Il contributo del sostegno psicologico nella gestione dell’ansia nei pazienti nefropatici e dializzati

Abstract

Introduzione: I condizionamenti indotti dalla terapia renale sostitutiva proposta ai pazienti affetti da nefropatia cronica in stadio 5 influiscono sulla loro qualità di vita. Tali situazioni modificano l’ansia di stato, che esprime una sensazione relativa ad uno specifico contesto. Questa si va a sovrapporre all’ansia di tratto, che esprime invece una condizione più duratura della personalità.
Questo studio è mirato a caratterizzare lo stato d’ansia dei pazienti uremici e dimostrare l’utilità di un supporto psicologico sia in presenza che da remoto per ridurre soprattutto l’ansia di stato.
Materiali e metodi: 23 pazienti, seguiti presso la Nefrologia dell’Ospedale San Bortolo di Vicenza, e sottoposti ad almeno otto sedute di sostegno psicologico sono stati arruolati per questo studio. La prima e l’ultima seduta sono state effettuate in presenza, le altre sia in presenza che da remoto in base alla preferenza del paziente. Alla prima e all’ottava seduta è stato sottoposto lo State-Trait Anxiety Inventory (STAI), che misura l’ansia di tratto e di stato.
Risultati: I pazienti prima del supporto psicologico presentavano valori elevati sia di ansia di tratto che di stato. Dopo le otto sedute sia l’ansia di tratto che quella di stato si sono significativamente ridotte, sia che le sedute fossero in presenza che da remoto.
Conclusioni: Un percorso di otto sedute di supporto psicologico favorisce nel paziente nefropatico una significativa riduzione dell’ansia di tratto e ancor più dell’ansia di stato, favorendo il raggiungimento di livelli di avanzato adattamento alla nuova situazione clinica e un miglioramento della qualità della vita.

Parole chiave: supporto psicologico, insufficienza renale cronica, ansia di stato, ansia di tratto

Introduzione

La malattia renale cronica rappresenta oggi una delle malattie croniche con il maggior impatto sociale, sia per il crescente numero di pazienti, dato anche dall’allungamento della vita media, sia perché conduce il paziente a intraprendere percorsi che lo accompagnano per tutta la vita, con la scelta condivisa tra clinico e paziente che può ricadere su emodialisi, dialisi peritoneale, trapianto renale o terapia conservativa [1].

L’impatto psicologico della malattia renale cronica e delle terapie sostitutive conseguenti ad essa è ben noto, in quanto sono numerosi i fattori connessi a tali terapie che comportano una riduzione della qualità di vita associata ad un aumento delle quote di ansia e di distress psicologico nei pazienti nefropatici [2, 3].

Come stabilito dall’OMS, la salute deve corrispondere ad “uno stato di benessere fisico, mentale e sociale e non alla semplice assenza di malattia”, e in quest’ottica il percorso di miglioramento della qualità della vita ha come obiettivo ottimizzare l’outcome clinico di molte patologie e la compliance alla terapia da parte del paziente [4, 5].

La patologia renale cronica e la qualità di vita

La qualità di vita rientra sicuramente tra i focus principali di trattamento dei pazienti affetti da patologia renale cronica. Tuttavia, con particolare riferimento ai pazienti nefropatici in dialisi, è difficile far riferimento a standard di qualità di vita condivisi data la grande variabilità interpersonale di età, del contesto socio-culturale di provenienza e della presenza di una rete familiare e sociale che li circonda. Ci si trova così a valutare il grado di soddisfazione relativo alla qualità di vita sulla base della durata della terapia dialitica, della rapidità d’accesso al trapianto renale, del peso della compliance terapeutica e di una possibile presenza di ulteriori patologie significative.

