Luglio Agosto 2018 - Nefrologo in corsia

Possible role of Lercanidipine in Chiloperitoneum occurrence in CAPD: a case-report

Abstract

Chylous ascites is rarely observed in patients undergoing peritoneal dialysis Here, we present the occurrence of chyloperitoneum in a peritoneal dialysis patient disappeared immediately after discontinuation of calcium-antagonist.

Keywords: chyloperitoneum, calcium-antagonist, Chylous ascites

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Introduzione

I calcio-antagonisti rappresentano un caposaldo nella terapia dell’ipertensione e diverse generazioni sono state sviluppate con differente emivita e attività recettoriale. Sono farmaci liposolubili, quindi con maggiore capacità di legarsi alla membrana cellulare, che ne funge da deposito.

In seguito al legame avviene il rilascio graduale dalla membrana con un effetto duraturo e costante dovuto all’interazione con i canali del calcio. Il più comune e conosciuto effetto collaterale, l’edema periferico, è dose dipendente ed è correlato alla vasodilatazione arteriosa e venosa, con incremento della pressione idrostatica. Un raro effetto collaterale è l’insorgenza di chiloperitoneo. Yoshimoto K. e coll. già nel 1993 avevano correlato questa categoria di farmaci a 5 casi, mostrando nel 1998 una casistica di 19 pazienti di 251 in CAPD con liquido lattescente all’assunzione di barnidipina, manidipina, nisoldipina e nifedipina (1). In letteratura si segnala, inoltre, la possibilità di correlazione tra insorgenza di chiloperitoneo a seguito dell’assunzione dell’aliskiren, in un paziente in dialisi peritoneale, affetto da Diabete Mellito II tipo: il meccanismo non è noto ma sembra che l’aliskiren abbia indotto l’incremento delle concentrazioni sieriche della cilnidipina, in una probabile interazione (2).

Riportiamo in questo case-report la nostra esperienza legata all’insorgenza di chiloperitoneo in una paziente trattata in CAPD sottoposta a trapianto di rene.

 

Caso clinico

Una paziente di 53 anni affetta da insufficienza renale cronica avanzata dal 2012, diagnosticata a seguito della comparsa di un quadro di sindrome nefrosica, senza eziologia definita: non è stata indicata la biopsia renale considerati i segni ecografici di nefropatia cronica; trattata in seguito con dialisi peritoneale, secondo modalità CAPD, dal 2015. Non erano stati rilevati problemi degni di nota di natura metabolica o infettiva durante il trattamento sostitutivo. A giugno 2017 era sottoposta a trapianto renale da donatore deceduto, complicato da tossicità da tacrolimus e successiva modulazione della terapia con inibitore delle calcineurine, fino a dimissione con formulazione di tacrolimus a lento rilascio e miglioramento della funzione renale (creatinina 2.9 mg%). La stessa praticava terapia immunosoppressiva con steroide e micofenolato, sviluppando un diabete iatrogeno, con necessità d’inserimento di terapia con insulina e antipertensiva con sartanico. In seguito, per il mal controllo pressorio, si modulava terapia antipertensiva con lercanidipina al dosaggio di 20 mg/die. Si ricoverava dopo 15 giorni presso la nostra U.O. per peggioramento degli indici di funzione renale (creat. 3.7 mg%), incremento ponderale e contrazione della diuresi. All’ingresso, era eseguita ecografia addominale che refertava “Esame ostacolato dall’ abbondante meteorismo enterocolico e dal quadro ecografico di ascite. Paziente con rene trapiantato: IR con campionamento Doppler interlobare misura 0,78. Nei limiti suddetti non si evidenziano alterazioni ecostrutturali di rilievo a carico di fegato e milza, solo parzialmente esplorabili. Vescica scarsamente repleta. Inesplorabile il resto”. Era stata, pertanto, drenata una quantità di circa 3000 cc di liquido, dall’aspetto lattescente, dal catetere per dialisi peritoneale, da sottoporre ad esame chimico-fisico, colturale e citologico (Figura 1). L’esame dimostrava che non c’era evidenza d’infezioni in atto, si presentavano con alta concentrazione di trigliceridi, 150 mg%, albumina 1.5 g%, colesterolo totale cinquantadue mg%, globuli bianchi 80/mmc; all’esame istologico “…presenza di alcuni leucociti reattivi senza cellularità sospetta” , tutto in presenza di trigliceridemia, colesterolemia, amilasemia e lipasemia nella norma. In considerazione dei valori pressori bassi riscontrati (in media 110/70 mmHg), veniva sospesa terapia con calcio antagonista. Si assisteva, quindi, alla immediata e progressiva riduzione del versamento, riformatosi dopo il primo effluente, in 4 giorni, fino ad un volume finale di circa 150 cc, con un miglioramento (Figura 2) . Tornava in follow-up nelle settimane successive, con conferma dell’assenza di versamento. La diagnosi differenziale ha permesso di escludere altre cause di chiloperitoneo. La nostra paziente non presenta storia di cardiopatia, di peritoniti, né di alterazioni di natura pancreatica e/o epatica (AST 11 UI/l, ALT 6 UI/l , LIPASI 67 UI/l, GAMMA GT 12 UI/l). I markers tumorali (CA 125, CA 19.9, CA 15.3, TPA, alfafetoproteina, enolasi neurospecifica) erano negativi (3, 4); gli indici infiammatori normali. Abbiamo ritenuto, in ultimo, opportuno, sottoporla a TC addome con mezzo di contrasto per escludere eventuali processi oncologici e la peritonite sclerosante, risultata negativa per lesioni densitometriche documentabili. Era escluso dalle cause anche l’intervento chirurgico per trapianto renale, visto il lungo intervallo temporale trascorso dall’evento (5).

