Lo studio FRASNET: identificazione dei fattori clinici e sociali associati all’insufficienza renale in una popolazione di anziani

Abstract

Background. Gli anziani rappresentano il segmento di età più ampio e in più rapida crescita della popolazione con insufficienza renale cronica (IRC) e presentano un aumento della prevalenza di fragilità e sarcopenia, associate a un’ampia gamma di esiti avversi per la salute quali cadute, ospedalizzazione, disabilità.
Obiettivo. Descrivere le variabili sociodemografiche e cliniche di una popolazione di anziani lombardi e identificare i fattori associati all’insufficienza renale.
Materiali e metodi. Studio osservazionale di tipo cross-sectional condotto in ospedale, nei centri ricreativi per anziani, nelle Università della Terza Età delle province di Milano e Monza-Brianza condotto attraverso un campionamento di convenienza di 1250 soggetti di età superiore a 65 anni.
Risultati. Lo studio ha identificato come fattori associati all’insufficienza renale cronica il vivere da soli, un reddito individuale annuo < 10.000 €, la poli farmacoterapia, la sarcopenia e la fragilità. Il campione presenta una eGFR media pari a 71.74 mL/min/1.73m2 (SD ±16.56). Gli anziani che vivono da soli hanno una maggiore probabilità di sviluppare IRC (P=0.031, intervallo di confidenza, IC [1.031-1.905]), così come avere un reddito < 10.000 € (P=0.002, IC [0.392-0.923]). L’assunzione di più di 11 farmaci al giorno aumenta di 16 volte la probabilità di avere insufficienza renale cronica (P=0.012, IC [1.155-3.16]). La sarcopenia e la fragilità aumentano la probabilità di avere insufficienza renale cronica (IRC) (P=0.001, IC [1.198-2.095]).
Conclusioni. Identificare i fattori associati all’insufficienza renale rappresenta un passo fondamentale per introdurre misure preventive e fornire una migliore assistenza alla popolazione anziana.

Parole chiave: Insufficienza Renale Cronica, anziani, sarcopenia, fragilità

Introduzione

Vivere a lungo significa confrontarsi con sentimenti di incapacità, dipendenza, bisogno di cure a lungo termine, perdita dei ruoli sociali, isolamento, solitudine, depressione e, a volte, mancanza di senso della vita [13]. L’invecchiamento demografico è un fenomeno, riscontrabile in tutto il mondo, che richiede alla società di riorganizzare il mercato del lavoro, le politiche sociali, nonché le dinamiche familiari e i sistemi sanitari [1, 4].

In Italia, l’aspettativa di vita è di 82.9 anni, 80.5 per i maschi e 84.9 per le femmine [5]. L’aumento di aspettativa di vita e il progredire delle cure, hanno portato a conseguenze molto positive per la salute e il benessere delle persone anziane: un numero molto elevato di anziani vivono e agiscono in modo indipendente nella loro vita quotidiana, nonostante siano affetti da una o più malattie croniche che li rendono clinicamente a rischio di peggioramento [6]. Gli anziani costituiscono quindi una popolazione vulnerabile e in crescita con un carico particolarmente elevato di comorbidità quali malattie cardiovascolari, diabete, malattie respiratorie croniche, insufficienza renale, depressione, artrite reumatoide, osteoporosi [711]. La malattia renale cronica è un grave problema di salute pubblica ad alta incidenza e prevalenza; si traduce in costi elevati e un alto tasso di mortalità [12]. È definita dalla presenza di danno renale o una filtrazione glomerulare inferiore a 60 mL/min/1.73m2, per un periodo superiore a tre mesi. Le complicanze più frequenti associate alla malattia renale cronica comprendono infezioni, sanguinamento e insufficienza cardiaca [1214].

La riduzione della Velocità di Filtrazione Glomerulare al di sotto di 60 ml/min/1.73m2 stimata con formula MDRD o CKD-EPI da più di tre mesi è espressione di insufficienza renale cronica e può essere considerata come fattore di rischio sufficiente per lo sviluppo di comorbidità.

La prevalenza della fragilità è molto alta nei pazienti con insufficienza renale cronica e aumenta con la sua gravità. Un certo numero di fattori associati all’insufficienza renale cronica sembrano favorire la frequente comparsa di fragilità in questi pazienti oltre ad avere un impatto sfavorevole sulla qualità della vita, sulla morbilità e sulla mortalità, per questo motivo la fragilità è un criterio importante nella definizione degli obiettivi di trattamento per la malattia renale cronica [15]. Gli anziani rappresentano il segmento di età più ampio e in più rapida crescita della popolazione con malattia renale allo stadio terminale. Nella popolazione anziana si ritrovano le stesse malattie renali degli individui più giovani, ma l’invecchiamento determina una graduale e progressiva riduzione della velocità di filtrazione glomerulare stimata (GFR), che determina la diminuzione della riserva funzionale; per tale motivo gli anziani sono più vulnerabili agli effetti dannosi di ipertensione, malattie cardiovascolari, diabete e tossicità dei farmaci [16]. Le persone con IRC in questa fascia di età hanno un rischio maggiore di caduta e di esiti negativi rispetto a quelle senza IRC, ciò a causa dell’osteodistrofia renale [17, 18]. Purtroppo, l’insufficienza renale cronica è una condizione spesso misconosciuta e sottovalutata tanto che è stata definita il “Silent Killer” [19].

La sarcopenia e la fragilità sono condizioni prevalenti nella popolazione con IRC. La sarcopenia è caratterizzata dalla perdita di massa e funzione muscolare [18], mentre la fragilità è definita come un danno multisistemico associato ad una maggiore vulnerabilità ai fattori di stress [20]. C’è una sostanziale sovrapposizione tra le due condizioni, in particolare per quanto riguarda le manifestazioni fisiche: debole forza di presa, diminuita velocità di andatura e bassa massa muscolare. Sia la sarcopenia che la fragilità sono state associate a un’ampia gamma di esiti avversi per la salute quali disabilità, cadute, ospedalizzazione [20]. Pertanto, individuare precocemente i fattori associati all’insufficienza renale cronica, condizione spesso silente, è utile per sviluppare interventi in grado di evidenziarla e al tempo stesso ostacolare lo sviluppo dello stato di fragilità e sarcopenia negli anziani.

Possiamo considerare tutto ciò un obiettivo strategico sia ai fini di un miglioramento della qualità della vita in una popolazione che continua ad invecchiare, sia per il contenimento della spesa in campo sociosanitario dedicato alle condizioni di cronicità e dipendenza funzionale.

Obiettivo dello studio

Descrivere le variabili sociodemografiche e cliniche di una coorte di anziani non ospedalizzati per identificare i fattori associati all’insufficienza renale cronica.

 

Materiali e metodi

Disegno dello studio

È stato condotto uno studio osservazionale, di tipo cross-sectional.

Setting e partecipanti

Lo studio è stato condotto in alcuni centri ricreativi per anziani, presso alcune Università della Terza Età della provincia di Milano e Monza-Brianza e presso l’ambulatorio di Nefrologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. È stato effettuato un campionamento volontario di convenienza fino ad arruolare 1250 pazienti.

I criteri di inclusione prevedevano di reclutare persone con età superiore a 65 anni, che avessero la possibilità di camminare 500 metri senza assistenza (autoriferita), con un punteggio ≥ 18 al Mini-Mental State Examination (MMSE), privi di gravi problemi di salute recenti che comportassero un’aspettativa di vita inferiore a 6 mesi.