Evidenze scientifiche ci confermano oggi che la qualità della vita del paziente affetto da malattia renale cronica è anche strettamente correlata allo stato psico-emotivo del paziente, si può perciò comprendere come i condizionamenti e le restrizioni causate dalla terapia dialitica agiscano sullo stile e sulla qualità della loro vita, così come nel loro percorso terapeutico [6]. Questi condizionamenti includono la famiglia, il contesto sociale e lavorativo, la sfera sessuale, le relazioni con l’équipe di cura, l’immagine di sé, la propria autostima e la propria indipendenza, spesso perduta soprattutto con l’avanzare dell’età [7, 8]. Tali situazioni possono influire sullo stato d’ansia del paziente.

In particolare si possono distinguere due forme di ansia: l’ansia di tratto e l’ansia di stato. La prima fornisce un valore del livello d’ansia che il soggetto esperisce nella vita quotidiana, si riferisce a come ci si sente abitualmente, ad una condizione più duratura e stabile della personalità che caratterizza l’individuo in modo persistente e costante, indipendentemente da una situazione particolare [9]. L’ansia di stato invece fornisce un valore dell’ansia in uno specifico contesto ed esprime una sensazione soggettiva di preoccupazione con un conseguente aumento dell’attività del sistema nervoso autonomo e perciò di intensità variabile e transitoria [10].

In tale scenario, la figura dello psicologo clinico si pone come strumento per rispondere ai bisogni emotivi dal paziente nefropatico soprattutto quando gli viene prospettata una fase pre-dialitica e dialitica del percorso di cura. Tuttavia, nonostante numerose siano le ricerche in merito, sembra non vi siano evidenze precise connesse ad un timing specifico di intervento di sostegno psicologico e i dati non dimostrano quale possa essere lo specifico momento critico nell’iter che il paziente deve affrontare [11, 12].

Obiettivi dello studio

Il primo obiettivo di questo studio è stato quello di caratterizzare lo stato d’ansia dei pazienti affetti da insufficienza renale cronica in stadio V in fase pre-dialitica e dialitica, seguiti presso l’U.O.C. di Nefrologia dell’Ospedale San Bortolo di Vicenza. Ulteriori scopi di questo studio sono stati dimostrare l’utilità di un supporto psicologico per ridurre l’ansia di stato e definire se è possibile indicare una tempistica minima per la terapia psicologica necessaria a tal fine. Infine abbiamo valutato se colloqui in presenza o da remoto potessero apportare gli stessi benefici ai pazienti.

 

Materiali e metodi

In questo lavoro riportiamo l’attività di sostegno psicologico rivolto ai pazienti seguiti in follow-up cronico presso l’U.O.C. di Nefrologia dell’Ospedale San Bortolo di Vicenza nel periodo compreso tra il 30 settembre 2020 e il 30 settembre 2022. Tale attività è stata svolta da uno Psicologo dedicato ai pazienti affetti da insufficienza renale cronica. Sono stati inclusi nello studio pazienti noti da almeno tre mesi alla nostra Unità Operativa e con più di 18 anni di età, che dopo essere stati informati delle modalità di svolgimento dello studio abbiano firmato il consenso informato. Lo studio è stato condotto nel rispetto della Dichiarazione di Helsinki.

Il progetto tratta di uno studio osservazionale retrospettivo che ha arruolato 23 pazienti: 5/23 presentavano un quadro di insufficienza renale cronica in stadio V in fase pre-dialitica mentre 18/23 erano pazienti prevalenti in dialisi (7 in dialisi peritoneale e 11 in trattamento extracorporeo).

I pazienti sono stati indirizzati al sostegno psicologico in base alle necessità indicate dai clinici del reparto di Nefrologia. In particolare, i pazienti in fase pre-dialitica presentavano una difficoltà nell’accettazione ad avviare il percorso verso il trattamento sostitutivo, mentre i pazienti già in trattamento dialitico lamentavano il peso del trattamento stesso e manifestavano una riduzione della compliance. Inoltre, alcuni pazienti manifestavano anche timore nei confronti della possibilità di trapianto renale.

