Marzo Aprile 2021 - Nefrologo in corsia

Multiple myeloma, plasma cell dyscrasias and kidneys: a few symptoms, extensive damage

Abstract

Multiple myeloma represents one of the main universal oncological diseases. Due to its clinical characteristics, it is often diagnosed only too late, when it has already determined systemic effects; this results in greater therapeutic difficulty and worse prognostic results. Through the clinical case discussed in this article, we want to focus on the often aspecific manifestations of this pathology and on the need for a correct clinical and diagnostic framework. The main renal manifestations secondary to the deposition of immunoglobulins in both the glomerular and tubular areas will also be examined.

Keywords: AKI, multiple myeloma, plasma cell dyscrasias, kidney injury

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Introduzione

Il mieloma multiplo (MM) è una patologia che rientra nel gruppo delle neoplasie ematologiche associate a discrasie plasmacellulari (PCD). È la diretta conseguenza di una proliferazione incontrollata di un clone plasmacellulare cui consegue l’anomala produzione di immunoglobuline monoclonali (Ig) o di catene leggere libere (free light chain, FLC) che, una volta eliminate dalla circolazione ematica attraverso l’emuntorio renale, determinano sovente un danno d’organo [1]. Le PCD comprendono uno spettro relativamente ampio di malattie come: il mieloma multiplo, l’amiloidosi AL, il plasmocitoma solitario e la gammopatie monoclonale di incerto significato (MGUS). La distinzione tra le varie forme di mieloma dipende da alcune caratteristiche quali la quantità di proteina monoclonale sierica, la percentuale di plasmacellule nel midollo osseo e la presenza di danno d’organo.

Recentemente è stato introdotto il termine di gammopatia monoclonale a significato renale (MGRS) che sottolinea il ruolo diretto che le immunoglobuline hanno sull’eziopatogenesi del danno d’organo anche in assenza dei criteri necessari per la diagnosi di mieloma multiplo [2].

Il MM rappresenta circa il 10% di tutte le neoplasie ematologiche e a livello mondiale è causa dell’1% delle nuove diagnosi di cancro [3]. L’incidenza annuale stimata in Europa è di circa 3-4 nuovi casi su 100.000 abitanti;di questi, il 50 % si presenta con un danno renale di entità variabile all’esordio, con un 20% di danno renale grave (creatinina sierica >2 mg/dl). Il 10% dei pazienti con manifestazioni renali necessita di trattamento sostitutivo emodialitico già al momento della diagnosi [4]. L’insorgenza della patologia è rara nei giovani adulti e l’età media alla diagnosi è di circa 66 anni [5].

Numerose alterazioni genetiche come traslocazioni, trisomie e delezioni cromosomiche sono state correlate alla patologia, inoltre è stata riscontrata una predisposizione genetica in alcune famiglie [6]. Attraverso la tecnica FISH (ibridazione fluorescente in situ) Loiseau e collaboratori hanno identificato le principali alterazioni cromosomiche su una coorte di 1064 pazienti, stabilendo inoltre che la traslocazione 4;14 e la delezione del cromosoma 17 presentavano una prognosi peggiore, specie se associate ad elevati livelli di β2 microglobulina [7].

Alterazione genomica Percentuale di incidenza
Delezioni (13) 48
Traslocazione (11; 14) (q13; q32) 21
Traslocazione (4; 14) (p16; q32) 14
Iperdiploidia 39
Traslocazioni MYC 13
Delezioni (17p) 11
Tabella 1: Anomalie genetiche e frequenza nei pazienti affetti da Mieloma multiplo

L’interessamento renale nelle discrasie plasmacellulari e, conseguentemente, nel mieloma multiplo coinvolge principalmente la porzione tubulare e quella glomerulare, determinando differenti quadri clinico patologici.

Siti di deposito

Quadri clinici

Glomerulare

MIDD (Monoclonal Immunoproliferative Deposition Disease)

GN proliferativa con depositi di Ig monoclonali (PGNMID)