Strumenti per la raccolta dei dati

La valutazione basale ha permesso di verificare il possibile arruolamento attraverso la compilazione di un questionario anagrafico e anamnestico per l’esclusione di malattie gravi. Il MMSE è uno strumento che valuta il deficit cognitivo attraverso 11 voci, applicabile in modo etero-somministrato in pochi minuti. Il MMSE prende in esame l’orientamento spazio-temporale, l’attenzione e il calcolo, la memoria, il linguaggio e la prassia costruttiva, senza porre limiti di tempo nelle risposte a voce. La validità e l’affidabilità dello strumento è stata calcolata tenendo in considerazione l’età e il livello di scolarizzazione dei soggetti. I punteggi inferiori a 24 vengono considerati quelli in cui valutare una potenziale demenza. Il MMSE è risultato valido e affidabile sia sulla popolazione normale che sulla popolazione affetta da demenza e disturbi psichiatrici maggiori. La quantificazione del cut-off a 24 per l’MMSE è stato identificato così come previsto dallo studio di validazione dello strumento, che ha stratificato la compromissione cognitiva nei seguenti range: 24-30 norma (nello specifico si possono distinguere i punteggi tra 30-28 come indicativi di soggetti con un funzionamento cognitivo “normale-fascia alta”; punteggi tra 27-24 sono invece indicativi di un funzionamento cognitivo “normale-fascia bassa”), 18-23 compromissione media, 0-17 compromissione severa.

In seguito, tutti i soggetti arruolati sono stati sottoposti a un questionario volto a raccogliere caratteristiche demografiche, psicosociali. Inoltre sono stati valutati sarcopenia e bioimpedenzometria attraverso bilancia bioimpedenziometrica e test fisici. Sulla base dei risultati di tali test i soggetti sono stati classificati in base all’applicazione dell’indice di Fried modificato [21].

Il test di Fried prevede la valutazione di 5 parametri: perdita di peso involontaria (5% negli ultimi 12 mesi), facile affaticabilità riferita nello svolgimento delle attività quotidiane (per almeno tre giorni nella settimana), riduzione dell’attività fisica nella sua frequenza settimanale (PASE Physical Activity Scale for the Elderly), riduzione nella velocità del cammino (TUG-Timed Up and Go Test oppure SPPB-test della marcia), riduzione della forza muscolare (SPPB-test della sedia). Noi non abbiamo considerato affidabile il dato sulla perdita di peso involontaria in quanto solo riportata dal soggetto e non misurata dall’operatore. La fragilità è stata calcolata con soli quattro parametri. Il soggetto viene considerato fragile se sono presenti tre o quattro di questi elementi, pre-fragile se sono presenti uno o due elementi, robusto se non è presente nessun elemento.

La sarcopenia è stata definita come la presenza di ridotta massa muscolare e della compromissione muscolare (forza o prestazione) come raccomandato dal “Gruppo di lavoro sulla sarcopenia negli anziani” [22]. La funzione muscolare è stata valutata utilizzando alternativamente due test: SPPB (SPPB), che genera una scala che va da 0 a 12 punti, che comprende le valutazioni di equilibrio, velocità del passo e alzata dalla sedia. Il test del cammino consiste nella valutazione della velocità del cammino (m/s), registrando il tempo necessario per percorrere 10 m alla velocità scelta e con eventuali ausili. È stata inoltre eseguita l’analisi di impedenza bioelettrica (BIA) che rappresenta un approccio rapido, informativo, non invasivo, relativamente poco costoso e sicuro per valutare la massa muscolare, adatto per studi su larga scala. Il dispositivo fornisce misurazioni della massa magra in chilogrammi e percentuale di grasso corporeo totale secondo l’equazione fornita dal software della macchina. L’indice di massa grassa (FMI, kg/m2) sarà calcolato come il peso (kg) diviso per l’altezza (m) al quadrato. L’indice di massa magra (FFMI) (kg/m2) sarà calcolato sottraendo il FMI (kg/m2) dal BMI (kg /m2).

Il soggetto è stato definito sarcopenico in presenza di un indice di massa magra (FFMI) al di sotto del 25° percentile in combinazione con uno dei seguenti parametri funzionali: o un punteggio SPPB ≤ 8 o una velocità di andatura <1.0 m/s.

I questionari sono stati compilati dai soggetti arruolati in presenza di operatori sanitari in grado di chiarire eventuali dubbi.

Variabili e outcome dello studio

Una revisione sistematica con metanalisi del 2017 ha valutato 110 articoli e definito la poli farmacoterapia come l’assunzione di cinque o più farmaci al giorno; rappresentata nel 46.4% degli studi analizzati [23]. Per definire il gruppo di pazienti con insufficienza renale è stato adottato il criterio del GFR inferiore a 60 mL/min/1.73 m2 [24, 25]. Si precisa, pertanto, che i pazienti senza IR possono includere anche i pazienti con proteinuria.

Analisi statistiche

Le caratteristiche socio-demografiche e anamnestiche dei partecipanti sono state analizzate mediante analisi di statistica descrittiva, eseguite con il software statistico IBM Statistical Package for Social Science (SPSS®), versione 25.

È stato costruito un modello di regressione logistica multipla al fine di individuare le variabili associate all’insufficienza renale cronica, utilizzando la strategia proposta da Hosmer & Lemeshow [26]. A tale scopo è stata costruita una variabile dicotomica (GFR < 60) che raggruppava tutti coloro che avevano un indice GFR inferiore a 60 e una variabile dicotomica (GFR < 45) che raggruppava tutti coloro che avevano un indice GFR inferiore a 45. Per ciascuna variabile indipendente è stato calcolato l’odds ratio (OR) e il relativo intervallo di confidenza al 95% (95% IC). Il livello di significatività è stato fissato a P < 0.05.

Considerazioni etiche

Prima di avviare la raccolta dati è stata chiesta l’autorizzazione al Comitato Etico dell’Ospedale San Raffaele (protocollo n° 36, registro pareri CE 24/INT/2017, approvato in data 09/03/2017). Tutti i partecipanti hanno firmato il consenso informato. È stato spiegato a ciascun partecipante che l’adesione allo studio era volontaria, la gestione dei dati riservata e che avevano facoltà di ritirarsi in qualsiasi momento. È stata rispettata l’autonomia dei partecipanti fornendo informazioni tali da rendere libera e consapevole la scelta di partecipare.

 

Risultati

Descrizione del campione

L’intero campione in studio è composto da 1250 pazienti, di cui 497 uomini (39.8%) e 753 donne (60.2%). La maggior parte del campione (67.3%) ha un’età compresa tra 65 e 75 anni. Il 76.6% non dichiara cadute e il 76.6% non ha avuto accessi in Pronto Soccorso (PS) nell’anno precedente al periodo di raccolta dati. Il 64.5% si dichiara non fumatore e il 63.0% non assume alcolici. In riferimento allo stato sociale, il 51.4% non ha un caregiver e il 24.1% vive da solo. Il 75.1% dichiara di svolgere attività ricreativa durante la giornata. Solo il 16.8% possiede una scolarità elementare, mentre la maggior parte del campione (42.3%) ha una scolarità di 10 anni. In riferimento allo stato economico, la maggior parte del campione (89.1%) ha un reddito annuo superiore a 10.000 €.

