Leucopenia linfocitopenica in due pazienti affetti da rene policistico candidati a trapianto renale

Abstract

La malattia del rene policistico autosomico dominante (ADPKD) è la più comune malattia genetica renale, presente nel 10% dei pazienti in terapia sostitutiva renale. Il coinvolgimento renale è spesso associato ad alcune ben note manifestazioni extrarenali e tra queste la leucopenia non è comunemente descritta; tuttavia, essa può essere presente e se misconosciuta può richiedere l’esecuzione di accertamenti invasivi, il cui esito spesso non è immediato.

Descriviamo due casi clinici interessanti di pazienti ADPKD con leucopenia. Il primo caso riguarda un paziente di 47 anni affetto da insufficienza renale cronica secondaria ad ADPKD, in trattamento dialitico peritoneale, convocato per trapianto renale da donatore cadavere, il quale veniva ritenuto temporaneamente non idoneo per la presenza di significativa leucopenia, mai indagata prima. Descriviamo poi un secondo paziente di 60 anni, anch’egli affetto da insufficienza renale cronica secondaria ad ADPKD, in trattamento dialitico peritoneale, il quale aveva una moderata leucopenia stabile da tempo. Dato il contemporaneo riscontro di riduzione percentuale delle gammaglobuline associata a componente monoclonale, veniva temporaneamente sospeso dalla lista trapianto e sottoposto ad agoaspirato midollare.

In entrambi i casi, gli accertamenti eseguiti non hanno evidenziato nulla di rilevante ed hanno consentito di escludere malattie ematologiche, oncologiche ed infettivologiche, per cui i pazienti sono stati reinseriti in lista di attesa ed uno dei due è stato trapiantato.

La leucopenia potrebbe essere considerata una manifestazione extrarenale di ADPKD, ad eziologia non chiara, il cui impatto clinico non è noto. Sarebbe interessante valutarne in ulteriori studi l’associazione con il genotipo ed il fenotipo clinico.

Parole chiave: ADPKD, linfopenia, leucopenia, trapianto renale, insufficienza renale cronica

Introduzione

La malattia del rene policistico (ADPKD) è la malattia genetica renale più comune nei pazienti affetti da insufficienza renale cronica (IRC), presente nel 10% dei pazienti in terapia sostitutiva renale [1]. I geni principalmente implicati sono PKD1 e PKD2 responsabili della malattia nel 72-75% e nel 15-18% dei casi rispettivamente, mentre il 7-10% dei casi restano geneticamente irrisolti (GUR). La patologia è associata a una grande variabilità fenotipica inter ed intra-familiare, perlopiù legata alla estrema variabilità genetica [1].

La progressione della patologia è caratterizzata dallo sviluppo ed espansione inesorabile di cisti nel parenchima renale, causa della progressiva perdita di funzione renale e della conseguente insufficienza renale cronica terminale, che solitamente avviene intorno alla quinta-sesta decade di vita. La malattia è tipicamente caratterizzata da manifestazioni extra-renali quali l’ipertensione arteriosa, le cisti epatiche e pancreatiche, gli aneurismi cerebrali, la diverticolosi del colon e il prolasso delle valvola mitrale [2].

In alcuni studi osservazionali l’ADPKD è stata inoltre associata a diverse forme di leucopenia, in particolare alla riduzione della concentrazione dei linfociti [3,4]. I primi ad evidenziare questa correlazione sono stati Banerjee et al.[3], i quali hanno analizzato i parametri ematologici di 360 pazienti in trattamento emodialitico. La conta totale dei globuli bianchi risultava significativamente ridotta nei 26 pazienti affetti da ADPKD rispetto ai 334 pazienti affetti da altre patologie (6,03 ±1,66 vs. 7,20 ±1,96×109/l). Non avendo a disposizione la formula leucocitaria di questi soggetti, hanno analizzato una seconda coorte di pazienti in cui questo dato era disponibile, riscontrando che i pazienti con ADPKD (n=11) avevano in media 0,61×109/l (40%) linfociti in meno rispetto ai controlli dello stesso genere ed età non affetti da ADPKD (n=33). Nei pazienti ADPKD di questa seconda coorte anche la conta dei monociti e degli eosinofili risultava ridotta, mentre non venivano riscontrante differenze nella conta dei neutrofili, dei basofili e delle piastrine.