Descrizione dell’attività clinica

Fase pre-dialitica

Durante questa fase si accompagna il paziente lungo il processo di accettazione e adattamento psico-emotivo alla malattia che in alcuni casi risulta essere bloccato da meccanismi di difesa quali la negazione o la rimozione. Queste limitazioni possono indurre il paziente a non riconoscere o comprendere fino in fondo le indicazioni e le spiegazioni presentate dai clinici rispetto al trattamento dialitico. In questa fase, lo psicologo si affianca ai medici in modo tale da essere riconosciuto dai pazienti come una figura alla quale far riferimento nelle situazioni di difficoltà di adesione alle terapie, nell’elaborazione della rabbia o nelle possibili reazioni di rifiuto. Un sostegno psicologico in fase pre-dialitica permette perciò di attivare un processo di adattamento psicologico estremamente importante per il mantenimento della compliance terapeutica nella fase successiva.

Fase dialitica

Come già evidenziato, la terapia sostitutiva impatta fortemente sulla vita sia del paziente che della sua famiglia e la sua capacità di reazione e accettazione risulta essere strettamente correlata ad alcuni fattori individuali (ad esempio struttura di personalità, rete familiare e sociale, stile di coping, esperienze pregresse di malattia) che evidenziano però reazioni simili quali stati depressivi, disturbi d’ansia, insonnia, disturbi sessuali. In questa fase la presa in carico psicologica mira a consolidare le risorse individuali e ad una ristrutturazione del proprio Sé in funzione del radicale cambiamento di stile di vita.

Percorso psicologico

Tutti i pazienti sono stati sono stati sottoposti ad almeno otto sedute di sostegno psicologico. La figura 1 riporta lo schema di programmazione delle sedute (Figura 1).

Descrizione del percorso di supporto psicologico realizzato presso l’U.O.C. di Nefrologia Dialisi e Trapianto Renale dell’Ospedale san Bortolo, Vicenza.
Figura 1: Descrizione del percorso di supporto psicologico realizzato presso l’U.O.C. di Nefrologia Dialisi e Trapianto Renale dell’Ospedale san Bortolo, Vicenza.

La prima e l’ultima seduta sono sempre state effettuate in presenza presso gli ambulatori della Nefrologia, mentre gli altri colloqui sono stati svolti sia in presenza che da remoto in base alla preferenza del paziente e alla sua possibilità di trasporto. In particolare, per i pazienti sottoposti a trattamento emodialitico le sedute psicologiche sono state effettuate nei giorni in cui il paziente non doveva essere sottoposto a terapia sostitutiva.

A tutti i pazienti, alla prima e all’ottava seduta, è stato sottoposto lo State-Trait Anxiety Inventory (STAI), un questionario composto da 40 items di autovalutazione su una scala Likert a 4 punti, che va a misurare due tipi di ansia: ansia di stato e ansia di tratto [13, 14].

Lo STAI richiede circa 15 minuti per la compilazione. Si propone al soggetto di compilare la scala di Stato per prima poiché risulta essere più sensibile alle condizioni nelle quali il test viene somministrato e il suo punteggio può essere condizionato dal clima emotivo che si può venire a creare durante la compilazione dello stesso. Gli items delle due scale sono valutati su una scala da 1 a 4 punti: per la valutazione dell’ansia di stato (X-1) i valori sono 1 = per nulla, 2 = un po’, 3 = abbastanza, 4 = moltissimo. Per la valutazione dell’ansia di tratto (X-2) i valori sono 1 = quasi mai, 2 = qualche volta, 3 = spesso, 4 = quasi sempre.

Analisi Statistica

L’analisi statistica è stata effettuata con l’utilizzo del software SPSS (SPSS Inc., Chicago, IL, USA) e del foglio di calcolo EXCEL. Le variabili non continue sono state espresse come media e deviazione standard o mediana e intervallo interquartile (IQR) in maniera adeguata alla distribuzione. Il test t o il test U Mann-Whitney è stato usato per la valutazione e la comparazione dei dati tra due gruppi a seconda della distribuzione della variabile. Un p-value inferiore a 0,05 è stato considerato statisticamente significativo.