In riferimento alla fragilità, il 33.7% del campione è fragile, il 35.9% è pre-fragile e il 26.7% è robusto. La maggior parte del campione (55.2%) non presenta sarcopenia, il 28.6% ha una sarcopenia di grado medio e il 13.8% di grado elevato. La GFR media è pari a 71.74 (SD ± 16.56). In generale, se si considera come cut-off di riferimento il valore di GFR pari a 60 mL/min/1.73 m2, più del 20% di questa popolazione ha insufficienza renale mentre solo il 3% ha riferito di esserne affetto. Infine, il 45.4% del campione è in sovrappeso. In riferimento al numero di farmaci quotidiani, l’11.8% (n=147) non assume alcun farmaco, il 72,2 (n=903) assume da 1 a 5 farmaci, il 14.8% (n=185) assume da 6 a 10 farmaci e l’1.2 % (n=15) assume da 11 a 16 farmaci.

La Tabella 1 mostra le statistiche descrittive della popolazione suddivisa in due gruppi: con e senza IRC, sulla base dei cut-off descritti nella sezione “Materiali e metodi”.

Pazienti non IRC * Pazienti con IRC
N n % N n %
Valido Mancante Valido Mancante
Sarcopenia 946 20 251 10
Assente 560 59.2 120 47.8
Media 287 30.3 65 25.9
Alta 99 10.5 66 26.3
Classi Fragilità 933 33 250 11
Robusti 278 29.8 50 20
Pre-fragili 364 39 81 32.4
Fragili 291 31.2 119 47.6
eGFR, mg/ml/1.73 m2 [media±SD] 966 0 78.3±10.4 261 0 47.5 ±46 50.8
Genere 966 0 261 0
Maschio 372 38.5 117 44.8
Femmina 594 61.5 144 55.2
Età 966 0 261 0
65-75 725 75.1 104 39.8
76-85 226 23.4 127 48.7
> 85 15 1.6 30 11.5
Cadute anno precedente 958 8 260 1
No 733 76.5 206 79.2
225 23.5 54 20.8
Accessi in Pronto soccorso anno precedente 961 5 261 0
No 745 77.5 196 75.1
216 22.5 65 24.9
Fumo 951 15 256 5
No 628 66 163 63.7
323 34 93 36.3
Presenza di Caregiver 942 24 257 4
No 491 52.1 141 54.9
451 47.9 116 45.1
Vive da solo 958 8 259 2
No 739 77.1 183 70.7
219 22.9 76 29.3
Alcolici 956 10 261 0
No 614 64.2 162 62.1
342 35.8 99 37.9
Attività Ricreativa 949 17 260 1
No 217 22.9 72 27.7
732 77.1 188 72.3
Scuola 963 3 261 0
Elementare (5 anni) 132 13.7 70 26.8
Scuola Media Inferiore (8 anni) 226 23.5 61 23.4
Scuola Media Superiore  (10 anni) 430 44.7 92 35.2
Laurea e oltre (> 10 anni) 175 18.2 38 14.6
Stato Economico_ 952 14 257 4
                < 10.000 euro 80 8.4 34 13.2
                >10.000 euro 872 91.6 223 86.8
BMI_ 964 2 261 0
Sottopeso 7 0.7 0 0
Normopeso 327 33.9 77 29.5
Sovrappeso 435 45.1 123 47.1
Obeso 195 20.2 61 23.4
Numero di Farmaci 966 0 261 0
No Farmaci 126 13 19 7.3
da 1 a 5 farmaci 734 76 157 60.2
da 6 a 10 farmaci 102 10.6 75 28.7
da 11 a 16 farmaci 4 0.4 10 3.8
* E’ stato adottato il criterio dell’Insufficienza Renale (GFR < 60 ml/min), pertanto i pazienti senza IRC possono includere anche pazienti con proteinuria.
Tabella 1: Caratteristiche del campione suddiviso per pazienti con IRC e non IRC

Caratteristiche dei pazienti con IRC

Il sottogruppo di pazienti con IRC, si compone di 261 pazienti che presentano una GFR media pari a 47.46 ml/min (SD ± 50.8). Tale sottogruppo si compone di 117 uomini (44.8%) e 144 donne (55.2%). La maggior parte del campione di pazienti con IRC ha un’età compresa tra i 76 e gli 85 anni.

Il 79.2% non dichiara cadute e il 75.1% non dichiara accessi in pronto soccorso nell’anno precedente all’arruolamento. Il 63.7% si dichiara non fumatore e il 62.1% di non assumere alcolici. In riferimento allo stato sociale, il 54.9% dei pazienti con insufficienza renale cronica non ha un caregiver e il 29.3% vive da solo; il 72.3% esegue attività ricreative quotidianamente. Per quanto concerne il livello di scolarità il 26.8% possiede una scolarità elementare (pari a 5 anni di studio), mentre la maggior parte del campione possiede un titolo di studio superiore (pari a 10 anni di studio). Lo stato economico dichiarato è riferito ad un reddito >10.000 euro per 86.6% dei soggetti. Il 47.8% dei soggetti con IRC non presenta sarcopenia, il 25.9% ha una sarcopenia di grado medio e il 26.3% ha una sarcopenia di grado elevato. Per quanto concerne la fragilità dei soggetti con IRC, il 20% dei soggetti sono robusti, il 32.4% prefragili e il 47% è considerato fragile; in riferimento al valore del Body Max Index (BMI) osservato, nessun soggetto è sottopeso, il 29.5% risulta normopeso, il 47.1% in sovrappeso e il 23.4% obeso.

Infine, per quanto riguarda il numero dei farmaci assunti si riscontra che il 7.3% non assume alcuna terapia farmacologica, il 60.2% assume da 1 a 5 farmaci, il 28.7% assume da 6 a 10 farmaci e il 3.8% assume dagli 11 ai 16 farmaci.

Fattori associati all’insufficienza renale

Tramite analisi di statistica inferenziale sono stati esplorati i fattori associati dell’IRC, utilizzando il criterio di un GRF < 60 ml/min (Tabella 2). I risultati mostrano che gli anziani che vivono da soli hanno una maggiore probabilità di sviluppare IRC (P=0.031, IC [1.031-1.905]), così come avere un reddito < 10.000 € (P=0.002, IC [0.392-0.923]). Per quanto concerne la polifarmacoterapia, l’assunzione di più di 11 farmaci al giorno aumenta di 16 volte la probabilità di avere insufficienza renale cronica (P=0.012, IC [1.155-3.16]). Anche la sarcopenia e la fragilità aumentano la probabilità di avere IRC; in particolare i soggetti che presentano sarcopenia di moderata o alta intensità hanno una possibilità maggiore di sviluppare IRC (P=0.001, IC [1.198-2.095]) e la probabilità diventa tre volte maggiore in coloro che hanno una sarcopenia di grado elevato rispetto a coloro che non sono sarcopenici (P=0.001, IC [2.152-4.498]). I soggetti fragili hanno una maggiore probabilità di sviluppare IRC (P=0.002, IC [1.208-2.386]) e la probabilità di avere IRC è due volte maggiore in coloro che sono fragili o pre-fragili rispetto a coloro che sono robusti (P=0.001, IC [1.572-3.288]).

