Marzo Aprile 2019 - Nefrologo in corsia

HELLP syndrome and hemolytic uremic syndrome during pregnancy: two disease entities, same causation. Case report and literature review

Abstract

Abstract

Thrombotic microangiopathies (TMA) are a group of diseases that can complicate pregnancy and threaten the lives of both the mother and the fetus. Several conditions can lead to TMA, including thrombotic thrombocytopenic purpura (TTP), HELLP syndrome and hemolytic uremic syndrome (HUS). We describe the case of a 39-year-old woman who presented a HELLP syndrome in the immediate postpartum period. The patient had acute kidney injury (AKI), increased LDH, unmeasurable haptoglobin levels and hypocomplementemia. Her ADAMTS13 value was normal, thus ruling out TTP. Shiga toxin tests were negative, so HUS associated with E. coli was also ruled out. HELLP syndrome and atypical hemolytic-uremic syndrome (aHUS) remained the most probable diagnosis. In the days following childbirth, the patient’s transaminase and bilirubin levels normalized while the anemia persisted, as did the AKI, resulting in the institution of dialysis treatment. A diagnosis of aHUS was made and therapy with eculizumab was started. The patient’s blood counts progressively improved, urine output was restored, her indices of renal function also concomitantly improved and dialysis was interrupted. A rash appeared after the third administration of eculizumab and the treatment was suspended. The patient is currently being followed up and has not relapsed. At thirteen months after delivery her renal function is normal as are her platelet counts, LDH, haptoglobin levels and proteinuria. Tests for mutations in the genes that regulate complement activity were negative. We believe that childbirth triggered the HELLP syndrome, which in turn brought about and sustained the HUS. In fact, the patient’s liver function improved right after delivery, while her kidney injury and hemolysis persisted, and she also had an excellent response to eculizumab. To our knowledge, no other cases of HELLP syndrome associated with haemolytic uremic syndrome during pregnancy have been reported in literature, nor have cases in which treatment with eculizumab was limited to only three administrations.

Keywords: HELLP syndrome, hemolytic uremic syndrome, pregnancy, eculizumab, thrombotic microangiopathy

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Introduzione

Le microangiopatie trombotiche (MAT) rappresentano un eterogeneo gruppo di affezioni che possono complicare la gravidanza mettendo a rischio la vita della madre e del feto. Tra di esse troviamo la porpora trombotica trombocitopenica (PTT), la sindrome HELLP e la sindrome emolitica uremica (SEU), tutte caratterizzate da un danno a carico delle cellule endoteliali e trombosi dei piccoli vasi che si manifestano clinicamente con anemia emolitica, trombocitopenia, e danno d’organo [13]. I confini tra queste patologie non sono ben definiti tanto che può essere difficile o addirittura impossibile una diagnosi differenziale, considerando poi che dette condizioni possono coesistere [48]. A complicare ulteriormente l’iter diagnostico, durante la gravidanza i parametri ematologici [9], della proteinuria [10] e della concentrazione del complemento hanno range di riferimento differenti rispetto al soggetto non in gravidanza [11-12].

La PTT può complicare la gravidanza durante il secondo o terzo trimestre [13] e consiste in una microangiopatia trombotica caratterizzata da una grave piastrinopenia associata a manifestazioni neurologiche e ad insufficienza renale acuta che riconosce come meccanismo eziopatogenetico l’acquisita o congenita carenza dell’ADAMTS13, una metalloproteasi che scinde il fattore di von Willebrand [1415].

La sindrome HELLP, una MAT che coinvolge soprattutto i sinusoidi epatici, si manifesta nel terzo trimestre di gravidanza nel 69% dei casi e nel postpartum nel 31 % [16]. Ha una frequenza compresa tra lo 0,05 e 0,09% delle gravidanze [17]; generalmente fa seguito ad una preeclampsia ma può anche rappresentare il quadro clinico d’esordio [18]. L’eziopatogenesi è tutt’oggi poco chiara, ma tra i meccanismi patogenetici proposti assume un ruolo chiave una disregolazione congenita o acquisita della via alterna del complemento [8].

