Which is the role of the oral iron therapies for iron deficiency anemia in non-dialysis-dependent chronic kidney disease patients? Results from clinical experience - GIN

Marzo Aprile 2021 - Articoli originali

Which is the role of the oral iron therapies for iron deficiency anemia in non-dialysis-dependent chronic kidney disease patients? Results from clinical experience

Abstract

Iron deficiency afflicts about 60% of dialysis patients and about 30% of non-dialysis-dependent CKD patients (ND-CKD). The role of iron deficiency in determining anemia in CKD patients is so relevant that guidelines from the Kidney Disease Improving Global Outcomes (KDIGO) initiative recommend treating it before starting with erythropoiesis-stimulating agents. KDIGO guidelines suggest oral iron therapy because it is commonly available and inexpensive, although it is often characterized by low bioavailability and low compliance due to adverse effects.

A new-generation oral iron therapy is now available and seems to be promising. We therefore conducted a study to determine whether an association of iron sucrose, folic acid and vitamins C, B6, B12, can improve anemia in ND-CKD patients, stage 3-5. Our study shows that iron sucrose is a safe and effective oral iron therapy and that it is capable of correcting anemia in ND-CKD patients, although it does not seem to replete low iron stores.

Keywords: iron deficiency, chronic kidney disease, CKD, anemia, oral iron

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Introduzione

La carenza marziale, associata o meno all’anemia, rappresenta una delle condizioni più frequenti dei pazienti affetti da malattia renale cronica (MRC), siano essi in terapia conservativa o in terapia dialitica sostitutiva [1,2].

La carenza marziale è definita dalla Organizzazione Mondiale della Sanità come una condizione caratterizzata da una quantità di ferro insufficiente a mantenere la fisiologica funzione di sangue, cervello e muscoli. Essa non sempre si associa ad anemia, soprattutto se il deficit non è sufficientemente severo o è di recente insorgenza [3].

La diagnosi di deficit marziale si basa sulla valutazione combinata della ferritina e della saturazione della transferrina (TSAT). Sulla base di questi valori di laboratorio si distinguono due condizioni di deficit marziale: ferritina <100 mg/dl e TSAT <20% identificano una condizione di carenza marziale assoluta (deficit di ferro nei depositi); ferritina >100 mg/dl e TSAT <20% identificano una condizione di deficit relativo (normali livelli di ferro nei depositi, ridotta quantità di ferro che giunge nelle sedi di utilizzo) [4].

Il deficit marziale gioca un ruolo chiave nel meccanismo patogenetico nell’anemia nella MRC e contribuisce significativamente alla resistenza alla terapia con i fattori stimolanti l’eritropoiesi (ESA) [5,6,7]. D’altro canto, l’anemia è una delle complicanze più frequenti dei pazienti affetti da MRC e si associa a una riduzione della qualità della vita, a un incremento del rischio cardiovascolare, delle ospedalizzazioni e della mortalità [5].

Le cause principali del deficit marziale nei pazienti affetti da MRC sono da ricondurre alle frequenti perdite occulte gastrointestinali, alla ridotta assunzione di ferro per una dieta non adeguata e al consumo dei depositi già compromessi in seguito all’utilizzo degli ESA. Lo stato infiammatorio tipico del paziente affetto da MRC, inoltre, è responsabile di quello che è chiamato deficit marziale funzionale. Infatti, l’infiammazione determina un aumento dei livelli sierici di epcidina, una proteina della fase acuta sintetizzata dal fegato, la quale agisce determinando l’internalizzazione della ferroportina, bloccando in tal modo l’assorbimento intestinale del ferro e la successiva mobilizzazione del ferro dal sistema reticolo-endoteliale [8].