95% C.I.per EXP(B)
B S.E. Wald gl Sign. Exp(B) Inferiore Superiore
Vive da solo 0.337 0.157 4.641 1 0.031 1.401 1.031 1.905
Stato economico -0.508 0.218 5.427 1 0.02 0.602 0.392 0.923
Farmacoterapia (no/si) 0.647 0.257 6.361 1 0.012 1.911 1.155 3.16
Sarcopenia (assente/presente) 0.46 0.143 10.393 1 0.001 1.584 1.198 2.095
Sarcopenia (assente/grado medio) 0.055 0.17 0.106 1 0.745 1.057 0.757 1.476
Sarcopenia (assente/grado elevato) 1,135 0.188 36.418 1 0 3.111 2.152 4.498
Fragilità (assente/presente) 0.529 0.174 9.3 1 0.002 1.698 1.208 2.386
Classi Fragilità_(assente/prefragili) 0.213 0.197 1.171 1 0.279 1.237 0.841 1.819
Classi Fragilità_(assente/fragili) 0.821 0.188 19.039 1 0 2.274 1.572 3.288
B: beta, coefficiente non standardizzato; S.E.: standard error; Wald: test di Wald; gl: gradi di libertà; Sign.: livello di significatività statistica; Exp (B): coefficient standardizzato; CI: Intervallo di confidenza 
Tabella 2: Fattori associati dell’insufficienza renale, utilizzando il criterio di un GRF < 60 ml/min

Tramite analisi di statistica inferenziale sono stati esplorati i fattori associati dell’IRC, utilizzando il criterio di un GRF < 45 ml/min (Tabella 3). I risultati mostrano che la sarcopenia e la fragilità aumentano la probabilità di avere IRC; in particolare i soggetti che presentano sarcopenia hanno una possibilità maggiore di sviluppare IRC (P=0.004, IC [0.285-0.786]) e la probabilità diventa circa 1.5 volte maggiore in coloro che hanno una sarcopenia di grado elevato rispetto a coloro che non sono sarcopenici (P<0.001, IC [0.124-0.394]). I soggetti fragili hanno una maggiore probabilità di sviluppare IRC (P=0.001, IC [0.104-0.566]) e la probabilità di avere IRC è una volta maggiore in coloro che sono pre-fragili rispetto a coloro che sono robusti (P=0.037, IC [0.150-0.943]).

95% C.I.per EXP(B)
B S.E. Wald gl Sign. Exp(B) Inferiore Superiore
Vive da solo -0.103 0.283 0.133 1 0.716 0.902 0.518 1.570
Stato economico 0.523 0.357 2.143 1 0.143 1.687 0.838 3.396
Farmacoterapia (no/si) -0.829 0.523 2.518 1 0.113 0.436 0.157 1.215
Sarcopenia (assente/presente) -0.748 0.259 8.350 1 0.004 0.473 0.285 0.786
Sarcopenia (assente/grado medio) -0.113 0.331 0.116 1 0.733 0.893 0.467 1.709
Sarcopenia (assente/grado elevato) -1.509 0.295 26.132 1 0.000 0.221 0.124 0.394
Fragilità (assente/presente) -1.418 0.433 10.726 1 0.001 0.242 0.104 0.566
Classi Fragilità_(assente/prefragili) -0.978 0.469 4.349 1 0.037 0.376 0.150 0.943
Classi Fragilità_(assente/fragili) -1.761 0.444 15.701 1 0.000 0.172 0.072 0.411
B: beta, coefficiente non standardizzato; S.E.: standard error; Wald: test di Wald; gl: gradi di libertà; Sign.: livello di significatività statistica; Exp (B): coefficient standardizzato; CI: Intervallo di confidenza
Tabella 3: Fattori associati dell’insufficienza renale, utilizzando il criterio di un GRF < 45 ml/min

 

Discussione

Lo scopo dello studio era descrivere le variabili socio-demografiche e cliniche di una popolazione anziana, identificando i fattori associati all’insufficienza renale cronica. L’insufficienza renale cronica, infatti, è spesso sottovalutata e i pazienti sono poco consapevoli di essere portatori di insufficienza renale e delle potenziali conseguenze. La consapevolezza di tale condizione rimane inaccettabilmente bassa, nonostante i recenti tentativi di aumentarne la conoscenza attraverso raccomandazioni, eventi di sensibilizzazione della comunità come la Giornata mondiale del rene e gli sforzi di screening gratuiti per le persone ad alto rischio. Il riconoscimento precoce di tale condizione potrebbe rallentarne la progressione, prevenendo lo sviluppo di malattie e le complicanze associate; inoltre, è stato dimostrato che l’intervento tempestivo del nefrologo migliora gli esiti per coloro che progrediscono verso la malattia renale allo stadio terminale [27]. La riduzione del movimento e dell’attività fisica legati alla sarcopenia risultano essere correlati a esiti clinici avversi, sia nella popolazione generale che nei pazienti con disfunzione renale [28]. È necessario far comprendere all’anziano che un monitoraggio attento, un precoce riconoscimento della patologia e l’adozione di comportamenti a sostegno possono permettere una presa in carico efficace da parte del curante, ed esiti migliori nel tempo.

Partendo da questo concetto il nostro studio ha evidenziato che negli anziani affetti da sarcopenia è aumentata la probabilità di avere insufficienza renale cronica. Allo stesso modo in uno studio osservazionale prospettico americano su 336 pazienti, si è evidenziato che la riduzione dell’attività fisica era relativamente comune nei pazienti con insufficienza renale e ciò aumentava il rischio di inizio della terapia dialitica sostitutiva o di morte del soggetto [29]. Anche la fragilità, descritta nella letteratura geriatrica come un evento che rappresenta il declino della funzione fisica e una vulnerabilità globale a esiti avversi, secondo i nostri risultati aumenta la probabilità di avere un’insufficienza renale cronica. Wilhelm-Leen ha condotto un’indagine a livello nazionale negli Stai Uniti che ha evidenziato come i soggetti affetti da malattia renale cronica moderata o grave per il 20% erano fragili [30].

Un numero elevato di anziani, spesso a causa di comorbilità legate all’età, assume generalmente e giornalmente, un numero significativo di farmaci. La letteratura attuale riferisce che chi assume più di 11 farmaci al giorno ha un rischio maggiore di sviluppare un’insufficienza renale cronica [23]. La polifarmacoterapia, già definita come l’uso di più di 5 farmaci [23], espone al rischio di un utilizzo di farmaci dosati in modo inappropriato, che interagiscono tra loro e che possono associarsi ad una non aderenza alla terapia che può portare a ricoveri anche ricorrenti e a un peggioramento della funzionalità renale. Uno studio retrospettivo condotto di recente che ha analizzato più di 500.000 soggetti con un’età uguale o superiore ai 65 anni, ha evidenziato che all’80.6% del campione totale è stato prescritto almeno un farmaco indipendentemente dalla diagnosi o dalle condizioni generali. La polifarmacoterapia può essere affrontata attraverso la “deprescrizione”, un processo basato sull’evidenza che consente l’identificazione e l’eliminazione di farmaci non necessari o inappropriati [31].

I risultati di questo studio suggeriscono che le persone che vivono da sole hanno una possibilità maggiore di sviluppare l’insufficienza renale cronica. L’invecchiamento e la non consapevolezza di tale condizione espongono al rischio di progressione anche rapida fino allo stadio terminale, comportando un aumentato onere per le famiglie e per i caregiver in termini di assistenza e supporto. I caregiver e i partner abituali svolgono un ruolo fondamentale nella gestione di molte condizioni croniche [32, 33]. Promuovere la capacità degli anziani di autogestire la propria salute può rallentare la progressione della malattia e migliorare lo stato di salute.

Il supporto all’autogestione deve enfatizzare il ruolo centrale che i pazienti e i membri della loro famiglia hanno nella gestione della propria cura in collaborazione con la comunità e il sistema sanitario [3437].

