Emodialisi domiciliare: nuovi modelli organizzativi a favore della sostenibilità economica ed ambientale nella Provincia di Belluno

Abstract

La Malattia Renale Cronica (MRC) ha una prevalenza in Italia del 7.05% [1]. I trattamenti dialitici sostitutivi provocano l’emissione di gas serra [2] contribuendo al cambiamento climatico, importante fonte di rischio alla salute globale [3]. Inoltre, la percentuale del Prodotto Interno Lordo (PIL) italiano destinata alla spesa sanitaria si è progressivamente contratta [4]. La provincia di Belluno, con un’area di 3610 km2, una densità abitativa di 56 persone/km2, e un indice di vecchiaia di 248.5 [5], offre 4 centri dialisi; tuttavia, diversi pazienti impiegano fino a 8 ore/settimana per il trasporto al centro dialitico, con notevole impatto ambientale ed economico.

Abbiamo quindi investigato l’utilizzo dell’emodialisi domiciliare (ED-D), sia come emodialisi domiciliare assistita (ED-DA), che in forma di emodialisi domiciliare non assistita (ED-DN), per valutarne la sostenibilità ambientale ed economica, e in particolare l’effettivo impatto dovuto alla loro adozione da parte di 5 pazienti.

Grazie all’ED-DA è possibile una riduzione fino a 3767 kg di CO2 all’anno, e un risparmio economico fino a 32 456 €/anno. Con un trattamento di ED-DN è invece raggiungibile una riduzione di 5330 kg di CO2 all’anno, e una contrazione della spesa sanitaria di 30 156 €/anno. Infine, l’adozione di ED-D per 5 pazienti ha permesso una riduzione delle emissioni di 14 537 kg di CO2 e un risparmio economico netto di 57 975 €.

Consideriamo perciò l’ED-D una valida opzione per pazienti residenti in realtà a ridotta densità abitativa, in cui i trasporti incidono in modo significativo, permettendo una netta riduzione delle emissioni equivalenti di CO2 e un notevole risparmio delle risorse sanitarie impiegate.

Parole chiave: emodialisi ospedaliera, emodialisi domiciliare, sostenibilità economica, spesa sanitaria, sostenibilità ambientale, emissioni CO2.

Introduzione

La prevalenza in Italia della Malattia Renale Cronica (MRC) è del 7.05%, e del 2.89% per quanto riguarda lo stadio G3-5, secondo lo studio nazionale italiano relativo al periodo 2008-2012 [1]. La prevalenza degli stadi più avanzati di MRC aumenta tuttavia all’incrementare dell’età della popolazione [6]. In una popolazione mediamente più anziana, a parità di numerosità di persone, sarà quindi presente un numero più elevato di pazienti affetti da MRC avanzata con una necessità maggiore di trattamenti sostitutivi.

La sostenibilità ambientale dei trattamenti sanitari è un tema di fondamentale importanza per il nostro operato, poiché il cambiamento climatico rappresenta una fonte importante di rischio alla salute globale [3]. Il trattamento dialitico, sia extracorporeo che peritoneale, comporta l’emissione di gas ad effetto serra, dovuti principalmente al trasporto del personale, dei pazienti, e dei materiali utilizzati, alla produzione dei consumabili stessi, e al mantenimento della struttura ricettiva che ospita i pazienti [2].

La sostenibilità economica è un argomento di altrettanto rilievo considerando che la percentuale del PIL nazionale dedicata alla spesa sanitaria pubblica si è progressivamente contratta nel periodo pre-pandemico, dal 2010 al 2019, passando dal 7% al 6.4% del PIL [4]. La possibilità di un risparmio economico, mantenendo inalterata la qualità del servizio offerto al paziente, richiede una riallocazione efficiente delle risorse e l’adozione di nuovi modelli organizzativi.

La provincia di Belluno si estende su una superficie di 3610 km2, a prevalenza montuosa, e con una densità abitativa di appena 56 persone/km2. Nel corso degli ultimi anni si sta inoltre verificando un progressivo spopolamento [5], specialmente da parte degli abitanti più giovani, con un conseguente più rapido invecchiamento della popolazione residente. L’indice ISTAT di vecchiaia del 2021 di Belluno si attesta a 248.5 anziani (considerando tutti coloro con un’età anagrafica maggiore di 65 anni) ogni 100 giovani (popolazione con un’età minore di 14 anni) [5], ovvero il 36% più elevato di quello di Milano (indice ISTAT di vecchiaia: 183). La problematica che ci troviamo ad affrontare in questo territorio è pertanto la necessità di offrire un servizio adeguato ad una popolazione anziana multicomorbide distribuita su un ampio territorio a scarsa densità abitativa, coniugata all’esigenza di ridurre l’impatto ambientale ed economico dei trattamenti destinati ai nostri pazienti. Nonostante la dialisi peritoneale sia generalmente la prima opzione che offriamo ai nostri pazienti con necessità di intraprendere un trattamento sostitutivo, questa possibilità non è sempre attuabile per eventuali controindicazioni alla metodica o per scelta del paziente; difatti, su un totale di 134 pazienti in trattamento dialitico nella provincia di Belluno, circa un terzo (28%) attua una dialisi peritoneale, mentre il restante 72% è in trattamento dialitico extracorporeo. La provincia di Belluno dispone di quattro centri di dialisi extracorporea; tuttavia, molti pazienti si ritrovano a dover impiegare fino a 8 ore alla settimana per giungervi mediante trasporto personale o dedicato (ambulanza o pulmino) con un conseguente notevole impatto ambientale, economico, e sulla qualità di vita del paziente. Ai nostri pazienti offriamo anche la possibilità di eseguire l’emodialisi domiciliare, sia come ED-DA, ove è presente per tutta la durata della seduta dialitica un infermiere dedicato che attua le procedure necessarie, che sotto forma di ED-DN, in cui il paziente stesso, o un caregiver in sua vece, esegue il trattamento dialitico.

Lo scopo di questo lavoro è pertanto quello di valutare i modelli organizzativi di emodialisi domiciliare in ottica di sostenibilità ambientale ed economica.

 

Materiali e metodi

Le metodiche di emodialisi domiciliare

L’ED-DA che impieghiamo sul nostro territorio si avvale del Dialog iQ® System (B. BRAUN ®), con una una prescrizione del trattamento della durata di 4 ore per 3 giorni alla settimana.

L’ED-DN che utilizziamo per i nostri pazienti prevede invece l’impiego dell’NxStage System (Fresenius®) ed una prescrizione dialitica di 2 ore di trattamento per 6 giorni alla settimana.

I pazienti

I pazienti in cura presso le nostre Unità Operative e che hanno beneficiato dell’emodialisi domiciliare sono ad oggi 5. La durata del trattamento dialitico domiciliare considerata è stata calcolata dalla differenza tra la data di inizio del trattamento domiciliare fino al decesso del paziente o alla data 31/12/2021.

Paziente 1: uomo, vivente, di 51 anni, in trattamento emodialitico cronico mediante ED-DN da 4 anni e 1 mese. In anamnesi si segnala: glomerulonefrite mesangiale a depositi di IgA, pregresso trapianto di rene da donatore deceduto, ipertensione arteriosa, esiti di paratiroidectomia 7/8, pregressa infezione da Clostridium difficile, e pregressa correzione di ernia epigastrica ed ombelicale.

Paziente 2: donna, deceduta a 89 anni, in pregresso trattamento emodialitico cronico mediante ED-DA eseguita presso l’RSA in cui risiedeva per un totale di 4 mesi. In anamnesi si segnala: nefropatia secondaria a mieloma a catene leggere k stadio IIIb, ipertensione arteriosa, pregressa poliomielite, osteoporosi, colecistectomia, IPMN, e pregressa broncopolmonite bilaterale.

Paziente 3: uomo, deceduto a 95 anni, in pregresso trattamento emodialitico cronico mediante ED-DA eseguita presso l’RSA in cui risiedeva per un totale di 7 mesi. In anamnesi si segnala: nefroangiosclerosi, ipertensione arteriosa, portatore di PM per BAV di 2° grado, epatopatia esotossica, esofagite di 1° grado, diverticolosi del sigma, colecistectomia per colecistite acuta, ipertrofia prostatica benigna, otite destra complicata, e pregressa frattura dell’osso parietale con ematoma extra-assiale.

Paziente 4: uomo, deceduto a 68 anni, in pregresso trattamento emodialitico cronico mediante ED-DA eseguita presso l’RSA in cui risiedeva per un totale di 1 mese. In anamnesi si segnala: cirrosi in epatopatia esotossica con ipertensione portale e sviluppo di insufficienza renale acuta epato-renale, diabete mellito di tipo II in terapia insulinica, ipertensione arteriosa, retinopatia ipertensiva, distrofia maculare occhio sinistro, e polivasculopatia.

