quanto enunciato sopra, allora è auspicabile che sorgano centri “HUB” che, oltre a garantire un corretto posizionamento e le revisioni per tutti i pazienti di un bacino di utenza di dimensioni importanti, si dedichino anche alla formazione dei nefrologi e dei chirurghi dei Centri “spoke” per condurli all’autonomia almeno con la tecnica standard “open”.
L’informazione al paziente: ruolo dell’ambulatorio MaReA – esperienza di Brescia
Quando la funzione renale si riduce a livelli incompatibili con la sopravvivenza o con una qualità di vita adeguata è necessario iniziare la terapia sostitutiva: trapianto (idealmente come prima proposta) o dialisi (peritoneale, DP ed extracorporea, HD). Questa scelta terapeutica non può prescindere dal giudizio clinico del medico, ma neppure dalla scelta “informata” del paziente.
L’ambulatorio MaReA
Nella U.O. di Nefrologia di Brescia, dal febbraio 2005, accanto alle attività ambulatoriali già attive da tempo, è stato istituito l’ambulatorio per la Malattia Renale Avanzata (Ambulatorio MaReA). L’U.O. tratta circa 270 pazienti emodializzati, circa 110 pazienti in DP e segue circa 1200 trapiantati di rene.
Obiettivi dell’ambulatorio MaReA
L’ambulatorio MaReA ha come obiettivi:
- rallentare la progressione dell’IRC e procrastinare l’inizio della dialisi, prevenendo, individuando e curando i fattori di rischio propri dell’uremia e quelli cardiovascolari
- “accompagnare” il paziente alla dialisi o al trapianto nelle migliori condizioni cliniche possibili, fornendo gli strumenti necessari per una scelta consapevole della terapia sostitutiva
- approntare l’accesso dialitico in modo pianificato, per evitare l’inizio della dialisi “in urgenza”.
L’organizzazione dell’ambulatorio MaReA
L’ambulatorio coinvolge diverse figure professionali: a) tre nefrologi che seguono anche i pazienti in DP; b) sei infermieri professionali (IP; due della DP e quattro dell’emodialisi); c) due Dietiste dell’USD di Dietetica e Nutrizione clinica; d) una Psicologa.
Nefrologa/o
In base alle caratteristiche di ogni paziente gestisce la terapia, il controllo del volume del liquido extracellulare, della pressione arteriosa e dell’omeostasi metabolica. Nel corso delle visite verifica la corretta assunzione della terapia e spiega in modo chiaro al paziente effetti, dosi ed orari di assunzione dei vari farmaci. Fornisce informazioni dietetiche e sul monitoraggio quotidiano di peso, pressione arteriosa e ricerca di edemi. Il paziente viene quindi coinvolto con un ruolo attivo nella cura ed impara a gestirla correttamente in base alle indicazioni ricevute
Espone al paziente le varie metodiche dialitiche, il trapianto da cadavere, da vivente e la “dieta 20” (Dieta fortemente ipoproteica supplementata con aminoacidi e chetoanaloghi)
Prescrive la profilassi vaccinale per HBV, invia il paziente dalle dietiste per poter impostare una terapia dietetica, prepara e verifica i colloqui con le IP. Programma tempestivamente, ma non troppo precocemente, gli accessi dialitici ed inizia l’esecuzione degli esami necessari per il trapianto di rene.
Infermiere/a
Interviene, con le sue competenze, a supportare e rafforzare le fasi educative svolte dal Nefrologo, realizzando un lavoro di squadra. Illustra al paziente ed ai suoi famigliari le caratteristiche organizzative e pratiche delle diverse metodiche dialitiche. Favorisce l’incontro del paziente con pazienti già in trattamento dialitico peritoneale o extracorporeo.
Dietista
Prende atto delle indicazioni del medico, valuta lo stato nutrizionale del paziente e le sue preferenze alimentari per proporre una dieta adeguata e accettabile. Su richiesta del nefrologo corregge errori alimentari che determinano iperpotassiemia, acidosi, iperfosfatemia ed eccessivo/scarso carico proteico. Agli incontri partecipa anche chi si occupa della preparazione dei cibi per il paziente.
Psicologa/o
Introdotta da pochi anni, svolge un ruolo importante sia nel rapporto con i pazienti (specie nel momento di “accettazione psicologica della dialisi”), sia nell’educazione alla comunicazione all’interno del gruppo medico-infermieristico e tra questo e i pazienti.
I numeri dell’ambulatorio MaReA
Dal 2005 al 2019 sono stati seguiti dall’ambulatorio MaReA 1365 pazienti affetti da IRC avanzata (eGFR <15 ml/min/1,73m2 SC).
Risultati
I risultati in estenso sono stati pubblicati recentemente [10].
A) Ritardo dell’inizio della dialisi
I pazienti seguiti dall’ambulatorio MaReA vengono visitati mediamente ogni 8-10 settimane. La frequenza degli incontri e l’opera di informazione ed educazione del paziente hanno una ricaduta positiva anche nel ritardare l’inizio della dialisi. Estrapolando la traiettoria dell’eGFR misurato su almeno 4 determinazioni eseguite prima dell’inserimento in ambulatorio MaReA ci si sarebbe atteso l’inizio della dialisi dopo circa 18 mesi; nella pratica tale tempo è stato raddoppiato. Circa un anno e mezzo di ritardo nell’inizio della dialisi ha un indubbio vantaggio sulla qualità di vita e, nei pazienti più fragili e defedati, possono evitare la mortalità precoce favorita dalla dialisi.
B) Scelta della DP
Su 163 pazienti seguiti dall’Ambulatorio MaReA dal 2016 al 2020, il 51% ha scelto la DP, contro il 32% calcolato comprendendo anche i pazienti seguiti da altri ambulatori della nostra U.O. e i late referral. In quei periodi la percentuale di pazienti che iniziavano in DP era, mediamente, in Lombardia del 18%, e in Italia del 13%. In un percorso strutturato che si sviluppa nel tempo è agevole far apprezzare al paziente i vantaggi di un trattamento domiciliare.
C) DP Incrementale
Da parecchi anni abbiamo introdotto la DP incrementale [11, 12] che è stata sviluppata soprattutto negli ultimi anni. Questa rappresenta un ulteriore elemento a favore della scelta della DP; tuttavia, visti i rischi di sotto-dialisi da scarsa aderenza dialitica o da rapida riduzione funzionale renale, è più sicuro che sia proposta ai pazienti che abbiano avuto modo di ben apprendere l’autovalutazione di segni o sintomi e l’importanza della stretta adesione alle indicazioni.
Organizzazione e sviluppo della dialisi peritoneale nel territorio e nella residenzialità
In questa parte del documento si intendono fornire spunti di organizzazione per la realizzazione e la crescita della dialisi peritoneale (DP) sia a domicilio, sia in strutture residenziali. La trattazione prende spunto, ma non ricalca fedelmente, da un documento pubblicato dalla Regione Friuli-Venezia-Giulia [13].