Successivamente Van Laecke et al. [4] hanno condotto uno studio trasversale caso-controllo analizzando anch’essi due coorti di pazienti: la prima costituita da pazienti affetti da IRC stadio 5 candidati a trapianto di rene, la seconda da pazienti affetti da IRC stadio 1-5. I pazienti sono stati stratificati per età, sesso, valori di Proteina C Reattiva (PCR) e stima del filtrato glomerulare (eGFR) ed è risultata, rispettivamente, una conta linfocitaria in media minore di 0,26×109/l (prima coorte) e di 0,35×109/l (seconda coorte) nei soggetti affetti da ADPKD rispetto ai soggetti affetti da altre patologie. In particolare, nella prima coorte sono state riscontrate minori concentrazioni di linfociti T CD8 e linfociti B oltre che una conta minore di neutrofili, monociti e piastrine nei pazienti affetti da ADPKD rispetto ai non affetti. Nei pazienti ADPKD della seconda coorte è stata osservata una simile riduzione di linfociti, monociti e piastrine, ma nessuna differenza nella conta dei neutrofili. Gli autori concludono che l’ADPKD sembrerebbe caratterizzata da varie forme di citopenia, specialmente da linfopenia, indipendentemente dalla funzione renale e da altri fattori confondenti quali età, sesso e stato di infiammazione.

L’eziologia della linfopenia in questi pazienti non è nota. Diverse sono le ipotesi formulate, tra cui il sequestro dei globuli bianchi da parte degli organi affetti o l’intossicazione uremica nei pazienti affetti da IRC. Non è inoltre noto se la riduzione del numero dei linfociti abbia un impatto funzionale, ovvero se i linfociti, pur essendo pochi, mantengano un’adeguata capacità di rispondere allo stimolo. A questo proposito è possibile che le mutazioni nei geni PKD1 e PKD2 possano avere un ruolo diretto, promuovendo sia una ridotta proliferazione sia l’aumento dell’apoptosi dei linfociti [5].

In merito a quest’ultima teoria, vari studi condotti in vitro hanno analizzato il comportamento delle cellule della linea linfoide nei soggetti affetti da mutazioni nei geni PKD. In particolare, Aguiari et al. [6,7] hanno evidenziato come, dopo stimolazione con fattore attivante le piastrine (PAF), le concentrazioni intracellulari di Ca2+ nelle cellule linfoblastoidi di tipo B (LCL) ottenute da soggetti affetti da mutazione in PKD2 (PKD2-LCL) e, di conseguenza, con ridotta espressione di policistina 2 (PC2, codificata da PKD2) fossero nettamente minori rispetto alle LCL non affette da mutazione PKD. Questa riduzione è stata riscontrata anche nelle LCL affette da mutazione PKD1 in presenza di valori normali di PC2. La proliferazione cellulare, controllata dalla concentrazione intracellulare di Ca2+, è risultata ridotta nelle LCL affette sia da mutazioni in PKD2 che in PKD1. Rimane da chiarire se la minor proliferazione di queste cellule PKD in vitro si traduca in un simile effetto anche in vivo.

Anche nelle cellule T con mutazione di PKD2 e ridotta espressione di PC2 l’ingresso di calcio dopo stimolo con ATP sembrerebbe ridotto. Tuttavia, i linfociti T derivati dai pazienti con mutazioni PKD1 e PKD2 sembrerebbero avere un aumento della proliferazione cellulare, della chemiotassi e dell’aggregazione cellulare, cosa che potrebbe avere un ruolo nella patogenesi dell’infiammazione interstiziale [8].

Per quanto riguarda invece le mutazioni nel gene PKD1, è noto come la policistina 1 (PC1 codificata da PKD1) possa interferire con alcune vie di segnalazione, tra cui la cascata di attivazione delle chinasi N-terminali c-Jun (JNKs). La stimolazione di questa cascata provoca la degradazione della proteina anti-apoptotica Bcl-2 e causa conseguentemente un incremento dell’apoptosi delle cellule renali, dei linfociti e di varie altre linee cellulari [9,10,11].