Paziente 5: donna, deceduta a 76 anni, in pregresso trattamento emodialitico cronico mediante ED-DA eseguita presso l’RSA in cui risiedeva per un totale di 4 mesi. In anamnesi si segnala: sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi in connettivite indifferenziata, cardiopatia ipertensiva, arteriopatia polidistrettuale, diverticolisi del colon, esiti di pregressa poliomielite, e osteoporosi.

  ED ospedaliera

pazienti automuniti

(kg equivalenti di CO2/anno – (%))

ED ospedaliera

trasporto con pulmino

(kg equivalenti di CO2/anno – (%))

ED ospedaliera

trasporto con ambulanza

(kg equivalenti di CO2/anno – (%))

ED-DA

(kg equivalenti di CO2/anno – (%))

ED-DN

(kg equivalenti di CO2/anno – (%))

Trasporto infermieri 767 (14) 767 (15) 767 (9) 3100 (69) 0 (0)
Trasporto pazienti per emodialisi 3100 (59) 2900 (57) 6100 (74) 0 (0) 0 (0)
Trasporto paziente per visite nefrologiche 0 (0) 0 (0) 0 (0) 0 (0) 117 (4)
Consumabili e confezionamento 1421 (27) 1421 (28) 1421 (17) 1421 (31) 2841 (96)
TOTALE 5288 5088 8288 4521 2958
Tabella 1: emissione equivalente di CO2 annuale stimata (kg equivalenti di CO2/anno – (%)).

Le emissioni equivalenti di CO2

Abbiamo deciso di utilizzare come gas di riferimento per le emissioni di sostanze a potenziale di riscaldamento globale l’emissione equivalente di CO2, essendo il parametro base considerato dal Protocollo di Kyoto [7].

L’emissione equivalente di CO2 annuale stimata (Tabella 1) per i trasporti è stata calcolata utilizzando il calcolatore presente sul sito myclimate [8]. Per il calcolo delle emissioni stimate di kg di CO2 annuali per il trattamento dialitico di un singolo paziente è stato assunto: per il trasporto degli infermieri dal proprio domicilio al centro di dialisi una distanza massima di 30 km, e l’utilizzo di un’auto utilitaria a diesel; per il trasporto degli infermieri dal proprio domicilio al domicilio del paziente in caso di emodialisi domiciliare una distanza massima di 40 km, e l’utilizzo di un’auto utilitaria a diesel; per il trasporto autonomo dei pazienti per il trattamento dialitico o visita di controllo dal domicilio al centro dialisi una distanza massima di 40 km, e l’utilizzo di un’auto utilitaria a diesel; per il trasporto dei pazienti mediante pulmino dal domicilio al centro dialisi una distanza massima di 60 km, assumendo i consumi del pulmino equivalenti a quelli di un van a diesel; e per il trasporto dei pazienti mediante ambulanza dal domicilio al centro dialisi una distanza massima di 50 km, assumendo i consumi dell’ambulanza di nuovo equivalenti a quelli di un van a diesel.

I km annuali percorsi da infermieri e pazienti per l’esecuzione di trattamenti dialitici sono stati calcolati considerando i km del singolo viaggio moltiplicati per il viaggio di andata e quello di ritorno, quindi per le 3 sedute settimanali, ed infine per le 52 settimane presenti in un anno.

I km annuali percorsi per le visite di controllo dai pazienti in ED-DN sono stati calcolati considerando i km del singolo viaggio moltiplicati per il viaggio di andata e quello di ritorno, e quindi per 6, considerando che le visite vengono eseguite a cadenza bimestrale.

L’emissione di CO2 annuale stimata per i trasporti è stata inoltre divisa per 3 per il trasporto degli infermieri dal proprio domicilio al centro dialisi, poiché nei nostri Centri dialisi ospedalieri ogni infermiere assiste 3 pazienti; mentre è stata divisa per 3.5 per il trasporto dei pazienti mediante pulmino, in quanto ogni pulmino trasporta da 3 a 4 pazienti. Abbiamo infine considerato una media di 1 paziente trasportato da ogni ambulanza.

L’emissione equivalente di CO2 annuale stimata (Tabella 1) per i consumabili (per esempio filtri e linee di dialisi), e relativo imballaggio per il trasporto degli stessi, è stata assunta utilizzando i valori riportati dallo studio inglese di Connor et al. [2], considerando per i trattamenti emodialitici eseguiti presso un centro di dialisi o di ED-DA i valori riportati per l’emodialisi standard eseguita presso un centro dialisi (in riferimento allo studio di Connor et al. [2] il trattamento di ICHD Standard 3x4h), poiché in entrambi i casi le sedute emodialitiche sono eseguite a cadenza trisettimanale per una durata di 4 ore ciascuna. Mentre per i trattamenti di ED-DA sono stati considerati i valori riportati per l’emodialisi standard domiciliare (in riferimento allo studio di Connor et al. [2] i valori per l’HHD Standard 6x2h), in quanto con la medesima durata e cadenza settimanale.

Paziente Tipo ED Durata ED Riduzione complessiva emissione equivalente CO2 stimata

(Kg equivalenti di CO2)

Riduzione complessiva

spesa sanitaria

(€)

1 ED-DN 4 anni 1 mese – 9514 – 14 700
2 ED-DA 4 mesi – 1256 – 10 819
3 ED-DA 7 mesi – 2197 – 18 933
4 ED-DA 1 mese – 314 – 2705
5 ED-DA 4 mesi – 1256 – 10 819
TOTALE   5 anni e 5 mesi – 14 537 – 57 976
Tabella 2: riduzione dell’emissione equivalente di CO2 stimata e della spesa sanitaria complessiva attuando l’emodialisi domiciliare per i nostri 5 pazienti considerando l’effettiva durata dei trattamenti emodialitici domiciliari.

Per il calcolo dell’effettivo risparmio di emissioni equivalenti di CO2 stimata grazie ai 5 pazienti in trattamento dialitico domiciliare (Tabella 2) è stata considerata, per il tempo effettivo di esecuzione del trattamento emodialitico domiciliare (in mesi), la differenza tra le emissioni stimate di CO2 per la metodica dialitica domiciliare effettuata dal paziente e, per il paziente in trattamento di ED-DN, le emissioni stimate per l’emodialisi eseguita presso il centro da un paziente automunito, essendo il paziente autosufficiente e muovendosi autonomamente con mezzi propri in occasione delle visite di controllo nefrologiche, mentre per i quattro pazienti in trattamento di ED-DA, sono state considerate le emissioni stimate per l’emodialisi eseguita presso il centro con un trasporto mediante ambulanza, essendo pazienti fragili, non autosufficienti, e con difficoltà alla deambulazione.

Per il calcolo di emissioni equivalenti di CO2 emesse da un volo diretto andata e ritorno in classe economica da Venezia a New York abbiamo utilizzo i valori calcolati grazie al sito myclimate [9].

  ED ospedaliera

pazienti automuniti

(€/anno – (%))

ED ospedaliera

trasporto con pulmino

(€/anno – (%))

ED ospedaliera

trasporto con ambulanza

(€/anno – (%))

ED-DA

(€/anno – (%))

ED-DN

(€/anno – (%))

Personale infermieristico, attrezzatura medico-sanitaria, e consumabili  

 

37 600 (100)

 

 

37 600 (82)

 

 

37 600 (61)

 

 

31 700 (100)

 

 

34 000 (100)

Trasporto pazienti 0 (0) 8075 (18) 23 556 (38) 0 (0) 0 (0)
TOTALE 37 600 45 675 61 156 31 700 34 000
Tabella 3: spesa sanitaria per i trattamenti dialitici (€/anno – (%)), considerando per il trasporto con il pulmino una media di 3.5 pazienti per mezzo, e per l’ambulanza una media di 1 pazienti per trasporto.

Le risorse economiche

Le risorse economiche considerate (Tabella 3) sono le risorse impiegate per le attrezzature medico-sanitarie, i consumabili, lo stipendio del personale sanitario, e i costi di trasporto.

I costi di trasporto dei pazienti dal proprio domicilio al centro dialisi mediante pulmino ed ambulanza sono stati calcolati considerando una media di 1.51 €/km. I km percorsi utilizzati come riferimento sono relativi a una distanza massima di 60 km per il trasporto mediante pulmino dal domicilio al centro dialisi, e a una distanza massima di 50 km per il trasporto mediante ambulanza dal domicilio al centro dialisi.