Per i malati di insufficienza renale cronica (IRC) si auspica il mantenimento di un buono stato funzionale, la stadiazione dei bisogni per l’autonomia e il massimo livello di partecipazione sociale. A questo scopo è indicata la personalizzazione delle terapie dialitiche nelle sedi territoriali, eventualmente utilizzando la telemedicina.
Sono noti i vantaggi della DP in termini di tollerabilità, comfort e stile di vita, specie in aree remote e disagiate; nonostante questo, a livello nazionale e internazionale non c’è adeguata utilizzazione della DP. Verosimilmente l’aumento dell’età media, della cronicità e della frammentazione sociale, si traduce in fasce di popolazione sempre più fragili. Per questo motivo è necessario ripensare l’organizzazione e l’offerta territoriale con collegamento organico con l’ospedale. Il paziente bisognoso di dialisi, infatti, nella metà dei casi è anziano, in un terzo dei casi ha patologie multiple e, non raramente, un reddito basso. Questa la sfida della DP che deve coinvolgere il personale del territorio diffondendo conoscenze e competenze per integrare le nefrologie e promuovere le cure domiciliari, la riabilitazione e l’autocura [14].
Organizzazione territoriale
1) Assistenza domiciliare: il SSN garantisce, alle persone non autosufficienti e fragili, con patologie in atto o loro esiti, percorsi assistenziali domiciliari medici, infermieristici e riabilitativi, necessari per stabilizzare il quadro clinico, limitare il disagio della patologia e la sua cronicizzazione, con supporto sociale alla famiglia da parte delle strutture comunali.
Il bisogno socio-assistenziale viene accertato con strumenti multidimensionali con una presa in carico globale e un piano di cura individuale. Tale organizzazione è prevista nei LEA e soprattutto è indispensabile nei pazienti complessi, fragili, a rischio di disabilità. L’assistenza domiciliare è in grado di ridurre le ospedalizzazioni e integrarsi con le Nefrologie per la presa in carico e l’assistenza dei pazienti in DP, risolvendo alcune problematiche tipiche della gestione domiciliare della terapia. Tale percorso integrativo è dovuto, ma ha bisogno di percorsi formativi e modelli organizzativi specifici.
2) Strutture residenziali: possono svolgere diverse funzioni, assicurare la continuità delle cure per completare il recupero funzionale per favorire la domiciliarità e quindi anche la DP. Queste strutture possono essere viste come istituzionalizzazione permanente per pazienti che ne hanno necessità e che sono già in DP o la devono iniziare. L’organizzazione assistenziale di questo tipo richiede l’attenta valutazione delle caratteristiche degli istituti, cercando, ove possibile, di concentrare i pazienti in DP in quelli più idonei.
3) Case e Ospedali di Comunità: queste nuove articolazioni sociosanitarie per il potenziamento della presa in carico di pazienti cronici; una volta definite e rese operative, saranno ulteriori opportunità di ausilio per i pazienti in DP.
Il paziente fragile in DP
La fragilità viene generalmente messa in relazione con l’età del paziente, ma non coincide con la disabilità, bensì con il rischio di svilupparla in conseguenza di eventi acuti. Alcuni elementi permettono di identificarla: perdita di peso, debolezza, lentezza, basso livello di attività. I pazienti con malattia renale cronica avanzata presentano tutte queste condizioni.
I pazienti DP, che alla dimissione ospedaliera necessitano di continuità assistenziale o dimissione protetta, fanno parte della categoria dei pazienti fragili, disabili o con problemi familiari e sociali. Questi pazienti vanno supportati a domicilio, con attivazione del servizio infermieristico, o in istituti idonei per la riabilitazione o la residenzialità. Questa organizzazione integrata consentirebbe di porre in DP anche pazienti non autonomi, di attivare il supporto di caregiver non sanitari e di organizzare periodi ponte di sollievo o riabilitazione.
In sintesi, necessitano una organizzazione assistenziale residenziale gradualizzata i pazienti DP:
- ricoverati per acuzie che devono completare cure o riabilitazione prima del rientro a domicilio
- non autosufficienti e con caregiver necessitanti di ricovero transitorio per problemi familiari o sollievo del caregiver
- che hanno iniziato DP durante un ricovero acuto e necessitano di assestamento post-dimissione, ma che non riescono a recuperare l’autonomia e richiedono istituzionalizzazione permanente
- a domicilio che, per eventi gravi sopravvenuti, non possono più gestire la dialisi a domicilio
- a domicilio non autonomi con caregiver che, per eventi sopravvenuti, perdono l’aiuto del caregiver
- non autonomi, già residenti in istituto che devono iniziare o continuare la DP
Continuità assistenziale ospedale-territorio
La struttura di degenza, prima della dimissione di un paziente fragile, deve avviare un percorso di dimissione protetta che prevede la redazione di relazione medica e infermieristica e i risultati di test condivisi multidimensionali. Il paziente DP necessita assolutamente di questi percorsi che, per una integrazione adeguata, devono prevedere il coinvolgimento di medico (nefrologo, medico di medicina generale, medico della casa di riposo o altro), infermieri (della DP, del distretto di appartenenza, della casa di riposo) dell’assistente sociale, del rappresentante amministrativo del comune, nonché dell’associazione dei pazienti nefropatici.
Definizione dei bisogni assistenziali
La presa in carico del paziente in DP e il suo piano di cura individuale richiedono una valutazione dei bisogni assistenziali oggettiva e riproducibile nel tempo. Le scale di valutazione multidimensionale definiscono aspetti cognitivi, motori, assistenziali e sociali; le principali scale validate sono: Barthel Index, MNA (Mini Nutritional Assessment), CBI (Caregiver Burden Inventory, NRS pain (Numerical Rating Scale), Conley, BRASS (Blaylock Risk Assessment Screening), MMSE (Mini Mental State Examination). Infine, le valutazioni multidimensionali si basano comunemente su schede regionali denominate VALGRAF che sommano e contengono varie scale tra quelle sopracitate per una valutazione iniziale e longitudinale.
Coinvolgimento del paziente e dei caregiver nella scelta terapeutica
Un approccio alla DP pianificato e integrato consente al paziente e alla sua famiglia di partecipare con serenità alla scelta del miglior trattamento. Gli ambulatori di orientamento devono sforzarsi di rendere efficace la comunicazione e il dialogo, con un approccio umanistico e narrativo che consideri tutti gli aspetti della vita del paziente. La DP necessita assolutamente di questa modalità comunicativa, in cui l’informazione viene fornita con sensibilità e partecipazione e il programma di DP si avvantaggia molto del concetto di “PD first”, cioè preferire la DP in prima istanza. Il coinvolgimento già in fase pre-dialitica di operatori territoriali e assistenti sociali può facilitare tutti i percorsi.