 

Risultati

Nello studio sono stati arruolati 23 pazienti con un’età media di 59 ± 6,3 anni, di cui 12 maschi (52%) e 11 femmine. 5/23 presentavano un quadro di insufficienza renale cronica in stadio V seguiti in follow-up cronico nell’ambulatorio di pre-dialisi, con eGFR secondo CKD-EPI medio di 11 ± 3 ml/min/1.73 m2. 18/23 erano pazienti prevalenti da più di tre mesi in dialisi (7 in dialisi peritoneale e 11 in trattamento extracorporeo). Il 90% dei pazienti era affetto da ipertensione arteriosa, il 30% da diabete mellito tipo II. Le caratteristiche cliniche dei pazienti sono riportati in Tabella 1. 

Pazienti (numero) 23
Età (anni, media ± DS)

Maschi (%)

Ipertensione (%)

Diabete mellito (%)

Pazienti in lista trapianto (%)

59 ± 6,3
52
90
30
83
Malattie di base Glomerulonefrite (%) 35
ADPKD (%) 14
Nefroangiosclerosi (%) 39
Uropatia Ostruttiva (%) 4
Altro (%) 8
Emoglobina, g/l (media ± DS)

Albumina, g/dl (media ± DS)

Kt/V emodialisi (media ± DS)

wKt/V dialisi peritoneale (media ± DS)

117 ± 7,7
4,01 ± 0,2
1,33 ± 0
1,84 ± 0,4
Tabella 1: Caratteristiche cliniche e parametri biochimici dei pazienti. Legenda: DS: Deviazione Standard; ADPKD: Autosomal Dominant Polycystic Kidney Disease; wKt/V: total (renal and peritoneal) weekly Kt/Vurea.

Le patologie di base sono risultate essere per il 35% della popolazione studiata glomerulonefriti, per il 39% nefroangiosclerosi, per il 14% malattia del rene policistico autosomico dominante, per il 4% uropatie ostruttive e per l’8% dei casi altre patologie. L’83% dei pazienti risultava essere in lista di attesa attiva per trapianto di rene.

I valori di emoglobina medi erano di 117 ± 7,7 g/l, mentre l’albumina era di 4,01 ± 0,2 g/dl. Come indici di depurazione per i pazienti in trattamento sostitutivo abbiamo considerato il Kt/V, che per i pazienti in emodialisi era in media 1,33 ± 0,2 mentre per i pazienti in dialisi peritoneale il valore settimanale era in media 1,84 ± 0,4.

Dall’analisi dei dati risulta che tutti i pazienti prima del supporto psicologico presentavano al test STAI valori indicativi di livelli elevati sia di ansia di tratto che di stato (rispettivamente media 54,8 ± 7,3 e 60,8 ± 0,8).

I valori del test STAI somministrato ai pazienti sono stati confrontati prima e dopo le otto sedute di terapia psicologica programmate. I valori del test STAI ottenuti dopo le 8 sedute sono statisticamente inferiori sia per l’ansia di stato che per l’ansia di tratto (ansia di tratto 54,8 ± 7,3 versus 45,7 ± 9,2, p < 0,001 e ansia di stato 60,78 ± 0,8 versus 44,13 ± 6,36, p < 0,001, rispettivamente) (Figura 2).

Variazioni dei livelli di ansia di tratto e ansia di stato secondo i valori del test State-Trait Anxiety Inventory (STAI)
Figura 2: Variazioni dei livelli di ansia di tratto e ansia di stato secondo i valori del test State-Trait Anxiety Inventory (STAI), prima e dopo otto sedute di supporto psicologico.

Inoltre, abbiamo diviso la nostra popolazione in 2 gruppi basandoci sulla modalità di esecuzione delle sedute intermedie (sedute in presenza e sedute da remoto). I valori del test STAI risultano statisticamente diminuiti dopo le 8 sedute con entrambe le modalità (p = 0,02) ed i delta ottenuti pre-post seduta sono sovrapponibili nei due gruppi (p = 0,68).

Confrontando i valori di riduzione dello stato d’ansia di tratto con la riduzione dello stato d’ansia di stato si dimostra che la differenza tra prima e dopo le sedute è maggiore per l’ansia di stato in modo statisticamente significativo (delta ansia di tratto 9,1 ± 2,7 versus delta ansia di stato 16,7 ± 5,67, p < 0,001).

