Gennaio Febbraio 2019 - Nefrologo in corsia

A child with severe growth delay and renal cysts

Abstract

We describe the case of a 5-year-old who came to our attention for a growth delay. Among the investigations planned because of the child’s short stature, we performed an abdominal ultrasound showing normal-sized kidneys with signs of cortico-medullar de-differentiation, diffuse medullary hyperechogenicity with reduction of cortical thickness and cortical-medullary cysts. The ultrasound findings, also confirmed in MRI, led us to suspect a genetically determined cystic nephropathy of the nephronophthisis or medullary cystic disease type. No mutation was identified in NPHP1, HNFb1 and UMOD genes. Interestingly, laboratory investigations revealed a severe metabolic acidosis with normal renal function and hypokalemia. These findings are not characteristics of a nephronophthisis. We therefore also performed molecular analysis for distal tubular acidosis (dRTA) that showed the association of two genetic variants of ATP6V1B1 and SLC4A genes. These “double mutations” have been inherited from the mother, which however does not have the classic dRTA phenotype. These variants do not currently meet the criteria for a conclusive molecular diagnosis of dRTA but represent variants of uncertain clinical significance. However, considering the clinical and laboratory data one can reasonably conclude that the child has a “probable” diagnosis of distal tubular acidosis. The rapid recovery of staturo-ponderal growth after the start of alkalizing treatment supports our diagnostic hypothesis. The association between distal tubular acidosis and renal cysts is well described in the literature. The hypothesis is that chronic hypokalemia may play a possible role in the formation of renal cysts.

Keywords: growth delay, renal cysts, tubular acidosis, ipokalemia

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Caso clinico

Descriviamo il caso di GL, maschio di 4 anni e mezzo che viene inviato dal pediatra curante all’ambulatorio di endocrinologia pediatrica per iposomia. Il bambino è nato a termine da parto spontaneo, senza problemi perinatali, l’acquisizione delle tappe psicomotorie è risultata nella norma. Il peso e la lunghezza nei primi 4 anni di vita si sono sempre mantenuti al di sotto del terzo percentile. Al momento della visita il peso è di 14,3 kg (3° percentile) e l’altezza di 96 cm (<3° percentile). Obiettivamente il bambino ha uno sviluppo corporeo armonico, l’obiettività cardiorespiratoria ed addominale risultano nella norma, i genitali esterni maschili risultano normoconformati ed il volume testicolare è di 2 ml bilateralmente.

La storia clinica è muta, se si eccettua una poliuria che i genitori riferiscono da circa un anno ma che non è stata mai quantificata né indagata.

L’altezza della madre è 161 cm, quella del padre 173 cm, con una statura target 173,5 ± 10 cm.

L’anamnesi familiare è positiva per una calcolosi renale sia nel gentilizio paterno che materno.

Un rallentamento della crescita staturo-ponderale potrebbe essere una manifestazione di patologia cronica oppure endocrinologica e dovrebbe essere tempestivamente indagato da parte del pediatra.

Tra le molteplici cause di bassa statura le principali sono:

  • bassa statura idiopatica/familiare
  • ritardo di crescita intrauterina
  • ritardo costituzionale di crescita e pubertà
  • deficit nutrizionali
  • sindromi genetiche malformative
  • cromosomopatie
  • aploinsufficienza del gene SHOX
  • malattie metaboliche
  • nefropatie: insufficienza renale cronica, tubulopatie
  • malattie endocrine
  • malattie croniche
  • malattie ossee

Eseguiamo pertanto una serie di accertamenti in merito all’inquadramento della bassa statura che ci permettono di evidenziare:

  • funzionalità epatorenale ed uricemia nella norma
  • calcio, fosforo, fosfatasi alcalina, PTH nella norma
  • emocromo, assetto marziale, indici di flogosi nella norma
  • immunoglobuline nella norma
  • antitransglutaminasi negative
  • funzionalità tiroidea e studio della funzionalità ipotalamo ipofisaria nella norma
  • età ossea che mostra un ritardo di 2 anni
  • esame urine normale con ph 7