Educazione terapeutica e terapie domiciliari
L’infermiere impegnato nel percorso di DP è di primaria importanza in quanto è responsabile di pianificare ed attuare il programma educativo della persona e della famiglia, fino al raggiungimento della maggiore autonomia possibile nella gestione della DP. L’educazione terapeutica è finalizzata all’empowerment del paziente e gli permette di conoscere, comprendere, acquisire e mantenere le capacità e le abilità per convivere con la malattia e gestire la DP in sicurezza e autonomia. Il paziente può essere aiutato anche a domicilio a organizzarsi gli spazi e i tempi della sua vita. Il processo educativo continua, dopo l’inizio della DP, con refresh pratici e teorici.
Organizzazione del programma di DP
Per lo sviluppo armonico della DP nel territorio e nelle residenze è necessario un programma ben organizzato e locali dedicati per svolgere le visite, gli addestramenti, le medicazioni, i colloqui informativi e i test di funzionalità.
Il personale medico e infermieristico deve essere formato e dedicato. Alcune pratiche necessitano di documentazione protocollare a supporto:
- posizionamento del catetere peritoneale
- visite ambulatoriali e/o visite domiciliari
- misurazione periodica dell’efficienza dialitica e trasporto peritoneale
- sistemi di telemonitoraggio o videodialisi
- esecuzione dei test biochimici, funzionali e microbiologici
In considerazione del numero di pazienti da avviare o da mantenere in DP è necessario valutare l’impegno lavorativo in termini di funzioni da svolgere e tempo necessario alle stesse, tale valutazione sistematica può essere fatta sul campo partendo dalla “job description” di medico e infermiere dedicati. L’impegno anche delle strutture territoriali può essere quantificato allo stesso modo; è necessario tenere conto anche del tempo dedicato alla formazione.
Per essere qualitativamente efficaci nel tempo va attuata la formazione continua degli operatori, la condivisione degli strumenti operativi di registrazione delle attività e degli eventi, un sistema documentale elettronico per la rilevazione dei bisogni dei pazienti, riunioni di revisione e discussione del lavoro.
Nota conclusiva
Qualsiasi assetto di cura territoriale o domiciliare sconta le difficoltà di spostamento degli operatori o dei pazienti, la mancanza di disponibilità di tecnologie avanzate diagnostiche e terapeutiche, le spese e i tempi di trasporto, il raggiungimento delle aree disagiate. Attualmente la cura territoriale copre solo parzialmente i bisogni e solamente per periodi tempo e patologie limitate; il budget dedicato pone dei limiti evidenti al sostegno possibile per i pazienti [15]. La DP è lungi da essere coperta dalle strutture esistenti per cui vanno considerate alternative organizzative assistenziali e i supporti che possono arrivare da terzo settore, associazioni di volontariato, pazienti esperti e associazioni dei pazienti.
Dialisi peritoneale assistita domiciliare: modello di integrazione ospedale/territorio – esperienza dell’ospedale Bassini di Cinisello Balsamo
La maggior parte delle persone anziane in DP per poter effettuare la seduta diatica necessita di assistenza (80% circa) [16, 17]. Infatti, le comorbidità e la fragilità rappresentano i fattori principali che limitano la possibilità di autogestire il trattamento, unitamente a calo del visus, ridotta agilità fisica e mentale e ansia. Una recente survey del 2021 ha documentato una associazione significativa (p < 0.001) tra la disponibilità di un programma di DP assistita (DPAss) e la percentuale crescente di pazienti incidenti e prevalenti in dialisi domiciliare [18]. L’esperienza italiana di un programma di DPAss avviato nel 2014 [19] e tutt’ora attivo, ha consentito di incrementare stabilmente, negli ultimi 9 anni, del 33% l’incidenza dei pazienti in DP (Figura 1), fatto salvo l’anno di pandemia 2020.

L’assenza del caregiver familiare costituisce un impedimento alla DP per tutte le persone non autosufficienti, ma di per sé non deve rappresentare una barriera insormontabile all’eleggibilità alla DP, anche se in molte realtà esistono delle difficoltà a reclutare dei caregiver extrafamiliari o a supportare il finanziamento di questa assistenza. Il modello qui presentato intende illustrare la fattibilità della DP per i soggetti non autosufficienti, per estenderla anche nelle realtà Sanitarie Regionali in cui non viene riconosciuto un incentivo economico per un caregiver extrafamiliare.
Obiettivi del programma di DPAss
- Creare un modello clinico-assistenziale di DPAss per rispondere al crescente bisogno di salute dei pazienti con MRC avanzata in fase di necessità dialitica, rendendo fruibile la DP anche per quelli che, pur preferendo la domiciliazione del trattamento, non dispongono del caregiver.
- Integrare più figure professionali con ruoli e competenze diverse, per ottimizzare il processo di cura domiciliare. Nell’ottica dell’integrazione Ospedale/Territorio, il modello offre una soluzione per incrementare le cure dialitiche domiciliari. Le figure coinvolte comprendono: gli infermieri del Centro Dialisi Ospedaliero, dedicate al Servizio di DP (DPO) (case manager specialistici), l’Infermiere di Famiglia e Comunità (IFeC) per la presa in carico del paziente sul territorio (case manager di patologia) e l’Operatore Socio-Sanitario (OSS) col ruolo di caregiver dialitico istituzionale, per l’esecuzione delle manovre tecniche di scambio necessarie per eseguire il trattamento.
- Ridurre l’ospedalizzazione trasferendo sul territorio la gestione di alcune complicanze/attività attualmente gestite in ospedale.
- Contenere i costi proponendo una soluzione che tenga conto dell’impatto economico del progetto, con focus sul beneficio per i Servizi Sanitari Nazionale (SSN) e Regionale (SSR) e sulla sostenibilità per le Aziende Ospedaliere.
Destinatari
- Pazienti non candidabili alla DP per fragilità e/o mancanza di caregiver per la dialisi
- Pazienti in DP autogestita e che, per motivi clinici subentrati, non possono proseguire la DP in autonomia.