C3 Glomerulopathy

Amiloidosi

Glomerulonefrite fibrillare

Glomerulopatia da immunotattoide

GN crioglobulinemica associata a MG

Tubulare

Light chain cast nephropaty

Sindrome di Fanconi

Nefrite interstiziale

Tabella 2: Principali siti di deposito delle Ig e patologie associate

 È importante ricordare brevemente i meccanismi fisiologici alla base del metabolismo delle catene leggere. In media ogni giorno vengono prodotte circa 500 mg di catene leggere libere policlonali (FLC), che circolano come monomeri di 22kDA e che, specie nel sottotipo λ, possono riunirsi in dimeri di 45kDA. Le FLC sieriche (sFLC) subiscono filtrazione glomerulare, seguita dal riassorbimento a livello del tubulo contorto prossimale (TCP) per mezzo di endocitosi mediata da recettore tramite il sistema della megalina-cubilina [8]. In condizioni fisiologiche, le catene leggere k e λ hanno un’emivita di 2-4 e 3-6 ore rispettivamente, che aumenta fino a tre giorni nei pazienti con compromissione renale avanzata [9]. Dopo l’internalizzazione del complesso costituito delle catene leggere e dalla megalina-cubilina, una pompa vacuolare elettrogenica H+–ATPasi (H+–adenosina trifosfatasi) acidifica l’endosoma facilitandone la dissociazione. Il recettore viene quindi distaccato e riciclato sulla superficie della membrana cellulare, mentre il ligando viene assorbito in sede intracellulare. Il canale del cloruro ClC-5 si è rivelato critico in questo processo, perché attraverso l’ingresso del cloruro all’interno degli endosomi, modifica il gradiente elettrico chimico creato dalla H+–ATPasi [10]. Questo sistema è altamente efficiente e solo 1-10 mg di FLC policlonali vengono rinvenute quotidianamente nelle urine. In condizioni di eccesso di catene leggere, secondario ad un’iperproduzione delle stesse, tale sistema va incontro a saturazione con blocco dell’endocitosi e formazione in sede intracellulare di inclusioni cristalline, con danno tubulo interstiziale e vacuolizzazione. Il conseguente insulto cellulare determina il rilascio di citochine pro infiammatorie come IL-6; IL-8; MCP-1 e l’attivazione di Nf-Kb con amplificazione del danno interstiziale, reclutamento monocitario e successiva fibrosi. Pertanto, in sede tubulare si possono riscontrare sia quadri infiammatori che inclusioni cristalline, che si manifestano o attraverso una sindrome di Fanconi (associata prevalentemente alla variante k delle catene leggere) oppure con una nefrite tubulointerstiziale [1112].

Nella Cast Nephropathy le catene leggere liberamente filtrate dal glomerulo precipitano all’interno dei tubuli e, a seguito del legame con l’uromodulina (anche nota come proteina di Tamm-Horsfall, secreta dalle cellule della porzione ascendente dell’ansa di Henle), determinano formazione di cilindri urinari con successiva ostruzione tubulare distale. La conseguenza diretta di questo processo è rappresentata, oltre che dal quadro ostruttivo, anche dall’insorgenza di una reazione infiammatoria che spesso determina, in modo piuttosto improvviso, nefrite tubulointerstiziale associata a rottura tubulare [13].

L’interessamento glomerulare nelle discrasie plasmacellulari si associa sulla base della sede e dell’organizzazione dei depositi a molteplici quadri clinico-patologici. Si possono distinguere forme a depositi non organizzati e forme a depositi organizzati. Le prime includono la malattia con deposito di Ig monoclonali (MIDD), la GN proliferativa con depositi di Ig monoclonali (PGNMID) e la glomerulopatia C3, mentre le seconde includono l’amiloidosi, la glomerulonefrite fibrillare, la glomerulonefrite da immunotattoide, la GN crioglobulinemica associata a MG e le Glomerulopatie cristalline monoclonali.

La MIDD si caratterizzata per la deposizione di catene monoclonali leggere e/o pesanti non amiloidi nelle membrane basali. Sono descritti tre sottotipi di MIDD sulla base della composizione dei depositi: malattia da deposizione di catene leggere (LCDD) [1415], da catene pesanti (HCDD) [1617] e da catene leggere e pesanti (LHCD) [18]. Nelle LCDD le catene leggere sono costituite prevalentemente da sottotipo κ caratterizzate da glicosilazione anomala o sostituzione amminoacidica che ne promuovono un anomalo ripiegamento e la precipitazione. Nelle forme sostenute da HDCC, i depositi sono costituiti da catene pesanti, prevalentemente tipo γ, che difettano del dominio CH1; sono stati descritti casi secondari al deposito di catene α e µ [19].

