Settembre Ottobre 2019 - In depth review

Effect of hyperkalemia and RAASi nonadherence on patients affected by heart failure or chronic kidney disease

Abstract

The presence of hyperkalemia (HK) in patients with heart failure (HF)or chronic kidney disease (CKD) increases the risk of death. The aims of the present study have been: i) to evaluate if the risk of cardiovascular (CV) events and mortality increases in two cohorts of patients with heart failure (HF) or chronic kidney disease (CKD) affected by hyperkalemia (HK) and treated with renin-angiotensin-aldosterone system inhibitors (RAASi). We have also evaluated the risk of dialysis among CKD patients; ii) to provide an estimate of the increased risk of CV events and mortality caused among HK patients by a non-optimal adherence to RAASi therapy in both HF and CKD cohorts.

This is a retrospective study, based on the administrative databases of five Italian Local Health Units. All patients ≥18-year-old discharged from hospital with a diagnosis of HF (ICD-9-CM 428) or CKD (ICD-9-CM585) between January 2010 and December 2017 were enrolled. We defined as index date (ID) the date of first diagnosis during the enrolment period. Only patients that were prescribed RAASi therapy during the first three months after the ID were considered. Serum potassium level was tested in the three months before and after ID. The patients were considered as having HK if they presented a serum potassium level ≥5.5 mmol/l. Results show that patients with HK treated with RAASi were respectively 46% (HF) and 31% (CKD) more at risk of CV events and 88% (HF) and 72% (CKD) more at risk of dying. Moreover, the risk of dialysis in CKD patients increased by 458%. After the onset of HK, non-optimal adherence to RAASi in patients with HK was found to increase notably the risk of CV events (65% HF, 34% CKD) and mortality (127% HF, 122% CKD) in both cohorts.

 

Keywords: hyperkalemia, renin-angiotensin-aldosterone system inhibitor, chronic kidney disease, heart failure, drugs for hyperkalemia, real-world study

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Introduzione

L’iperkaliemia (IK) è un grave disordine elettrolitico, potenzialmente fatale, che si configura con un livello sierico di potassio ≥5.0 mmol/l, superiore al limite massimo del range standard (3.5-5.0 mmol/l) [1, 2]. Tuttavia in generale il quadro clinico si rende manifesto per valori ≥5.5 mmol/l. L’IK insorge frequentemente in pazienti con insufficienza renale cronica (IRC) o scompenso cardiaco (SC), e può portare a prognosi infausta se non si interviene immediatamente [3]. L’IK può essere causata da una aumentata assunzione di potassio, da una distribuzione alterata tra i fluidi intra ed extra cellulari, oppure da condizioni che portano ad una ridotta escrezione urinaria, come IRC, SC, ipertensione o diabete mellito [4, 5]. Indipendentemente dalla causa, l’IK può portare, specialmente in pazienti con malattie renali o cardiovascolari [6], a serie complicazioni anche fatali con esordio subdolo, come la debolezza muscolare, ma con evoluzione verso quadri di paralisi generalizzata, aritmie ed altri effetti anche molto gravi a carico dell’apparato cardiocircolatorio [7, 8]. Inoltre, elevati livelli sierici di potassio sono associati ad un aumentato rischio di morte [9].

Il sistema renina-angiotensina-aldosterone (SRAA) svolge un ruolo fondamentale nel controllo dell’omeostasi idrosalina, nella regolazione delle funzioni cardiovascolari e della pressione arteriosa [10]. Farmaci inibitori SRAA (SRAAi) rappresentano un’importante e validata strategia terapeutica per il trattamento di ipertensione, diabete, IRC e SC [11, 12]. Tuttavia, è ampiamente riconosciuto che SRAAi quali gli inibitori dell’enzima convertitore dell’angiotensina (ACEi), i bloccanti dei recettori dell’angiotensina (ARB), e gli inibitori diretti della renina (DRI) sono associati con un aumentato rischio di IK [13, 14]. Infatti, queste classi di farmaci aumentano i livelli di potassio sierico inibendo la produzione e il rilascio dell’aldosterone, a cui consegue una ridotta escrezione del potassio a livello renale [13]. Altri meccanismi che permettono lo sviluppo di IK in conseguenza dell’utilizzo dei farmaci inibitori del SRAA sono la ridotta delivery di sodio al nefrone distale e le alterazioni della funzione del tubulo collettore.

