Abstract
Le linee guida sull’uso del trattamento dialitico nei pazienti con malattia renale cronica (CKD) e intossicazione da TPM (topiramato) sono controverse. Un uomo di 51 anni con anamnesi di epilessia e CKD è stato condotto presso il nostro pronto soccorso per disuria e malessere. In terapia assumeva TPM 100 mg 3/die. Il livello di creatinina all’ingresso era di 2,1 mg/dL, l’azoto ureico nel sangue di 70 mg/dL e gli indici di infiammazione erano aumentati. Abbiamo iniziato una terapia antibiotica empirica e la reidratazione. Il giorno successivo presentava diarrea e insorgenza acuta di vertigini, confusione e riduzione dei livelli di bicarbonatemia. La TC cerebrale risultava negativa per eventi acuti. Durante la notte il suo stato mentale peggiorava, l’output urinario risultava di circa 200 mL in 12 ore. L’EEG evidenziava un’attività bioelettrica cerebrale desincronizzata. Successivamente, il paziente presentava convulsioni e poi comparsa di anuria, instabilità emodinamica e perdita di coscienza. Il valore della creatinina era di 5,39 mg/dL con una grave acidosi metabolica. Abbiamo deciso di iniziare un’emo-diafiltrazione a bassa efficienza sostenuta di 6 ore (SLE-HDF). Dopo 4 ore abbiamo assistito al recupero di coscienza e successivamente al miglioramento della funzione renale. I livelli di TPM prima della SLE-HDF risultavano pari a 123,1 µg/ml. Al termine del trattamento pari a 30 µg/mL. In letteratura, questa è la prima segnalazione di intossicazione involontaria da TPM, in un paziente affetto da CKD, sopravvissuto a una concentrazione così elevata, trattata con terapia sostitutiva renale. La SLE-HDF ha portato a una moderata eliminazione del TPM e alla risoluzione dell’acidemia, garantendo il continuo monitoraggio dei parametri vitali del paziente in relazione alla sua instabilità emodinamica.
Parole chiave: intossicazione, SLED, emodialisi, acidosi metabolica, cvvh