Essendo presente un danno glomerulare, i pazienti affetti da MIDD tipicamente si presentano con un quadro di proteinuria, riduzione del filtrato glomerulare e ipertensione arteriosa [20]. Sia i pazienti con amiloidosi che quelli con MIDD possono presentare sintomi e segni sistemici, inclusi sanguinamento gastrointestinale, fosfatasi alcalina elevata, insufficienza cardiaca, aritmie cardiache e porpora periorbitale [21]. La pressione arteriosa può essere utile nella diagnosi differenziale iniziale tra le varie forme poiché i pazienti con amiloide si presentano spesso con ipotensione, a causa della presenza di amiloide in sede miocardica, con conseguente riduzione della gittata cardiaca, cosa che invece non si osserva nei pazienti con MIDD.

Nel 2004 è stata documentata una nuova forma di lesione glomerulare correlata alla deposizione di IgG monoclonali, denominata glomerulonefrite proliferativa con depositi di IgG monoclonali (PGNMID) [22]. Sia l’eziologia che la patogenesi della PGNMID rimangono poco chiare ma è stato ipotizzato che alla base vi possa essere una proliferazione clonale delle cellule B con produzione di IgG monoclonali che si autoaggregano e si depositano nel glomerulo.

Le amiloidosi derivate da Ig, in cui la fibrilla è composta da frammenti di immunoglobuline prodotte da una sottostante discrasia, sono particolarmente frequenti. Esistono varie forme di amiloidosi, come l’amiloidosi AL, l’amiloidosi AH da catene pesanti e l’amiloidosi AHL da catene leggere e pesanti. Nell’amiloidosi AL, una catena leggera monoclonale subisce alterazioni conformazionali che la portano ad aggregarsi e depositarsi nei vari tessuti come fibrilla insolubile.

Oltre al danno derivante dall’iperproduzione di Ig, sono spesso associati altri fattori che possono favorire la progressione verso l’ESRD (end stage renal disease). Si riportano i principali fattori indipendenti dalle immunoglobuline che contribuiscono al danno renale nella tabella sottostante.

Fattori che contribuiscono al danno renale
Ipercalcemia
Iperuricemia
Deplezione volemica
Sviluppo e recidiva di Sepsi
Utilizzo di FANS (anti infiammatori non steroidei)
Utilizzo ARB (Angiotensin Receptor Blockers)
Utilizzo di mezzo di contrasto iodato
Tabella 3: fattori di danno renale indipendenti dalle Ig

Il mieloma micromolecolare rappresenta una variante di mieloma in cui le plasmacellule producono in eccesso solo una parte delle immunoglobuline, le catene leggere (FLCs) [23].

 

Caso clinico

Descriviamo il caso clinico di un paziente di 58 anni che si recava presso il DEA del nostro ospedale nel luglio 2020 lamentando intensa astenia associata a malessere generale. In anamnesi si riscontrava familiarità per cardiopatia ischemica (padre e zii paterni) mentre i restanti congiunti non presentavano patologie di rilievo. Tra i fattori di rischio personali, si identificava un quadro di obesità e dislipidemia oltre che una pregressa abitudine tabagica. All’ingresso veniva riferito alvo diarroico alternato a periodi di benessere nei due mesi antecedenti, associato ad intensa astenia e dispnea per sforzi lievi/moderati; il paziente negava episodi di vomito. Venivano riferiti diversi episodi di congiuntiviti ricorrenti che si risolvevano spontaneamente senza terapia. Obiettivamente il paziente appariva vigile, orientato e collaborante e non si evidenziavano particolari anomalie alle principali obiettività cliniche.

Agli esami eseguiti in urgenza si riscontrava un quadro di severa anemia normocromica normocitica (Hb 7,6 g/dL; MCHC 33,5 g/dL; MCV 94,2 fL) non associata a recente sanguinamento né a una terapia anticoagulante; inoltre, non si osservavano alterazioni laboratoristiche compatibili con un quadro flogistico (GB e PCR nella norma). Ai restati esami ematochimici, si osservava un quadro di importante sofferenza renale con notevole rialzo della creatinina sierica (17,7 mg/dL) ed iperazotemia (232,6 mg/dl) associate a severa acidosi metabolica (EGA Arterioso: PH 7,16 PCO2 28,1 mmHg; HCO3- 10,2 mmol/L). Gli elettroliti sierici apparivano nella norma, ad eccezione di una lieve iperkaliemia (5,5 mmol/L) correlabile con l’acidosi e il danno renale. Purtroppo, non si disponeva che di una limitata storia clinica relativa agli anni precedenti, poiché il paziente non aveva eseguito che pochi e saltuari controlli medici. Tuttavia era possibile stabilire che, nei tre anni antecedenti l’attuale ricovero, non erano individuabili alterazioni compatibili con malattia renale cronica. Il paziente riferiva diuresi conservata con ultima minzione eseguita due ore prima del ricovero. Si eseguiva ETG renale mirata che escludeva la presenza di idronefrosi e segni diretti e indiretti di calcolosi, il parenchima renale inoltre appariva conservato seppure in presenza di minima iperecogenicità parenchimale, mentre la vescica appariva scarsamente repleta. Si eseguiva a completamento diagnostico un RX torace negativo per versamento pleurico e addensamenti flogistici.