Viene eseguita anche una ecografia addominale che mostra fegato e milza normali, ma evidenzia “aspetto displasico di entrambi i reni che presentano segni di de-differenziazione cortico-midollare con diffusa iperecogenicità midollare e lieve riduzione dello spessore corticale; al passaggio cortico-midollare sono inoltre visibili alcune piccole formazioni cistiche con diametro per lo più compreso fra 10 e 15 mm; incerto il rilievo di qualche minuscolo deposito calcifico. Il diametro bipolare renale rientra nei limiti di norma per l’età”.

Eseguiamo pertanto una uro-RM che conferma il quadro ecografico evidenziando reni di dimensioni normali per età (80 mm di diametro longitudinale) con midollare impegnata da numerose piccole formazioni cistiche del diametro max di 16 mm. In fase funzionale conservato potere emuntorio della corticale, per quanto di spessore discretamente ridotto; alterata appare invece la fase di equilibrio per relativa disomogeneità di segnale a livello midollare (Figura 1). I reperti ecografici e di RM ci orientano verso una nefropatia cistica geneticamente determinata, del tipo nefronoftisi o malattia cistica midollare (MSK).

Nell’ambito degli accertamenti per la bassa statura eseguiamo anche emogasanalisi che evidenzia una severa acidosi metabolica, con ph di 7.25, HCO3 15, BE -13 cui si associa ipokaliemia (2.2 mEq/L) con sodiemia, cloremia ed anion gap nella norma. Studiamo quindi il tubulo renale la cui funzionalità risulta nella norma: frazione di escrezione del sodio 0.2% (v.n. <1%), riassorbimento tubulare dei fosfati (TRP) 92% (v.n. >85%), calciuria/creatininuria 0.2 (v.n. <0.2), frazione escrezione acido urico 17% (v.n. <25%). Facciamo anche un esame audiometrico che esclude una ipoacusia.

A questo punto il dato rilevante è quello di una malattia cistica renale geneticamente determinata, sebbene non sia tipica l’associazione con acidosi metabolica ed ipopotassiemia.

Eseguiamo l’analisi molecolare per la nefronoftisi tipo 1 che non evidenzia delezioni del gene NPHP1. Questo gene, infatti, si associa alla forma più frequente e nel 70% dei bambini affetti sono state osservate delezioni omozigoti. Tale risultato non ci permette comunque di escludere la diagnosi di nefronoftisi vista l’eterogeneità genetica di questa condizione. Infatti, oltre la possibile presenza di mutazioni puntiformi del gene NPHP1, dobbiamo considerare il coinvolgimento di tutti gli altri geni fino ad oggi descritti come causativi di questo disordine genetico (circa 20 differenti geni). Anche l’analisi molecolare del gene UMOD (uromodulina) così come quella del gene HNFb1 sono risultate nella norma. Mutazioni di UMOD, che codifica per proteine espresse a livello del ciglio, sono responsabili di tre patologie tubulo interstiziali, la malattia midollare cistica tipo 2 (MCKD2), la nefropatia iperuricemica giovanile familiare e la malattia glomerulocistica renale (GCKD). Mutazioni di HNFb1, fattore di trascrizione implicato nella embriogenesi di rene, fegato e pancreas si associano a forme familiari di GCKD (1) (2).

Rimane da chiarire l’eziologia della acidosi tubulare e della ipopotassiemia. Siamo di fronte ad una nefronoftisi o una malattia cistica midollare con acidosi? Oppure si tratta di una acidosi tubulare distale con ipopotassiemia a cui si associano cisti renali corticomidollari?

