Abstract
Il mezzo di contrasto iodato viene ampiamente usato nella pratica clinica, dalla diagnostica per immagini alle procedure radiointerventistiche ed endovascolari. Il paziente nefropatico risulta essere maggiormente suscettibile (rispetto alla popolazione con normofunzione renale) al danno d’organo indotto o associato al contrasto. Tuttavia tale condizione predisponente all’insufficienza renale non può rappresentare un limite o un ostacolo alla diagnosi o ai trattamenti endovascolari. Nonostante la letteratura prodotta nell’ultimo quinquennio, appaiono ancora controverse le modalità di gestione e di approccio ai pazienti nefropatici, dall’uso del contrasto all’utilizzo dei trattamenti sostitutivi la funzione renale, che spesso erroneamente vengono considerati come parte delle strategie di prevenzione.
Sebbene in letteratura l’argomento sia ampiamente dibattuto, nella pratica clinica si assiste spesso all’incertezza degli specialisti che lascia intendere una perfettibile gestione della somministrazione del mezzo di contrasto e delle richieste di consulenza nefrologica. Concomita, inoltre, una diffusa difficoltà nel distinguere il danno renale acuto post-contrastografico (Post-contrast Acute Kidney Injury, PC-AKI) dal danno renale acuto indotto dal mezzo di contrasto (Contrast-induced Acute Kidney Injury, CI-AKI).
La review che presentiamo vuole fornire un aggiornamento sull’argomento, fornendo le strategie per la riduzione del rischio di danno renale acuto dopo la somministrazione di mezzo di contrasto, strategie che prevedono l’identificazione precoce dei soggetti ad alto rischio, la scelta di mezzi di contrasto e dei dosaggi appropriati, la sospensione di farmaci nefrotossici, il follow-up dei soggetti ad alto rischio e l’identificazione precoce dell’AKI.
Parole chiave: mezzo di contrasto, danno renale acuto, prevenzione, idratazione