Non ravvisandosi criteri di emergenza per un trattamento emodialitico urgente (diuresi conservata, elettroliti nella norma, mancanza di sintomi sistemici di allarme), si provvedeva ad impostare una terapia idratante e correttiva per l’acidosi con soluzione elettrolitica addizionata a bicarbonato di sodio e si eseguiva emotrasfusione con 1 unità di emazie concentrate. Il paziente veniva quindi ricoverato presso il nostro reparto di Nefrologia per il prosieguo delle cure. Nei due giorni successivi, pur evidenziandosi un miglioramento laboratoristico con correzione dell’acidosi metabolica e normalizzazione della kaliemia, non si otteneva miglioramento della funzione d’ organo che anzi appariva in ulteriore peggioramento, evidenziato sia dall’incremento della creatinina sierica (18,07 mg/dL) che dell’azotemia (348 mg/dL). Si decideva pertanto di avviare un trattamento emodialitico sostitutivo, previo posizionamento di doppio catetere a permanenza tipo Tesio in vena giugulare interna destra, dapprima con frequenza giornaliera e successivamente con frequenza trisettimanale ottenendo un progressivo beneficio clinico associato ad una contestuale riduzione del peso corporeo, da 97,8 kg a 89,1 Kg.

Nell’ipotesi di un coinvolgimento renale in corso di malattia ematologica evidenziato dall’immunofissazione delle proteine sieriche ed urinarie (CM 5% in zona gamma al QPE ed inibizione delle immuno globuline, IFE siero e urine positiva per catene leggere libere monoclonali lambda con rapporto kappa/lambda 0,004), sono state eseguite sia una biopsia osteomidollare che una biopsia renale, rispettivamente il 22/07/2020 e il 30/07/2020; successivamente, si avviava terapia corticosteroidea. All’istologia eseguita su BOM si documentava in sede del midollo emopoietico sottocorticale un’infiltrazione interstiziale da parte di plasmacellule atipiche, con restrizione clonale lambda e quadro di mieloma (infiltrazione del 15%); negativa la ricerca dell’amiloide attraverso colorazione rosso Congo. Alla biopsia renale si documentavano i seguenti quadri patologici:

  • alcuni tubuli presentavano cilindri ialini di ampie dimensioni a margini netti, talora frammentati, perifericamente ai quali erano associati elementi macrofagici mononucleati e plurinucleati (Fig. 1a-c);
  • all’indagine immunoistochimica eseguita su materiale fissato tali cilindri sono risultati spiccatamente positivi per le catene leggere lambda (Figure 2a-c);
  • sono risultati invece negativi per le catene leggere kappa (Figura 3a-c).

 

Fig. 1a-c: PAS ingrandimento originale 200x

 

Fig. 2a-c: Indagine immunoistochimica per le catene leggere lambda, ingrandimento originale 200x

 

Fig. 3a-c: Indagine immunoistochimica per le catene leggere kappa, ingrandimento originale 200x

 

A completamento diagnostico si eseguiva screening immunologico (complemento; ANA; Anti DNA; ANCA; ENA) e virologico (HCV; HBV; HIV), entrambi negativi, e una tipizzazione linfocitaria che mostrava un aumento del rapporto CD4+/CD8+. Per definire l’estensione della malattia, si eseguivano indagini radiologiche tra cui un RX dello scheletro in toto, che risultava negativa, ed una RMN colonna in toto e bacino, che mostrava a carico dell’osso pubico destro una lesione osteolitica di circa 14 mm in prossimità della sinfisi pubica. Per il persistere della sintomatologia oculare, caratterizzata da segni di blefarocongiuntivite a carico dell’occhio destro, si richiedeva consulenza specialistica che documentava la presenza di congestione vascolare con incroci AV e marcato schiacciamento arterioso a rischio trombotico.