Procediamo pertanto all’analisi molecolare dei geni implicati nella acidosi tubulare distale che caratteristicamente si può associare ad ipopotassiemia. Il sequenziamento diretto degli esoni 1-14 del gene ATP6V1B1 ci ha permesso di evidenziare la presenza in eterozigosi della variante di sequenza c.[687G>A [=] p.[Gly228Gly] [=]. Tale variante è stata identificata in eterozigosi nell’esone 7 del gene ATP6V1B1 in posizione 687 e comporta la sostituzione dell’ultimo nucleotide dell’esone 7 ed è stata precedentemente descritta in letteratura (3). L’analisi bioinformatica mediante il programma BDGP associa tale variante alla perdita del sito donatore di splicing dell’introne 7.

L’analisi molecolare degli esoni 1-20 del gene SLC4A1 ha evidenziato la presenza in eterozigosi della variante di sequenza c.[2122C>A];[=] p.[Leu708Met]; [=]. Tale variante è stata identificata in eterozigosi nell’esone 17 del gene SLC4A1 in posizione 708 e comporta la sostituzione dell’aminoacido Leucina con l’aminoacido Metionina (3). L’analisi di predizione con i programmi bioinformatici indicano la variante come probabilmente patogenetica (Polyphen 2) benigna (SIFT) e patogenetica (Mutation Taster).

L’analisi molecolare del gene ATP6V0A4 è risultata negativa.

Le stesse varianti sono state riscontrate nella madre e nel fratello del paziente, che tuttavia sono asintomatici se si eccettua una microlitiasi in assenza di acidosi o di cisti renali.

Quindi in conclusione è stata individuata la associazione di due varianti genetiche su due geni implicati nella dRTA (ATP6V1B1 e SLC4A1). Queste “doppie mutazioni” sono state ereditate dalla madre che tuttavia non presenta il fenotipo classico della dRTA, probabilmente per penetranza incompleta o per la presenza di geni modificatori protettivi. Tali varianti attualmente non soddisfano i criteri per una diagnosi molecolare conclusiva di dRTA ma rappresentano varianti di incerto significato clinico.

In considerazione dei dati clinici, laboratoristici e molecolari, ritenendo probabile la diagnosi di dRTA, abbiamo iniziato terapia con sodio bicarbonato e citrato di potassio che ha determinato una rapida normalizzazione dell’equilibrio acido base e della potassiemia ed una ripresa della crescita staturoponderale, dal 3° al 50° percentile per altezza e dal 3° al 25° percentile per peso (Figura 2). Attualmente il bambino ha 14 anni, la funzione renale e gli elettroliti sono normali in corso di terapia alcalinizzante.

 

Discussione

L’acidosi tubulare renale (RTA) è caratterizzata da una persistente acidosi metabolica con anion gap normale, causata da un ridotto riassorbimento dei bicarbonati da parte del tubulo prossimale (acidosi tubulare prossimale, pRTA) o da insufficiente acidificazione urinaria da parte delle cellule alfa-intercalate del tubulo distale (acidosi tubulare distale, dRTA). Quest’ultima si può trasmettere con modalità sia autosomica dominante (AD) che recessiva (AR). Le forme a trasmissione AD tipicamente si manifestano negli adolescenti ed in età adulta, sono più spesso causate da mutazioni del gene SLC4A1 che codifica per lo scambiatore basolaterale Cl-/HCO3- e si possono associare ad anemia emolitica. Le forme AR sono associate a mutazioni del gene ATP6V0A4 e ATP6V1B1, che codificano per le subunità rispettivamente A4 e B1 della pompa apicale H+/ATPasi. Mutazioni del gene ATP6V1B1 si possono associare a sordità neurosensoriale (4).

Dal punto di vista laboratoristico la dRTA è caratterizzata da acidosi metabolica ipercloremica con anion gap normale, ipopotassiemia, ipercalciuria e nefrocalcinosi. Nonostante la severa acidosi metabolica questi pazienti non riescono ad acidificare le urine ed avranno un ph urinario >5.5.