LA SEU è una rara e severa forma di MAT associata ad insufficienza renale, caratterizzata da una incontrollata deposizione di fibrina e piastrine a formare trombi nel microcircolo, responsabile di una anemia emolitica su base meccanica e non immuno-mediata. Può far seguito all’infezione da E. Coli producente tossina di Shiga (SEU-STEC), oppure può essere SEU atipica (SEUa), legata ad una congenita o acquisita disregolazione della via alterna del complemento [1925]. Una forma di SEUa legata alla gravidanza è stata descritta per la prima volta da Robson nel 1968 [26]. Si tratta di un’evenienza rara, che può complicare una gravidanza ogni 25.000 [2728], e può manifestarsi nel terzo trimestre o nel postpartum [8]. La SEUa è una patologia grave che nel 5-10% dei casi può avere un’evoluzione devastante con un quadro di “multiorgan failure” e morte del paziente [2930]. Per molti anni la plasmaferesi ha rappresentato il trattamento d’elezione ma con scarsi risultati: il 60% dei pazienti colpiti raggiungeva gli stadi terminali della malattia renale in breve tempo [8, 3132]. Nel 2009 la SEUa è stata trattata per la prima volta con l’eculizumab, un anticorpo monoclonale che, legandosi alla proteina C5, blocca l’azione citolitica e pro-infiammatoria del complemento [3334]. In letteratura l’utilizzo dell’eculizumab nelle forme di SEUa associate alla gravidanza trova riscontri solo aneddotici [35] e a tutt’oggi non sono ancora ben definiti gli schemi di trattamento. Alcuni autori propendono per una terapia a lungo termine, l’unica in grado di prevenire le recidive, mentre altri ritengono che uno “short treatment” garantisca la risoluzione del quadro clinico nel 100% dei casi [3645].

Descriviamo il caso di una puerpera che ha manifestato, nell’immediato postpartum, un quadro suggestivo di sindrome HELLP, complicatasi poi ulteriormente con una IRA che non è regredita con la normalizzazione dei parametri epatici.

 

Caso clinico

Trattasi di una donna di 39 anni alla sua prima gravidanza, esitata con un parto spontaneo alla 40° settimana. Nell’immediato postpartum la paziente manifestava un quadro suggestivo di sindrome HELLP: anemia emolitica (HGB 6 g/dl) con test di Coombs negativo, piastrinopenia (26000 uL), presenza di schistociti nel sangue periferico (6%), proteinuria in range nefrosico (4,2 g/24h), dolore epigastrico, iperbilirubinemia (Bil. Tot. 6 mg/dl) e netto incremento degli enzimi epatici (GOT 18.171 U/l; GPT 11.880 U/l). Si riscontrava, inoltre, un’insufficienza renale acuta oligoanurica (SCr 7 mg/dl, Urea 219 mg/dl), incremento dell’LDH (3610 U/l), ipocomplementemia (C3: 50 mg/dl) ed aptoglobina indosabile; l’ecografia renale non metteva in evidenza patologie ostruttive, dimostrando altresì un tessuto corticomidollare iperecogeno ben rappresentato. La determinazione degli ANA, degli ANCA, del lupus anticoagulant e degli anticorpi anticardiolipina risultava negativa. Non si riscontravano nemmeno infezioni da HIV, HCV ed herpesvirus. Si rendeva necessaria una diagnosi differenziale tra le varie forme di MAT: i valori normali dell’ADAMTS13 (92%) facevano escludere una PTT; l’assenza di diarrea e della Shiga tossina nelle feci portavano ad escludere una SEU da STEC; restavano, come diagnosi più probabili, sindrome HELLP e SEU atipica (SEUa).

La paziente, in attesa del completamento diagnostico che dirimesse la diagnosi tra le varie forme di MAT, veniva trattata con plasma fresco congelato. Nei giorni a seguire si osservava una progressiva normalizzazione delle transaminasi e della bilirubina, mentre persistevano invece l’anemia, la piastrinopenia, la riduzione dell’aptoglobina ed il quadro di insufficienza renale (Figura 1). Questi sintomi erano tali da dover trasfondere la paziente ed intraprendere una terapia sostitutiva della funzione renale mediante CVVHDF.