Una volta stabilizzato, il paziente veniva dimesso e affidato al DH oncoematologia per l’esecuzione di cure specifiche. In considerazione dell’età del paziente (<65 anni), dello stato clinico e della positività per i sintomi CRAB (C: increased Calcium, R: Renal failure, A: Anemia, B: Bone lesion), il consulente ematologo avviava cicli di chemioterapia secondo schema VTD (Velcade; Thalidomide; Desametasone) che risultava ben tollerata dal paziente con progressivo beneficio clinico. Non si assisteva tuttavia ad una ripresa della funzione renale rendendosi necessario il proseguimento di un trattamento sostitutivo emodialitico cronico.

 

Discussione

Il MM è una neoplasia ematologica che si caratterizza per l’infiltrazione del midollo osseo (BM) da parte di plasmacellule mature (PC), con conseguente produzione di immunoglobuline monoclonali o parte di esse. Le plasmacellule clonali presentano diversi effetti sul microambiente midollare rilasciando citochine responsabili delle tipiche manifestazioni cliniche della malattia come: riassorbimento osseo (lesioni litiche, ipercalcemia), dolore, anemia, insufficienza renale, ipercalcemia, iperuricemia e sindrome da iper-viscosità. L’anemia è la principale e più frequente manifestazione clinica; si osserva in circa il 70% delle nuove diagnosi e si associa, se significativa, ad affaticamento, dispnea da sforzo o angina. In caso di cronicizzazione, per il realizzarsi di fenomeni di adattamento, i sintomi correlati con uno stato di anemia possono essere particolarmente lievi o del tutto assenti ed essere evidenziati esclusivamente attraverso indagini laboratoristiche. Tipicamente si tratta di anemia normocromica normocitica, sebbene sia possibile osservare in taluni casi lieve macrocitosi. Numerosi fattori agiscono nel determinismo dell’anemia e l’infiltrazione del midollo osseo da parte delle cellule neoplastiche rappresenta la causa principale; tuttavia, anche l’infiammazione cronica con conseguente ridotto assorbimento di ferro, il deficit dell’eritropoietina (nei pazienti con IRC) e l’induzione dell’apoptosi eritroblastica da parte del clone plasmacellulare, giocano un ruolo fondamentale nella progressione del quadro clinico [24]. L’iperviscosità ematica, complicanza frequente del MM, può favorire la comparsa di tromboembolismo venoso, che risulta particolarmente frequente specie in presenza di condizioni favorenti come obesità, paraplegia, trattamento con ESA, disidratazione e IRC.

L’ipercalcemia invece è una manifestazione meno frequente alla diagnosi, riscontrandosi in circa il 13% dei pazienti [25]. Le manifestazioni cliniche sono particolarmente variabili e si può presentare in modo del tutto asintomatico o con un quadro di grave aritmia o compromissione neurologica.

Recenti studi hanno indagato anche le presentazioni “atipiche “della malattia, che determinano un incremento della variabilità dei sintomi iniziali. Sono stati descritti casi di MM associati a presentazione oculare, compressione del sacco lacrimale [26], compressione del nervo ottico [27] o ptosi [28]. Le presentazioni oculari risultano particolarmente interessanti e spesso vengono sottovalutate per la loro aspecificità. Tuttavia, è stato osservato che la proptosi o le congiuntiviti ricorrenti possono essere segni precoci di recidiva di una malattia fino a quel momento in remissione [29]; inoltre, in questi pazienti, l’interessamento oculare è spesso unilaterale [30]. Altre sedi non comuni associate con l’insorgenza della malattia sono descritte nell’apparato gastro intestinale con lesioni epatiche occupanti spazio, plasmocitoma splenico, disfagia e addome acuto [31323334] e in sede neuronale con emiparesi o compressione dei nervi cranici [35].

La nefropatia da mieloma di solito si presenta con quadro compatibile con danno renale acuto, elevate catene leggere libere sieriche (>500 mg / L) e bassa escrezione urinaria di albumina (<10%).

La definizione di danno renale secondario a MM, secondo le linee guida stilate dall’International Myeloma Working Group (IMWG) si basano sull’riscontro di un incremento della creatinina sierica superiore a 2 mg/dl o ad una riduzione della clearance della creatinina a valori <40 ml/min correlabili al mieloma [36].

L’AKI da MM rappresenta una causa importante di CKD o ESRD e pertanto la diagnosi e il trattamento precoce di questa condizione patologica risulta fondamentale per migliorare l’outcome prognostico del paziente. Al fine di stabilire con precisione quali parametri valutare per definire il livello di compromissione renale, sono stati inizialmente proposti due criteri classificativi: RIFLE (Risk, Injury; Failure; Loss, End –stage disease) e AKIN (Acute Kidney Injury Network) [3738]. Nel 2012 le raccomandazioni precedentemente elaborate sono state raccolte e unificate nelle linee guida del gruppo KDIGO (Kidney Disease Improving Global Outcomes), che vengono attualmente utilizzate [39].