Numerose evidenze in letteratura hanno dimostrato l’efficacia della terapia con supplementi di ferro somministrati per via endovenosa nei pazienti dializzati. Essa è in grado di migliorare sia la risposta alla terapia con ESA, riducendone la dose necessaria per raggiungere l’emoglobina target, sia di ridurne la resistenza all’ESA. La somministrazione di preparati a base di ferro per via endovenosa rappresenta la terapia di prima linea in questo gruppo di pazienti [2,5,7].

Diverso è invece l’approccio terapeutico nei pazienti anemici affetti da MRC in terapia conservativa. Le linee guida Kidney Disease Improving Global Outcomes (KDIGO) raccomandano l’utilizzo di formulazioni a base di ferro per via orale come prima linea nei pazienti non in dialisi per tre ordini di motivi: (i) perché sono di più facile somministrazione; (ii) perché più rapide e semplici da reperire per i pazienti; (iii) perché sono meno dispendiose.

Inoltre, consente di evitare venipunture in quei pazienti in cui si preferisce preservare il patrimonio vascolare [5,9]. A questo si aggiungono le indicazioni dell’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) del 2013 che stabiliscono che la terapia con supplementi endovenosi di ferro è da considerare solo nei pazienti nei quali il ferro per os non può essere somministrato o non funziona e ne limita la somministrazione solo in ambienti ospedalieri per il rischio di reazioni allergiche [10]. Tuttavia, l’efficacia del ferro somministrato per os può essere limitata da diversi fattori quali la ridotta biodisponibilità causata dallo scarso assorbimento intestinale e gli effetti collaterali, riportati in circa il 30% dei pazienti, che comprendono nausea, stipsi, diarrea e sapore metallico e che compromettono la compliance [11].

Sulla base delle evidenze della superiorità del ferro endovenoso nei pazienti dializzati, e dati gli eventi avversi che limitano l’efficacia del ferro per os, numerosi studi hanno confrontato le due preparazioni di ferro nei pazienti affetti da MRC in terapia conservativa. Se da un lato confermano la superiorità dei supplementi endovenosi nel ricostituire più rapidamente i depositi di ferro [12], dall’altro mostrano una superiorità significativa ma limitata nel determinare un incremento dei valori di emoglobina [13,14].

Date queste evidenze, sono necessari nuovi ed efficaci preparati orali che forniscano sufficienti dosi di ferro elementare senza effetti gastrointestinali aggiunti e che siano caratterizzati da una buona biodisponibilità rispetto al solfato ferroso, che, con i suoi 65 mg di ferro elementare per compressa, è considerato il trattamento standard nei pazienti in terapia conservativa ed è usato come riferimento in quasi tutti gli studi clinici di confronto con il ferro endovena [15].

Tra questi nuovi preparati annoveriamo il ferro liposomiale, una nuova generazione di supplementi a base di ferro per os che, confrontato con quello endovenoso in un gruppo di pazienti affetti da MRC non in dialisi, ha mostrato un buon profilo di sicurezza ed efficacia, tanto da rappresentare una valida alternativa al ferro endovena [16]. Altri nuovi preparati includono il ferro citrato, nato come chelante del fosforo e nel 2017 approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) per il trattamento della carenza marziale nei pazienti in terapia conservativa per il favorevole profilo di efficacia e di scurezza [15]. Ulteriori preparati sono in fase di approvazione per il trattamento del deficit marziale in pazienti affetti da MRC: il maltolo ferrico, per esempio, ha dimostrato una buona efficacia nel migliorare i valori di emoglobina vs placebo e un buon profilo di tollerabilità in uno studio di fase 3 in pazienti in terapia conservativa [15].

 

Lo scopo dello studio

Abbiamo condotto uno studio clinico, monocentrico, prospettico, il cui scopo è stato quello di valutare la tollerabilità e l’efficacia dell’integratore alimentare composto Emacrit® (Pharma Line S.r.l. Milano, in commercio da giugno 2015) sul metabolismo marziale di soggetti adulti di entrambi i sessi, anemici e affetti da MRC.