Uno studio qualitativo recente ha esplorato i bisogni di interventi di autogestione per gli adulti con insufficienza renale cronica e i loro caregiver [38]. I partecipanti di questo studio hanno discusso le loro esigenze di supporto all’autogestione attraverso tre temi: empowerment attraverso la conoscenza, attivazione attraverso la condivisione delle informazioni e supporti tangibili per il miglior percorso di salute. Ne consegue che, come indicato anche dalle nostre analisi, il vivere da solo può influenzare in modo negativo la salute delle persone anziane. Occorre quindi cercare di personalizzare i servizi sanitari in base all’unicità del paziente tenendo conto dei bisogni, delle preferenze e dei valori del singolo soggetto. Un’assistenza meglio coordinata riduce le riammissioni ospedaliere ed evita gli eventi avversi. Un approccio di cura fondato sulla partecipazione e sulla decisionalità condivisa con il paziente permette, attraverso l’adozione di strategie innovative, la responsabilizzazione incoraggiando l’autogestione della propria malattia [35].

Sulla base dei risultati ottenuti e del numero di soggetti analizzati possiamo identificare come limite dello studio l’arruolamento di persone con un livello culturale elevato, questo fattore può influire in parte sull’estensione dei risultati a persone con caratteristiche diverse.

 

Conclusioni

L’indagine dei fattori associati all’insufficienza renale cronica, obiettivo del presente studio, rappresenta un passo fondamentale per garantire una assistenza adeguata alla persona affetta da tale condizione. Questo studio identifica fattori associati all’insufficienza renale cronica facilmente rilevabili attraverso un approccio multidisciplinare basato su anamnesi e test fisici. Il presente studio ha identificato come fattori associati il vivere da soli, un reddito inferiore a 10.000 €, la polifarmacoterapia, la sarcopenia e la fragilità. Questo approccio rappresenta un passo fondamentale per introdurre misure preventive e fornire una migliore assistenza alla popolazione anziana.

 

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Anno nuovo, variante nuova: gli anziani fragili ci insegnano a fare tesoro dell’esperienza

Abstract

Un recente studio intitolato FRASNET ha arruolato una coorte di 1240 anziani, su base volontaria, tra i pazienti afferenti agli ambulatori dell’Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi dell’Ospedale San Raffaele di Milano, gli ospiti di RSA, i soci delle Università della Terza età di Milano e Monza-Brianza (città e provincia) e di diversi centri socio-ricreativi-culturali per anziani. Di questi soggetti sono stati raccolti dati demografici, antropometrici, biochimici, oltre che informazioni su patologie concomitanti e terapie farmacologiche utilizzate, test psicofisici e campioni biologici.

Dopo la prima ondata della pandemia da SARS-Cov-2, abbiamo raccolto dati relativi all’infezione da coronavirus all’interno della medesima coorte, per valutarne l’impatto sui soggetti fragili. Dai dati raccolti possiamo affermare che, nella nostra coorte, la prevalenza di infezione da SARS-CoV-2 si attesta allo 0,7%. Questo risultato sembrerebbe essere attribuibile all’efficacia delle misure preventive messe in atto durante la prima fase della pandemia.

Parole chiave: studio FRASNET, soggetti fragili, anziani, SARS-CoV-2

Introduzione

A partire dal mese di febbraio 2020 la pandemia da SARS-CoV-2 ha severamente colpito l’Italia, con, ad oggi, più di 7.300.000 di casi accertati e più di 138.000 morti [1].

I dati pubblicati dall’Istat [2] ci mostrano che il numero di casi notificati di infezione da SARS-CoV-2 è aumentato dalla prima ondata (marzo-maggio 2020) alla seconda ondata (ottobre-dicembre 2020) e ha continuato a crescere fino all’attuale quarta. Il vertiginoso aumento dei casi diagnosticati è da imputarsi a due fattori principali: l’aumento della capacità diagnostica, con l’identificazione di un numero sempre maggiore di casi paucisintomatici o asintomatici, e la diffusione epidemica su tutto il territorio nazionale. Le principali analogie tra la quarta ondata e quelle precedenti sono sicuramente la stagionalità, che aumenta il margine di suscettibilità all’infezione, e la contagiosità che rinforza la necessità di rispettare le precauzioni base. Il vantaggio attuale è la barriera vaccinale.

Dalla storia della pandemia si evidenzia un cambiamento delle fasce di età colpite, con un’età media di 60-64 anni nella prima ondata, di 45-49 anni nella seconda (con un calo in termini percentuali dei contagi registrati nella popolazione più anziana) e di 40-49 anni nella quarta ondata.

Se, invece, si prende invece in considerazione la mortalità dell’infezione da SARS-CoV-2 nella popolazione generale, secondo i dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), l’età media dei pazienti positivi deceduti durante la prima ondata è stata di 80 anni, maggiore di oltre 35 anni rispetto a quella dei pazienti che hanno contratto l’infezione ma che sono sopravvissuti [3]. La maggiore mortalità nell’età anziana si conferma anche nelle ondate successive.

Possiamo quindi osservare come, soprattutto nelle ultime ondate, l’infezione, pur colpendo maggiormente soggetti giovani, è nei soggetti più anziani che manifesta maggiormente la sua letalità. Nei soggetti giovani l’infezione da SARS-CoV-2 tende a manifestarsi con sintomi più lievi rispetto all’infezione nei soggetti anziani, soprattutto se con pluripatologie.

Infatti, secondo gli ultimi dati forniti dall’ISS, è possibile notare come il tasso di letalità vari a seconda della fascia d’età: 26.6% per gli ultranovantenni, 18.5% tra 80 e 89 anni, 8.1% tra 70 e 79 anni, 2.4% tra 60 e 69 anni, 0.5% tra 50 e 59 anni, 0.1% tra 40 e 49 anni. Questi dati confermano quindi che i soggetti più anziani sono più a rischio di sviluppare forme severe e letali di infezione da SARS-CoV-2 anche nel corso di questa quarta ondata. Risulta quindi fondamentale per tutti, ma soprattutto per le fasce d’età più avanzate, mettere in atto in maniera rigorosa e costante tutte quelle misure di precauzione utili ad evitare il contagio (DPI e distanziamento sociale).

È oramai assodato che la co-presenza di altre patologie – quali ipertensione, cardiopatie, patologie respiratorie, insufficienza renale cronica, tumori o patologie del sistema immunitario – unitamente a un basso status socio-economico aumentano il rischio di sviluppare forme gravi di COVID-19.

La fragilità è una sindrome età-correlata caratterizzata da una riduzione delle riserve funzionali e da una diminuita resistenza agli stressor, cioè a tutti quegli stimoli (fisici, ambientali, metabolici, affettivi) che causano stress all’organismo e alla psiche. Questa sindrome che si associa allo sviluppo di vulnerabilità e predispone all’insorgenza di eventi avversi [4], è stata considerata fattore di rischio per lo sviluppo di forme COVID-19 severe [5].

La definizione di fragilità elaborata da Fried prende in considerazione sia aspetti psicologici (depressione e deficit cognitivi) che indici fisici (fatica e calo ponderale) [6]. L’infiammazione cronica sembra essere un fattore critico che contribuisce allo sviluppo della fragilità direttamente o indirettamente attraverso diversi sistemi quali il muscolo scheletrico (sarcopenia), il rene (perdita di funzione renale), il sistema endocrino ed ematologico [7]. Inoltre, sembra che anche l’interazione di diversi pattern genetici e fattori ambientali possa essere coinvolta nello sviluppo di fragilità e del processo di invecchiamento [810].