Stadio

Creatinina sierica

Produzione di urina

Stadio I

Incremento compreso tra 1,5-1,9 volte il valore basale o aumento ≥0,3 mg/ dl (≥26,5 mmol /l)

<0,5 ml/kg/h per
6-12 h

Stadio II

Incremento compreso tra 2 e 2,9 volte il valore basale

<0.5ml/kg/h per 12 h

Stadio III Incremento maggiore di 3 volte il valore basale oppure creatinina >4mg/dl oppure avvio del trattamento sostitutivo

EGFR <35ml/min pz con età <18 anni

<0,3 ml/kg/h per 24 h

o anuria per più di 12 ore

Tabella 4: Suddivisione degli stadi dell’AKI, linee guida KDIGO del 2012

In presenza di un danno cronico stabilizzato, per la stima del GFR è possibile utilizzare sia la formula MDRD che la CKD-EPI suddividendo, i pazienti nei classici cinque stadi in cui è ripartita la CKD.

La diagnosi risulterà fondamentale nel paziente con mieloma multiplo e si baserà sull’integrazione di esami laboratoristici sierici ed urinari, istologici e di diagnostica per immagini. Il laboratorio tipicamente mostrerà la presenza di una paraproteinemia (componente M) nel siero e/o nelle urine (proteinuria di Bence Jones), mentre attraverso la diagnostica per immagini (RX, TC o RMN) si potrà valutare la presenza di eventuali focolai osteolitici. Diagnostica è senza dubbio la biopsia osteomidollare (BOM) che documenterà la presenza di un’infiltrazione plasmacellulare del midollo osseo >10%.

Dal 2006, il test delle catene leggere sieriche è stato incluso insieme ai test di laboratorio standard (elettroforesi delle proteine del siero e delle urine e immunofissazione del siero e delle urine) come ausilio nell’identificazione delle proteine monoclonali. Attraverso questo test è possibile determinare i valori sierici normali di ciascuna catena leggera e calcolare il rapporto κ/λ stabilendo gli intervalli di riferimento sia in condizioni di normalità (0,26-1.65) che di insufficienza renale avanzata (0,37-3,10) [40]. La combinazione tra l’albuminuria ed il clone FLC può guidare la gestione di un paziente con danno renale con associata proteina monoclonale. Le patologie tubulointerstiziali sono più probabili quando i livelli di albumina urinaria sono bassi e i livelli di FLC sono elevati. Al contrario, i pazienti con amiloidosi AL e LCDD hanno spesso alti livelli di albumina urinaria e associati a bassi livelli di clone FLC [41].

Il ruolo principe nella diagnostica delle discrasie plasmacellulari ad interessamento renale è rappresentato comunque dalla biopsia, con le indagini microscopiche ad essa associate, che consente di individuare il tipo e l’entità del quadro patologico. Il reperto più caratteristico nella MIDD al microscopio ottico (LM) è rappresentato da una glomerulopatia sclerosante nodulare che può assomigliare al pattern osservabile nella nefropatia diabetica nodulare o nell’amiloidosi AL [42]. L’immunofluorescenza (IF) rivela una colorazione lineare diffusa lungo le membrane basali glomerulari, tubulari e vascolari per catene leggere monotipiche in LCDD, catene pesanti monotipiche in HCDD e catene pesanti e leggere in LHCDD. I componenti del complemento sono generalmente assenti in LCDD, mentre la colorazione per C3 e C1 nei depositi monoclonali può essere vista nella LHCDD nella HCDD [43]. Per brevità riportiamo in tabella un confronto delle caratteristiche cliniche e patologiche tra la malattia da deposizione di Ig monoclonali e l’amiloidosi da catene leggere

 

Monoclonal Ig Deposition Disease (MIDD)

Amiloidosi

Catena leggera prevalentemente coinvolta

κ

λ

Caratteristiche microscopiche

Sclerosi nodulare con forte colorazione con acido periodico di Schiff

Sclerosi nodulare con colorazione pallida con acido periodico di Schiff

Colorazione rosso Congo

Negativo

Positivo

Pattern di immunofluorescenza

Diffuso Lineare

Macchie irregolari

Caratteristiche microscopiche elettroniche

Depositi granulari densi

Fibrille orientate in modo casuale

Recidiva post trapianto

Comune

Comune

Tabella 5: confronto tra MIDD e amiloidosi

Le manifestazioni istologiche nella Myeloma Cast Nephropathy sono prevalentemente rappresentate da una dilatazione tubulare, specie nelle porzioni del tubulo distale. I “cast” appaiono eosinofili all’ematossilina eosina con presenza di linee di frattura all’interno della formazione. Si documenta inoltre infiltrato infiammatorio che circonda il cast.