I pazienti che presentano una condizione di ipertensione, IRC, SC o diabete, e che dunque sono tra i maggiori beneficiari di una terapia con SRAAi, hanno spesso una ridotta funzionalità renale che porta con sé un rischio maggiore di incorrere nell’IK [1315]. Un attento monitoraggio della funzionalità renale e dei livelli sierici di potassio, onde evitare incrementi inaspettati, è richiesto in tutti i pazienti che iniziano una terapia con SRAAi [6, 7, 16, 17]. Il timore dell’insorgenza di IK come effetto avverso comporta di riflesso la minor utilizzazione, il sotto-dosaggio o la sospensione del trattamento con SRAAi, soprattutto per quei pazienti a rischio di complicanze [7, 11, 18].

Un’adeguata strategia terapeutica per contrastare l’aumento della concentrazione di potassio nel plasma avrebbe quindi un duplice vantaggio, ossia evitare da un lato le manifestazioni cliniche derivanti dall’IK, e dall’altro scongiurare la sospensione o la riduzione dei trattamenti SRAAi, che hanno una provata efficacia nel rallentare la progressione di IRC e prevenire episodi di SC [19]. Attualmente, le terapie disponibili in Italia per l’IK nei pazienti affetti da IRC e SC prevedono, oltre ad una dieta povera di potassio, l’utilizzo di resine a scambio cationico come polistirene solfonato di sodio (SPS) o di calcio (CPS). Tuttavia, tali resine possono portare nel lungo periodo a necrosi intestinali, e questi gravi quadri si possono manifestare anche dopo brevi periodi di assunzione [20, 21]; inoltre, l’SPS incrementa il pool di sodio nell’organismo, con conseguente rischio di edema o di ipertensione [19]. Le terapie con resine SPS o CPS non vengono somministrate di frequente nella pratica clinica per il trattamento cronico dell’IK [22] e in genere vengono preferiti cicli di trattamento a breve termine [23]. Emerge dunque l’esigenza di avere nuovi presidi terapeutici per il trattamento dell’IK nei pazienti con IRC e SC in terapia con dosaggi efficaci di SRAAi, che abbiano una comprovata efficacia, tollerabilità e sicurezza sia nel breve che nel lungo periodo.

Pochi dati sono disponibili in letteratura riguardo l’incremento del rischio di outcome negativo correlato all’IK nei pazienti con terapia SRAAi in Italia. In uno studio prospettico condotto da Provenzano et al. [24] riguardante una coorte di pazienti IRC non in dialisi, è stata eseguita una analisi esplorativa da cui è emerso che i pazienti con IK non in trattamento con SRAAi (o dopo interruzione del trattamento) mostravano un rischio aumentato del 57% di raggiungere lo stadio di insufficienza renale terminale (End Stage Renal Disease, ESRD), rispetto ai pazienti non IK in terapia con SRAAi. Questo dato suggerisce che i due fattori dovrebbero essere esaminati congiuntamente per una corretta valutazione dei rischi correlati all’IK nei pazienti IRC [24]. Nello stesso lavoro non è stata trovata una associazione statisticamente significativa tra l’IK e un aumentato rischio di morte. Gli autori interpretano questo risultato spiegando che, nei pazienti affetti da IRC e seguiti in nephrology care, il tasso di incidenza di ESRD supera quello di morte [25].