I km annuali per i trattamenti dialitici sono quindi stati calcolati considerando i km del singolo viaggio moltiplicati per il viaggio di andata e quello di ritorno, quindi per 3 volte a settimana, considerando 3 sedute settimanali, ed infine per 52, per le settimane presenti in un anno.

Per il calcolo dell’effettivo risparmio economico dovuto ai 5 pazienti in trattamento dialitico domiciliare (Tabella 2) è stata considerata, per il tempo effettivo di esecuzione del trattamento emodialitico domiciliare (in mesi), la differenza tra la spesa necessaria per la metodica dialitica domiciliare effettuata dal paziente e, per il paziente in trattamento di ED-DN, il costo per l’emodialisi ospedaliera per un paziente automunito, essendo il paziente autosufficiente e muovendosi autonomamente con mezzi propri in occasione delle visite di controllo nefrologiche, mentre per i quattro pazienti in trattamento di ED-DA, è stata presa in considerazione la spesa altrimenti sostenuta per un’emodialisi ospedaliera e trasporto del paziente mediante ambulanza, essendo pazienti fragili, non autosufficienti, e con difficoltà motorie.

 

Risultati

se attuata ED-DA

(kg equivalenti di CO2 all’anno)

se attuata ED-DN

(kg equivalenti di CO2 all’anno)

ED ospedaliera

pazienti automuniti

– 767 – 2330
ED ospedaliera

trasporto con pulmino

– 567 – 2130
ED ospedaliera

trasporto con ambulanza

– 3767 – 5330
Tabella 4: riduzione ottenibile dell’emissione equivalente di CO2 annuale stimata (kg equivalenti di CO2 all’anno) attuando l’emodialisi domiciliare.
se attuata ED-DA

(€/anno)

se attuata ED-DN

(€/anno)

ED ospedaliera

pazienti automuniti

– 5900 – 3600
ED ospedaliera

trasporto con pulmino

– 13 975 – 11 675
ED ospedaliera

trasporto con ambulanza

– 32 456 – 30 156
Tabella 5: riduzione ottenibile della spesa sanitaria complessiva annuale (€/anno) attuando l’emodialisi domiciliare.

L’emissione equivalente di CO2 annuale stimata (Tabella 1) per l’emodialisi ospedaliera per pazienti automuniti è di 5288 kg, per pazienti trasportati mediante pulmino arriva a 5088 kg, mentre per pazienti trasportati con l’ambulanza è di 8288 kg; per l’ED-DA è ridotta invece a 4521 kg di CO2 all’anno, mentre per l’ED-DN è di appena 2958 kg di CO2 all’anno.

Le risorse economiche impiegate annualmente (Tabella 3) per l’emodialisi ospedaliera per pazienti automuniti sono 37 600 €/anno, per pazienti trasportati mediante pulmino sono 45 675 €/anno, mentre per pazienti trasportati con l’ambulanza arrivano a 61 156 €/anno; per l’ED-DA si parla invece di appena 31 700 €/anno, mentre per l’ED-DN di 34 000 €/anno.

La massima riduzione possibile annuale di emissioni equivalenti di CO2 (Tabella 4) attuando una ED-DA è di 3767 kg di CO2 annui, valore che arriva a 5330 kg di CO2 all’anno con il passaggio a un’ED-DN.

Il massimo risparmio economico annuale attuabile (Tabella 5) è di 32 456 €/anno grazie al passaggio a ED-DA, valore di poco superiore a quanto ottenibile grazie all’ED-DN, che arriva a 30 156 €/anno.

Per quanto riguarda la nostra casistica (Tabella 2) di 5 pazienti beneficiari di un trattamento dialitico domiciliare, è stata possibile una riduzione effettiva di emissioni equivalenti di CO2 di 14 537 kg (l’equivalente di 6.5 voli diretti di andata e ritorno in classe economica da Venezia a New York), e un risparmio economico netto di 57 976 €, rispetto all’utilizzo di trattamenti emodialitici ospedalieri.

 

Discussione

I dati ottenuti per le emissioni equivalenti di CO2 (Tabella 1) evidenziano una netta riduzione delle emissioni annuali attuando metodiche dialitiche domiciliari, in particolar modo applicando trattamenti di ED-DN. Il principale attore delle emissioni nel caso di trattamenti dialitici ospedalieri è costituito dal trasporto dei pazienti, che determina emissioni da 2900 a 6100 kg di CO2 all’anno. Per quanto riguarda i trattamenti domiciliari, per l’ED-DA il maggior contribuente alle emissioni di CO2 è rappresentato dal trasporto degli operatori sanitari al domicilio del paziente, che causa il rilascio di CO2 annua fino a 3100 kg. Nel frangente dell’ED-DN, il trasporto del paziente dal domicilio al presidio ospedaliero per le visite di controllo a cadenza bimestrale determina invece il rilascio di appena 117 kg di CO2 all’anno. Questi dati si distanziano con quanto evidenziato dallo studio di Connor et al. [2] in cui i trasporti dei pazienti e del personale sanitario determinano il rilascio combinato massimo di 922 kg di CO2 annui. In questo studio le emissioni dei trasporti sono state calcolate basandosi su distanze ottenute da un sondaggio nazionale del Regno Unito del 2010 riguardo i trasporti dei pazienti in trattamento dialitico [10]. In tale rilevamento il 79% degli adulti dichiarava un percorso inferiore alle 10 miglia (19 km) per raggiungere il proprio centro dialitico, il 15% circa riferiva un percorso di 10-20 miglia (19-37 km), e circa il 5% un tragitto compreso tra 20 e 40 miglia (37-74 km). I nostri dati rispecchiano tuttavia un’area con un’ampia superficie scarsamente popolata. Sarebbero quindi da confrontare considerando esclusivamente i pazienti provenienti da aree analoghe che verosimilmente presentano percorrenze del tragitto domicilio-centro dialitico superiori rispetto alla maggior parte della popolazione dialitica del Regno Unito. Infatti, dall’analisi dei nostri dati riguardante i contributi parziali all’emissione di CO2 annuale, il trasporto dei pazienti al centro dialitico ospedaliero determina fino al 74% delle emissioni, percentuale che si contrae al 69% considerando i trasporti degli operatori sanitari al domicilio dei pazienti per i trattamenti di ED-DA, ed appena al 4% per i trasporti dei pazienti per le visite mediche di controllo nel caso di trattamenti di ED-DN.

La nostra analisi mette inoltre in evidenza una netta riduzione della spesa sanitaria attuando metodiche dialitiche domiciliari (Tabella 3), con un risparmio fino a 30 156 €/anno grazie all’ED-DN, e fino a 32 456 €/anno con l’impiego di ED-DA. Questi dati sono in linea con quanto riportato da altri studi sull’impatto economico delle metodiche dialitiche convenzionali domiciliari: in particolare lo studio di Lee et al. [11], del 2002, e l’indagine di Kroeker et al. [12], del 2003. Lee et al. [11] hanno sviluppato uno studio prospettico su 166 pazienti riscontrando una spesa annuale di 51 252 $/anno (ovvero circa 41 264 €/anno) per i trattamenti dialitici ospedalieri, rispetto ai 29 961 $/anno (quindi circa 26 460 €/anno) per i trattamenti domiciliari. Kroeker et al. [12] hanno invece eseguito uno studio comparativo retrospettivo considerando un ampio ventaglio di costi associati sia all’esecuzione dei trattamenti dialitici che ai controlli necessari ai pazienti per un regolare svolgimento delle sedute dialitiche, ovvero le spese legate a: consumabili, visite mediche, accessi al PS, ospedalizzazioni, test di laboratorio, trattamenti farmacologici, stipendio degli operatori sanitari coinvolti, produzione dell’acqua per il trattamento dialitico, e installazione e manutenzione degli apparecchi dialitici. Tale studio ha evidenziato una riduzione della spesa sanitaria di 8046 $/anno per paziente grazie al passaggio da trattamento dialitico ospedaliero a trattamenti di tipo domiciliare.

Per quanto riguarda la nostra analisi, il dato che maggiormente vogliamo sottolineare è la spesa necessaria per garantire i trasporti dei pazienti per i trattamenti dialitici ospedalieri che può arrivare a 23 556 €/anno, determinando il 38% della spesa complessiva annua. Questo dato è sottolineato anche dallo studio di Malström et al. [13], del 2008, che evidenzia come la differenza significativa di spesa tra trattamenti ospedalieri gestiti dai pazienti stessi (in assenza di personale sanitario) e domiciliari risieda nei costi associati ai trasporti che possono arrivare a 9464 €/anno per i trattamenti ospedalieri e ad appena 1169 €/anno per la dialisi domiciliare.