- Caregiver familiari che necessitano di un supporto, con gestione integrata con DPAss per poter mantenere il proprio lavoro
- Pazienti autosufficienti che richiedono un prolungato rinforzo assistenziale per raggiungere l’autonomia del trattamento
Risorse necessarie
Si stima che per gestire 8-10 pazienti con DPAss siano necessari:
- 1-2 Infermieri, già dedicati alla DP nel Centro Ospedaliero (DPO) sulla base del pool totale di pazienti in carico al Centro (dotazione minima di infermieri con ipotetico rapporto 1/10 come evidenziato da una survey del 2010 del Gruppo di Progetto della Dialisi Peritoneale)
- un medico di riferimento
- un sistema aziendale che fornisca il materiale per eseguire il trattamento dialitico
- 4 OSS
- 1 IFeC con formazione professionale avanzata
- Coordinatore Infermieristico del Centro Dialisi e Coordinatore infermieristico degli IFeC
Descrizione del modello
Il modello assistenziale proposto prevede:
- Gestione tecnica delle manovre di scambio in modalità assistita
L’OSS a domicilio del paziente effettua: a) manovre di scambio o montaggio/smontaggio del Cycler dell’APD; b) medicazione dell’emergenza del catetere peritoneale, c) rilevazione dei parametri di monitoraggio del trattamento. Gli OSS sono supervisionati dagli IFeC e supportati, per via telefonica dall’Infermiere DPO o, a casa del paziente, dall’IFeC. L’OSS è quindi un delegato dell’ospedale a compiere le manovre a domicilio con una interfaccia continua con l’équipe ospedaliera cui segnala i parametri clinici rilevati, eventuali problematiche tecniche e/o dubbi e perplessità legate al proprio operato - Case manager del processo:
a) Infermieri del DPO: prendono in cura i pazienti dall’iniziale fase del percorso di scelta della terapia sostitutiva fino all’avvio del trattamento e, poi, alla conduzione cronica dello stesso. Gestendo e organizzando le attività prioritarie nel DPO, interagiscono con gli IFeC nel passaggio assistenziale al momento della domiciliazione dopo il ricovero e poi per la gestione integrata.
b) IFeC: intervengono con ruoli assistenziali differenti, occupandosi delle attività che possono essere eseguite sul territorio, al domicilio o nelle Case di Comunità (CdC), mediante interventi coordinati e condivisi con DPO. Possono avere formazione di base (manovre semplici) o avanzata (competenza professionale in DP).
La continuità tra DPO e CdC viene garantita dalla condivisione di:
- accesso alla cartella medico-infermieristica informatizzata delle UO di Nefrologia, trascrizione dei report delle valutazioni al domicilio o in CdC ed i provvedimenti addottati, indicazioni sugli interventi da effettuare in CdC o a domicilio e sulle terapie
- agenda condivisa con i Coordinatori delle CdC per la pianificazione della turnistica assistenziale
- contatti diretti per lo scambio continuo di informazioni clinico-assistenziali.
Implementazione del modello
Per favorire l’incentivazione dell’utilizzo della DP si prevedono altri interventi:
- percorsi di valutazione della reale preferenza dialitica del paziente mediante percorsi formativi per nefrologi per favorire la scelta migliore per le esigenze individuali del paziente, prospettando un programma dialitico incrementale soprattutto nel malato anziano
- potenziare e ottimizzare l’intervento al domicilio mediante la TELEMEDICINA, per effettuare Teleconsulti programmati col paziente mediati dall’operatore.
Costi
La DP è remunerata meno di qualsiasi metodica dialitica extracorporea ospedaliera e nettamente meno delle metodiche emodialitiche quotidiane (secondo il nomenclatore tariffario delle prestazioni sanitarie nazionali). Il suo vantaggio economico, quindi, è evidente per gli enti erogatori del pagamento (stato/regioni), che trarrebbero un significativo risparmio dall’implementazione di questa metodica, e dal consistente risparmio sui costi di trasporto, da e per l’ospedale, che viceversa incidono per i pazienti trattati con metodiche ospedaliere.
Si pone il problema se l’introduzione di un modello di DP assistita non incrementi a dismisura i costi, al punto da renderla più costosa delle altre forme di dialisi, o se il costo della metodica rimanga comunque vantaggioso o almeno sostenibile rispetto alle altre tecniche.
Per rispondere a questa domanda è necessario affrontare il problema da due punti di vista:
- valutare il risparmio medio che genera al sistema sanitario l’incremento dei pazienti fragili avviati alla dialisi peritoneale (anche senza assistenza, ossia DPAss)
- individuare i costi aggiuntivi per attivare il modello di DPAss qui descritto.
Punto 1: risparmi
Va considerata la differenza di rimborso tra la metodica ospedaliera meno remunerativa (bicarbonato dialisi) e la dialisi peritoneale (CAPD e APD) ed il rapporto necessario infermieri/numero di pazienti per la gestione del servizio, cui va aggiunto il costo dei trasporti da e per l’ospedale (prestazione inclusa nei LEA), obbligatoriamente garantito. Il confronto è stato volontariamente eseguito con la metodica meno onerosa per il SSN/SSR ma il reale costo medio di una procedura dialitica ospedaliera è da considerarsi più elevato per la diffusione sempre più ampia di metodiche più costose (i.e. emodiafiltrazione) ma con migliore efficienza depurativa. A titolo esemplificativo, il rimborso di una emodiafiltrazione è di circa 270 euro a seduta a fronte di 194 euro per la emodialisi standard.
In questo conteggio non viene intenzionalmente inserito il personale medico, il cui costo è del tutto assimilabile nella gestione ospedaliera del paziente in emodialisi e in dialisi peritoneale.
Punto 2: costi aggiuntivi
Facendo riferimento ai costi sostenuti nei 10 anni di sperimentazione presso l’Ospedale Bassini, ASST NORD MILANO con il modello organizzativo descritto, l’utilizzo degli OSS ha comportato un costo forfettario di circa 10.920 € al mese per la gestione di otto pazienti (1362 € mese/paziente).
La Tabella 3 permette di evidenziare come il costo della dialisi ospedaliera standard con l’aggiunta del costo del trasporto superi di poco il costo della DP manuale (CAPD) con l’aggiunta del costo dell’OSS. Rimane invariato il vantaggio a favore della DP sul costo del personale infermieristico (rapporto 1/10-15 pazienti in DP vs. 1/3 in HD).
L’esecuzione degli scambi dialitici al domicilio non richiede la presenza continuativa di una figura con alta professionalità (il caregiver più frequentemente reclutato risulta spesso un familiare formato, ma privo di competenza sanitaria), pertanto una assistenza professionale infermieristica full-time sarebbe antieconomica.
Nel modello proposto di DPAss è previsto il reclutamento degli IFeC per interventi domiciliari su pazienti o situazioni cliniche che richiedono un livello di assistenza e competenza tipico della professione infermieristica; occorre sottolineare che nel restante tempo-lavoro questi professionisti sanitari svolgono altre attività, non necessariamente collegate alla DP, ammortizzando in tal modo il costo sostenuto dall’azienda tramite l’erogazione di prestazioni diversificate.
