Luglio Agosto 2018 - Nefrologo in corsia

Posterior Reversible Encephalopathy Syndrome (PRES) induced by Rituximab in two patients with vasculitis, and treated by hemodialysis

Abstract

Small and medium vessel vasculitides, either ANCA-associated or caused by anti-GBM antibodies, are multisystemic diseases with predominantly renal involvement that often require dialysis support; clinical remission can be induced with immunosuppressive therapies including apheretic treatments, high doses of steroids, and immune suppressants. In addition to the complications resulting from the primary pathological process, those associated with the immunosuppressive therapies are not negligible.

Reversible Posterior Encephalopathy Syndrome (PRES) is a clinical condition with a hyperacute onset, which can complicate the evolution of vasculitides while treated by immunosuppressive therapy. Relevant pathogenic factors are represented by alterations of the cerebral blood-brain barrier or vasogenic and/or brain edema phenomena, also related to uncontrolled hypertension.

We describe two cases of patients with systemic vasculitides, rapidly progressive renal failure (RPGN) requiring dialysis, and poor response to the initial immunosuppressive therapy who were treated subsequently with rituximab. PRES developed immediately after administration of the drug, which, however resulted effective on the course of the vasculitis in one case and not effective in the other.

In both cases, the subsequent radiological controls showed a total resolution of the encephalic alterations observed during the acute phase.

Keywords: PRES, Rituximab, ANCA-associated vasculitis, Anti-GBM Glomerulonephritis, Iatrogenic complications.

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Introduzione

Le vasculiti, gruppo eterogeneo di patologie accomunate da una flogosi di tipo autoimmune dei vasi di piccolo e medio calibro, sono malattie rare e comprendono la Granulomatosi con Poliangioite (GPA), incidenza annua, in Europa, di 2.5 casi per 100.000 di abitanti (1) e la Glomerulonefrite da Anticorpi anti Membrana Basale Glomerulare (GN anti-GBM), 1 caso per milione di abitanti l’anno nella popolazione caucasica (2).

La GPA si associa comunemente alla presenza di anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili (ANCA); mentre nella GN anti-GBM l’antigene bersaglio è rappresentato dalla catena alfa-3 del collagene di tipo IV presente a livello della membrana basale glomerulare ed alveolare (3). Molteplici condizioni possono svolgere un ruolo di trigger per la malattia: infezioni respiratorie e tossine inalatorie (tipo idrocarburi, benzene, fumo di sigaretta, lacca per capelli) possono innescare il coinvolgimento polmonare (4). Queste malattie possono avere un’estrinsecazione clinica variabile. Tuttavia, il quadro clinico sin dall’esordio appare spesso severo e rapidamente evolutivo, con interessamento polmonare e sintomi sistemici, oltre all’interessamento renale, rappresentato da microematuria, proteinuria glomerulare di grado moderato (1-3gr/24h), contrazione della diuresi e peggioramento della funzione renale (5). Il coinvolgimento polmonare si manifesta con distress respiratorio, tosse, espettorato striato di sangue o franca emottisi. Nel 30% circa dei pazienti con Sindrome di Goodpasture concomita ANCA positività e il quadro clinico si arricchisce di gittate purpuriche ed artralgie (6).

L’esame istologico dimostra una glomerulonefrite proliferativa extracapillare, necrotizzante con semilune in vario stadio di evoluzione (7).

La GPA è classificata tra le GNRP pauci immuni, cioè caratterizzate dall’assenza o paucità di immunodepositi rilevabili all’immunofluorescenza. Nel siero si riscontra frequentemente la positività per ANCA con pattern c-ANCA da anticorpi anti-proteinasi 3 (anti-PR3), questi sono predittivi di recidiva della malattia (8); meno frequentemente positività per p-ANCA con specificità per anticorpi anti-mieloperossidasi (anti-MPO). Nella GN da Ab anti GBM è invece possibile dimostrare la presenza di immunodepositi lineari di IgG lungo la membrana basale glomerulare.

Il regime terapeutico differisce secondo il grado di coinvolgimento renale e polmonare e il tipo di risposta attesa. Pazienti con GN moderata (creatinina sierica < 5 mg/dL e crescents < 50-75% dei glomeruli) e/o con malattia acuta (recente insorgenza, mancanza di cronicità all’istologia) sono suscettibili di risposta alla terapia. Il trattamento di scelta è mirato a rimuovere l’eccesso di autoanticorpi e mediatori della flogosi in circolo mediante cicli di plasmaferesi in aggiunta a terapia immunosoppressiva, combinando glucocorticosteroidi e agenti alchilanti citotossici (ad esempio ciclofosfamide, CYP) oppure l’anticorpo monoclonale anti CD20+ al fine di prevenire l’ulteriore risposta immunitaria di tipo umorale. Infatti, per la GPA lo studio RAVE e il protocollo RITUXIVAS hanno indicato la non inferiorità di Rituximab (RTX) nell’indurre remissione di malattia (9, 10).