Le problematiche maggiori da affrontare per l’attuazione di trattamenti dialitici domiciliari riguarda la selezione di pazienti che dispongano di un accesso vascolare ben funzionante, e la possibilità di usufruire di spazi domiciliari adeguati per posizionare i macchinari dialitici. Inoltre, per quanto riguarda i trattamenti di ED-DN, i pazienti o i loro caregiver devono essere in grado di eseguire tutte le procedure necessarie per svolgere il trattamento dialitico in modo efficace e sicuro. Infine, un possibile ostacolo che può presentarsi all’implementazione di trattamenti di ED-DN è il timore da parte dei pazienti o dei loro caregiver di eseguire la venipuntura. Timori che tuttavia possono essere sciolti mediante un percorso dedicato di iniziale affiancamento infermieristico al paziente o del caregiver nell’acquisizione delle competenze per lo svolgimento della venipuntura e delle procedure dialitiche.

Infine, la possibilità di attuare trattamenti di ED-DA per pazienti fragili all’interno di strutture RSA permette a questi pazienti di non dover affrontare il trasporto al centro dialitico e di ottenere cure efficaci nel rispetto della persona. Parimenti, l’accesso a un trattamento di ED-DN permette al paziente giovane e autonomo una migliore gestione del proprio tempo e una più ampia libertà nelle proprie abitudini alimentari e di introito idrico.

 

Conclusioni

La provincia di Belluno presenta con ridotta densità abitativa e un’ampia superficie, ambiente in cui i trasporti dei pazienti e del personale sanitario incidono in modo significativo sull’impatto ambientale ed economico del trattamento emodialitico cronico. In un contesto simile consigliamo quindi di implementare il più possibile le metodiche dialitiche domiciliari, siano esse un trattamento dialitico peritoneale o un trattamento emodialitico domiciliare (in particolare di ED-DA per pazienti fragili e multicomorbidi e di ED-DN per pazienti giovani e autonomi), tra le possibilità offerte ai pazienti permettendo così una netta riduzione delle emissioni equivalenti di CO2 e un notevole risparmio delle risorse sanitarie impiegate.

 

Bibliografia

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Emodialisi domiciliare: una esperienza condivisa

Abstract

La domiciliarità dei trattamenti dialitici rappresenta un obiettivo primario del Ministero della Salute, obiettivo ben espresso attraverso il Piano Nazionale Cronicità ed il Documento di Indirizzo per Malattia Renale Cronica: nel paziente uremico la Emodialisi Domiciliare (EDD) e la dialisi Peritoneale (DP) rappresentano le due principali modalità di esecuzione dei trattamenti eseguibili a domicilio del paziente. La EDD è una metodica già utilizzata in passato, che ha trovato recentemente nuova applicazione attraverso innovative e più semplici tecnologie. L’autonomia del paziente e la necessità di presenza di caregiver in corso di seduta ne rappresentano ancora i principali fattori limitanti.

In questo studio osservazionale multicentrico sono stati arruolati 7 pazienti, sottoposti per 24 mesi a sei sedute emodialitiche settimanali di 180’ ciascuna: visite mediche ed esami ematochimici erano eseguiti mensilmente e le valutazioni di controllo erano effettuate ai tempi 3, 6, 12, 18 e 24 mesi. Già dopo 3-6 mesi di EDD e per tutto il periodo dello studio si è assistito ad un miglioramento nel controllo del metabolismo calcio-fosforo (decremento della fosforemia (p <0.01) con decremento del numero di chelanti del fosforo utilizzati (p <0.02)), una riduzione del paratormone (p <0.01), un miglioramento del controllo pressorio (con riduzione del numero di farmaci ipotensivi p <0.02) e una riduzione non significativa della dose di eritropoietina. La EDD, anche se applicabile ad una percentuale ridotta di pazienti (5%), ha migliorato il controllo della pressione arteriosa, il metabolismo calcio-fosforo e la anemia con una ridotta necessità di rhEPO.

Parole chiave: malattia renale cronica, dialisi domiciliare, emodialisi

Introduzione

Il mondo della cronicità rappresenta un’area in progressiva crescita che richiede continuità assistenziale per periodi di lunga durata, comporta un notevole impegno di risorse e richiede una forte integrazione dei servizi sanitari con quelli sociali: si crea pertanto la necessità di implementare servizi e percorsi residenziali/territoriali finora non sufficientemente sviluppati.

La gestione della cronicità rappresenta perciò una sfida importante per la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). A tal proposito il Ministero della Salute ha individuato gruppi di patologie da regolamentare sia per peso epidemiologico, assistenziale ed economico che per la difficoltà di accesso alle cure ed ha emanato, in condivisione con le Regioni, nel settembre 2016, il “Piano Nazionale della Cronicità” (PNC) [1] e quindi nel marzo 2017 il “Documento di Indirizzo per la Malattia Renale Cronica (MRC)” [2]. Questi documenti si pongono come obiettivo principale l’ottimizzazione della gestione del paziente cronico e in particolare (nel secondo caso) quello con MRC, attraverso le evidenze scientifiche emergenti, l’appropriatezza delle prestazioni e la condivisione dei Percorsi Diagnostici e Terapeutici Assistenziali (PDTA) [1]. A questo proposito, fra le principali criticità sono evidenziate una carente offerta per la dialisi peritoneale (DP) e l’emodialisi domiciliare (EDD) [1,2].

Obiettivo primario della gestione della cronicità è quello di mantenere la persona malata all’interno del suo contesto di vita quotidiana e impedire, o ridurre al minimo, il rischio di istituzionalizzare il paziente in sedi comunitarie (ospedale, strutture residenziali territoriali). C’è poi quello di ridurre i costi dei trasporti dei pazienti dal domicilio alla struttura sanitaria e viceversa: alla luce della recente epidemia di Sars-Cov2 tali indicazioni appaiono ulteriormente rafforzate [3].

La personalizzazione della terapia dialitica deve tenere conto delle caratteristiche del paziente adottando quindi la dialisi domiciliare (EDD o PD) non solo per il paziente autosufficiente al domicilio, ma anche per il paziente anziano autosufficiente presso centri diurni o RSA. Nel caso del paziente non autosufficiente dovrebbe essere sempre prevista all’interno del domicilio del paziente la presenza di un caregiver ben addestrato e/o di validi supporti di teledialisi [4].

Questo studio osservazionale multicentrico ha avuto l’obiettivo di osservare le variazioni nel tempo delle condizioni cliniche e delle variabili biochimiche dei pazienti inseriti in un programma di EDD. I due centri partecipanti hanno condiviso un protocollo comune di identificazione, arruolamento e follow-up dei pazienti.

 

Materiali e metodi

Dopo averne appurato l’idoneità (Tabella I) è stata proposta ai pazienti la EDD. Tra i criteri di selezione, erano di particolare rilevanza il grado di autonomia e lo svolgimento di eventuale attività lavorativa. Il caregiver era rappresentato dal coniuge in tutti i casi (Tabella I).

Motivazione del paziente ad eseguire EDD
Karnofksy Score ≥60
Presenza di un caregiver durante la seduta
Pregressa esperienza di emodialisi in centro
Accesso vascolare ben funzionante (Qb ≥300 mL/min) e (se FAV) ben pungibile
Stabilità cardiovascolare in corso di seduta emodialitica
Valutazione del grado di apprendimento di paziente e caregiver durante il training
Aderenza corretta alla terapia dialitica e farmacologica
Verifica della idoneità logistica domiciliare all’esecuzione di EDD
Tabella I: Criteri di selezione del paziente da inserire in un piano di emodialisi domiciliare

Dopo l’informazione al paziente ed al caregiver, ed il conseguente assenso al trattamento, veniva firmato il modulo del consenso [5] e si iniziava quindi il training in centro per il paziente ed un caregiver (per un totale di almeno 5 sedute), in affiancamento ad un infermiere dedicato ed allo “specialist” del dializzatore. Successivamente, paziente e caregiver proseguivano i trattamenti presso il proprio domicilio, sempre in affiancamento con un infermiere dedicato: in tale occasione venivano meglio valutati gli aspetti logistici. Una volta verificato il grado di apprendimento, paziente e caregiver proseguivano il trattamento in autonomia. Era garantito un servizio diurno di consulenza (ore 8-20) da parte del centro e, in caso di problematiche tecniche insorte dopo tale ora, il paziente era invitato ad interrompere il trattamento e ad afferire al centro nella giornata successiva.