Da queste evidenze è ipotizzabile che il deficit delle policistine possa disturbare l’omeostasi delle cellule immunitarie e che la citopenia possa essere un’intrinseca manifestazione di ADPKD correlata a fattori genetici. La linfopenia potrebbe perciò essere considerata una manifestazione extrarenale di ADPKD [5].

Infine non dimentichiamo che l’ADPKD rientra nella classificazione delle ciliopatie, un esteso gruppo di malattie genetiche accomunate dall’alterazione funzionale del ciglio primario, e che l’associazione tra immunodeficienza (sia umorale che cellulare) e ciliopatie è stata osservata e riportata più volte nel tempo [12,13]. Anomalie nel processo apoptotico, nella polarità cellulare, nell’espressione genica e nella ECM (ExtraCellular Matrix) risultano implicate nella patogenesi di ADPKD nonostante, a capo del processo che determina la crescita e sviluppo delle cisti, sembrano esserci un incremento della proliferazione cellulare e la secrezione di fluido [14].

Le similitudini strutturali e funzionali tra il ciglio primario e le sinapsi immunologiche potrebbero nascondere i link mancanti tra citopenia e ADPKD [12,13,15].

 

Caso clinico 1

Descriviamo il caso di un paziente affetto da ADPKD con riscontro di insufficienza renale cronica a 36 anni e successivo raggiungimento dello stadio di uremia terminale ed inizio di dialisi peritoneale (DP) a 42 anni. Regolarmente iscritto in lista trapianto da donatore cadavere, il paziente è stato successivamente sottoposto a nefrectomia bilaterale per motivi di ingombro addominale.

Dopo circa cinque anni dall’inizio della DP, il paziente ha ricevuto una prima convocazione per trapianto da donatore cadavere. Tuttavia, al momento del ricovero gli esami ematici dell’ingresso mostravano una significativa leucopenia linfocitopenica (globuli bianchi 3,4×109/l di cui linfociti 0,4×109/l), motivo per cui il paziente è stato ritenuto non idoneo al trapianto ed è stato dimesso con temporanea sospensione dalla lista, in attesa di eseguire approfondimenti clinici.

Gli esami degli anni precedenti avevano evidenziato una conta dei globuli bianchi e linfocitaria sempre ai limiti bassi della norma, ma nell’ultimo anno il dato sembrava essere in ulteriore progressiva riduzione.

In seguito a consulenza ematologica ed infettivologica, sono stati eseguiti i seguenti esami: tipizzazione linfocitaria, dosaggio delle immunoglobuline, elettroforesi proteica, pannello dell’autoimmunità, dosaggio degli indici di flogosi, sierologia per Toxoplasmosi, Rosolia, CMV, EBV, HSV, VZV e HIV, risultati tutti negativi. Dopo aver escluso le cause secondarie, si è quindi tentato di incrementare la depurazione dialitica massimizzando gli scambi di CAPD (5×2L). Nonostante questo, i globuli bianchi sono rimasti ai limiti inferiori della norma (Figura 1) con persistenza di una lieve linfopenia (Tabella I e Figura 1), motivo per cui il quadro è stato ritenuto benigno ed associato ad ADPKD. Il paziente è stato reinserito in lista ed è stato trapiantato con successo l’anno dopo. Un anno dopo il paziente non ha avuto complicanze legate all’immunosoppressione post-trapianto, pur persistendo una lieve linfopenia (globuli bianchi 3,9×109/l di cui linfociti 0,6×109/l).