Clinicamente sono bambini che si presentano all’attenzione del curante per vomiti ripetuti, stipsi o alvo diarroico ma soprattutto sono bambini che non crescono, proprio come nel nostro caso. Spesso vi è una poliuria causata dal ridotto potere di concentrazione urinaria determinato dalla ipopotassiemia e dalla nefrocalcinosi.

Nel nostro caso il ritardo di crescita con riferita poliuria associato al riscontro laboratoristico di acidosi metabolica con ipopotassiemia ci ha permesso di porre il sospetto diagnostico. L’analisi molecolare ha evidenziato un quadro di non facile interpretazione; sono state infatti identificate due varianti genetiche su due diversi geni della dRTA ereditate dalla madre, che tuttavia non soddisfano i criteri per una diagnosi molecolare conclusiva di dRTA. Tuttavia, riteniamo che i dati clinico-laboratoristici, sebbene non associati ad una genetica del tutto chiara, ci suggeriscono di porre diagnosi “probabile” di acidosi tubulare distale. È nostra intenzione studiare con le nuove tecnologie a disposizione (sequenziamento ad alta processività) se eventuali varianti patogenetiche in altri geni, oltre quelli classicamente noti per dRTA, potrebbero essere responsabili di questi quadri clinici ascrivibili ad acidosi distale.

Ma il nostro paziente prima di tutto presentava un quadro di cisti renali multiple che ci aveva orientato inizialmente verso una malattia cistica renale geneticamente determinata. Le malattie cistiche renali ereditarie comprendono le seguenti entità cliniche:

  • rene policistico autosomico dominante (ADPKD) e recessivo (ARPKD)
  • nefronoftisi
  • cisti glomerulari corticali o tubulari con interessamento tubulo-interstiziale del rene in ambito di sindromi note (s.oro-faciale-digitale, s.di Jeune, s.di Joubert, s. di Zellweger, trisomia 13, s. di Meckel-Gruber, s. di Bardet-Biedi, s. di Beckwitt-Wldemann)
  • cisti glomerulari associate a diabete, iperuricemia e interessamento epatico, dovute a mutazione del gene HNF1ß
  • malattie cistiche della midollare renale (MSK)
  • sclerosi tuberosa

L’insieme di queste malattie viene oggi definito con il termine più ampio di “malattie ciliari”, cioè causate da alterazioni dei geni che sintetizzano proteine appartenenti ad un organello cellulare presente in diversi tessuti (rene, fegato, apparato respiratorio, ecc.), chiamato appunto “ciglio”. Le caratteristiche ecografiche ed alla RM del nostro paziente ci avevano fatto ipotizzare una nefronoftisi o una malattia cistica della midollare renale. Tuttavia in una nefronoftisi con funzione renale normale non si osserva mai una acidosi metabolica, pertanto, vista anche la familiarità per calcolosi renale abbiamo pensato ad una malattia cistica midollare (MSK, rene a spugna midollare), che si può associare ad alterazioni della acidificazione e concentrazione urinaria. Contro tale ipotesi vi è il reperto alla uroRM che non risulta peculiare di MSK, sebbene il gold standard per la diagnosi sia l’urografia, che non è stata eseguita. Anche la storia clinica di un ritardo di crescita e di una acidosi metabolica così severa e precoce non è un elemento tipico dei pazienti con MSK. Da segnalare che recentemente Carboni et al (5) hanno descritto due pazienti con acidosi tubulare distale e varianti nei due geni delle forme recessive che presentavano un quadro urografico che poteva essere compatibile con MSK. Tuttavia anche in questi pazienti il quadro clinico, la severità dell’acidosi e del ritardo di crescita deponevano più per una dRTA che per un MSK (6).