Costo unitario (€) | Remunerazione/mese
(€) |
Rapporto infermiere/ paziente | Trasporto/ mese***
(€) |
Costo OSS/mese
(€) |
|
CAPD | 57.01 | 1767,31 | 1 ogni 10 circa* | / | 1365 |
APD | 67.03 | 2077,93 | 1 ogni 10 circa* | / | 1365 |
HD OSP | 194.79 | 2532,70 | 1 ogni 3 | 741,00 in media** | – |
Tabella 3. Confronto dei costi di emodialisi ospedaliera standard (HD OSP) e di dialisi peritoneale domiciliare (CAPD/APD).
* il rapporto numero di infermieri/pazienti in dialisi peritoneale non è definito in modo preciso in nessun criterio di accreditamento; pertanto, il calcolo è mutuato dai dati provenienti da survey nazionali
** calcolo effettuato su dati di delibera regionale lombarda (Deliberazione n° XII / 437 Seduta del 12/6/2023), considerando la tariffa media nel territorio urbano, con spostamenti di breve raggio (<15 km). Il costo sottostima ampiamente l’impegno economico per trasporti di lunga percorrenza (abitualmente in aree non intensamente urbanizzate).
***si considera trasporto con autolettiga o furgone assistito in quanto il progetto è rivolto a pazienti con fragilità che non possono utilizzare mezzi non assistiti.
Gli IFeC rappresentano un costo già contemplato dal sistema sanitario in quanto sono, per decreto-legge [20], assegnati alla copertura dei servizi territoriali nella nuova organizzazione della sanità pubblica territoriale. I loro ruoli sono ben definiti in un documento ufficiale della FNOPI (Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche) [21] e si articolano all’interno dell’organizzazione dei singoli territori, con specifiche locali.
L’attivazione di percorsi formativi per gli IFeC volti allo sviluppo di competenze che permettano la supervisione degli OSS (dedicati e limitati agli scambi di dialisi e alle medicazioni semplici) e la gestione di complicanze cliniche in DP, diventano una risorsa per il sistema di DPAss, che diventa parte delle attività del servizio di sanità territoriale aziendale.
Questo costo è di difficile quantificazione, ma è verosimile che un IFeC sia in grado di fornire assistenza ad almeno 10 pazienti, pur dedicando solo quota parte del suo tempo a questa attività, mantenendo così il capitolo del costo personale a favore della DP versus la dialisi ospedaliera.
Nell’ottica di un processo di remunerazione delle prestazioni, almeno per parziale compensazione dei costi sostenuti per erogarle, si dovrebbe rimodulare il rimborso delle prestazioni di DP introducendo un rimborso specifico per la DPass. La riformulazione aumenterebbe il costo della metodica DPAss per il servizio sanitario nazionale/regionale, ma fornirebbe alle aziende sanitarie adeguate risorse per incentivare questo processo. Una ragionevole tariffa potrebbe corrispondere a circa 102 €, ovvero l’attuale tariffa CAPD, più il costo corrente giornaliero dell’OSS (45 € circa).
In APD si potrebbe ipotizzare di mantenere la stessa tariffa in quanto l’impegno dell’OSS è ridotto rispetto agli accessi CAPD (abitualmente 2 uscite giornaliere vs 4): tale tariffa è inoltre quella applicata dall’attuale esperienza.
Il costo totale della metodica DPAss quindi rimarrebbe favorevole rispetto alla metodica ospedaliera base e, se confrontata alla metodica emodialitica domiciliare quotidiana (senza caregiver istituzionale), comunque sovrapponibile a quest’ultima come indicato nella Tabella 4.
Nella valutazione dei costi, seppur non facilmente quantificabili, non possono essere poi ignorati i vantaggi della domiciliazione dei trattamenti su qualità della vita del paziente e tempo risparmiato a favore di altre attività socialmente rilevanti da parte del personale ospedaliero (riutilizzo risorse) e dal caregiver familiare (tempo lavoro/ruolo sociale).
Costo unitario
(€) |
Remunerazione/ mese
(€) |
Rapporto infermiere/ paziente | Trasporto/ mese**
(€) |
Costo OSS/mes
(€) |
|
CAPD | 57,01 | 1767,31 | 1 ogni 10 circa* | / | 1365 |
APD | 67,03 | 2077,93 | 1 ogni 10 circa* | / | 1365 |
HD/HDF OSP | 194,79
270,27 |
da 2532,70
a 3513,51 |
1 ogni 3 | 741,00 in media | – |
HDD | 105,00 | 1365,00 | 1 ogni 7/10 circa | – | – |
HDD giorn. | 105,00 | 3150,00 | 1 ogni 7/10 circa | – | – |
DPAss | 102,00 | 3162,00 | 1 ogni 10 circa | – | – |
Tabella 4. Costi dettagliati a confronto: dialisi peritoneale (CAPD/APD) emodialisi ospedaliera (HD/HDF OSP) emodialisi domiciliare (HDD/HDD giorn) e dialisi peritoneale assistita (DPAss).
* il rapporto numero di infermieri/pazienti in dialisi peritoneale non è definito in modo preciso in nessun criterio di accreditamento; pertanto, il calcolo è mutuato dai dati provenienti da survey nazionali
**si considera trasporto con autolettiga o furgone assistito in quanto il progetto è rivolto a pazienti con fragilità che non possono utilizzare mezzi non assistiti.
Conclusioni
La DPAss consente la dialisi a domicilio a pazienti fragili e anziani e non autosufficienti, con il principale obbiettivo di ottimizzare la qualità della loro vita. I programmi di DPAss superano gli ostacoli che limitano l’autogestione del trattamento dialitico domiciliare e l’assenza del caregiver e aumentano incidenza e prevalenza della dialisi domiciliare [20].
L’utilizzo di figure professionali sanitarie diversificate per ruoli e competenze (IFeC/OSS) permette la scelta del trattamento domiciliare per coloro che non possono gestire in autonomia gli scambi dialitici, ma anche la valutazione al domicilio di alcune problematiche tecniche e cliniche. Inoltre, le indicazioni fornite dal Centro in molti casi consentono di risolvere il problema a domicilio, ma allo stesso tempo consentono di valutare se, viceversa, sia necessario indirizzare il paziente in ospedale. In questo modo è possibile ridurre buona parte di ricoveri impropri ed è possibile garantire la gestione precoce delle complicanze.
Il modello misto di assistenza qui descritto, focalizzato sulle esigenze dei pazienti con necessità dialitica, ha l’ambizione di offrire al SSN e al SSR una soluzione per l’incremento delle terapie dialitiche domiciliari con vantaggio sui costi. Individuare una tariffa-DPAss permetterebbe di istituzionalizzare un’alternativa alla DP con caregiver familiare, creando la base amministrativa in cui realizzare, a livello locale, i percorsi organizzativi per professionisti e di gestione dei pazienti.