 

Lo studio FRASNET

Uno studio appena concluso, condotto di recente dai gruppi Manunta-Manfredi, intitolato “Renal ageing-Sarcopenia NETwork: a combined genetic, immunological and psychological approach to dissect FRAilty” (FRASNET study) aveva lo scopo di analizzare i fattori genetici e bioumorali che modulano l’effetto dell’infiammazione cronica dovuta all’età sul rene, sul muscolo scheletrico, sui processi cognitivi.

È stata arruolata una coorte di 1240 anziani, su base volontaria, tra i pazienti afferenti agli ambulatori dell’Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi dell’Ospedale San Raffaele di Milano, gli ospiti di RSA, i soci delle Università della Terza età di Milano e Monza-Brianza (città e provincia) e di diversi centri socio-ricreativi-culturali per anziani della medesima area. Di questi soggetti sono stati raccolti dati demografici, antropometrici, biochimici, oltre che informazioni su patologie concomitanti e terapie farmacologiche utilizzate, test psicofisici e campioni biologici.

I criteri di inclusione comprendevano un’età superiore a 65 anni, una capacità di deambulazione (autoriferita) superiore a 500m, un MMSE (Mini Mental State Examination) [11] con punteggio superiore o uguale a 18, assenza di problemi di salute recenti e gravi che comportassero un’aspettativa di vita inferiore a 6 mesi e un’anamnesi negativa per terapie invasive nei 6 mesi precedenti.

Per definire la fragilità di ogni paziente sono stati valutati l’affaticabilità riferita nello svolgimento delle attività quotidiane (per almeno 3 giorni durante la settimana), la riduzione dell’attività fisica nella sua frequenza settimanale (PASE, Physical Activity Scale for the Elderly), la riduzione nella velocità del cammino (TUG, Timed Up and Go Test oppure SPPB – test della marcia), e la riduzione della forza muscolare (SPPB – test della sedia).

Sulla base dei dati raccolti, i pazienti sono stati suddivisi in tre classi di fragilità utilizzando l’indice di Fried modificato. Il 33.7% del totale sono risultati fragili, il 35.9% pre-fragili e il 26.7% robusti.

 

Effetti della Pandemia sulla popolazione FRASNET

Dopo la prima ondata della pandemia da SARS-Cov-2, abbiamo raccolto dati relativi all’infezione da coronavirus per valutarne l’impatto sui soggetti fragili e con lo scopo di capire se la condizione di fragilità potesse predisporre a forme più gravi di COVID-19 e se si associasse ad un aumento della mortalità.

Nel periodo giugno-settembre 2020, i soggetti che avevano preso parte allo studio sono stati intervistati telefonicamente al fine di raccogliere dati riguardanti la prevalenza dei sintomi da infezione da SARS-CoV-2 manifestatisi nel periodo di tempo compreso tra Gennaio 2020 e Agosto 2020. 821 pazienti hanno risposto alla chiamata telefonica, 419 non sono stati raggiunti. Per i soggetti che non hanno risposto telefonicamente abbiamo ricercato informazioni sull’eventuale data di decesso tramite il servizio “anagrafica” sul portale SISS.

Il questionario telefonico veniva sottoposto al diretto interessato o al caregiver. Nel caso in cui il paziente fosse deceduto, si richiedeva di indicare il periodo (pre-covid, prima di gennaio 2020, o durante la pandemia da SARS-CoV-2, a partire da gennaio 2020) e la causa di morte.

Tra i sintomi indagati, si richiedeva di indicare l’eventuale comparsa di febbre, dispnea, tosse, mal di gola, raffreddore, anosmia, disgeusia, nausea, vomito, diarrea, addominalgia, dolore toracico, otalgia, mialgie, artralgie, cefalea, confusione, sincope, convulsioni, congiuntivite, rash cutaneo, ulcere cutanee, nel periodo gennaio-agosto 2020. Nel caso di insorgenza di una o più di queste manifestazioni si richiedeva di indicarne il periodo di comparsa e la durata.

Il questionario, inoltre, chiedeva di indicare eventuali contatti stretti con casi sospetti o confermati di COVID-19, se erano stati fatti tamponi e test sierologici per SARS-CoV-2 (in quella fase molto rari), e se il soggetto si era sottoposto alle vaccinazioni anti-influenzale e anti-pneumococcica nel 2019. Nei soggetti con certa o probabile infezione dal SARS-CoV-2 sono stati raccolti anche dati riguardanti una possibile variazione della terapia farmacologica anti-ipertensiva.

Per valutare la probabilità di aver contratto il COVID, in assenza di tampone o di test sierologico positivo, ad ogni sintomo è stato attribuito un punteggio da 0.25 a 1. È stata quindi considerata certa l’infezione da COVID in caso di punteggio superiore a 3, probabile se compreso tra 1 e 3 ed improbabile se minore di 1. In Tabella I è mostrata l’attribuzione dei punteggi per singolo sintomo.

SINTOMO PUNTEGGIO SINTOMO PUNTEGGIO
Addominalgia 0,25

Disgeusia

0,5
Anosmia 0,5

Dispnea

1,0
Artralgia 0,5

Dolore toracico

0,25
Cefalea 0,5

Faringodinia

0,5
Confusione 0,25

Febbre

0,5
Congiuntivite 0,25

Mialgie

0,5
Convulsioni 0,25

Nausea

0,25
Diarrea 0,25

Otalgia

0,25
Raffreddore 0,25

Rash cutaneo

0,25
Sincope 0,25

Tosse

1,0
Ulcere cutanee 0,25

Vomito

0,25
Tabella I: Valutazione sintomi compatibili con COVID-19

Degli 821 pazienti che hanno risposto alla chiamata telefonica, 6 sono risultati casi di accertata infezione da SARS-CoV-2 (tampone o test sierologico positivo), 26 casi sospetti (presenza di sintomi e punteggio maggiore di 1), 768 non sospetti (nessun sintomo o score minore di 1).

Dei 419 che non hanno risposto, 23 erano deceduti. 7 decessi risalgono a prima di marzo 2020, 11 tra marzo e settembre 2020, 5 dopo settembre 2020.

 

Considerazioni

Dai dati raccolti possiamo affermare che, nella nostra coorte, la prevalenza di infezione da SARS-CoV-2 si attesta allo 0,7%. Questo risultato sembrerebbe essere attribuibile all’efficacia delle misure preventive messe in atto durante la prima fase della pandemia. Infatti, abbiamo potuto constatare che i soggetti da noi arruolati nello studio, nonostante prima della pandemia fossero abituati ad una vita piena di interazioni, stimoli e attività svolte nei circoli ricreativi oppure nell’Università della Terza età, si sono dimostrati particolarmente ricettivi alle disposizioni e regole entrate in vigore per arginare la diffusione della pandemia da SARS-CoV-2.

Lo stesso impegno nel rispetto delle norme lo abbiamo potuto notare nei familiari dei nostri soggetti in studio, soprattutto in coloro che avevano contatti con anziani più fragili, che hanno avuto accorgimenti fondamentali per la tutela dei loro cari. Per esempio durante le nostre interviste telefoniche molti anziani hanno raccontato di aver ricevuto, da parte di figli o altri parenti, la spesa o generi di prima necessità fuori dalla porta di casa proprio per evitare ogni contatto non strettamente necessario.