Con il presente studio abbiamo voluto valutare: i) la stima dell’incremento del rischio di eventi cardiovascolari (CV) e mortalità in pazienti con IK e in terapia con SRAAi in due coorti di pazienti, una affetta da SC e l’altra da IRC. In quest’ultima coorte è stato anche valutato se i pazienti con IK presentassero un rischio maggiore di ingresso in un programma di trattamento dialitico cronico; ii) la stima dell’incremento del rischio di eventi CV e mortalità dovuto ad una aderenza non ottimale a SRAAi in pazienti iperkaliemici, sia nella corte di pazienti con SC che in quella con IRC.

 

Materiali e metodi

Fonte dei dati

Lo studio è stato condotto utilizzando gli archivi amministrativi disponibili presso 5 Aziende Sanitarie Locali (ASL) distribuite sul territorio nazionale e pari al 5% della popolazione nazionale. In particolare, l’analisi si è basata sull’integrazione dei seguenti database amministrativi:

  • Anagrafe Assistibili (AA), contenente le caratteristiche demografiche dei soggetti oggetto dello studio (sesso ed età);
  • Farmaceutica (Assistenza Farmaceutica Territoriale e Farmaci ad Erogazione Diretta – AFT/FED), contenente tutte le informazioni relative ai trattamenti farmacologici erogati ai pazienti oggetto dello studio in regime di rimborso da parte del SSN, come per esempio il codice Anatomical-Therapeutic-Chemical (ATC) del farmaco prescritto, il numero di confezioni, il numero di unità per confezione, la dose, il costo unitario e la data di prescrizione;
  • Scheda di Dimissione Ospedaliera (SDO), contenente le informazioni alla dimissione per ogni ricovero, in particolare la data di ammissione e di dimissione, la diagnosi principale e quelle accessorie, codificate in accordo all’International Classification of Diseases, IX Revisione, Clinical Modification (ICD-9-CM);
  • Specialistica Pubblica Ambulatoriale (SPA), che registra le prestazioni specialistiche (visite, test di laboratorio, test diagnostici) erogate al paziente in regime di convenzione con il SSN (sono qui inclusi anche i codici ICD-9-CM relativi alle esenzioni per patologia);
  • Archivio di esenzioni per patologia, in cui sono registrate le esenzioni per patologia assegnate ai pazienti. Queste informazioni sono state utilizzate per completare la codifica delle diagnosi di malattia e per identificare le comorbilità, in aggiunta all’utilizzo delle diagnosi delle SDO e dai trattamenti farmacologici;
  • Laboratorio analisi, flusso che ha permesso di descrivere il livello di potassio.

 

In ottemperanza alla normativa sulla privacy (D.lgs. 196/03 e successive modificazioni), il codice identificativo dell’assistibile è stato criptato presso la sede ASL dal personale di quest’ultima, e ai soggetti incaricati del trattamento di tali dati ai fini dell’analisi non è stato fornito alcun dato dal quale fosse possibile risalire in modo diretto o indiretto all’identità del paziente. L’identificativo anonimo del paziente contenuto in ogni archivio ha permesso il linkage tra i vari database. Il database integrato, così ottenuto, ha permesso di costruire una banca dati di popolazione contenente il profilo individuale cronologico e analitico dell’intera popolazione afferente alle ASL coinvolte. In ottemperanza alla normativa vigente in materia di conduzione di analisi osservazionali, il presente studio è stato notificato al Comitato Etico Locale di ogni ASL partecipante.

 

Definizione della coorte dello studio

Sono stati condotti due studi di coorte retrospettivi. Sono stati inclusi tutti i pazienti di età uguale o maggiore di 18 anni con prima dimissione per SC (codice ICD-9-CM 428, coorte di pazienti SC), o per IRC (ICD-9-CM 585, coorte IRC) nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2010 e il 31 dicembre 2017 (periodo di arruolamento). La data corrispondente alla prima dimissione per SC/IRC durante il periodo di arruolamento è stata definita data indice (DI). Tutti i pazienti sono stati caratterizzati nei 12 mesi precedenti la DI (periodo di caratterizzazione); sono stati inclusi nell’analisi i soli pazienti con diagnosi di SC/IRC che nei primi 3 mesi successivi alla DI presentavano almeno una prescrizione di RAASi codice ATC: C09:

  • ACE-Inibitori non associati (codice ATC: C09A);
  • ACE-inibitori associati (codice ATC: C09B);
  • Sartani non associati (codice ATC: C09C);
  • Sartani associati a diuretico (codice ATC: C09D);
  • altre sostanze che agiscono sul sistema Renina-Angiotensina (codice ATC: C09X).