Per tutti i pazienti in cui si sospetta un AKI mieloma-indotta, appare utile impostare una terapia idratante (>3l/die approssimativamente 2l/m2/die), soprattutto in presenza di deplezione volemica ed ipercalcemia, l’espansione di volume può risultare d’aiuto per incrementare la filtrazione renale, ridurre la quota di catene leggere per singolo nefrone ed incrementare il flusso tubulare [44]. Particolare attenzione va rivolta nei pazienti che presentano un quadro di scompenso cardiaco cronico, in cui l’espansione di volume va sempre eseguita considerando il rischio di ulteriore aggravio del lavoro cardiaco. Tutti gli agenti potenzialmente nefrotossici, inclusi i FANS, gli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE), i bloccanti del recettore dell’angiotensina (ARB) e i diuretici andrebbero, se possibile, sospesi. L’alcalinizzazione delle urine è un approccio terapeutico che viene utilizzato presso numerosi centri ma al momento i dati clinici risultano contrastanti. A queste raccomandazioni comuni vanno aggiunti interventi profilattici rivolti contro le infezioni (generalmente sostenute da Streptococcus pneumoniae, Haemophilus influenzae e bacilli Gram negativi), ed eventi tromboembolici che risultano estremamente comuni nei pazienti con mieloma multiplo, specialmente in quelli che ricevono farmaci immunomodulatori [45]. Studi prospettici randomizzati hanno mostrato una riduzione dell’incidenza delle complicanze tromboemboliche dal 12%-26% al 5%-8% o meno con eparina a basso peso molecolare, warfarin o aspirina [4647].

L’inizio della terapia mielomatosa è legato alla presenza di uno o più sintomi CRAB, plasmocitosi midollare >60%, catene libere sieriche >100 mg/dl, 1 lesione focale >5 mm alla risonanza magnetica del rachide e del bacino e deve essere concordato con lo specialista ematologo. In generale i pazienti con nefropatia da catene leggere devono ricevere una chemioterapia a base di bortezomib con desametasone ad alte dosi (come bortezomib, ciclofosfamide e desametasone o CyBorD) il più rapidamente possibile al fine di ridurre la produzione di catene leggere [48]. Particolarmente promettente appare l’uso del bortezomib che presenta un profilo di sicurezza tale da renderlo somministrabile anche nei pazienti con IRC avanzata [49]. La chemioterapia ad alte dosi e il trapianto autologo di cellule staminali (ASCT) dopo il trattamento di induzione sono ancora considerati gli standard di cura. Studi su pazienti con insufficienza renale mostrano risultati clinici migliori in presenza di un controllo efficace della malattia e una riduzione delle catene leggere paragonabili a quelli ottenuti in pazienti senza insufficienza renale [50].

I pazienti con MM e ESRD possono essere trattati sia con HD che DP e non si evidenziano particolari differenze in termini depurativi tra le due metodiche dialitiche [5152]. Nel caso in cui si opti per un trattamento emodialitico, viene spesso preferito l’uso di metodiche ad alta efficienza, prevalentemente di tipo emofiltrativo, che accoppiano alla depurazione ottenuta tramite metodiche convettivo-diffusive la rigenerazione dell’ultrafiltrato tramite cartuccia adsorbente e consentono una maggiore rimozione di catene leggere rispetto alla bicarbonato-dialisi [53]. L’efficacia della dialisi ad alto cut-off è stata valutata attraverso vari studi [5455] e, sebbene vi siano dei risultati contrastanti, lo studio multicentrico randomizzato MYRE ha mostrato l’utilità della rimozione extracorporea delle catene leggere attraverso plasmaferesi o dialisi ad alto cut-off [56].