Oltre al distanziamento sociale anche l’utilizzo dei DPI è stato recepito dai soggetti in studio e dai loro familiari come essenziale per la loro tutela.

In Tabella II abbiamo riportato i dati sulla probabilità di aver contratto l’infezione da SARS-CoV-2 per i soggetti dello studio. I soggetti più fragili hanno avuto meno contatti con altre persone e sono stati più rispettosi e attenti alle regole di distanziamento sociale e di utilizzo dei DPI; al contrario dei soggetti considerati robusti. Infatti, è proprio tra questi ultimi che si sono verificati più casi di infezione da SARS-CoV-2.

P_COVID Classe di fragilità Totale
Robusti Pre-fragili Fragili
Certa N° pazienti 4 4 2 10
% pazienti 40% 40% 20% 100%
% nella classe fragilità e sul totale 1,8% 1,3% 0,7% 1,2%
Possibile N° pazienti 10 7 5 22
% pazienti 45,5% 31,8% 22,7% 100%
% nella classe fragilità e sul totale 4,5% 2,3% 1,8% 2,8%
Improbabile N° pazienti 207 290 271 768
% pazienti 27% 37,8% 35,2% 100%
% nella classe fragilità e sul totale 93,7% 96,3% 97,5% 96%
Tabella II: Probabilità di infezione da SARS-CoV-2 (P_COVID) nei soggetti dello studio FRASNET distribuita per classi di fragilità

Questi dati relativi alla prima ondata, anche alla luce dei dati della quarta ondata, confermano l’efficacia dei DPI e delle norme di distanziamento sociale, sempre e per tutti, soprattutto al fine di garantire la protezione delle categorie di soggetti più fragili, suscettibili delle forme più gravi di infezione.

In questa quarta ondata stiamo osservando come la variante Omicron abbia una contagiosità molto elevata, e che, nonostante nei soggetti giovani porti allo sviluppo di una malattia spesso paucisintomatica, nei soggetti più fragili e anziani può comunque portare all’insorgenza di malattia severa.

In ambito nefrologico abbiamo spesso potuto constatare, per esempio nei soggetti che devono periodicamente essere sottoposti a trattamenti dialitici, come la difficoltà a mantenere il distanziamento sociale e a evitare contatti con molte persone possa essere un fattore determinante nella diffusione del contagio.

I dati emersi dalla nostra casistica confermano anche l’importanza della educazione sanitaria e della corretta informazione forniti da circoli ricreativi e associazioni nel favorire la prevenzione.

Un’ulteriore arma attualmente a nostra disposizione per proteggere noi stessi e gli altri è il vaccino contro il SARS-CoV-2. Esso aiuta non solo a prevenire le forme gravi di infezione, ma anche a ridurre la diffusione del SARS-CoV-2. Al momento dell’intervista il vaccino contro SARS-CoV-2 non era disponibile. Nell’ambito del nostro studio abbiamo ottenuto quindi solo dati riguardanti la prevalenza della somministrazione dei vaccini anti-influenzale e anti-pneumococcica: soltanto 408 pazienti sono risultati vaccinati con vaccino anti-influenzale (49,6%), 1 con il solo vaccino anti-pneumococcico, 40 con entrambi i vaccini.

La Tabella III riporta la distribuzione di questi dati nella nostra coorte. Questi dati dimostrano la scarsa adesione a vaccini già fortemente consigliati ai soggetti fragili, e quindi la necessità di far comprendere a tutti, ma soprattutto ai soggetti più fragili, l’importanza dei vaccini, a partire dal vaccino per il SARS-CoV-2 e i vantaggi che essi possono garantire. Sarà quindi necessario comunicare in maniera corretta ed efficace le informazioni relative alle vaccinazioni, in modo tale che tutti, ma soprattutto i soggetti più fragili possano usufruirne.

N° soggetti P_COVID-19
Certa Probabile Improbabile
Nessun vaccino 352 3 8 341
Anti-influenzale o Anti-pneumococco 409 9 12 388
Entrambi i vaccini 40 0 2 38
Tabella III: Prevalenza di infezione da SARS-CoV-2 rispetto alla Probabilità di infezione da SARS-CoV-2 (P_COVID) nei soggetti dello studio FRASNET vaccinati con anti-influenzale e/o con anti-pneumococco

Quindi, proprio in questo momento in cui la variante Omicron sta causando un consistente aumento dei contagi, nonostante siano passati due anni dall’inizio della pandemia, resta fondamentale, per la tutela nostra e di chi ci circonda, non abbassare la guardia e continuare a educare a rispettare le norme e le disposizioni attualmente in vigore.

 

Limitazioni

I dati raccolti non includono eventuali casi asintomatici che non hanno effettuato test sierologici e/o tamponi.

Inoltre, bisogna considerare eventuali imprecisioni nelle risposte fornite al questionario e che alcuni decessi dei mesi di gennaio e febbraio 2020 potrebbero essere comunque dovuti all’infezione da COVID-19.

 

Bibliografia

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  2. Impatto dell’epidemia COVID-19 sulla mortalità totale della popolazione residente anno 2020. https://www.istat.it/it/archivio/258463 (ultimo accesso 28/12/2021).
  3. Characteristics of SARS-CoV-2 patients dying in Italy Report based on available data on October 5th, 2021. https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-decessi-italia (ultimo accesso 26/11/2021).
  4. Fried LP, Ferrucci L, Darer J, Williamson JD, Anderson G. Untangling the concepts of disability, frailty, and comorbidity: implications for improved targeting and care. J Gerontol A Biol Sci Med Sci 2004; 59:255-63. https://doi.org/10.1093/gerona/59.3.M255
  5. Hussien H, Nastas, A, Apetrii M, et al. Different aspects of frailty and COVID-19: points to consider in the current pandemic and future ones. BMC Geriatr 2021: 21:389. https://doi.org/10.1186/s12877-021-02316-5
  6. Fried LP, Tangen CM, Walston J, Newman AB, Hirsch C, Gottdiener J, Seeman T, Tracy R, Kop WJ, Burke G, McBurnie MA; Cardiovascular Health Study Collaborative Research Group. Frailty in older adults: evidence for a phenotype. J Gerontol A Biol Sci Med Sci 2001; 56(3):M146-56. https://doi.org/10.1093/gerona/56.3.m146
  7. Soysal P, Stubbs B, Lucato P, Luchini C, Solmi M, Peluso R, Sergi G, Isik AT, Manzato E, Maggi S, Maggio M, Prina AM, Cosco TD, Wu YT, Veronese N. Inflammation and frailty in the elderly: A systematic review and meta-analysis. Ageing Res Rev 2016; 31:1-8. https://doi.org/10.1016/j.arr.2016.08.006
  8. Di Bona D, Accardi G, Virruso C, Candore G, Caruso C. Association of Klotho polymorphisms with healthy aging: a systematic review and meta-analysis. Rejuvenation Res 2014; 17(2):212-6. https://doi.org/10.1089/rej.2013.1523
  9. Mengel-From J, Soerensen M, Nygaard M, McGue M, Christensen K, Christiansen L. Genetic Variants in KLOTHO Associate With Cognitive Function in the Oldest Old Group. J Gerontol A Biol Sci Med Sci 2016; 71(9):1151-9. https://doi.org/10.1093/gerona/glv163
  10. Shardell M, Semba RD, Rosano C, Kalyani RR, Bandinelli S, Chia CW, Ferrucci L. Plasma Klotho and Cognitive Decline in Older Adults: Findings From the InCHIANTI Study. J Gerontol A Biol Sci Med Sci. 2016 May;71(5):677-82. https://doi.org/10.1093/gerona/glv140
  11. Folstein MF, Folstein SE, McHugh PR. “Mini-mental state”. A practical method for grading the cognitive state of patients for the clinician. J Psychiatr Res 1975; 12(3):189-98. https://doi.org/10.1016/0022-3956(75)90026-6