Emacrit® è un’associazione di ferro saccarato (in forma micronizzata e micro-incapsulata), acido folico e vitamine C, B6, B12. Il ferro elementare contenuto in ogni capsula è pari a 30 mg, la composizione completa del prodotto è riportata nella Tabella I.

Il razionale dello studio è quello di valutare l’efficacia dell’Emacrit® nel determinare un miglioramento dell’assetto marziale e un incremento dei valori di emoglobina rispetto al basale in un gruppo di pazienti anemici affetti da MRC stadio 3-5 non in dialisi.

Ingrediente

Dose per una capsula Percentuale del Valore Nutritivo di Riferimento

Ferro saccarato

Pari a Fe3+

79 mg

30 mg

214%

Vitamina C

70 mg 87%

Vitamina B6

3 mg 214%

Acido folico

300 mcg 150%

Vitamina B12

10 mcg 400%
Tabella I: Composizione quali-quantitativa dell’integratore alimentare Emacrit® (Pharma Line S.r.l. Milano)

 

Materiali e metodi 

Criteri di inclusione

Sono stati inclusi nello studio: soggetti di sesso maschile e femminile di età >18 anni, affetti da anemia (livelli di emoglobina <12 g/dl), deficit marziale definito da valori ferritina <100 mg/dl e TSAT <20%, e malattia renale cronica compresa tra lo stadio 3 e lo stadio 5 (eGFR calcolato utilizzando la formula MDRD, Modification of Diet in Renal Disease).

 

Criteri di esclusione

Sono stati esclusi i seguenti pazienti: quelli con sensibilità accertata nei confronti di uno o più componenti di Emacrit®, con ferritina >600 ng/ml, in terapia con ESA, con infezioni attive, patologie maligne del sangue, o trasfusioni di sangue nelle due settimane precedenti l’avvio dell’assunzione di Emacrit®.

 

Protocollo

Lo studio clinico è stato avviato all’inizio di marzo 2018 e si è concluso nell’Agosto 2019.

I soggetti arruolati hanno assunto una capsula al giorno di Emacrit®, con un bicchiere d’acqua, lontano dai pasti. I pazienti hanno ricevuto per quattro mesi una dose di ferro saccarato di 79 mg al giorno (pari a 30 mg di Fe3+), in associazione a vitamina C, acido folico, vitamina B6 e B12. Sono stati sottoposti a prelievo ematico venoso in tre occasioni: all’arruolamento (T0), dopo 2 mesi di terapia (T1) e dopo 4 mesi di terapia (T2) per monitorare i valori dell’emoglobina, della sideremia, della transferrina, della percentuale di saturazione della transferrina (TSAT) e della ferritina. Inoltre, sono state raccolte le eventuali segnalazioni di eventi avversi.

Il costo complessivo del trattamento per singolo paziente è stato pari a 79.20 € (19.80 € al mese), prendendo come riferimento il costo di listino del farmaco: 19,80 € per 30 capsule.

L’endpoint primario è stato l’aumento dell’emoglobina rispetto al valore basale. Gli endpoint secondari sono il miglioramento dell’assetto marziale espresso come aumento della ferritina e TSAT rispetto al valore basale. È stata, inoltre, valutata la frequenza degli eventi avversi. I dati sono presentati come media ±deviazione standard (DS).

 

Analisi statistica

Sono stati applicati i metodi della statistica descrittiva per il calcolo degli indici di posizione e dispersione. I valori dei parametri ematochimici indagati sono stati espressi in termini di media e deviazione standard (DS). Un p-value <0.05 è stato considerato come statisticamente significativo. È stato utilizzato il software R versione 4.0.2 per Windows (R Core Team, 2020. R: A language and environment for statistical computing. R Foundation for Statistical Computing, Vienna, Austria. https://www.R-project.org/).