Il monitor da emodialisi utilizzato era Nx Stage One-Pro (USA Lawrence Massachusetts®) che comprende un dispositivo portatile compatto (dimensioni di 38x38x46 cm, peso circa 34 kg), elettromeccanico, contenente pompe, sistemi di controllo, sensori di sicurezza e di acquisizione dati, comandi semplificati e ben visibili posti sul frontale. Le connessioni idrauliche e la presa elettrica sono semplici e standard per minimizzare l’impatto sull’abitazione. NxStage è dotata di filtro e linee montate in una cartuccia “drop in” ed incorpora un sistema volumetrico di gestione del dialisato premiscelato in sacche sterili da cinque litri; utilizza infatti bassi volumi di dialisato, solitamente 15-30 litri, a seconda dei parametri antropometrici del paziente, somministrati con valori di flusso dialisato di circa 1/3 rispetto a quelli del flusso sangue.

Sono stati arruolati nello studio 7 pazienti (5 M, 2 F) con età media di 51 (±7) anni, anzianità dialitica di 81 ±12 mesi: come accesso vascolare 5 pazienti utilizzavano la FAV (in 3 casi si effettuava autopuntura, in 2 casi la FAV era punta dal caregiver sempre con ago tagliente), mentre 2 pazienti utilizzavano un catetere venoso centrale a permanenza gestito dal caregiver. Il periodo di follow-up è stato di 24 mesi (dal 1° dicembre 2017 al 30 novembre 2019). Venivano prescritte 6 sedute di bicarbonato dialisi settimanali di 150’-180’ ciascuna (15-18 ore settimana) sulla base del peso del paziente. Le visite di follow-up, la valutazione del Kt/v [6] e gli esami ematochimici erano eseguiti mensilmente, mentre le valutazioni relative allo studio erano effettuate ai tempi 0, 3, 6, 12 e 24 mesi.

Analisi statistica

Le variabili continue sono presentate come media e deviazione standard, le variabili categoriche come percentuale. Il trend delle variabili nel tempo è stato analizzato con l’ANOVA per dati ripetuti. L’analisi statistica è stata eseguita utilizzando il software NCSS 2007 (Gerry Hintze, Kaysville, UT, USA). Il valore di P <0.05 è stato considerato statisticamente significativo.

 

Risultati

Le caratteristiche dei pazienti arruolati sono descritte nella Tabella II. Il Kt/v eseguito mensilmente era sempre maggiore/uguale a 0,5 per tutti i pazienti.

N° Paziente Età (anni) M/F Vintage dialitico

(mesi)

Accesso vascolare Karnofsky score kT/V Mensile N° Ricoveri /anno
Paz 1 62 M 234 FAV 60 0.68 0
Paz 2 48 M 62 FAV 80 0.74 0
Paz 3 50 M 37 FAV 70 0.84 0
Paz 4 51 F 45 FAV 70 0.86 0.5
Paz. 5 53 M 118 CVC Long-term 70 0.59 0
Paz. 6 52 F 32 CVC Long Term 60 0.75 0
Paz. 7 47 M 39 FAV 70 0.85 0.5
Media/Ds 51±7 5/2 81±12   68±5 0.75±14 0.14±2
Tabella II: Caratteristiche dei pazienti
Visita basale 3 mesi 6 mesi 12 mesi 18 mesi 24 mesi P-value
Emoglobina, g/dL 11.3 ±1.7 11.7 ±1.5 11.5 ±1.5 11.3 ±0.9 11.1 ±0.4 11.9 ±0.6 0.73
Albumina, g/dL 4.0 ±0.5 4.0 ±0.3 4.1 ±0.1 4.0 ±0.2 3.8 ±0.1 3.9 ±0.1 0.60
Calcio, mg/dL 8.6 ±0.5 8.7 ±0.7 9.2 ±0.7 9.2 ±0.6 9.1 ±0.7 9.1 ±0.2 0.10
Ferritina, ng/dL 361 ±271 219 ±139 178 ±106 207 ±90 236 ±104 222 ±66 0.03
Fosfati, mg/dL 7.0 ±0.6 6.1 ±0.8 5.8 ±0.3 5.9 ±0.4 5.6 ±0.5 5.6 ±1.0 <0.01
Paratormone, pg/mL 504 ±147 368 ±142 333 ±90 244 ±56 204 ±52 151 ±16 <0.01
Potassio, mEq/L 5.3 ±0.8 5.0 ±0.8 5.4 ±0.7 5.4 ±0.9 5.0 ±0.6 5.4 ±0.6 0.14
PCR, mg/dL 1.1 ±1.4 0.5 ±0.4 0.3 ±0.1 0.7 ±0.5 0.5 ±0.1 0.5 ±0.1 0.17
Farmaci antipertensivi, n 2.1 ±1.2 1.6 ±1.3 1.0 ±1.0 1.6 ±1.0 1.6 ±1.0 1.0 ±0.6 0.02
Chelanti del fosforo, n 2.6 ±1.0 2.3 ±0.8 2.0 ±1.2 1.6 ±0.8 1.1 ±0.9 1.3 ±1.1 0.02
Eritropoietina, UI/sett 7714 ±7158 6000 ±4472 6571 ±4429 7429 ±6803 5714 ±2928 4571 ±3409 0.16
Tabella III. Principali dati alla visita basale e ai controlli

I dati rilevati ai tempi 3, 6, 12, 18 e 24 mesi (Tabella III) evidenziavano un miglioramento nel controllo del metabolismo calcio-fosforo con riduzione della fosforemia da un lato (7.0 ±0.6 mg/dl [basale] vs 5.6 ±1.0 mg/dl [fine studio] p <0.01), del numero di chelanti del fosforo utilizzati (2.6 ±1.0 vs 1.3 ±1.1 p <0.02) e dei livelli del paratormone (504 ±147 [basale] vs 151 ±16 pg/mL [fine studio] p <0.01) dall’altro, nonché un miglioramento del controllo pressorio con riduzione del numero di farmaci antiipertensivi (2.1 ±1.2 [basale] vs 1.0 ±0.6 [fine studio] p <0.02). I livelli di ferritina risultavano sensibilmente ridotti (361 ±271 [basale] vs 222 ±66 ng/dl [fine studio] p= 0.03) così come i valori della PCR (1.1 ±1.4 [basale] vs 0.5 ±0.1 mg/dl [fine studio] p= 0.17). L’anemia era controllata tramite un ridotto consumo di eritropoietina ricombinante umana [rhEPO] (7714 ±7158 U/sett alla visita basale vs 4571 ±3409 UI/sett al termine dello studio) sebbene non significativo (p = 0.16). Non sono state osservate differenze significative nei livelli di calcemia, potassio, albumina ed emoglobina al temine dell’osservazione (Figg. 1,2,3). I pazienti arruolati risultavano essere tutti anurici e con una funzione renale residua trascurabile (velocità di filtrazione glomerulare inferiore ai 3 ml/min).

Durante lo studio si segnalano due ricoveri per problematiche inerenti l’accesso vascolare (trombosi della FAV), risolte chirurgicamente. Non si sono registrati drop-out dopo l’invio a domicilio.

Andamento di eritropoietina, emoglobina, ferritina e proteina C-reattiva durante il follow-up di 24 mesi.
Figura 1: Andamento di eritropoietina, emoglobina, ferritina e proteina C-reattiva durante il follow-up di 24 mesi. I dati sono riportati come media ed errore standard
Andamento di albumina, calcio (Ca), fosfati (P) e paratormone (PTH) durante il follow-up di 24 mesi.
Figura 2: Andamento di albumina, calcio (Ca), fosfati (P) e paratormone (PTH) durante il follow-up di 24 mesi. I dati sono riportati come media ed errore standard
Andamento di potassio (K), numero di farmaci antipertensivi e chelanti del fosforo durante il follow-up di 24 mesi.
Figura 3: Andamento di potassio (K), numero di farmaci antipertensivi e chelanti del fosforo durante il follow-up di 24 mesi. I dati sono riportati come media ed errore standard

 

Discussione

Nei nostri ambulatori di pre-dialisi le tecniche extra ed intracorporee, sia ospedaliere che domiciliari, vengono sempre proposte tra le diverse opzioni terapeutiche accanto al trapianto e alla terapia conservativa.