 

La persistenza dell’insufficienza renale e dell’ipocomplementemia, nonostante il miglioramento dell’ipertransaminansinemia, faceva propendere per una diagnosi di SEUa e veniva pertanto iniziata una terapia con eculizumab (900 mg/settimana). Si assisteva ad un progressivo miglioramento della crasi ematica, ripresa della diuresi e contestuale miglioramento degli indici di funzione renale, tali da poter sospendere il trattamento dialitico dopo 10 giorni dalla prima somministrazione dell’anticorpo monoclonale. Dopo la prima somministrazione di eculizumab si delineava una condizione di polmonite multifocale. Dopo aver escluso un’infezione da Streptococcus pneumoniae e da Haemophilus influenza, la paziente veniva trattata con antibiotici ad ampio spettro ritardando la seconda somministrazione dell’eculizumab di una settimana. Veniva quindi somministrata la terza ed ultima dose del farmaco, successivamente sospeso per la comparsa di un rash cutaneo.

La paziente è attualmente in follow-up, non ha presentato relapse e a distanza di tredici mesi dal parto presenta una normale funzione renale con conta piastrinica, LDH, aptoglobina e proteinuria nel range di normalità; persiste invece l’ipocomplementemia. I test genetici per mutazioni a carico dei geni che regolano l’attività del complemento (CFH e omologhi, CFI, CFB, C3 e MCP) sono risultati negativi, così come la ricerca di anticorpi anti CFH.

 

Discussione

La comparsa nel peripartum di insufficienza renale acuta, piastrinopenia ed anemia emolitica microangiopatica (con incremento dell’LDH, riduzione dell’aptoglobina e presenza di schistociti), fa ipotizzare necessariamente condizioni quali l’emolisi, la preeclampsia, la sindrome HELLP, la PTT, o la SEU [21, 4647]. Tenendo conto della possibile evoluzione fatale di ciascuna di queste condizioni, è imperativo fare una corretta diagnosi (a tal fine può essere utile prendere in considerazione la flowchart proposta da Thurman [48]), ed iniziare un trattamento appropriato.

Nella diagnosi differenziale vanno fatte alcune considerazioni:

  • la PTT si manifesta prevalentemente nel postpartum. Lo stesso dicasi per la sindrome emolitico uremica, il 79% delle quali si realizzano nel postpartum [8], anche se sono state descritte forme di SEU che compaiono prima dell’espletamento del parto; queste ultime, nell’80% dei casi, complicano gravidanze di donne con anamnesi di SEU [4951]. La preeclampsia e la sindrome HELLP si manifestano essenzialmente nel terzo trimestre di gravidanza [2, 8, 5253]; la HELLP può anche complicare il post-partum nel 31% dei casi [16].
  • Una spiccata trombocitopenia associata a grave insufficienza epatica deve far ipotizzare una sindrome HELLP [9, 54], condizione nella quale il coinvolgimento del microcircolo renale è meno frequente (si manifesta solo in ⅓ dei casi); in queste forme il quadro di IRA è da ascriversi alla necrosi tubulare acuta. La ripresa funzionale è più rapida e non si avvale dell’utilizzo di anticorpi anti complemento [5557].
  • La predominanza della IRA rispetto ad una moderata trombocitopenia fa propendere la diagnosi verso una SEU [3, 48, 58]; il dosaggio della tossina di Shiga permette di differenziare una SEU atipica (SEUa) da una SEU-STEC.
  • Un’attività plasmatica dell’ADAMTS13 >5% esclude una PTT [58].
  • L’ipocomplementemia, in particolar modo il deficit del C3, per quanto sia suggestivo di SEUa non rappresenta un fattore determinante nella diagnosi in quanto è presente solo nel 36 % dei casi [59, 60].
  • Laddove la preeclampsia e la HELLP tendono a risolversi con l’espletamento del parto [61], la SEU persiste nel puerperio e regredisce con la terapia [62] (Tabella I).
  • Pur essendoci nella SEUa una sofferenza epatica, l’incremento delle transaminasi è di gran lunga inferiore rispetto a quello che si osserva nella HELLP [1].