  Globuli Bianchi

(×109/l)

Neutrofili

(×109/l)

Linfociti

(×109/l)

INIZIO DP 4,9 2,9 1,1
1° anno in DP 5,2 3,6 1,1
2° anno in DP 4,3 2,9 0,9
3° anno in DP 4,9 3,6 0,4
4° anno in DP 3 2 0,4
POST-BINEFRECTOMIA 3,7 2,5 0,5
5° anno in DP 2,7 1,7 0,3
1a CONVOCAZIONE 3,4 2,1 0,4
6° mese post-CONVOCAZIONE 3,4 2,4 0,3
8° mese post-CONVOCAZIONE 4,2 2,8 0,4
1° ANNO POST-TX 3,9 2,9 0,6
Tabella I: Conta dei globuli bianchi, neutrofili e linfociti dall’inizio della DP al post-trapianto del caso clinico 1
Figura 1: Grafico della variazione dei globuli bianchi, neutrofili e linfociti dall’inizio della DP al post-trapianto del caso clinico 1
Figura 1: Grafico della variazione dei globuli bianchi, neutrofili e linfociti dall’inizio della DP al post-trapianto del caso clinico 1

 

Caso clinico 2

Descriviamo di seguito un secondo caso clinico di un paziente di 60 anni affetto da ADPKD in trattamento dialitico peritoneale dall’età di 53 anni. Iscritto in lista trapianto da circa sei anni, esegue periodicamente i regolari esami di aggiornamento. Fin dall’inizio della DP è sempre stata evidente una moderata leucopenia (globuli bianchi <4×109/l), mai indagata perché stabile ed asintomatica (Tabella II). Tuttavia, in seguito al riscontro, circa due anni fa, di riduzione percentuale delle gammaglobuline (9,7%) e sospetto picco monoclonale in zona gamma, il paziente è stato temporaneamente sospeso dalla lista trapianto in attesa di eseguire accertamenti ematologici per escludere la presenza di gammopatia monoclonale. Sono stati eseguiti dosaggio delle immunoglobuline e delle catene leggere libere plasmatiche (rapporto k/l conservato), tipizzazione linfocitaria, pannello autoimmunitario, dosaggio degli indici di flogosi, sierologia per CMV, EBV e HIV, risultati tutti negativi.

Il paziente è stato quindi sottoposto ad agoaspirato midollare, il cui esito non evidenziava nulla di patologico. In particolare, lo studio immunofenotipico su sangue midollare mostrava linfociti T, B e NK pari a 67,2%, 6,3% e 26,3% rispettivamente, mentre le sottopopolazioni T CD8 e CD4 risultavano pari al 26% e 40%. Il paziente è stato quindi reinserito in lista trapianto attiva.

  Globuli Bianchi

(×109/l)

Neutrofili

(×109/l)

Linfociti

(×109/l)

INIZIO DP 3,5 2,4 0,9
1° anno in DP 3,8 2,5 0,8
2° anno in DP 4,3 2,9 0,9
3° anno in DP 3,3 2,1 0,9
4° anno in DP 3,6 2,4 0,8
5° anno in DP 3,6 2,4 0,8
6° anno in DP 2,9 1,8 0,8
7° anno in DP 3,2 2,1 0,7
Tabella II. Conta dei globuli bianchi, neutrofili e linfociti del caso clinico 2

 

Discussione

I casi descritti riguardano il riscontro occasionale di leucopenia linfocitopenica in due pazienti affetti da ADPKD.

In uno dei casi, addirittura, la leucopenia era risultata talmente severa da ritenere il paziente temporaneamente non idoneo per il trapianto. L’esecuzione di esami di approfondimento ematologici ed infettivologici ha poi permesso di inquadrare la leucopenia linfocitopenica come benigna, motivo per cui il paziente è stato reinserito in lista trapianto e trapiantato con successo l’anno dopo, mantenendo l’immunosoppressione al minimo indispensabile. Nel secondo caso clinico invece, la leucopenia linfocitopenica era di entità meno rilevante e stabile da tempo, motivo per cui il paziente era regolarmente inserito in lista d’attesa per trapianto renale. Tuttavia, la comparsa di ipogammaglobulinemia associata a componente monoclonale ha reso necessario l’esecuzione di agoaspirato midollare. L’esame ha escluso la presenza di gammopatia monoclonale e ci ha permesso di studiare le popolazioni linfocitarie direttamente su sangue midollare, risultate nella norma.