Questo studio, dedicato alla sola valutazione clinico laboratoristica e senza dubbio limitato in termini numerici, ha mostrato risultati interessanti soprattutto in termini di controllo del metabolismo calcio-fosforo, della pressione arteriosa e della anemia; tali dati non sono sorprendenti se confrontati con quelli dei principali studi sull’argomento [6,7]. Il monitor Nx-Stage utilizzato nello studio si è dimostrato affidabile, di facile utilizzo e non sono state registrate particolari difficoltà nell’apprendimento della metodica. I principali svantaggi sono rappresentati dalla necessità di utilizzare circa 5 sacche di dialisato da 5 litri per ogni seduta dialitica, dalla inadeguatezza della metodica per il trattamento di pazienti con elevata massa corporea e dall’elevata quantità di rifiuti speciali [8].

La prima EDD è stata eseguita in Giappone nel 1961 utilizzando un filtro immerso nella vasca di una lavatrice per uso domestico [9]. Studi successivi furono effettuati sul finire degli anni 60’ presso la University of California Los Angeles (UCLA) su un gruppo di 7 pazienti sottoposti a 5-6 sessioni settimanali di 5 ore ciascuna: le principali problematiche emerse furono ipotensioni intradialitiche e ipertensione arteriosa. La tecnica fu poi abbandonata per motivi strettamente legati alla rimborsabilità [10]. Stessa sorte accomunò altre esperienze [5], tanto che nei decenni successivi si assistette alla progressiva scomparsa di questa metodica, sia nel continente americano che in Europa, di concerto alla incrementale diffusione dei centri dialisi [10].

La ragione del declino della EDD deve essere ricercata principalmente nella scarsità del numero di pazienti idonei (con limitazioni legate ad età, patologie concomitanti, aumento del numero dei pazienti diabetici e affetti da patologie cardiovascolari), ma anche nella progressiva perdita di esperienza e interesse da parte dei centri dialisi, la maggior parte dei quali non prevede un programma di EDD, e nella diffusa paura della gestione autonoma degli aspetti tecnici (infissione aghi, gestione monitor, etc) nella convinzione che sia necessaria la presenza di un infermiere specializzato durante la seduta dialitica [10].

Stante quanto appena esposto, è noto che gli schemi dialitici ad alta frequenza, realizzabili pressoché solo con EDD, determinano miglioramento degli outcomes, miglior controllo della PA e della fosforemia, miglior qualità di vita, miglior opportunità di riabilitazione, miglior rapporto costo/efficacia [10]. Si tratta degli aspetti “vincenti” di un programma di EDD. Lo studio FHN (Frequent Hemodialysis Network) ha confrontato la dialisi più frequente (2-3 ore per sessione, 5-6 volte a settimana) con la modalità dialitica standard (4 ore tre volte a settimana) in uno studio della durata di 12 mesi. La dialisi più frequente sembra apportare notevoli benefici sia nell’incremento della massa del ventricolo sinistro, dei livelli di fosforo e dei valori pressori pre-dialitici e un miglioramento nella qualità della vita; è però associata ad un numero più elevato di ricoveri per problematiche inerenti l’accesso vascolare [11].

Diversi lavori hanno invece analizzato i principali fattori responsabili di drop-out dalla dialisi domiciliare. In tal senso, il diabete con molteplici complicanze, una non completa conoscenza della metodica da parte del paziente, l’assenza di un centro di riferimento a breve distanza e una abitazione inadeguata sembrano essere preponderanti rispetto al tipo di accesso vascolare, alla scolarità e alla età del paziente [12,13,14]. Analizzando per Diagnosis Related Groups (DRG) i costi diretti (personale, manutenzione, apparecchiature, service, farmaci ed esami) e quelli indiretti (servizi di trasporto, servizi alberghieri, etc) e sociali (costo derivante dalla perdita di ore lavorative paziente/caregiver), la PD e la EDD sono nettamente meno costose della HD ospedaliera, con DRG addirittura inferiore per la EDD sulla PD in alcune regioni [9,15,16].

 

Conclusioni

In questa piccola e breve esperienza, la EDD, seppur applicabile ad una percentuale ridotta di pazienti in dialisi extracorporea (<5%), si è dimostrata una proposta valida, in grado di incidere positivamente sul controllo della pressione arteriosa, sul metabolismo calcio-fosforo e sul consumo di chelanti del fosforo. Ha inoltre permesso un miglior controllo della anemia con una ridotta necessità di rhEPO.

I risultati appaiono in linea con principali studi sull’argomento; tuttavia, la esigua numerosità del campione ed il breve periodo di valutazione non permettono di esprimere ulteriori considerazioni.

La EDD sembra rappresentare un valido strumento nel recupero sociale e psicologico del paziente uremico e potrebbe trovare spazio nei pazienti autosufficienti e motivati in drop-out dalla PD. Al fine di incentivarne l’uso è indispensabile investire nella ricerca di nuove tecnologie, implementare i progetti di teledialisi, progettare validi modelli organizzativi “ad hoc”, stanziare fondi regionali incentivanti e snellire il percorso burocratico di acquisizione.

 

Bibliografia

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  2. Ministero della Salute, Documento di Indirizzo per la Malattia Renale Cronica. http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2244_allegato.pdf
  3. Shen Q, Wang Mo, Che R, et al. Consensus recommendations for the care of children receiving chronic dialysis in association with the COVID-19 epidemic. Pediatr Nephrol 2020; 35(7): 1351-7. https://doi.org/10.1007/s00467-020-04555-x
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  5. Fiorini F, Granata A. Consenso informato: aspetti deotologici e giuridici. G Ita Nefrol 2011; 28(1):89-94. https://giornaleitalianodinefrologia.it/wp-content/uploads/sites/3/pdf/storico/2011/1/pp.089-094.pdf
  6. Gotch FA. The current place of urea kinetic modelling with respect to different dialysis modalities. Nephrol Dial Transplant 1998; 13(S6):10-14. https://doi.org/10.1093/ndt/13.suppl_6.10
  7. Weinhandl ED, Liu jI, Gilbertson TD, et al. Survival in Daily Home Hemodialysis and Matched Thrice-Weekly In-Center Hemodialysis Patients. J Am Soc Nephrol 2012; 23:895-904. https://doi.org/10.1681/asn.2011080761
  8. Piccoli GB, Ferraresi M, Caputo F, et al. Dialisi Domiciliare sì, ma quale? Emodialisi Domiciliare e dialisi peritoneale a confronto: una controversia non controversa. G Ital Nefrol 2012; 29(2):148-59. https://giornaleitalianodinefrologia.it/wp-content/uploads/sites/3/pdf/storico/2012/2/p. 148-159 PICCOLI proecontro.pdf
  9. Curtis FK, Cole JJ, Tyler LL, et al. Hemodialysis in the home. Trans Am Soc Artif Intern Organs 1965; 11:7-10. https://doi.org/10.1097/00002480-196504000-00003
  10. Kjellstrand CM, Ing T. Daily Hemodialysis History and revival of a superior Dialysis Method. ASAIO J 1998; 44(3):117-22.
  11. Susantitaphong P, Koulouridis I, Balk EM, at al. Effect of Frequent or Extended Hemodialysis on Cardiovascular Parameters: A Meta-analysis. Am J Kidney Dis 2012; 59(5):689-99. https://doi.org/10.1053/j.ajkd.2011.12.020
  12. United Kingdom Renal Registry (UKRR). https://www.renalreg.org/
  13. Mc Laughlin, et al. Why patients with ESRD do not select self-care dialysis as a treatment option? Am J Kid Dis 2003; 41(2):380-5. https://doi.org/10.1053/ajkd.2003.50047
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  16. Hager D, Ferguson TW, Komenda P. Cost Controversies of a “Home Dialysis First” Policy. Can J Kidney Health Dis 2019; 6:2054358119871541. https://doi.org/10.1177/2054358119871541

Aspetti Tecnico-Organizzativi ed Assistenziali del Primo Programma di Emodialisi Extracorporea Domiciliare attivato in Campania

Abstract

Per l’attivazione di un programma di emodialisi domiciliare (HHD) ed al fine di garantire la sostenibilità ed il successo, è fondamentale prevedere un percorso strutturato con la realizzazione di un documento programmatico dei requisiti minimi tecnologici, organizzativi ed assistenziali necessari, in linea con quanto previsto dalle normative attualmente vigenti.
Il percorso realizzato considera ed esplicita: (a) criteri di eleggibilità e di idoneità del paziente e del caregiver, (b) analisi della letteratura sull’HHD e razionale della scelta della più moderna tecnologia, (c) informazione del paziente/caregiver e consenso, (d) modalità di copertura assistenziale e di accesso al ricovero, (e) idoneità dei locali adibiti al trattamento emodialitico domiciliare, (f) programma di formazione del paziente e del caregiver, avvio al trattamento domiciliare e follow-up del paziente. L’applicazione di un percorso strutturato ha permesso di avviare un programma di HHD di successo: tale metodologia di lavoro ha definito a priori il percorso assistenziale ed analizzato le priorità di rischio. Il processo della terapia HHD è stato analizzato anche con l’obiettivo di identificare i possibili errori e le criticità prevedibili nell’attività assistenziale domiciliare. L’esperienza con l’HHD è promettente: i pazienti non hanno manifestato problematiche e riferiscono una migliore qualità della vita; pertanto, questa metodica può essere considerata una ulteriore opzione terapeutica da offrire a pazienti selezionati secondo i criteri di eleggibilità previsti.