Dividendo la popolazione in base al genere, non è stata individuata differenza nello stato d’ansia di tratto tra maschi e femmine né prima né dopo le sedute (ansia di tratto prima delle sedute nei maschi nei confronti delle femmine rispettivamente 55,1 ± 12,0 versus 54,5 ± 7,8, p = 0,851 e ansia di tratto dopo le sedute nei maschi rispetto alle femmine 47,7 ± 7,8 versus 43,5 ± 4,2, p = 0,167, rispettivamente).

Abbiamo poi analizzato la riduzione dell’ansia di tratto prima e dopo le sedute psicologiche confrontando maschi e femmine. Riguardo l’ansia di tratto non vi è una differenza significativa dei valori prima e dopo le sedute confrontando maschi e femmine (delta ansia di tratto nei maschi nei confronti delle femmine: 7, IQR 2 – 8,25 versus 12, IQR 8 – 15; p 0,111) (Figura 3). L’ansia di stato è risultata invece maggiore nelle donne rispetto ai maschi sia prima che dopo le sedute psicologiche (ansia di stato prima delle sedute nei maschi rispetto alle femmine rispettivamente 59,0 ± 7,8 versus 62,72 ± 0,70, p = 0,032 e 46,2 ± 7,8 versus 41,9 ± 5,7, p = 0,041). La riduzione dei valori che si riferiscono all’ansia di stato tra prima e dopo le otto sedute è stata maggiore nelle donne rispetto agli uomini (delta ansia di stato tra prima e dopo le sedute nei maschi rispetto alle femmine: 14, IQR 7,5 – 15,25 versus 22, IQR 16 – 24,5; p = 0,002) (Figura 3).

Figura 3: Confronto della riduzione dei livelli di ansia di tratto e di stato ottenuta con otto sedute di supporto psicologico tra maschi e femmine secondo i valori del test State-Trait Anxiety Inventory (STAI).

 

Discussione

In questo lavoro abbiamo descritto la nostra esperienza di supporto psicologico ai pazienti affetti da insufficienza renale cronica in fase pre-dialitica e dialitica. Il primo dei colloqui previsti è stato eseguito in presenza per consentire una conoscenza più stretta tra lo psicologo e il paziente, così come l’ultimo, per poter valutare in un rapporto più diretto se fosse necessario o meno proseguire con gli incontri. Nel primo e ultimo colloquio è stato somministrato ai pazienti il test STAI per la valutazione dello stato d’ansia di tratto e di stato.

I colloqui intermedi invece sono stati eseguiti sia in presenza che da remoto, assecondando le preferenze del paziente, facilitando così l’accesso al supporto psicologico per i pazienti con difficoltà di trasporto o con scarsa disponibilità di tempo. Abbiamo constatato che l’ambiente domestico non limita la percezione da parte del paziente del supporto fornito, né riduce la possibilità di analisi da parte dello psicologo. La modalità di colloqui da remoto, attivata durante il periodo di pandemia da SARS-CoV-2, è stata pertanto trovata utile e adottata nel periodo dello studio. La modalità da remoto è stata quindi scelta da alcuni pazienti anche alla riapertura degli ambulatori, preferendo la possibilità di essere sostenuti nella narrazione della loro storia di fatica e sofferenza rimanendo al di fuori del contesto ospedaliero che rappresenta il luogo della terapia e del vincolo cronico. Proprio per questo motivo per i pazienti in trattamento emodialitico è stato preferito un giorno di non dialisi per i colloqui.

L’obiettivo di questo studio è stato valutare l’ansia di stato e l’ansia di tratto tramite la somministrazione ai pazienti del test STAI prima di iniziare le sedute psicologiche e al termine delle otto sedute. L’analisi di dati che si ricavano dal test permette infatti di effettuare una discriminazione tra l’ansia intesa come sintomo e l’ansia espressa come modalità abituale di risposta agli stimoli esterni [15]. I nostri dati mostrano un alto livello di stress iniziale confermando quanto riscontrato in letteratura secondo cui i pazienti in fase pre-dialitica e dialitica presentano un’elevata incidenza di disturbi d’ansia e depressivi [2].