Per la GN Anti-GBM, poiché in alcune forme molto aggressive gli immunosoppressori non agiscono abbastanza rapidamente per arrestare l’evoluzione della vasculite o poiché i flare sono frequenti e non possono essere gestiti con la CYP (11), negli ultimi anni, è stato indicato il RTX come una potenziale alternativa alla CYP sia per l’induzione che per il mantenimento della remissione (12).

Da un punto di vista prognostico nella GPA la remissione completa è possibile per circa il 70% dei pazienti, ma circa la metà di loro va in contro a recidive. Tuttavia il 90% dei pazienti sviluppa una significativa morbilità a causa della malattia e/o del trattamento (13).

Per quanto concerne la GN anti-GBM nei pazienti non trattati, la malattia di solito progredisce fino all’insufficienza renale e/o all’exitus. Tra quelli sottoposti a terapia oltre il 90% sopravvive alla fase acuta della malattia; tuttavia il tasso di sopravvivenza a 2 anni è inferiore al 50%. I pazienti che sopravvivono al primo anno con normale funzionalità renale hanno una buona prognosi a lungo termine, anche se possono verificarsi recidive tardive. Rispetto alla popolazione generale, i pazienti trattati presentano un rischio più elevato di morbilità e mortalità per insufficienza renale, emorragia polmonare o complicanze del trattamento (14, 15).

La soppressione immunitaria eccessiva può provocare anche infezioni localizzate o sistemiche invasive e pericolose per la vita; pertanto la gestione dei processi vasculitici con impegno sistemico richiede una scelta accurata del regime terapeutico al fine di ottenere un equilibrio tra immunosoppressione e complicanze potenzialmente fatali. Per quanto il RTX si sia dimostrato efficace nell’indurre la remissione di vari tipi di vasculite, esso può provocare eventi avversi acuti, anche gravi, come descritto in questi due casi clinici.

 

Casi clinici

Caso 1: Uomo di 72 anni, iperteso, senza significativa alterazione della funzione renale. Un mese prima del ricovero, un esame di routine dimostrava moderata riduzione dell’eGFR (44 ml/min/1,73m2). Dopo comparsa di febbre, astenia e perdita di peso il paziente veniva ricoverato c/o il nostro reparto. All’ingresso gli esami di laboratorio evidenziavano: anemia, ipoalbuminemia, proteinuria, HBsAg positività ed un’insufficienza renale di grado severo, che richiedeva l’avvio al trattamento dialitico. Si riscontrava positività per c-ANCA all’IF ed un alto titolo di anti-PR3 (110 UA/mL, VN < 10). La biopsia renale dimostrava un quadro di GPA. Previa profilassi con Entecavir, iniziava terapia immunosoppressiva con boli di metilprednisolone ad alte dosi e CYP per os (100 mg/die), associata ad un ciclo di 10 sedute di plasmaferesi. Successivamente, comparivano macroematuria ed emottisi. L’esame TC mostrava bilateralmente infiltrati polmonari diffusi nei lobi superiori ed associati a noduli calcifici, che richiedevano terapia antibiotica ed antifungina ad ampio spettro.

Dopo circa una settimana, le condizioni cliniche del paziente peggioravano rapidamente: ulteriore aggravamento del quadro polmonare, segni di emorragia alveolare alla TC torace HR di controllo (Figura 1) e l’insorgenza di grave insufficienza respiratoria. Si rendeva necessaria la ventilazione assistita con C-PAP.

Il delinearsi di una prognosi infausta, spingeva ad utilizzare il RTX, come rescue therapy, somministrato in due dosi, da 1 gr ciascuna, a distanza di 15 giorni l’una dall’altra.

Dopo la prima infusione di RTX, si assisteva ad un rapido miglioramento globale che consentiva la sospensione del trattamento emodialitico.

Quattro giorni dopo la seconda dose, inaspettatamente la situazione precipitava a causa di un arresto cardio-respiratorio trattato prontamente con manovre di RCP, seguito da un episodio convulsivo generalizzato, con perdita di coscienza e coma. Il paziente veniva intubato e trasferito c/o l’U.O. di Rianimazione.