Parole Chiave: dialisi domiciliare, dialisi giornaliera breve e frequente, percorso assistenziale, gestione del rischio

Alla luce delle più recenti evidenze scientifiche, l’introduzione e lo sviluppo dell’Emodialisi Extracorporea Domiciliare (HHD) trova importanti motivazioni sia di ordine clinico (migliori outcomes clinici e migliore qualità della vita) che socio-economico (riduzione dei costi della terapia emodialitica, riabilitazione socio-lavorativa). A fronte di questi principi “virtuosi” la Campania è purtroppo tra gli ultimi posti in Italia per prevalenza di terapie dialitiche extracorporee domiciliari.

Sulla scorta della positiva esperienza maturata con la dialisi peritoneale (anch’essa dialisi domiciliare), al fine di offrire una ulteriore opzione terapeutica ai pazienti che necessitano di terapia dialitica sostitutiva ed in linea con quanto richiesto dal Piano Sanitario della Regione Campania che mira ad implementare le cure domiciliari, la Cattedra di Nefrologia dell’Università di Napoli “Federico II” nel 2014 ha dato vita al primo programma di Emodialisi Extracorporea Domiciliare in Campania.

Per l’attivazione del programma di Emodialisi Extracorporea Domiciliare, ai fini di garantirne il successo e la sostenibilità economica, è stato delineato un percorso strutturato che identifica i requisiti tecnologici, organizzativi ed assistenziali necessari, secondo le normative che istituiscono l’HHD in Regione Campania (Legge Regionale n. 5 del 18 gennaio 1979) così come già esistente in altre Regioni italiane dove il servizio di dialisi domiciliare è già istituzionalizzato.

Il percorso realizzato esplicita quanto segue:

 

CRITERI DI ELEGGIBILITÀ E DI IDONEITÀ DEL PAZIENTE E DEL CAREGIVER

Il successo della terapia dialitica domiciliare è strettamente dipendente da un’accurata ed attenta scelta del paziente e della persona che lo coadiuva nel trattamento (caregiver).

E’ indispensabile selezionare i pazienti/caregiver secondo quanto indicato dalle linee guida NICE (National Institute for Health and Care Excellence) [1].

In accordo con i criteri indicati dal NICE, un paziente viene considerato idoneo al trattamento emodialitico domiciliare se:

  • Fortemente motivato ad apprendere le procedure necessarie e ad accettare le modalità del trattamento domiciliare.
  • Le sue condizioni cliniche non sono tali da rendere il setting domestico inidoneo e/o pericoloso per lo svolgimento della terapia emodialitica.
  • E’ dotato di un accesso vascolare ben funzionante e non particolarmente difficile da gestire.
  • Ha una buona stabilità cardiovascolare intradialitica.
  • Il suo domicilio presenta un locale idoneo ad ospitare l’apparecchiatura per l’emodialisi, allo svolgimento del trattamento e spazio sufficiente ed adeguato per lo stoccaggio del materiale e dei rifiuti.
  • L’impianto elettrico del domicilio è a norma ed è presente uno scarico fognario.
  • Propone uno o più caregiver che sono ben predisposti ed idonei ad effettuare una fase di training ed a coadiuvare il paziente nella gestione del trattamento emodialitico.

Il caregiver, viene definito in letteratura come “la persona principalmente responsabile dell’assistenza del paziente nel corso della malattia e più strettamente coinvolta nella cura del paziente” [2,3]. Può dunque essere rappresentato dal coniuge, da un familiare, da un amico , da una badante o da un volontario. Ai fini di una corretta esecuzione del training, dell’acquisizione di tutte le competenze teorico-pratiche da esso previste e di una gestione sicura ed efficiente della terapia emodialitica domiciliare, il caregiver deve aver acquisito almeno il livello base di istruzione obbligatoria. Durante il periodo di formazione deve mostrare un grado socio-culturale tale da renderlo capace di gestire una seduta dialitica domiciliare secondo le Best Practices e risolvere le eventuali problematiche/emergenze che si dovessero presentare durante il trattamento.

 

ANALISI DELLA LETTERATURA SULL’HHD E RAZIONALE DELLA SCELTA DELLA PIU’ MODERNA TECNOLOGIA

Il trattamento emodialitico domiciliare scelto dalla Cattedra di Nefrologia dell’Università di Napoli “Federico II”, è la Short Daily Home Hemodialysis (SDHHD) che consiste in 4-6 trattamenti/settimana della durata di circa 2,5 ore. L’apparecchiatura utilizzata per questo tipo di trattamento, che per le sue caratteristiche è attualmente unica sul mercato, è il cycler portatile NxStage System One (Fig. 1). La macchina ha dimensioni miniaturizzate (misure in cm:H=33; L=33, P =37,Peso: circa 30 Kg) rispetto ai reni artificiali “convenzionali” ed è facilmente trasportabile permettendo in questo modo ai pazienti di spostarsi e di viaggiare. L’apparecchiatura non necessita di impianti per il trattamento dell’acqua (moduli di osmosi inversa) o per la disinfezione dei circuiti, dal momento che utilizza sacche di dialisato da 5 litri premiscelato e preconfezionato sterilmente e pronte all’uso (Fig. 2). In questo modo il domicilio del paziente non necessita di alcun cambiamento strutturale (idraulico ed elettrico). Linee e filtro sono già preassemblati a modello cartridge, quindi non devono essere montate, ma bisogna semplicemente inserire la cartuccia all’interno del cycler (Fig. 3). La scelta di questa moderna tecnologia, molto semplice da gestire da parte del paziente/caregiver, è stata argomentata attraverso un’analisi dettagliata della letteratura a riguardo della SDHHD, con particolare riferimento alle evidenze scientifiche che mostrano:

  • Equivalenza in termini di sicurezza e di adeguatezza dialitica tra la SDHHD e l’Emodialisi Standard [4];
  • Migliore qualità della vita [5];
  • Migliore controllo dei sintomi dell’insufficienza renale cronica (anemia, metabolismo calcio fosforo, ipertensione arteriosa, ipertrofia ventricolare, astenia post-dialitica) [4, 69];
  • Minore morbidità, tasso di ospedalizzazione e mortalità [1014];

 

INFORMAZIONE DEL PAZIENTE E CONSENSO

Il paziente/caregiver che si candidano al trattamento emodialitico domiciliare, e che risultano idonei al trattamento emodialitico domiciliare, sono sottoposti ad uno o più colloqui in cui vengono approfonditamente descritte dal personale medico preposto tutte la possibili modalità di trattamento renale sostitutivo (dialisi peritoneale, trapianto, emodialisi in centro, emodialisi domiciliare). Per ogni terapia vengono considerati i possibili “vantaggi” e “svantaggi”, e le responsabilità del paziente/caregiver in caso di scelta di trattamento dialitico domiciliare. Viene quindi chiesto di firmare sia al paziente che al caregiver un documento di consenso in cui sono contenute tutte le informazioni che gli sono state date nei colloqui.

 

MODALITA’ DI COPERTURA ASSISTENZIALE E DI ACCESSO AL RICOVERO:

Anche se la metodica dialitica viene praticata al domicilio, il paziente è preso in carico dal personale addetto alle terapie dialitiche domiciliari della Nefrologia della A.O.U. Federico II di Napoli. Dunque, il paziente viene edotto circa le modalità di accesso al ricovero presso la struttura in regime di elezione o di urgenza, sia verbalmente che attraverso un foglio informativo che gli viene consegnato in cui sono contenuti tutti i numeri di reperibilità del personale medico- infermieristico da utilizzare in caso di necessità.

 

IDONEITÀ DEI LOCALI ADIBITI AL TRATTAMENTO EMODIALITICO DOMICILIARE:

Dopo aver raccolto informazioni nei colloqui preliminari circa l’abitazione del paziente, lo staff medico-infermieristico impegnato nel programma di emodialisi domiciliare pratica un sopralluogo presso i locali indicati per il trattamento emodialitico e ne verifica i requisiti richiesti dalle normative vigenti (grado di igiene, impianto elettrico e scarico fognario a norma, aree disponibili per lo stoccaggio del materiale e dei rifiuti, etc.).