Modello di gara per l’affidamento dell’erogazione di un servizio di dialisi peritoneale domiciliare assistita
Si riporta un modello di gara che ha lo scopo di soddisfare i fabbisogni relativi ai pazienti candidati alla dialisi peritoneale (DP) e non autosufficienti per la presenza di barriere fisiche e cognitive. Ai pazienti (prevalenti) già in trattamento viene garantita la possibilità di continuare con il sistema in uso, salvo necessità cliniche o altre contingenze non prevedibili, da valutare da parte del Responsabile dell’U.O. di Nefrologia di riferimento. Per i pazienti incidenti, l’approvvigionamento delle apparecchiature e del materiale di consumo avverrà attraverso le modalità già in essere nella ASL/Azienda Ospedaliera di riferimento e quindi non sono oggetto del presente capitolato di gara.
La metodica è destinata a pazienti selezionati a discrezione della U.O. di Nefrologia. Il lotto è composto da servizio di dialisi peritoneale domiciliare assistita (DPass) con personale infermieristico, come oltre specificato, per un numero complessivo di accessi annui a domicilio presunti per paziente pari a n. 365, salvo diversa prescrizione medica.
Il trattamento preferenzialmente considerato è l’APD ma, a richiesta del Centro di Nefrologia, anche la CAPD, seppur per periodi limitati, può essere erogata in modalità assistita con specifico accesso di infermiere ed, eventualmente, operatore sociosanitario (OSS). L’accesso dell’OSS, preferibilmente anticipato rispetto all’accesso infermieristico, consisterà in: cura, igiene personale, mobilizzazione, piccole medicazioni, cura e riordino del domicilio prima della terapia dialitica.
Nel caso di una seduta di APD, l’impegno orario infermieristico dovrà essere di 21 ore settimanali/paziente (accesso di 3 ore totali al giorno per le procedure di attacco e stacco e gestione/smaltimento dei materiali esausti). Nell’impegno orario previsto non è compreso il tempo necessario a raggiungere il domicilio del paziente.
Caratteristiche prestazionali del servizio
L’erogazione di trattamenti dialitico-peritoneali, presso il domicilio dei pazienti, dovrà avvenire secondo le modalità di seguito indicate:
- sopralluogo presso il domicilio dei pazienti;
- presa in carico del paziente e servizio di assistenza infermieristica durante l’erogazione del trattamento dialitico e in regime di reperibilità telefonica (dalle ore 8:00 alle ore 18:00 dal lunedì al sabato), avvalendosi di personale dotato di documentata capacità professionale e specificamente
Il servizio dovrà essere erogato nel rispetto delle modalità che verranno indicate dal Nefrologo Referente di ciascun Centro Dialisi, nel rispetto delle disposizioni contenute nel presente documento.
I pazienti saranno distinti per carico assistenziale poiché, nell’ottica di una completa domiciliarizzazione delle cure, l’operatore economico dovrà garantire, oltre all’assistenza infermieristica, prevista per tutti indistintamente, anche assistenza OSS, per i pazienti che necessitino di tali prestazioni; più specificamente:
1° Gruppo: pazienti a basso impegno assistenziale che necessitano della presenza di personale infermieristico per l’attacco e lo stacco della DP;
2° Gruppo: pazienti a medio impegno assistenziale che, oltre alla presenza di personale infermieristico per l’attacco e lo stacco della DP, necessitano anche di assistenza OSS (accesso per 2 ore giornaliere).
- Attivazione del servizio di dialisi peritoneale assistita a domicilio
Ciascun Centro Dialisi individuerà i pazienti destinatari del servizio, dandone formale comunicazione all’aggiudicatario che provvederà a erogare i servizi richiesti entro 7 giorni dal ricevimento della comunicazione, salvo che si tratti di attivazione urgente adeguatamente motivata. In tal caso l’attivazione del servizio a domicilio si intende entro 3 giorni dalla richiesta pervenuta dal Centro Dialisi.
Il personale infermieristico dovrà essere giudicato idoneo dal Responsabile del Centro Dialisi di riferimento a seguito di almeno n. 6 sedute di affiancamento presso il centro di riferimento. Con le sedute di prova si procede a ritenere il personale infermieristico idoneo sia per la gestione del trattamento che per l’utilizzo di entrambe le metodiche dialitiche previste (CAPD e APD). Se è accertata la non idoneità, la Stazione Appaltante provvede ad affidare ad altro operatore economico.
- Visita nefrologica
Ciascun paziente avrà garantita una visita di controllo mensile da parte del Nefrologo, per programmazione e valutazione di tutti gli accertamenti diagnostici e gli esami ematochimici necessari, per verificare l’aderenza alla terapia e l’eventuale necessità di cambiare piano terapeutico. La visita nefrologica potrà avvenire presso il Centro di Nefrologia o presso il domicilio del paziente. I dati dei pazienti dovranno essere trattati nel rispetto della privacy, secondo la normativa vigente e possibilmente salvati su supporto informatizzato accessibile, con password personale, a tutti gli operatori coinvolti.
- Assistenza infermieristica
L’aggiudicatario dovrà garantire, mediante il proprio personale infermieristico qualificato, l’erogazione della seduta dialitica. Il personale infermieristico individuato dovrà provvedere alla gestione del trattamento domiciliare di DP (accesso di n. 3 ore totali per attacco e stacco).
Prima dell’avvio del servizio, sarà cura del Nefrologo responsabile del Centro Dialisi accertare l’idoneità del personale infermieristico impiegato per le sedute dialitiche.
A ciascun paziente e al Centro Dialisi dovrà essere fornito il recapito telefonico degli infermieri che seguiranno il paziente. È richiesta inoltre disponibilità telefonica infermieristica a carico dell’aggiudicatario dalle ore 8:00 alle ore 18:00 dal lunedì al sabato.
Lo svolgimento della seduta, i tempi e i modi saranno concordati tra paziente, infermiere e Centro Dialisi di riferimento. L’infermiere ha l’onere di garantire la sorveglianza dello stato di salute dell’utente, l’assistenza personalizzata, il buon funzionamento del cycler, l’osservanza delle prescrizioni mediche, le comunicazioni verso i sanitari della struttura nefrologica di riferimento e verso il paziente.
Il personale infermieristico preposto, che ha in carico il paziente, deve mantenere una stretta relazione con il paziente e il Centro Dialisi di riferimento sulla base di procedure definite successivamente all’aggiudicazione. Il Centro Dialisi garantirà una reperibilità medico/infermieristica nell’arco delle 24h e per 7 giorni settimanali.