 

La SEUa è una patologia grave a prognosi spesso infausta: nel 50% dei casi conduce ad insufficienza renale terminale nell’arco di 3-5 anni [63]. Il danno renale è caratterizzato da microtrombi vascolari, edema subendoteliale con ostruzione del lume vascolare, necrosi fibrinoide, ed ispessimento della MB glomerulare con immagine a doppio contorno [52, 6465]. Il 20% delle SEUa si manifestano in gravidanza, determinando un incremento della morbilità e mortalità materno-fetale [5, 27, 62]; nel peripartum l’iter diagnostico si complica ulteriormente in quanto vanno differenziate le forme secondarie alla gravidanza stessa, quelle associate a produzione di anticorpi anti fattore H [48], all’utilizzo di farmaci o a processi infettivi [37, 53, 66] da quelle legate ad una congenita disregolazione del complemento [8]. Non sono noti fattori che possano far prevedere l’eventuale emergere di SEU durante una gravidanza: una precedente gravidanza complicatasi in una SEU non è necessariamente un fattore di rischio, mentre precedenti gravidanze senza complicanze non escludono la possibilità di una tale evenienza. Alcuni autori hanno indicato il parto con taglio cesareo come possibile fattore scatenante; Gaggl, in una coorte di 14 puerpere con SEUa, sottolineava che il 20% delle donne aveva avuto un taglio cesareo [53].

Da alcuni anni la sindrome emolitico uremica del peripartum viene considerata un’entità nosologica specifica tanto da parlare di “Pregnancy-aHUS” (P-aHUS) [19, 24, 46, 6769], un’affezione che riconosce due meccanismi eziopatogenetici. Nell’ 86% dei casi si tratta di una congenita disregolazione della via alterna del complemento per mutazioni a carico dei geni (CFH e omologhi, CFI, CFB, C3 e MCP), quindi un fenotipo pro coagulante e pro infiammatorio che la gravidanza o il parto slatentizza [1, 8, 22, 28, 53, 59, 7072]. Nel 14% delle P-aHUS, invece, non sono dimostrabili mutazioni e la disregolazione del complemento è legata a fattori scatenanti che vedono nella gravidanza, e nel parto in particolare, il proprio trigger [22, 27, 35, 63, 66, 70]. Pertanto, il riscontro di una genetica negativa per i fattori del complemento non esclude la diagnosi di sindrome uremico emolitica atipica; nel corso della gravidanza, infatti, in particolar modo nel postpartum, in assenza di un fenotipo pro coagulante, alcune condizioni come il taglio cesareo, l’emorragia, l’infezione del liquido amniotico, la perdita della tolleranza materno-fetale e il passaggio di cellule fetali nella circolazione materna possono rappresentare il fattore scatenante di una disregolazione del complemento responsabile di condizioni come la HELLP, la preeclampsia e la SEUa [5, 5152, 7379]. Lo sviluppo della P-aHUS soprattutto nel postpartum (75% dei casi) potrebbe essere ascrivibile secondo Fakhouri [8] alla perdita, con l’espletamento del parto, di fattori di protezione fetali di origine paterna. Questo esporrebbe la puerpera a una disregolazione della via alterna del complemento geneticamente determinata o legata al parto come fattore scatenante. È dimostrata inoltre, nell’interfaccia materno fetale, la presenza di un fattore (il “decay accelerating factor”) che se iperespresso può attivare la cascata del complemento nella mamma in assenza di mutazioni genetiche [8081].

La prognosi renale risulta più grave nelle pazienti con mutazioni genetiche rispetto a quelle nelle quali l’attivazione della SEU è legata a fattori scatenanti associati al parto o alla gravidanza [66], così come differente risulta la risposta alla terapia con eculizumab: veloce nelle forme senza mutazioni, più lenta nelle forme associate a mutazioni genetiche [37, 82].

Già dal 2009 l’eculizumab ha sostituito la plasmaferesi nel trattamento della SEUa; il plasma exchange, infatti, si è rivelato inefficace in più di un terzo dei pazienti, che in breve tempo raggiungeva gli stadi terminali dell’insufficienza renale cronica dialisi dipendente [48, 79, 8387]. L’utilizzo dell’eculizumab si è dimostrato più efficace della plasmaferesi sia nella normalizzazione della funzione renale che dei parametri ematologici [8889]. L’uso del farmaco nella P-aHUS risale, invece, al 2013 ed è limitato a soli 10 casi [49, 5152, 9095]; la restitutio ad integrum della funzione renale è tanto più veloce quanto più precoce è l’utilizzo del farmaco [96], indipendentemente dalla presenza di mutazione dei geni che controllano il complemento [53]. In queste forme, in cui l’utilizzo della plasmaferesi migliorava la sopravvivenza ma non il danno d’organo, l’eculizumab ha cambiato radicalmente la prognosi della malattia [95, 9798].