 

Diagnosi differenziale e discussione

Il chiloperitoneo definito dalla presenza di linfa nella cavità addominale è una rara complicanza del trattamento dialitico peritoneale (prevalenza 0.5%). Il liquido peritoneale appare lattescente con concentrazione di trigliceridi >110mg%. Si possono associare distensione addominale, dispnea, dolore e nausea post-prandiale; pone problemi di diagnosi differenziale con la peritonite. Riconosce tra suoi meccanismi patogenetici principali: l’ostruzione neoplastica del dotto linfatico; l’essudato linfatico dai capillari dilatati; l’interessamento del dotto toracico a seguito di trauma o procedura chirurgica con diretta perdita di linfa nel cavo peritoneale. Nei Paesi in via di sviluppo è riconosciuta una causa infettiva (tubercolosi e filariasi). Può essere, inoltre, di riscontro nel paziente cardiopatico (pericardite costrittiva, scompenso destro, cardiomiopatia dilatativa) per incremento della pressione linfatica; alla stessa maniera, l’aumento della pressione venosa determina maggiore produzione di linfa nel cirrotico (0.5-1% dei casi). La pancreatite acuta o cronica, invece, causa chiloperitoneo per compressione dei vicini vasi linfatici (612) . Gli interventi chirurgici sull’addome che possono più frequentemente presentare questa complicanza sono: la riparazione di aneurisma, pancreatico-duodenectomia, asportazione di linfonodo retropertoneale, nefrectomia, impianto di catetere per dialisi peritoneale, fundoplicatio secondo Nissen e bypass gastrico (1316) .

In letteratura è stata anche indagata l’azione dei calcio-antagonisti sui vasi linfatici, deputati alla rimozione dei fluidi interstiziali (17). Il gruppo di N. Telinius ha pubblicato dei dati sull’inibizione in vitro ma non in vivo della contrattilità dei vasi linfatici, dipendente da canali del calcio di tipo L, con l’impiego della nifedipina (18). Inoltre sono riportate alcune esperienze sulla possibile correlazione tra chiloperitoneo e calcio-antagoniti. M.C. Vinolo Lòpez e coll. hanno presentato il caso di una giovane donna affetta da Insufficienza renale cronica in trattamento sostitutivo dialitico peritoneale (CAPD) con comparsa di liquido lattescente, ricco in trigliceridi, all’assunzione della Manidipina; escluse tutte le altre cause(19) . Alla stessa maniera, You- Tzu Tsao e coll., concludono la presentazione del caso di una donna di 41 anni in CAPD, sottolineando come alla sospensione della lercanidipina, la formazione del chiloperitoneo importante riscontrato è andata riducendosi in 24h (20). Yang W.S. e coll. hanno pubblicato nel 2008 una casistica di 14 pazienti in DP in trattamento con lercanidipina, 8 dei quali sviluppano chiloperitoneo franco (concentrazione media di trigliceridi 128.4 +/- 133.0 mg%) (21) . Nell’esperienza di Yamamoto T. e coll, è l’Azelnidipina la possibile causa della comparsa di ascite lattescente in un paziente con poliangioite microscopica (22). Come riportato in letteratura, anche nel nostro caso, la comparsa di liquido chiloso sembra avere come agente causale la lercanidipina, un calcio-antagonista diidropiridinico di ultima generazione, vasoattivo, altamente lipofilico che si ipotizza possa agire sulle cellule muscolari lisce del tratto gastroenterico e sui vasi ematici e linfatici comportando una combinazione di effetti, alcuni ricercati e voluti perchè terapeutici, come riduzione della pressione arteriosa, altri intesi come effetti avversi non voluti ma a rischio calcolato come diarrea, aumento dell’ultrafiltrazione e più ratamente chiloperitoneo. Il rischio di sviluppare l’evento avverso descritto sembra essere correlato proprio al profilo lipidico e ai valori elevati di trigliceridi e colesterolo (23, 24). Sebbene manchino maggiori dettagli sul meccanismo di azione che correlino la comparsa di chiloperitoneo all’uso dei calcio-antagonisti, è importante considerarla una possibile ma molto rara evenienza con una rapida risoluzione, segnalata nel nostro e negli altri casi descritti, dopo sospensione del farmaco.

 

References 

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