 

PROGRAMMA DI FORMAZIONE DEL PAZIENTE E DEL CAREGIVER, AVVIO AL TRATTAMENTO DOMICILIARE E FOLLOW-UP DEL PAZIENTE:

Il programma di addestramento alla terapia emodialitica domiciliare viene svolto in parte presso la Nefrologia della A.O.U. Federico II di Napoli, ed in parte presso il domicilio del paziente. Il training viene condotto da personale medico-infermieristico esperti nella metodica domiciliare ed è strutturato in varie sezioni:

  • Apprendimento e comprensione del concetto di sterilità comprensivo dell’importanza del lavaggio delle mani;
  • Addestramento all’apparecchiatura NxStage System One ed all’ effettuazione del trattamento emodialitico attraverso questa apparecchiatura;
  • Pulizia e manutenzione dell’apparecchiatura;
  • Trasporto dell’apparecchiatura;
  • Individuazione dei problemi tecnici e loro risoluzione;
  • Individuazione e gestione delle più comuni complicanze cliniche che possono verificarsi nel paziente emodializzato e che non richiedono l’intervento di personale medico;
  • Individuazione di complicanze cliniche di emergenza/urgenza che richiedono valutazione e gestione da parte di personale medico- infermieristico;

Al termine del periodo di addestramento il trainer e le persone che hanno ricevuto il training, firmano la scheda di training attestante che l’addestramento si è concluso con successo. L’originale del documento viene rilasciato dal Direttore del Centro Dialisi, che provvederà ad inserirlo in cartella clinica ed a consegnare una copia al paziente. Il paziente/caregiver vengono inoltre dotati del manuale operativo del cycler, del manuale degli allarmi dell’apparecchiatura e di un diario su cui annotare i parametri relativi ad ogni seduta che saranno esibiti al medico durante le visite di controllo. Il successo dell’addestramento viene verificato mediante prove pratiche di utilizzo del sistema per emodialisi domiciliare ed, ulteriore prova, è l’autogestione del trattamento a domicilio in completa autonomia. Quindi il paziente e il caregiver, se idonei alla gestione del trattamento domiciliare in autogestione, vengono avviati al trattamento domiciliare.

La presa in carico dal punto di vista clinico-assistenziale ed il follow/up del paziente in trattamento emodialitico domiciliare prevede che lo stesso sia sottoposto con cadenza quindicinale/mensile a controlli ematochimici e a visita nefrologica da parte di personale medico ed infermieristico preposto, ai fini di verificare che il paziente abbia una completa compliance al trattamento prescritto, sia in buon controllo metabolico e nutrizionale, che abbia una buona stabilità cardiovascolare, che non ci siano complicanze a livello dell’accesso vascolare, e che stia eseguendo un trattamento emodialitico efficiente (es. misurazione dell’adeguatezza dialitica espressa in termini di standard Kt/V, stdKt/V). Lo staff medico/infermieristico impegnato nel programma di emodialisi domiciliare, contestualmente alle visite nefrologiche periodiche, provvederà a valutare l’idoneità della formazione acquisita dal paziente/caregiver, ed a richiedere, quando necessario, un re-training del paziente/caregiver.

E’ inoltre attualmente possibile monitorare il paziente a domicilio tramite il servizio di teleassistenza. Questo servizio è rivolto ai pazienti sottoposti ad emodialisi domiciliare che vorranno avvalersi del collegamento casa-ospedale: in caso di necessità e per eventuali controlli di routine, lo staff clinico – in tempo reale – valuta i parametri fisiologici del paziente, lo status dell’accesso vascolare, i parametri relativi al trattamento dialitico ed il suo andamento.

In definitiva, prima di attivare il programma di Emodialisi Extracorporea Domiciliare presso la Cattedra di Nefrologia dell’Università di Napoli “Federico II”, si è ritenuto fosse di estrema importanza delineare un percorso strutturato (Fig.4) contestualizzato nella nostra realtà organizzativa e definito da criteri di priorità.

Il percorso, quale strumento tecnico-gestionale, permette di erogare la miglior prestazione domiciliare, garantire a riproducibilità delle azioni, l’uniformità delle prestazioni erogate e ridurre gli eventi avversi a domicilio. Il percorso rappresenta, quindi, la contestualizzazione di linee guida che consentono un’analisi degli scostamenti tra risultati attesi e quelli realmente osservati.

L’esperienza ad oggi realizzata è promettente: da Agosto 2014 a Marzo 2015 sono stati avviati alla Home Hemodialysis (4-5 sedute/settimana di circa 2,5 ore con il sistema portatile NxStage System One – Fig.1) due pazienti. L’applicazione del percorso sopra descritto ha permesso di avviare il programma di HHD con successo poiché ci ha consentito di definire a priori l’iter assistenziale e di analizzarne le priorità di rischio. La sicurezza ed il rischio clinico sono problematiche centrali in un programma di HHD ed il risk management diviene una modalità per promuovere il governo clinico in HHD. Il processo della terapia di HHD è stato analizzato anche con l’obiettivo di identificare le possibili cause di errore nell’assistenza al paziente e le criticità del programma. Ad esempio per la costruzione del percorso è stato necessario sviluppare una dettagliata documentazione riguardante la modalità di gestione dei guasti/sostituzione dell’apparecchiatura, l’assistenza dialitica in caso di guasto dell’apparecchiatura o per qualsiasi altro tipo di problema che non renda possibile lo svolgimento della seduta al domicilio, le norme di smaltimento e la tracciabilità dei rifiuti.

Questo programma di emodialisi domiciliare, supportato dal percorso decritto, ha permesso ai pazienti di praticare una terapia dialitica “adeguata”, senza manifestare complicanze e, soprattutto, di avere numerosi benefici clinici, ed una migliore qualità della vita. Pertanto questa metodica può realmente rappresentare un’ulteriore opzione terapeutica domiciliare per pazienti selezionati secondo i criteri di eleggibilità previsti.

 

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Emodialisi Extracorporea Domiciliare: esperienza e risultati preliminari del primo centro in Campania

Abstract

L’emodialisi domiciliare (HHD) è un’alternativa ancora poco utilizzata, ma in grado di offrire migliori outcomes clinici ed una più soddisfacente qualità della vita. Il Piano Sanitario della Regione Campania 2011-2013 afferma che “per la programmazione regionale riveste particolare importanza il sistema di cure domiciliari”.

Da Agosto 2014 a Marzo 2015 due pazienti che praticavano Emodialisi Standard (HD), presso il Centro Dialisi della Università “Federico II” di Napoli, sono stati avviati alla Short Daily Home Hemodialysis (SDHHD, 4-6 trattamenti dialitici/settimana della durata ognuno di circa 2,5 ore) utilizzando il cycler portatile NxStage-System One.

I dati raccolti hanno evidenziato che i benefici clinici descritti in letteratura si confermavano nei pazienti arruolati nel nostro programma di HHD. L’effettuazione di sedute emodialitiche più brevi e frequenti permettevano una significativa riduzione dell’incremento ponderale interdialitico ed una maggiore stabilità emodinamica intradialitica. Inoltre, si è ottenuta una significativa riduzione dei valori pressori con possibilità di ridurre la terapia anti-ipertensiva. Il controllo della fosforemia risultava migliore e l’emoglobinemia era a target con una minore dose di eritropoetina settimanale.

I pazienti riferivano un maggiore senso di benessere ed una riduzione dell’astenia post-dialitica. Nessuna problematica è insorta utilizzando l’accesso vascolare (CVC e FAV) da parte del paziente e/o del caregiver. L’analisi dei parametri di efficienza dialitica ha documentato come l’adeguatezza dialitica della SDHHD sia sovrapponibile a quella ottenuta con la HD tradizionale. L’esperienza fatta con la HHD è incoraggiante poiché si è ottenuta una dose dialitica “adeguata” senza nessuna complicanza ed i pazienti hanno riferito un maggiore benessere psicofisico ed una migliore qualità della vita.

Parole chiave: Emodialisi Extracorporea Domiciliare, Dialisi Breve Giornaliera Domiciliare, Adeguatezza Dialitica, Qualità della Vita.

L’Emodialisi Extracorporea Domiciliare (HHD) è un’alternativa non ancora ben conosciuta nel panorama dei trattamenti sostitutivi dell’insufficienza renale cronica. Questo tipo di modalità dialitica, già utilizzata in altri Paesi e in alcune Regioni Italiane, può offrire significativi vantaggi in termini di outcomes clinici, socio-economici e soprattutto di qualità della vita del paziente. 

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