Il trattamento delle MAT prevede l’uso di plasma fresco congelato e della plasmaferesi [67, 99]; nella nostra paziente abbiamo preferito infondere plasma solo fino a quando, escluse le altre forme di MAT, è stata fatta la diagnosi di P-aHUS che ci autorizzava all’ utilizzo di anticorpo monoclonale [100]. In letteratura non sono descritti schemi di dosaggio e durata del trattamento; nei casi aneddotici nei quali l’argomento è trattato la durata della terapia con eculizumab varia da una precoce sospensione, effettuata subito dopo il parto, fino a casi in cui il trattamento si è prolungato per 18 mesi [49, 9093]. In una coorte di 29 pazienti con SEUa secondaria è stata valutata la risposta allo “short treatment” con eculizumab (mediana di 8 settimane) ottenendo nel 100% dei casi la risoluzione della problematica senza nessuna riacutizzazione [37]. Sono però descritte anche recidive dopo la sospensione del farmaco, con miglioramento del quadro clinico con la ripresa della terapia [101103]. In uno studio del 2014, 3 pazienti su 10 presentavano una recidiva alla sospensione del farmaco; in tutti e tre era dimostrata una mutazione a carico del gene che codifica per il CFH [94]. Nella nostra paziente la somministrazione dell’anticorpo monoclonale è stata sospesa dopo la terza somministrazione per la comparsa di un rash cutaneo, senza che si sia osservata riacutizzazione della malattia. Dopo la prima somministrazione del farmaco, come già descritto da altri autori [60, 70, 95, 104], si è osservato un parziale miglioramento degli indici di funzione renale con ripresa della diuresi che ha consentito la sospensione del trattamento sostitutivo.

 

Conclusioni

Nel caso clinico appena descritto l’iniziale quadro di HELLP syndrome, diagnosticato secondo i criteri previsti dall’American College of Obstetricians and Gynecologists [105] e risoltosi nei primi giorni del puerperio con un progressivo miglioramento della sofferenza epatica, ha lasciato il posto ad una diagnosi di P-aHUS. Va precisato che in alcune forme di HELLP è dimostrata la presenza di mutazioni a carico dei geni CFH, CFI e MCP. In queste forme la disregolazione del complemento amplifica e sostiene il danno endoteliale e l’attivazione piastrinica [1, 106108] danno che, secondo alcuni autori, può essere sostenuto da mutazioni misconosciute [109] o attribuibile alla gravidanza stessa, che agisce da fattore scatenante [8, 110113]. Nel caso descritto riteniamo che, in assenza di mutazioni genetiche note, il trigger gravidanza o mutazioni sconosciute siano state responsabili della sindrome HELLP, che a sua volta ha innescato e sostenuto la SEU. Trattasi, pertanto, di una sindrome emolitico uremica del peripartum che riconosce nel parto e nella HELLP syndrome il momento scatenante.

A supporto di questa tesi portiamo:

  • il precoce miglioramento del danno epatico a parto espletato;
  • la persistenza dell’insufficienza renale e dell’emolisi;
  • l’ottima risposta all’utilizzo dell’eculizumab.

Inoltre, secondo la nostra conoscenza:

  • si tratta dell’undicesimo caso di P-aHUS trattato con eculizumab;
  • non sono descritti altri casi in cui il trattamento con eculizumab sia stato limitato alla somministrazione di sole tre dosi;
  • in letteratura è descritto un solo altro caso [48] di sindrome HELLP associata alla sindrome emolitica uremica della gravidanza; sfortunatamente questo non è stato trattato precocemente con eculizumab e si è evoluto in insufficienza renale cronica terminale.

Sebbene, nell’ambito delle microangiopatie trombotiche, sia sicuramente una sfida per il medico diagnosticare P-aHUS, abbiamo oggi gli strumenti per una diagnosi precoce e per un trattamento appropriato.

 

Ringraziamenti

Un ringraziamento particolare al compianto Dottor Cristoforo Cuzzola che tanto si è prodigato per la paziente il cui caso è stato qui descritto.

 

 

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