Da notare che in entrambi i casi si tratta di pazienti in trattamento dialitico peritoneale, a differenza della maggior parte della casistica riportata in letteratura che descrive pazienti in trattamento emodialitico. Questo ci ha permesso di escludere l’ipotesi di leucopenia secondaria alla disregolazione immunitaria che tipicamente caratterizza i pazienti emodializzati (legata principalmente al grado di biocompatibilità delle membrane di dialisi e all’adeguatezza dialitica [16,17,18]) e di avvalorare invece altre ipotesi, tra cui quella di leucopenia associata ad ADPKD, motivo per cui abbiamo condotto una revisione della letteratura a riguardo.

La leucopenia linfocitopenica infatti è sempre più comunemente descritta nei pazienti ADPKD tanto da poter essere considerata una manifestazione non cistica extrarenale della malattia [19]; tuttavia, è difficile stabilire fino a che punto questa sia una condizione benigna, o quando invece rappresenti una spia di una malattia ematologica, o al contrario possa rappresentare un rischio per lo sviluppo di malattie infettive o oncologiche.

Tutto questo ha ancora più senso se pensiamo che i pazienti ADPKD sono ottimi candidati al trapianto renale, avendo riportato elevata sopravvivenza del paziente e dell’organo sia da donatore cadavere che da vivente [20,21]. Inoltre nei pazienti ADPKD si è osservato nel corso degli ultimi anni un aumento della probabilità di ricevere un trapianto, con una prevalenza di trapianto come modalità di terapia sostitutiva, aumentata dal 43,5% al 59,1% tra il periodo 1991-1996 e 2006-2010, rispetto ai pazienti non ADPKD in cui si è osservato un aumento di prevalenza molto meno significativo dal 41,2% al 44,1% [22]. Tutto ciò è dovuto probabilmente al miglior follow-up nel periodo pre-dialitico che dà la possibilità di affrontare per tempo la tematica del trapianto e nello specifico quella da donatore vivente.

La prima questione è quindi: come inquadriamo la leucopenia linfocitopenica nei pazienti affetti da ADPKD? Da questo punto di vista esistono al momento sufficienti evidenze per definirla una manifestazione benigna extrarenale della malattia policistica. Tuttavia, se è di primo riscontro, particolarmente severa o associata ad altre alterazioni ematologiche, la leucopenia merita di essere indagata al fine di escludere malattie ematologiche sottostanti. In entrambi i nostri casi clinici è stato necessario indagare la leucopenia, nel primo caso solo con esami ematici, nel secondo, essendo anche presente la componente monoclonale, si è reso necessario l’esame invasivo midollare.

La seconda questione è: che impatto ha la leucopenia linfocitopenica sul rischio infettivologico e oncologico post-trapianto? È necessario modulare la terapia immunosoppressiva post-trapianto?

Relativamente a questi aspetti i dati non sono così chiari e non permettono di giungere a conclusioni definitive. Tuttavia, già indipendentemente dal trapianto, i pazienti ADPKD hanno un maggior rischio di sviluppare alcuni tipi di infezioni, quali diverticolite ed infezioni delle vie urinarie [23,24]. Tale rischio è perlopiù legato alle condizioni anatomiche favorenti, e potrebbe essere aumentato nel post-trapianto per via dell’effetto dell’immunosoppressione. Dati di registro danese relativi ai pazienti trapiantati con ADPKD, hanno mostrato come in questo sottogruppo di pazienti sia maggiore il rischio di polmonite da Pneumocistis jirovecii rispetto ai pazienti non ADPKD e come questo sia associato ad un aumento dell’ospedalizzazione e della mortalità [25] . In altri studi retrospettivi condotti sui pazienti trapiantati, è stata evidenziata una maggiore incidenza di bronchiectasie e di infezioni polmonari ricorrenti nei pazienti ADPKD [26,27]. Da questo punto di vista, da un lato il deficit di PC1 e PC2 nelle ciglia dell’epitelio bronchiale potrebbe essere responsabile della loro alterata funzione e favorire perciò la formazione di bronchiectasie [28], dall’altro la superinfezione potrebbe poi essere favorita dalla compromessa meccanica ventilatoria legata all’ingombro addominale.