- Azioni infermieristiche a domicilio
Al personale infermieristico è richiesta la gestione delle seguenti voci, secondo specifiche procedure proposte dall’aggiudicatario e convalidate con il Centro Dialisi di riferimento:
- presa in carico dei pazienti;
- spiegazioni sull’effetto dei farmaci e loro dosi;
- impostazione e uso del cycler per APD;
- gestione delle connessioni alle sacche e alle linee del paziente in CAPD e APD;
- gestione dell’exit-site del catetere;
- prelievi ematici con cadenza mensile secondo il calendario stabilito dal Centro Dialisi di riferimento;
- gestione delle complicanze dialitiche secondo quanto disposto dal Centro Dialisi di riferimento;
- gestione dei bisogni e dei piani assistenziali;
- gestione dell’educazione sanitaria dei pazienti e delle rispettive famiglie.
Trattandosi di terapia domiciliare, i farmaci necessari per la terapia, ove non prescrivibili, saranno resi disponibili dalle farmacie distrettuali/ospedaliere di competenza ed erogati direttamente ai pazienti.
è, inoltre, richiesta l’esecuzione delle seguenti attività che non concorrono al calcolo del punteggio tecnico ed economico:
- esecuzione test emogasanalisi secondo le necessità stabilite da ciascun Centro Dialisi;
- esecuzione esame ECG refertato dal Centro Dialisi;
- esecuzione tampone molecolare fornito e refertato dal Centro Dialisi
- esecuzione prelievo ematico eccedente quelli mensili calendarizzati
- Sospensione o interruzione della terapia
In caso di variazione, sospensione temporanea o definitiva dei trattamenti in corso, il Centro Dialisi di riferimento ne darà comunicazione all’aggiudicatario, con le medesime modalità utilizzate per l’attivazione.
L’aggiudicatario, nel caso di interruzione definitiva del trattamento, sospenderà l’erogazione e provvederà al ritiro, entro 15 giorni dalla ricezione della comunicazione, di quanto in dotazione. I materiali di proprietà e/o forniti dal Centro Dialisi di riferimento dovranno essere riconsegnati ad esso a cura dell’aggiudicatario.
- Rapporti con il Centro Dialisi
Il Centro Dialisi di riferimento rimarrà l’unico titolare di gestione del servizio emodialitico domiciliare e si avvarrà dell’aggiudicatario per i seguenti processi:
- supporto di tipo organizzativo e assistenziale per la presa in carico dei pazienti;
- condivisione delle procedure infermieristiche per la gestione dei pazienti domiciliari;
- stretta collaborazione e condivisione di intenti col personale infermieristico avente in carico i pazienti.
Il Centro Dialisi di riferimento:
- valuterà l’idoneità del personale infermieristico preposto all’erogazione del servizio domiciliare;
- deciderà la prescrizione dialitica (tempi, orari, volumi, soluzioni ecc.) e sarà il titolare della decisione dell’eventuale sospensione del trattamento
Inoltre, rimarrà di esclusiva competenza del Centro Dialisi la fornitura di qualsiasi altro eventuale presidio necessario allo svolgimento del trattamento dialitico non previsto all’interno del kit medicazione dell’exit-site e di attacco e stacco.
Il personale dell’aggiudicatario deve essere disponibile a fornire attività di supporto al personale medico e/o infermieristico nel monitoraggio dei pazienti e dell’efficacia della terapia, per assicurare la migliore qualità del trattamento. L’aggiudicatario dovrà segnalare al Centro Dialisi il nominativo, il relativo numero telefonico e l’indirizzo mail del Responsabile del servizio e dell’Infermiere che avranno in carico i pazienti. Tali referenti dovranno mantenere un contatto continuo con il Centro Dialisi di riferimento per la tempestiva trattazione di tutte le problematiche che dovessero insorgere in fase di erogazione del servizio.
Riferimenti:
Fornitura del servizio di dialisi domiciliare assistita, fornitura di apparecchiature e materiale di consumo per tutte le strutture sanitarie della ASL LE. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. 5 serie speciale, n. 107 del 14-9-2022.
Ruolo della telemedicina nell’espansione di un programma di dialisi peritoneale
Le ragioni del ridotto utilizzo della DP furono analizzate in occasione del primo Censimento della SIN [22] e verosimilmente sono ancora le stesse: la diffusione dei Centri privati (che non utilizzano la DP), le ridotte dimensioni del Centro ed una elevata disponibilità di posti-dialisi di HD. Accanto a queste motivazioni strutturali ve ne sono altre definibili come “politica” o “scelta del Centro”, per cui vi sono Centri pubblici di grandi dimensioni con ridotta disponibilità di posti-dialisi di HD che non utilizzavano la DP, mentre altri con caratteristiche opposte la impiegano in maniera significativa. Infine, l’invecchiamento della popolazione affetta da Malattia Renale Cronica rappresenta un ulteriore fattore limitante la DP, dal momento che questa modalità dialitica è autogestita e, nel caso che un paziente non sia in grado di eseguire autonomamente le procedure dialitiche, occorre ricorrere ad un caregiver, che non sempre è disponibile.
L’utilizzo della DP è il risultato finale di un processo che si realizza in quattro fasi successive:
1) predialisi e scelta del trattamento dialitico
2) training alla DP
3) superamento delle barriere alla metodica
4) follow up del paziente in DP e prevenzione del drop out
Dall’inizio degli anni 2000 l’applicazione della Telemedicina alla DP, inizialmente limitata a pochi Centri, ma ora in espansione [22], si è dimostrata un valido strumento per superare le barriere alla DP, ridurre il drop out della metodica alla HD e migliorare la qualità dell’assistenza ai pazienti.
Di seguito analizzeremo i possibili impieghi della Telemedicina ed i suoi effetti nell’aumentare l’utilizzo della DP in ciascuna delle suddette fasi.
- Predialisi e scelta del trattamento dialitico
Il programma di scelta del trattamento dialitico prevede il coinvolgimento di più persone, da un lato il malato con la sua famiglia e i suoi potenziali caregiver, dall’altro il team dei curanti, siano essi medici, infermieri e altre figure di assistenti alla cura.
La scelta del trattamento dialitico è il risultato di un processo che comprende: valutazione clinica, valutazione psico-socio-attitudinale ed informazione. In letteratura è ampiamente documentata la relazione tra scelta della DP e l’informazione ricevuta dai pazienti durante il follow-up predialitico.
Tale processo richiede tempo e possibilità di entrare in contatto con il paziente e l’ambiente di vita famigliare, pertanto, non può svolgersi soltanto nell’Ambulatorio Predialisi (o della Malattia Renale Avanzata).
Entrare a domicilio del paziente/caregiver consente:
- ai sanitari di conoscere in modo più approfondito il paziente, le sue interazioni famigliari e l’ambiente nel quale vive;
- al paziente e alla sua famiglia di capire meglio messaggi nuovi, a volte difficili come il dovere iniziare il trattamento dialitico e a dare nuovi significati alla malattia e al valore della cura.