In letteratura è invece descritta l’associazione tra dRTA e cisti renali (7). Tale associazione è stata confermata in un recente studio di Besouw et al (8). Gli autori hanno analizzato il follow-up a lungo termine di una casistica di 24 bambini con dRTA ed hanno osservato che 9/24 pazienti (37%) avevano sviluppato durante il follow-up cisti renali midollari, la cui eziologia rimane da chiarire. Lo sviluppo di cisti renali in questa coorte di pazienti non era correlato all’età di inizio della terapia, alla diagnosi molecolare ed alla funzione renale. Gli autori ipotizzano che l’ipopotassiemia cronica che si associa alla acidosi tubulare possa causare la formazione delle cisti renali. Studi sperimentali su modelli animali hanno infatti dimostrato come la ipopotassiemia cronica determina una iperplasia dei tubuli collettori della midollare con conseguente ostruzione e successiva dilatazione tubulare. A conferma di tale ipotesi è lo studio di Torres et al (9), che ha confrontato una coorte di pazienti con iperaldosteronismo ed ipopotassiemia con una coorte di controllo con ipertensione essenziale ed ha evidenziato come lo sviluppo di cisti renali fosse significativamente più frequente nei pazienti con ipopotassiemia. Il meccanismo patogenetico di tale associazione rimane ancora non chiaro. Crediamo che il metodo migliore per indagare questi casi con quadro clinico “non tipico” sia oggi il sequenziamento Next Generation Sequencing, cioè la possibilità di ottenere un sequenziamento ad alta processività di tutto il genoma. Infatti, in un unico esperimento, e con ormai costi ridotti, si può ovviare alla necessità di analizzare solo alcuni geni, mentre si raccoglie l’intero spettro delle variazioni genomiche aumentando la possibilità di fare una diagnosi precisa per ciascun paziente. Studi a lungo termine su casistiche più ampie di pazienti pediatrici con acidosi tubulare potrebbero fornire ulteriori informazioni in merito al possibile meccanismo eziopatogenetico di tale associazione ed alla prognosi renale a lungo termine di questa tipologia di pazienti.

 

Bibliografia

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  3. Palazzo V, Provenzano A, Becherucci F, Sansavini G, Mazzinghi B, Orlandini V, Giunti L, Roperto RM, Pantaleo M, Artuso R, Andreucci E, Bargiacchi S, Traficante G, Stagi S, Murer L, Benetti E, Emma F, Giordano M, Rivieri F, Colussi G, Penco S, Manfredini E, Caruso MR, Garavelli L, Andrulli S, Vergine G, Miglietti N, Mancini E, Malaventura C, Percesepe A, Grosso E, Materassi M, Romagnani P, Giglio S. “The genetic and clinical spectrum of a large cohort of patients with distal renal tubular acidosis”. Kidney Int. 2017 May;91(5):1243-1255.
  4. Santos F, Ordóñez FA, Claramunt-Taberner D, Gil-Peña H. “Clinical and laboratory approaches in the diagnosis of renal tubular acidosis” Pediatr Nephrol. 2015 Dec;30(12):2099-107.
  5. Carboni I, Andreucci E, Caruso MR, Ciccone R, Zuffardi O, Genuardi M, Pela I, Giglio S. “Medullary sponge kidney associated with primary distal renal tubular acidosis and mutations of the H+-ATPase genes”. V 2009 Sep;24(9):2734-8.
  6. Gambaro G, Fabris A, Lupo A. “MSK and dRTA: a puzzling association”. Nephrol Dial Transplant. 2010 May;25(5):1724; author reply 1725. Epub 2010 Feb 26.
  7. Igarashi T, Kosugi T. “The incidence of renal cyst formation in patients with primary distal renal tubular acidosis”. Nephron. 1994;66(4):474.
  8. Besouw MTP, Bienias M, Walsh P, Kleta R, Van’t Hoff WG, Ashton E, Jenkins L, Bockenhauer D. “Clinical and molecular aspects of distal renal tubular acidosis in children”. Pediatr Nephrol. 2017 Jun;32(6):987-996.
  9. Torres VE, Young WF Jr, Offord KP, Hattery RR. “Association of hypokalemia, aldosteronism, and renal cysts”. N Engl J Med. 1990 Feb 8;322(6):345-51.