 

Risultati

Sono stati arruolati 33 soggetti che rispettavano i criteri di inclusione (Tabella II), ossia pazienti anemici (16 M/17 F), affetti da MRC compresa tra lo stadio 3 e lo stadio 5 (13 pazienti allo stadio 3, 16 pazienti allo stadio 4 e 4 pazienti allo stadio 5) e con età media di 75,1 anni (età minima 47, età massima 89).

Nella Tabella III sono riportati i valori medi dei parametri ematochimici indagati. Sono stati valutati gli andamenti dei valori medi dell’emoglobina, della sideremia, della transferrina, della percentuale di saturazione della transferrina e della ferritina al T0, al T1 e al T2.

Età

75,1±10,4

Sesso M/F

16/17

MRC Stadio 3/4/5

13/16/4
Tabella II: Caratteristiche della popolazione (eGFR calcolato utilizzando la formula MDRD)

Parametro ematochimico

Emoglobina (g/dl) Sideremia (mg/dl) Transferrina (mg/dl) TSAT (%) Ferritina (ng/ml)

Valore medio al T0

10,8 ±0,9 48,1 ±15,9 247,3 ±60,5 13,4 ±5,6 45,9 ±44,1

Valore medio al T1

11,8 ±0,8 58,6 ±14,5 255,4 ±49,2 15,1 ±5,7 48,8 ±42,7

Valore medio al T2

11,8 ±1,0 65,2 ±15,5 247,4 ±44,9 16,2 ±5,4 51,5 ±40,6
Tabella III: Valori medi dei parametri ematochimici indagati al momento dell’avvio della terapia (T0), dopo 2 mesi (T1) e dopo 4 mesi (T2) di terapia con Emacrit®. I valori riportati in tabella sono espressi come media delle misure raccolte per tutti i soggetti ±SD

Per quel che concerne l’endpoint primario, si è osservato che il valore medio di emoglobina rispetto al basale subisce un incremento significativo del 9,2% (P <0,0001) dopo due mesi di terapia (dal T0 al T1). Nessuna ulteriore variazione si osserva dal T1 al T2. Il 42% dei pazienti ha raggiunto un livello di emoglobina >12g/dl già dopo 2 mesi di terapia. Dopo 4 mesi di terapia tale percentuale ha raggiunto il 45%.

Rispetto all’endpoint secondario, si è osservato un incremento, sia pure non significativo, dei valori medi di ferritina pari al 6.3% nei primi due mesi di terapia, seguito da un’ulteriore crescita del 5,5% dal T1 al T2. Anche il valore medio della TSAT subiva un incremento del 12,6% (P = 0,024) nei primi due mesi di terapia a cui seguiva un ulteriore 7,2% negli altri due mesi di terapia (P = 0,021).

Analogo l’andamento per il valore medio della sideremia, per la quale si osservava una crescita del 21,8% (P <0,0001) da T0 a T1 e del 11,2% (P <0,0001) dal T1 a T2. Il valore medio della transferrina, invece, mostrava un incremento del 3,2% nei primi due mesi di terapia, seguito da un decremento del 3,1% (P = 0,027) nei restanti due mesi.

Solo due pazienti (per un totale del 3%) hanno riportato eventi avversi: diarrea dopo un mese di terapia in un caso, prurito dopo due mesi di terapia nell’altro. Entrambi i pazienti hanno sospeso l’assunzione dell’integratore.

 

Discussione

L’analisi dei dati ha messo in evidenza un incremento statisticamente significativo del livello dell’emoglobina, della sideremia e della percentuale di saturazione della transferrina già dopo 2 mesi di terapia con Emacrit® rispetto ai valori basali in un gruppo di pazienti anemici affetti da MRC stadio 3-5.