Tutti i pazienti inclusi nello studio sono stati osservati dalla DI fino al 31 dicembre 2017 (periodo di follow-up). Sono stati esclusi dalle analisi pazienti con diagnosi di SC e IRC al fine di ottenere coorti mutualmente esclusive, pazienti con dialisi (codice ICD-9-CM: V560 in diagnosi principale e/o accessoria), pazienti che avevano effettuato l’analisi dei livelli di potassio ma il cui valore non era disponibile, e pazienti trasferiti ad altra ASL durante il periodo di follow-up.

 

Definizione delle variabili in studio

La rilevazione dei livelli di potassio è stata effettuata nei 3 mesi prima o dopo la DI; i pazienti sono stati definiti con IK se presentavano un valore di potassio ≥5.5 mmol/l. La farmaco-utilizzazione, in termini di aderenza al trattamento con SRAAi, è stata analizzata nei 12 mesi successivi alla DI. L’aderenza al SRAAi è stata valutata attraverso la proporzione di giorni coperti (PGC) dal trattamento, ovvero il rapporto tra la le unità posologiche erogate durante il periodo di osservazione e la durata del periodo di osservazione (365 giorni), moltiplicato per 100. I pazienti sono stati considerati aderenti se presentavano una PGC >80%. La PGC è considerata uno di metodi più diffusi per misurare l’aderenza al trattamento nelle terapie croniche e la soglia standard dell’80%, che rappresenta la probabilità di ottenere il beneficio clinico maggiore, è ampiamente accettata in letteratura [26, 27].

Al fine delle analisi, sono stati valutati i dati al basale inerenti alle caratteristiche di base, tra cui le caratteristiche demografiche, eventuali prescrizioni di SRAAi (con codice ATC: C09) e ospedalizzazioni per SC o IRC verificatesi durante il periodo di caratterizzazione. I trattamenti pregressi analizzati sono stati: diuretici (codice ATC C03 ad esclusione di ATC C03DA), antialdosteronici (codice ATC C03DA), beta bloccanti (codice ATC C07), ipolipemizzanti (codice ATC C10), antidiabetici (codice ATC A10).

Sulla base delle comorbidità, per ogni paziente è stato calcolato il Charlson Comorbidity Index (CCI) score [28]; questo indice attribuisce un punteggio “pesato” per ogni patologia concomitante rispetto all’influenza sulla mortalità, ed è il risultato della somma di ogni score di patologia.

 

Analisi statistica

Le variabili continue vengono riportate come media ± deviazione standard; le variabili categoriche vengono riportate come numero assoluto e percentuali. L’Hazard Ratio (HR) è stato calcolato utilizzando il modello di regressione logistica Cox. Tutte le analisi sono state svolte utilizzando Stata 12.0 SE.

 