I valori alla prima somministrazione del test STAI evidenziano una significativa compromissione del tono dell’umore, con tratti evidenti di depressione, rabbia, confusione, astenia, ridotta speranza nel futuro. Questo risultato è stato confermato nell’intera popolazione analizzata, nei maschi e nelle femmine. Infatti non sono state riscontrate differenze statisticamente significative tra maschi e femmine. Nella nostra esperienza durante i colloqui psicologici, è emersa la difficoltà da parte dei pazienti ad accettare le limitazioni dalla terapia causate dalla malattia e dal cambiamento dell’immagine del sé, ancora più evidenti qualora la necessità di accedere alle terapie sia improvvisa o inaspettata, facendo percepire al paziente un profondo senso di rabbia dovuto alla condizione di dipendenza e al legame irreversibile con la terapia dialitica.

Dalla nostra esperienza si evince, inoltre, che un percorso di sostegno psicologico della durata minima di otto sedute può essere sufficiente per favorire un significativo calo dell’intensità dei sintomi riguardanti sia l’ansia di tratto che di stato. In particolar modo grazie a questo percorso di interventi psicologici mirati, è stata più rilevante la riduzione dell’ansia di stato, favorendo quindi il raggiungimento di livelli di adattamento avanzati rispetto alla nuova situazione clinica e di conseguenza anche psico-sociale.

Un supporto per la gestione della sintomatologia ansiosa può permettere quindi ai pazienti di vivere la malattia e la terapia in modo tale da favorire significativi miglioramenti nel loro stile di vita, trovando importanti alternative alla rassegnazione. L’adattamento infatti è un processo che va costruito nel tempo, attraverso lo sviluppo di una sinergia tra l’utilizzo delle risorse individuali del paziente (capacità di coping, senso di auto-efficacia, tratti caratteriali, ecc.) e quelle ambientali (atteggiamento degli operatori, supporto psicologico, familiare, sociale, ecc.).

Dai dati raccolti non sono state riscontrate differenze significative tra i due sessi riguardo l’ansia di tratto. Invece le donne hanno dimostrato valori di ansia di stato più alti rispecchio ai maschi, ma anche una riduzione di questa maggiore tra prima e dopo le sedute. Si può quindi dedurre che possano essere in particolare le pazienti donne a trarre un maggior beneficio dal supporto psicologico.

Le limitazioni dello studio sono legate al ristretto numero di pazienti analizzati e al fatto che si tratti di uno studio monocentrico. Questo ha comportato il fatto che non è stato possibile valutare separatamente i pazienti appartenenti alla fase pre-dialitica o in dialisi peritoneale ed extracorporea, ma potrà essere valutato in uno studio successivo che comprenda un numero maggiore di pazienti.

 

Conclusioni

Il lavoro clinico condotto dal 2020 ad oggi dimostra che un modello di cura integrato in cui si fondano la dimensione medica, quella psico-emotiva e socio-cognitiva rappresenta uno spazio di cura globale del malato cronico, favorendo la stimolazione e l’empowerment di un più avanzato adattamento alle terapie e al luogo di cura stesso. In tale contesto, i malati cronici che vivono continue esperienze di lutto e perdite, mostrano un costante bisogno di ricercare nuovi significati connessi alla loro esperienza di malattia e tale ‘ri-significarsi’ può avvenire proprio all’interno di uno spazio di ascolto e contenimento. I risultati evidenziati dimostrano il raggiungimento di una serie di obiettivi connessi alla possibilità di contenere una possibile ricaduta negativa sugli outcome assistenziali, evidenziando l’importanza dell’applicazione di strategie di sostegno psico-emotivo ai pazienti al fine di migliorare la gestione delle terapie, dello stile di vita e di salvaguardare la relazione équipe/paziente rinforzando la fiducia e l’adesione alle indicazioni terapeutiche.

 

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