Nonostante questo, secondo il Censimento DP del 2022 (4), oltre il 50% dei Centri non utilizza mai le visite domiciliari. A questo riguardo, la Telemedicina potrebbe consentire di: - incrementare il numero dei contatti tra i curanti e il paziente con la sua famiglia, adattando il percorso di scelta alle esigenze del paziente e alle sue capacità di apprendimento;
- migliorare la flessibilità degli orari stabiliti per gli incontri;
- ridurre il numero degli spostamenti del paziente e della sua famiglia al centro dialisi o degli infermieri a domicilio.
- Training alla DP
L’addestramento alla DP rappresenta un elemento critico della metodica. Il training tradizionale, svolto a domicilio o in Ospedale e della durata media di 1 settimana [23] rappresenta un fattore limitante l’utilizzo della DP. è, infatti, verosimile che pazienti con esigenze di apprendimento maggiori vengano esclusi dalla DP a priori.
L’esperienza riportata in letteratura [24, 26] mostra come con la Telemedicina sia possibile condurre un Video-Training adattato alle esigenze di apprendimento del paziente e/o caregiver, altrettanto efficace e sicuro di quello tradizionale in presenza effettuato a domicilio del paziente, riducendo gli spostamenti dell’infermiere (o del paziente) con un notevole risparmio economico e di tempo.
L’applicazione della Telemedicina al training ha mostrato ulteriori vantaggi quali: valutare in maniera obiettiva l’apprendimento raggiunto dal paziente e/o caregiver, riducendo il carico emotivo degli infermieri dedicati al training; analizzare i punti di maggior criticità di ciascun paziente/caregiver nell’esecuzione delle procedure; programmare la frequenza dei re-training. In questo ambito l’applicazione dell’Intelligenza Artificiale potrebbe consentire di analizzare e prevedere le capacità di apprendimento dei pazienti/caregiver già nelle fasi iniziali del training. Pertanto, la Telemedicina può aiutare nel personalizzare e migliorare l’efficacia del training adattandolo alle capacità e alle modalità di apprendimento del paziente/caregiver.
- Superamento delle barriere alla metodica
La presenza di barriere all’autogestione della DP (fisiche, cognitive, psicologiche e sociali) è di riscontro sempre più frequente nella popolazione anziana candidata alla dialisi. In questi casi è necessario ricorrere alla DP assistita che in più dell’80% dei casi è a carico dei famigliari [22].
Tuttavia, i dati del Censimento [4] evidenziano una riduzione della DP assistita che in parte è responsabile della riduzione dell’utilizzo della DP.
Alcune barriere, in particolare quelle cognitive o quelle psicologiche, possono essere superate assistendo da remoto con gli infermieri del Centro (VideoCaregiver) il paziente nell’esecuzione delle procedure dialitiche.
Il VideoCaregiver nel nostro Centro è stato utilizzato nel 5,8% dei pazienti incidenti in dialisi, corrispondente al 14% di quelli immessi in DP, che avevano la necessità di un caregiver, poiché questi non era disponibile o era assente. Il VideoCaregiver si è dimostrato uno strumento sicuro con una incidenza di peritoniti inferiore a quella registrata nei pazienti autosufficienti o in DP assistita tradizionale [25] ed è stato valutato dai pazienti positivamente per la sensazione di sicurezza, di non essere soli e di essere ben seguiti. Questa esperienza positiva della Telemedicina come VideoCaregiver e stata confermata da un recente Audit Multicentrico [24].
L’applicazione della Telemedicina per il superamento delle barriere riguarda anche i pazienti con difficoltà di trasporto al Centro o con necessità di intenso follow-up, per i quali la vi può essere indicazione all’utilizzo della DP. La possibilità di utilizzare il VideoCaregiver potrebbe contrastare la riduzione dell’utilizzo della DP assistita con familiare e la riduzione nell’impiego della DP.
- Follow up del paziente in DP e prevenzione del drop-out
La Telemedicina può essere utilizzata nel follow-up e nella prevenzione del drop-out della DP con quattro modalità: VideoTraining, Televisite, VideoCaregiver, Telemonitoraggio/ Remote management.
A) Re-Training
È noto che, con il tempo, si riduce l’aderenza alle prescrizioni e alle modalità di esecuzione delle procedure dialitiche, con un aumentato rischio di complicanze. Ciò rende necessarie visite domiciliari e sessioni di re-training che tuttavia sono effettuate regolarmente solo da una minoranza dei Centri.
Con la stessa modalità del VideoTraining, è possibile effettuare il re-training in Telemedicina secondo le necessità dei singoli pazienti, superando i limiti determinati dagli spostamenti
B) Televisite
L’accesso del paziente al Centro può essere necessario per motivi dialitici e non dialitici, programmati e non programmati: questi accessi sono particolarmente frequenti nei primi mesi dopo l’avvio della DP. Nella nostra esperienza, nel primo anno di DP, la Televisita ha consentito una riduzione del 24% degli accessi in Centro per motivi dialitici programmati, del 39% degli accessi dialitici non programmati e del 33,3% di quelli non dialitici non programmati.
La riduzione degli spostamenti e la maggior facilità di comunicare e di analizzare i problemi può evitare l’insorgenza di complicanze e ridurre il drop-out dalla metodica.
C) VideoCaregiver
Il Censimento del 2022 mostra come il 22,4% e l’8,0% dei drop-out in DP siano dovuti rispettivamente all’impossibilità a proseguire la DP (sopraggiunta inabilità e/o mancanza-perdita di un caregiver) e alla scelta del paziente e/o caregiver, in genere per carico assistenziale o impegno non più sopportabili [4].
In tali casi il ricorso alla Telemedicina come Videocaregiver può ridurre queste cause di drop-out evitando il ricorso ad altre modalità assistenziali a più elevato costo sociale ed economico.
D) Telemonitoraggio e “remote management” della DP
Lo sviluppo recente di piattaforme per il “remote management” dell’APD (telemonitoraggio delle sedute e prescrizione da remoto) si è già dimostrato in grado di migliorare l’efficienza dialitica (prescrizioni dialitiche adattate in tempo reale), ridurre il drop-out (rapidità nella rilevazione e analisi dei problemi), diminuire le risorse assorbite (minor numero di accessi in Centro e minor numero/durata dei ricoveri) e migliorare la soddisfazione del paziente attraverso la riduzione degli spostamenti, il maggior adattamento della prescrizione alla qualità della vita e la riduzione dell’ansia.
Tuttavia, non bisogna dimenticare che l’enorme aumento delle informazioni disponibili richiede una nuova organizzazione del lavoro in cui l’infermiere ha sempre più un ruolo fondamentale.
Conclusioni
L’applicazione della Telemedicina può aumentare l’utilizzo della DP migliorando il programma pre-dialitico, la qualità del training/re-training e del follow-up, offrendo una diversa possibilità di DP assistita a più basso impatto sociale ed economico.
Bibliografia
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