Risultati

Coorte SC

Durante il periodo di arruolamento (2010-2017) sono stati individuati 19,658 pazienti con una prima dimissione per SC e in trattamento con SRAAi (entro 90 giorni dalla dimissione). Di questi, gli 8,270 pazienti che presentavano almeno un esame relativo ai livelli sierici di potassio sono stati analizzati nel presente studio. I dettagli dei criteri di eleggibilità sono mostrati in Figura 1. Tra i pazienti inclusi, 1,148 (14%) sono risultati positivi per IK (potassio sierico superiore a 5.5 mmol/l); nei restanti 7,122 (86%) pazienti l’IK non è stata osservata. Tra i pazienti con IK, 265 (23%) hanno dimostrato un’aderenza ottimale al trattamento con SRAAi, mentre 883 (77%) non risultavano aderenti, secondo la definizione (PGC >80%). Le caratteristiche demografiche e cliniche al basale sono riportate in Tabella I. Nel gruppo di pazienti iperkaliemici, il 49.9% dei quali era di sesso maschile, l’età media (± SD) era 77.7 anni (± 9.9), più alta rispetto ai pazienti senza IK, il 54% dei quali era di sesso maschile e la cui età media era di 76.3 (± 11.5) (p value <0.001). Le percentuali di pazienti IK che hanno avuto almeno una prescrizione SRAAi (84.4%) e un’ospedalizzazione (3%) durante il periodo di caratterizzazione sono più alte rispetto al gruppo di pazienti non IK (77.6% e 1.2%, rispettivamente) (p value <0.001). Il 46.2% dei pazienti con IK e il 39.1% di quelli senza IK presentava un trattamento anche con antialdosteronici alla DI. I trattamenti farmacologici pregressi osservati sono riportati in Tabella I.

Si è stimato il tasso di incidenza di morte a 15.6/100 anni persona per pazienti IK e 8.3/100 anni persona nei pazienti senza IK. Per stimare se l’IK rappresentasse un aumentato rischio di incorrere in eventi CV o di mortalità è stato calcolato l’HR. L’analisi ha rivelato che i pazienti con IK avevano un rischio per evento CV del 46% superiore (p-value <0.001) e un rischio di decesso del 88% superiore (p-value <0.001) rispetto a quelli senza IK (Figura 3).

L’impatto della non aderenza al trattamento nei pazienti IK è stato valutato calcolando il rischio di eventi CV o di decesso tra i pazienti aderenti o non aderenti al trattamento con SRAAi. All’interno del gruppo con IK, il tasso di incidenza di morte calcolato è stato di 12.8/100 anni persona per pazienti aderenti e di 41.9/100 anni persona per quelli non aderenti. La non aderenza al trattamento con SRAAi conferiva un rischio maggiore del 65% di un evento CV (p-value <0.001) e del 127% di decesso (p-value <0.001) rispetto all’aderenza (Figura 4).

 

Coorte IRC

Il numero dei pazienti e i criteri di inclusione della coorte IRC sono mostrati in Figura 2. Sono stati reclutati 9,241 pazienti affetti da IRC e in trattamento con SRAAi. Dopo aver applicato i criteri di esclusione, 4,451 pazienti sono stati inclusi nello studio, di cui 1,071 (24%) con IK e 3,380 (76%) senza IK. Anche nella coorte IRC, all’interno del gruppo IK, il gruppo dei non aderenti alla terapia è stato il più numeroso (766, 72%) rispetto ai pazienti aderenti (305, 28%).

In Tabella II sono riportate le caratteristiche demografiche e cliniche al basale. I pazienti con IK (età media 72.8 ± 13.8) erano più giovani dei pazienti senza IK (età media 75.0 ±13.1) (p value <0.001). La maggioranza dei pazienti erano di sesso maschile sia nel gruppo con IK (58.3%) che in quello senza (60.4%). Per quanto riguarda la gravità della malattia renale, nei pazienti senza IK è stata osservata una percentuale maggiore di pazienti ad uno stato iniziale di IRC (stadi da 1 a 3) (67.5%) rispetto ai pazienti con IK (51.4%) (p value <0.001). Di conseguenza, tra gli iperkaliemici è stato individuato il maggior numero di pazienti ad uno stadio avanzato (stadi 4 e 5 ND) (37.8% vs 17.7%) (p value <0.001). La terapia con SRAAi era stata prescritta già durante il periodo di caratterizzazione nel 92% dei pazienti di entrambi i gruppi, mentre ricoveri precedenti alla DI sono stati più frequenti nei pazienti IK (4.6%) rispetto a quelli senza IK (2.2%) (p value <0.001). I trattamenti pregressi sono mostrati nella Tabella II.