L’insufficienza renale acuta nell’anziano

Abstract

L’insufficienza renale acuta (IRA), definita anche come danno renale acuto, è una patologia che sta ricevendo una crescente attenzione negli ultimi anni, vista la sua incidenza, i danni che causa al paziente ed i costi che sono necessari per il suo trattamento. Il soggetto anziano, spesso gravato da numerose pluri-patologie e con una riduzione funzionale para-fisiologica dell’attività renale, risulta essere maggiormente a rischio di sviluppo di un danno renale acuto. La comparsa di IRA è infatti insieme alle sepsi una delle complicanze più frequenti nell’anziano ricoverato in ambiente ospedaliero. Vi sono delle strategie comportamentali che si sono dimostrate efficaci nella prevenzione del danno renale in molte situazioni, come l’idratazione prima dell’utilizzo dei mezzi di contrasto iodati, l’attenzione ai farmaci nefrotossici, la modulazione di concomitanti terapie che impattano sul sistema cardio-vascolare (inibitori del SRA, betabloccanti, ecc.).

Il sovraccarico di liquidi, la riduzione delle masse muscolari, gli stati settici, che si verificano molto più facilmente e rapidamente nel soggetto anziano, possono mascherare l’innalzamento della creatinina plasmatica. Pertanto, nel contesto anziano, modelli previsionali e diagnostici quali i criteri KDIGO, AKIN e RIFLE vanno presi in considerazione con una certa cautela e ripensati. L’IRA nell’anziano ha specifiche peculiarità che la rendono difficoltosa, sia sotto il profilo diagnostico che terapeutico. Le cose si complicano ulteriormente quando sono necessari interventi, come quelli dialitici, che di per sé hanno una loro un-physiology che può risultare destabilizzante in soggetti fragili e con labile compenso emodinamico.

Parole chiave: insufficienza renale acuta, anziani, co-morbidità, deterioramento danno renale acuto, dialisi

Questo articolo è stato pubblicato sul Giornale Italiano di Nefrologia, Anno 36, Vol. 3 (Maggio Giugno 2019) e viene riproposto qui senza alcun cambiamento.

 

Introduzione

L’insufficienza renale acuta (IRA), definita anche come danno renale acuto, è una patologia che sta ricevendo una crescente attenzione negli ultimi anni, sia per la sua elevata incidenza, che per i danni che causa al paziente nonché per i costi che sono necessari al suo trattamento. L’IRA insorge nella popolazione generale nello 0,3-0,5% degli individui.  

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Il trapianto renale nell’anziano

Abstract

Il costante incremento del numero di pazienti in lista di attesa per trapianto renale è prevalentemente dovuto ad un aumento dei pazienti delle fasce di età ≥65 anni.

Il trapianto da cadavere o da vivente rappresenta un beneficio in termini di maggiore attesa di vita anche per il paziente anziano ben selezionato. Il guadagno netto di sopravvivenza si evidenzia dopo circa due anni dal trapianto.

La strategia old for old di allocazione del trapianto da cadavere risponde a criteri di beneficialità ma anche a considerazioni immunologiche, assegnando un rene più immunogeno a un paziente meno immunoreattivo.

L’entità del beneficio di sopravvivenza deve essere rivalutato alla luce del progresso della sopravvivenza in dialisi registrato negli ultimi anni.

Il riconoscimento di uno stato di fragilità e la sua misurazione possono aiutare nella selezione del paziente anziano da avviare al trapianto.

Gli schemi di terapia più diffusi prevedono una immunosoppressione piena iniziale e una terapia di mantenimento ai limiti inferiori dei target usuali.

In considerazione dell’effetto sfavorevole di un lungo tempo dialitico sulla durata del trapianto e sulla sopravvivenza del paziente trapiantato è importante condurre il paziente anziano al trapianto senza perdere tempo.

Il trapianto di rene da donatori con criteri estesi, in riceventi di età superiore o uguale a 60 anni, è associato a maggiore sopravvivenza rispetto al rimanere in dialisi. Il trapianto di rene da donatore vivente rimane l’opzione con i migliori risultati.

Parole chiave: Trapianto di rene, anziani, farmaci immunosoppressivi, fragilità

Introduzione

Il lento ma progressivo aumento dei trapianti renali riguarda prevalentemente riceventi di età più avanzata. In particolare la fascia di età ≥65 anni è quella che beneficia del maggior incremento (1).

Ciò può essere il risultato di un’efficace cura della malattia renale che ha innalzato l’età di ingresso in dialisi e anche della maggiore disponibilità di organi da donatore cadavere anziano; infatti grazie alla riduzione dei decessi per casa traumatiche, incidenti stradali o incidenti sul lavoro, è mutata la fonte di organi per trapianto che oggi è rappresentata prevalentemente da donatori deceduti per evento cerebrovascolare, quindi di fascia di età più avanzata. 

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L’insufficienza renale acuta nell’anziano

Abstract

L’insufficienza renale acuta (IRA), definita anche come danno renale acuto, è una patologia che sta ricevendo una crescente attenzione negli ultimi anni, vista la sua incidenza, i danni che causa al paziente ed i costi che sono necessari per il suo trattamento. Il soggetto anziano, spesso gravato da numerose pluri-patologie e con una riduzione funzionale para-fisiologica dell’attività renale, risulta essere maggiormente a rischio di sviluppo di un danno renale acuto. La comparsa di IRA è infatti insieme alle sepsi una delle complicanze più frequenti nell’anziano ricoverato in ambiente ospedaliero. Vi sono delle strategie comportamentali che si sono dimostrate efficaci nella prevenzione del danno renale in molte situazioni, come l’idratazione prima dell’utilizzo dei mezzi di contrasto iodati, l’attenzione ai farmaci nefrotossici, la modulazione di concomitanti terapie che impattano sul sistema cardio-vascolare (inibitori del SRA, betabloccanti, ecc.).

Il sovraccarico di liquidi, la riduzione delle masse muscolari, gli stati settici, che si verificano molto più facilmente e rapidamente nel soggetto anziano, possono mascherare l’innalzamento della creatinina plasmatica. Pertanto, nel contesto anziano, modelli previsionali e diagnostici quali i criteri KDIGO, AKIN e RIFLE vanno presi in considerazione con una certa cautela e ripensati. L’IRA nell’anziano ha specifiche peculiarità che la rendono difficoltosa, sia sotto il profilo diagnostico che terapeutico. Le cose si complicano ulteriormente quando sono necessari interventi, come quelli dialitici, che di per sé hanno una loro un-physiology che può risultare destabilizzante in soggetti fragili e con labile compenso emodinamico.

 

Parole chiave: insufficienza renale acuta, anziani, co-morbidità, deterioramento danno renale acuto, dialisi

Introduzione

L’insufficienza renale acuta (IRA), definita anche come danno renale acuto, è una patologia che sta ricevendo una crescente attenzione negli ultimi anni, sia per la sua elevata incidenza, che per i danni che causa al paziente nonché per i costi che sono necessari al suo trattamento.  

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