La RM encefalo evidenziava un’ampia regione edemigena vascolare acuta e subacuta in sede fronto-temporo-parieto-occipitale destra (Figura 2). Tuttavia, dopo circa 24 ore si osservava un progressivo miglioramento clinico, fino alla completa regressione dello stato di coma e le successive RM mostravano una graduale e completa regressione delle lesioni cerebrali. In base al quadro clinico-radiologico si concludeva quindi per una sindrome PRES (Encefalopatia Posteriore Reversibile) indotta da RTX.

Alla dimissione, dopo circa due mesi e mezzo di degenza, il quadro polmonare e quello cerebrale erano completamente risolti; mentre residuava insufficienza renale di modesta entità (eGFR 48 ml/min/1,73m2) e proteinuria di grado medio (0,8 g/die).

Caso 2: Donna di 51 anni, prima comparsa di microematuria nel 2007. Nel novembre 2014 riscontro di proteinuria sub-nefrosica e nel mese di dicembre accedeva c/o il PS di altro centro, per vomito incoercibile, astenia, febbre e macroematuria. Gli esami di laboratorio mostravano insufficienza renale acuta (sCr 6,9 mg/dl) associata ad anemia severa. Per l’instaurarsi di oligoanuria la paziente iniziava il trattamento emodialitico. La paziente era quindi trasferita c/o la nostra UO.

Durante tale ricovero, si evidenziava la positività ad alto titolo degli anticorpi anti-GBM (189 UA/mL, VN <10), veniva posta diagnosi di GNRP anti-GMB. La biopsia renale eseguita durante il primo ricovero e rivalutata da un esperto di istopatologia (MR) permetteva di porre diagnosi di GN necrotizzante extracapillare (Figura 3).

La terapia somministrata comprendeva steroidi e.v., sedute di immunoadsorbimento con filtro TR-350 e successivamente si somministrava RTX al dosaggio di 500 mg. Dopo 48 ore dalla prima infusione di RTX e al termine della seduta dialitica, la paziente manifestava crisi ipertensiva resistente alla terapia e stato soporoso con segni neurologici di lato sinistro. Eseguiva TC cranio negativa per alterazioni vascolari. Dopo qualche ora si osservava un episodio critico con lateroversione sinistra, seguito da crisi tonico-cloniche generalizzate subentranti e coma, che rendevano necessaria l’intubazione OT ed il trasferimento c/o l’ U.O di Rianimazione. L’angio-RM encefalo mostrava multiple aree di edema cerebrale della corteccia e della sostanza bianca sottocorticale in sede frontale ed occipitale, bilateralmente con tendenza alla simmetricità e lievi segni di vasospasmo diffuso dei vasi cerebrali. Dopo circa 72 ore si assisteva alla regressione dello stato di coma e ad un progressivo miglioramento delle condizioni neurologiche (Figura 4). Pertanto la paziente ritornava c/o la nostra U.O. dove proseguiva la terapia steroidea e.v. associata alle sedute di immunoadsorbimento e nimodipina ev. Il monitoraggio neurologico con ECD transcranici seriati e periodiche RMN encefalo di controllo, mostrava graduale miglioramento del quadro clinico, fino a completa risoluzione del vasospasmo cerebrale. L’episodio acuto neurologico poteva essere quindi inquadrato, in base ai dati clinici e di imaging, in una sindrome PRES verosimilmente legata alla somministrazione di RTX.

Alla dimissione, dopo circa tre mesi, residuava una deambulazione tendenzialmente falciante a sinistra, e nonostante l’ultimo dosaggio degli anti-GBM mostrasse solo una debole positività (16,31 UA/mL), persisteva la necessità del trattamento sostitutivo emodialitico.

 

Discussione

Abbiamo descritto due casi di PRES complicanti il trattamento immunosoppressivo rispettivamente di un caso di GPA e un caso di GN da Ab anti-GBM, entrambi evoluti con coinvolgimento multi-sistemico.

Nel primo caso si è verificato un arresto cardiorespiratorio associato a massive alterazioni della materia bianca dell’emisfero destro dopo quattro giorni da una seconda dose di RTX. Nel secondo caso il coinvolgimento neurologico e respiratorio sono insorti dopo due giorni dalla somministrazione della prima dose di RTX.

PRES e Leucoencefalopatia Multifocale Progressiva (PML) possono avere una sintomatologia sovrapposta e le alterazioni radiografiche indotte possono essere indistinguibili alle scansioni RM. La differenziazione è sia su base clinica per la rapidità di insorgenza e scomparsa dei sintomi nella PRES, contro la loro persistenza ed evolutività nella PML (16, 17), sia su base laboratoristica, con la positività all’esame PCR del liquor per virus JC nel caso della PML (18). Sia PML che PRES sono state riportate come possibili complicanze della terapia con RTX.