Il tasso di incidenza di morte è stato stimato a 13.2/100 anni persona nei pazienti IK, e a 7.6/100 anni persona nei pazienti senza IK. Analogamente a quanto fatto nella corte SC con IK, è stato calcolato l’HR per stimare se l’IK rappresentasse un aumentato rischio di incorrere in eventi CV, dialisi o morte. Nella coorte IRC, l’IK aumentava del 31% il rischio di avere un evento CV (p-value <0.001), e del 72% il rischio di decesso (p-value <0.001) (Figura 5). Inoltre, i pazienti con IK presentavano anche un rischio di ingresso in un programma di trattamento dialitico cronico maggiore del 458% (p-value <0.001) (Figura 5).

Anche in questo caso è stata eseguita un’ulteriore analisi all’interno del gruppo IRC con IK per valutare il rischio per gli stessi eventi (CV e decesso) confrontando pazienti aderenti o meno al trattamento con SRAAi. In questo gruppo, il tasso di incidenza di morte calcolato è stato di 11.8/100 anni persona nei pazienti aderenti e 31.2/100 anni persona in quelli non aderenti. La non aderenza al trattamento con SRAAi ha evidenziato un aumento del 34% (p-value <0.05) del rischio di evento CV. Il rischio di decesso invece aumentava del 122% (p-value <0.001) nei non aderenti (Figura 6).

 

Discussione

L’IK rappresenta un problema non infrequente, ma soprattutto di rilevante importanza clinica, nella gestione dei pazienti con SC o IRC [29]. I comprovati benefici dell’utilizzo di farmaci SRAAi per il trattamento di tali condizioni possono essere accompagnati dall’insorgenza dell’IK, il cui rischio è maggiore proprio nei pazienti affetti da SC e IRC [7].

In questo studio, due coorti di pazienti rispettivamente con SC o IRC e in trattamento con terapia SRAAi sono state analizzate retrospettivamente per valutare l’impatto dell’IK sugli eventi CV e la mortalità.

In entrambe le coorti, i pazienti con IK hanno mostrato di avere un rischio maggiore sia di incorrere in eventi CV sia di decesso rispetto ai pazienti senza IK. Questo risultato è in linea con studi precedenti [3, 6, 30], in cui l’IK è stata associata ad un rischio aumentato di mortalità e di eventi CV; esso rappresenta una “call to action” per lo sviluppo di trattamenti che impediscano la comparsa di una elevata concentrazione di potassio plasmatico, mantengano un quadro di normokaliemia e ottimizzino dosi e benefici dei SRAAi a lungo termine. In particolare, Collins et al [6] hanno osservato che l’aumento dei livelli sierici di potassio era correlato ad un aumento di mortalità per tutte le cause durante un follow-up di 18 mesi in coorti di pazienti con SC, IRC, diabete mellito e combinazione di tutte e tre le condizioni. Epstein e collaboratori [11, 18] hanno osservato che l’IK causata da SRAAi portava frequentemente ad una riduzione della dose dei farmaci, o addirittura alla sospensione della terapia. Allo stesso tempo, i pazienti con dosi ottimali e massimizzate di SRAAi incorrevano in un minor rischio di effetti cardiorenali e avevano una mortalità più bassa rispetto ai pazienti con sotto-dosaggio o con sospensione del trattamento SRAAi.