Sebbene la plasmaferesi sia stata la prima metodica utilizzata nel trattamento dei pazienti con MM, i risultati ottenuti sono controversi. L’uso della metodica è da riferirsi alla necessità di eliminare il più rapidamente possibile le catene leggere dal circolo ematico. Il tipico regime di plasmaferesi per la nefropatia da catene leggere prevede da 5 a 7 scambi entro 7-10 giorni, utilizzando l’albumina come fluido sostitutivo. La scarsa selettività della metodica e la necessità di dover associare un trattamento dialitico depurativo ne hanno limitato l’impiego [57]. Ma il limite principale alla sua efficacia è rappresentato dalle piccole dimensioni delle catene leggere (κ, 25 kDa; λ, 45 kDa), che tendono ad equilibrarsi rapidamente tra comparto intravascolare ed extravascolare [58]. L’associazione delle tecniche aferetiche combinate con la chemioterapia potrebbe prevenire ulteriori disfunzioni renali, ma sono necessari ulteriori studi in questo senso. In generale, indipendentemente dalla metodica utilizzata per la rimozione delle catene leggere, è stato dimostrato che la ripresa della funzione renale è massima in caso di riduzione di almeno il 60% delle catene leggere entro 3 settimane dall’insorgenza della patologia [59].

Spesso, i pazienti con insufficienza renale associata a mieloma ottengono una remissione prolungata della malattia oncologica ma, a causa del danno renale, necessitano di un trattamento sostitutivo; pertanto, potrebbe essere considerato il trapianto di rene, sebbene questo approccio sia stato generalmente evitato a causa dei rischi correlati ad una possibile recidiva della patologia oncologica secondaria alla terapia immunosoppressiva. In un articolo del 2017, Le e collaboratori hanno affrontato il problema del trapianto in questi pazienti ed hanno documentato: la buona riuscita di trapianto renale in quattro pazienti con pregresso MM, buona funzionalità del graft ad un anno dal trapianto e assenza di infezioni da BK virus o CMV in un follow-up fino a 58 mesi [60]. Questo primo studio dimostra chiaramente la possibilità di trapianto renale nei pazienti affetti da MM, a patto di una remissione completa della malattia. Lavori successivi, tuttavia, hanno fornito risultati contrastanti in merito alla sopravvivenza dei pazienti e alla recidiva di malattia [61]; pertanto, attualmente, pur non essendovi una controindicazione assoluta al trapianto renale in questa classe di pazienti, il soggetto deve essere completamente libero da malattia e non presentare sintomi compatibili con malattia minima residua [62]. Inoltre, è stato consigliato l’utilizzo routinario della tecnica FISH per individuare quelle varianti genetiche che possono associarsi con una prognosi sfavorevole e condizionare l’andamento prognostico [63]. Resta tuttavia ancora irrisolto il problema relativo all’intervallo di tempo libero da malattia necessario per eseguire un trapianto; generalmente, viene suggerito un periodo di tempo compreso tra i 3 ed i 5 anni.

 

Conclusioni

I sintomi iniziali del mieloma sono spesso lievi o del tutto aspecifici (possono includere perdita di peso, malessere, affaticamento e dolore osseo), discostandosi in modo significativo da quanto osservabile in altre patologie croniche, specie se ad andamento indolente o lentamente progressivo. In considerazione di questa aspecificità clinica, il paziente può incontrare numerose figure specialistiche nel corso del proprio iter diagnostico (medici di base, nefrologi, ematologi e oncologi) prima di giungere ad una diagnosi definitiva. Sulla base di queste considerazioni appare utile, nell’ottica di una riduzione dei tempi di diagnosi, includere la discrasia plasmacellulare nel novero delle ipotesi diagnostiche da considerare (ed eventualmente escludere) nei pazienti che presentano sintomi aspecifici, specie se associati a fattori di rischio personali e familiari, attraverso una rigorosa anamnesi raccolta in tutte le sue parti (fisiologica, lavorativa, patologica) ed una diagnostica strumentale e laboratoristica mirata. Il nefrologo, inoltre, riveste un ruolo fondamentale nell’individuazione di questa malattia, che sovente determina un importante danno renale con conseguente necessità di ricorso a cure specialistiche.

Si riportano in Tabella 6 le condizioni cliniche che dovrebbero suggerire al clinico la necessità di eseguire uno screening per mieloma multiplo.

Indicazioni cliniche per lo screening del mieloma multiplo
Malessere e stanchezza persistenti
Malattia Ossea (dolori persistenti; lesioni litiche)
Compromissione della funzione renale inspiegata
Anemia normocitica normocromica ± pancitopenia
Ipercalcemia persistente
Infezioni batteriche recidivanti
Iperviscosità
Neuropatie periferiche, tunnel carpale
VES persistentemente elevata in assenza di cause infettive
Sindrome nefrosica, insufficienza cardiaca inspiegabili
Tabella 6: Indicazioni allo screening nel MM [64]

 

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