La diagnosi di PRES è clinico-radiologica, appare correlata ad uno stato neurotossico con reperti radiologici distintivi (19, 20). Classicamente vengono descritte modificazioni a carico della sostanza bianca posteriore, tuttavia tra le sedi coinvolte il talamo e il lobo temporale possono presentare lesioni unilaterali oppure bilaterali (21). I sintomi mostrano gravità variabile da perturbazioni minori del livello di coscienza fino a convulsioni, encefalopatia e coma.

L’eziologia non è del tutto definita, ma le teorie proposte suggeriscono un ruolo fondamentale svolto dalla perdita dell’autoregolazione dei vasi cerebrali che determinerebbe anomalie relative alla vasodilatazione e vasocostrizione causando ipertensione intracranica, emorragia cerebrale, esiti ischemici locali ed edema vasogenico (2224). In letteratura sono stati descritti casi di PRES sia associati a differenti stati patologici quali l’eclampsia, l’ipertensione maligna, il lupus eritematoso sistemico e alcune neoplasie maligne; sia possibili relazioni con terapie immunosoppressive, in particolare inibitori delle calcineurine, CYP e Ab monoclonali (25 27). L’esordio dei sintomi può realizzarsi come reazione immediata durante l’infusione endovenosa oppure come reazione ritardata fino a tre settimane dopo la prima dose.

In analogia con altre segnalazioni di PRES correlata a farmaci, anche i casi descritti nel nostro report presentavano diversi fattori di rischio coesistenti, rappresentati da insufficienza renale acuta, che richiedeva trattamento dialitico, marcata acidosi metabolica, severo sovraccarico idro-elettrolitico, ipertensione maligna, impegno polmonare. Tale evidenza suggerisce che il rischio cumulativo elevato costituisce una componente importante nello sviluppo di malattia.

Nei casi descritti di PRES l’interessamento cerebrale è dovuto a cambiamenti reversibili della sostanza bianca, caratterizzati da edema cerebrale provocato sia dal processo vasculitico che dalla terapia immunosoppressiva con RTX.

Il RTX agisce sulle cellule CD20 positive promuovendo apoptosi e citotossicità cellulare sia di tipo mediato che attivando la cascata del complemento (28). I pazienti trattati con RTX hanno livelli significativamente più alti di TNF-α e C3a (29). Questo ambiente pro-infiammatorio potrebbe promuovere improvvise variazioni della permeabilità vascolare cerebrale ed alveolare polmonare favorendo la PRES. Il rilascio massiccio di citochine e l’attivazione del sistema del complemento, durante o immediatamente dopo la fase di infusione, espongono il paziente ad un aumentato rischio di sindrome coronarica acuta o di disturbi del ritmo (3032).

I nostri pazienti erano entrambi sottoposti a trattamento emodialitico in corso di terapia con RTX. Nel primo caso, per il drammatico peggioramento respiratorio, abbiamo infuso 2 dosi da 1gr di RTX a distanza di quindici giorni l’una dall’altra. I risultati terapeutici, in termini di miglioramento della funzionalità polmonare e renale, sono stati impressionanti, anche se non è possibile escludere che il coinvolgimento cardiaco e neurologico sia stato, almeno in parte, causato dal farmaco o dalla sua modalità di somministrazione. Nel secondo caso, in virtù della severità del processo glomerulonefritico e del coinvolgimento respiratorio, è stata somministrata una dose di RTX da 500 mg. Il tentativo terapeutico è risultato infruttuoso e non influente sull’outcome renale della paziente.

 

Conclusioni

La nostra esperienza suggerisce che è fondamentale ricercare un equilibrio tra i potenziali effetti collaterali della terapia con Rituximab e la necessità di controllare i processi di malattia sottostanti, poiché la PRES è una reazione rara e imprevedibile, che quando si verifica, spesso trova substrato fertile nelle comorbidità e nelle condizioni generali dei pazienti in esame, quali ad esempio l’insufficienza renale grave che necessita di trattamento emodialitico. Un approccio pragmatico potrebbe essere quello di ridurre al minimo i fattori di rischio conosciuti quali l’ipertensione e la proteinuria prima di iniziare la terapia con RTX.

In conclusione, riteniamo che sia richiesta enorme cautela nell’impiego di RTX in pazienti con vasculiti in trattamento emodialitico per il possibile scatenamento di una PRES e che sia necessario definire meglio la posologia terapeutica del farmaco in questa “delicata” categoria di pazienti.

  

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