Nel presente studio, i rischi di eventi CV e mortalità correlati alla non aderenza al trattamento SRAAi nella popolazione con IK sono risultati alquanto superiori in entrambe le coorti SC e IRC rispetto ai pazienti con IK aderenti al trattamento. Un adeguato approccio terapeutico nella prevenzione dell’insorgenza dell’IK permetterebbe dunque ai pazienti affetti da SC e IRC di poter continuare a beneficiare della terapia con SRAAi, evitando il manifestarsi di esiti clinici infausti derivanti dall’interruzione [11]. Dalle analisi effettuate è emerso che in entrambi le coorti i pazienti che erano aderenti al trattamento con SRAAi riducevano sensibilmente le dosi del farmaco inibente il SRA al momento dell’insorgenza della IK e circa un quarto interrompeva del tutto il trattamento. Questo dato è in linea con uno studio real-world inglese [31] in cui è stato osservato che, in pazienti CKD, l’innalzamento dei livelli sierici di potassio è associato all’aumento dell’incidenza di interruzione della terapia con SRAAi. Questo a testimonianza dell’importanza del controllo dei livelli di potassio nel sangue per una corretta gestione farmacologica dei pazienti IRC.

Le terapie attualmente in uso nella pratica clinica per l’IK cronica sono state introdotte negli anni 50 e 60; tuttavia, spesso, la gestione dell’IK cronica nel lungo termine richiede ugualmente una sospensione o un sotto-dosaggio della terapia con SRAAi. Inoltre, le resine a scambio ionico hanno dimostrato importanti effetti collaterali, come il sovraccarico sodico, l’aumentato rischio di edema polmonare acuto e l’insorgenza di pericolose ischemie intestinali.

Recentemente, due nuovi promettenti agenti terapeutici, il Patiromer ed il sodio zirconio ciclosilicato (ZS-9), sono emersi per il trattamento dell’IK [32]. In particolare, Patiromer è stato approvato dalla FDA nel 2015 e dall’EMA nel 2017, anche se ad oggi non è ancora disponibile in Italia. Il Patiromer è un farmaco non assorbibile che lega il potassio, scambiandolo con il calcio, nel tratto gastrointestinale e ne favorisce l’escrezione per via fecale [19]. I trials clinici condotti hanno dimostrato come il Patiromer sia sicuro ed efficace nel diminuire i livelli sierici di potassio in pazienti con SC o IRC nel breve e medio periodo, permettendo ai pazienti di poter continuare la terapia con SRAAi [32]. Il sodio zirconio ciclosilicato è una resina che basa la sua azione su dei micropori di dimensioni ben definite, collocati nella struttura cristallina del silicato di zirconio. Nel lume intestinale, il potassio resta intrappolato nei micropori e scambiato con altri protoni e con il sodio [7].

I risultati del presente studio devono essere interpretati alla luce di alcuni limiti, legati alla natura osservazionale dello studio e alla natura del database utilizzato. Il principale limite di questo studio riguarda l’assenza nei database amministrativi di alcune informazioni cliniche sul paziente. Per esempio, manca l’informazione sulla pressione arteriosa e per questo non è stato possibile includere tale dato nelle nostre analisi. Inoltre, i database amministrativi ci consentono di avere accesso alle prescrizioni dei farmaci, senza però avere un riscontro sulla reale assunzione da parte del paziente. I risultati qui presentati non vogliono essere esaustivi, ma piuttosto incoraggiare ulteriori studi su popolazioni più ampie di pazienti.

 

Conclusioni

In questo studio è stato analizzato il rischio, legato all’IK, di incorrere in un evento cardiovascolare o decesso in due coorti distinte di pazienti con SC e con IRC ed in terapia con SRAAi. Nei pazienti con IK affetti da SC o IRC in trattamento con SRAAi è stato osservato un rischio di evento CV superiore rispettivamente del 46% (SC) e del 31% (IRC) e un rischio di decesso superiore rispettivamente del 88% (SC) e 72% (IRC). Inoltre, all’interno della coorte di pazienti affetti da IK, la non aderenza al trattamento ha portato ad un aumentato rischio di eventi CV (65% per SC, 34% per IRC) e di decesso (127% per SC, 122 per IRC).

I risultati del presente studio sottolineano che nei pazienti con SC o IRC occorre limitare gli effetti clinici negativi dovuti ad una elevata concentrazione di potassio circolante, e nello stesso tempo evitare la sospensione o il sottoutilizzo dei farmaci SRAAi.

 

 

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