Sulla base dei dati sino ad ora raccolti si può ipotizzare che il ferro saccarato migliori l’assetto marziale in pazienti anemici affetti da MRC nei quali l’assorbimento e la biodisponibilità del ferro risulta compromessa. Il miglioramento della carenza marziale si riflette inevitabilmente sui valori di emoglobina sierica che risultano aumentati rispetto al valore basale già dopo due mesi di terapia con ferro saccarato, in assenza di terapia con farmaci stimolanti l’eritropoiesi. L’incremento non significativo della ferritina è da attribuire verosimilmente all’utilizzo del ferro saccarato nelle prime fasi della terapia per la sintesi dell’emoglobina e solo successivamente al ripristino dei depositi.

Quindi, l’incremento dei valori di emoglobina, seppur non accompagnato da un aumento significativo dei valori di ferritina, rappresenta il segno indiretto dell’efficacia del ferro saccarato nel determinare un miglioramento della carenza marziale che, come già discusso ampiamente in precedenza, rappresenta una delle cause principali dell’anemia nei pazienti affetti da MRC.

Inoltre, la bassa percentuale di eventi avversi riportati in questo studio rappresenta un ulteriore vantaggio, vista la bassa compliance dei pazienti nei confronti dei supplementi orali di ferro per l’elevata incidenza di eventi avversi.

La carenza marziale nei pazienti in terapia dialitica è stata ampiamente investigata e interessa quasi il 60% di questa popolazione [6]. Più recente è invece l’interesse circa il deficit marziale nei pazienti in terapia conservativa; presente in circa il 30% dei pazienti, raggiunge il 60% quando vengono considerate separatamente la ferritina o la TSAT per diagnosticarlo [10,17,18].

Il ruolo della carenza marziale nell’anemia della MRC è tale che la sua correzione con supplementi di ferro è parte integrante del trattamento dell’anemia stessa. Infatti, le linee guida della KDIGO raccomandano di iniziare il trattamento con gli ESA solo dopo la correzione della carenza di ferro [5].

La correzione della carenza marziale è, insieme ai farmaci stimolanti l’eritropoiesi, il caposaldo della terapia dell’anemia nei pazienti affetti da malattia renale cronica.

Sebbene il ferro endovena nei pazienti dializzati svolga un ruolo da protagonista, i supplementi per os rappresentano la terapia di riferimento nei pazienti in terapia conservativa, così come consigliato dalle linee guida, perché di più facile somministrazione per il paziente e meno dispendiosi.

Inoltre, un altro aspetto da non sottovalutare è quello relativo agli effetti avversi del ferro somministrato per os, che devono essere confrontati con gli effetti avversi rari, ma potenzialmente pericolosi per la vita, associati al ferro per via endovenosa quali anafilassi, infezioni, eventi cardiovascolari. Non solo, sarebbe anche utile determinare se i benefici del ferro somministrato per via endovenosa nei pazienti non dializzati superino gli svantaggi di un aumento del numero e della durata degli accessi nei presidi ospedalieri per il trattamento stesso, oltre che rappresentare un considerevole aumento dei costi per il Sistema Sanitario Nazionale, come analizzato anche in un recente studio italiano [9,14].

Lo studio presenta alcuni limiti: il primo è legato alla numerosità del campione arruolato. I pazienti studiati sono stati solo 33 ma, nonostante ciò, i risultati dello studio rappresentano un punto di partenza per valutare l’efficacia del ferro saccarato nel trattamento del deficit marziale. Il secondo è determinato dal fatto che la popolazione si distribuisce su un range di età alquanto ampio (dai 47 agli 89 anni). Pertanto, saranno necessari studi più ampi per giungere a conclusioni definitive.

 

Conclusioni

In base alla nostra esperienza, il ferro saccarato in associazione ad acido folico e vitamine C, B6, B12 rappresenta un valido integratore di ferro, in grado di determinare un aumento dei valori basali di emoglobina nei pazienti anemici affetti da MRC stadio 3-5. Si associa a una ridotta frequenza di eventi avversi, che lo rende un ferro per os efficace e ben tollerato, in grado di aumentare la compliance dei pazienti.

 

 

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