A tutte queste condizioni anatomiche si aggiunge la presenza di linfopenia che è più frequente nei pazienti ADPKD e che è ben noto essere un fattore predisponente alle infezioni e alla mortalità per infezioni nella popolazione generale [4]. In uno studio prospettico danese condotto su un ampio campione di popolazione generale (n=98,344) la linfopenia (conta dei linfociti <1,1×109/l) è risultata associata ad un rischio maggiore di 1,4 volte di sviluppare infezioni e ad un rischio maggiore di 1,7 volte di decesso correlato alle infezioni [29].

Se queste evidenze sono valide per i trapiantati di rene e per la popolazione generale, rimane ancora da chiarire se la linfopenia associata ad ADPKD sia clinicamente rilevante e quale possa essere il suo ruolo nel decorso clinico e prognostico dei pazienti affetti da ADPKD [5].

Due studi retrospettivi condotti sulla popolazione taiwanese hanno rilevato come i soggetti affetti da ADPKD, probabilmente a causa del loro aumentato rischio di sviluppare linfopenia, abbiano potenzialmente un maggior rischio di incorrere in infezioni virali (specie quelle dovute a herpes virus come Varicella Zoster Virus in forma severa) e in infezione da tubercolosi rispetto ai controlli affetti da altre patologie stratificati per età, genere e comorbidità [30,31].

D’altra parte, anche se l’associazione teorica tra linfopenia ed infezioni sembra plausibile, questo non significa che tutti i pazienti ADPKD abbiano un rischio infettivo aumentato.

A riprova di ciò in alcuni studi retrospettivi condotti sui pazienti trapiantati, il rischio di infezione da BK polioma e di infezioni fungine sembrerebbe addirittura ridotto nei pazienti ADPKD rispetto ai non ADPKD [19,32] . Inoltre, anche il rischio di infezione da CMV post-trapianto non sembrerebbe essere influenzato dalla nefropatia di base [33].

Relativamente al rischio oncologico è fatto ben noto che i pazienti affetti da ADPKD abbiano un rischio aumentato di tumore renale, il cui riscontro è per lo più occasionale in nefrectomie eseguite per altri motivi [34]. In alcune casistiche i pazienti affetti da ADPKD sembrerebbero anche avere un aumentato rischio di tumore del colon ed epatico [35]. Tuttavia, anche a questo riguardo i dati sono inconclusivi probabilmente perché la biologia dei tumori è estremamente varia e non solo spiegabile dall’alterazione di un’unica via del segnale. Certo è che le vie del segnale a valle di mTOR, di PC1 e PC2, tutte alterate in corso di malattia policistica, hanno un effetto favorente sulla proliferazione cellulare [36]. Nel post-trapianto, inoltre, nei pazienti affetti da ADPKD sembrerebbe esserci un rischio di sviluppare carcinomi cutanei non melanoma 1,5 volte maggiore rispetto ai pazienti non ADPKD [19,37,38].

A questo proposito sappiamo che la riduzione dei linfociti CD4 è un fattore di rischio, mentre la riduzione anche dei linfociti T CD8 e dei linfociti B è un fattore di rischio per i tumori solidi [39,40]. Tuttavia, l’impatto della linfopenia sul rischio oncologico nei pazienti ADPKD (trapiantati e non) non è noto.

In conclusione, le evidenze finora disponibili non consentono di avere dati definitivi e sono necessari studi prospettici che analizzino se i pazienti affetti da ADPKD linfocitopenici sottoposti a trapianto abbiamo davvero un aumentato rischio infettivologico e oncologico rispetto agli stessi pazienti senza linfopenia. Tutto ciò avrebbe delle importanti ripercussioni pratiche sulla scelta della terapia immunosoppressiva nei pazienti ADPKD che potrebbe essere personalizzata in base al profilo di rischio. Sarebbe inoltre interessante valutare l’associazione genotipo/fenotipo, che ci consentirebbe di capire se la linfopenia è un riscontro casuale, legato al solo ambiente uremico o al sequestro renale dei leucociti, o se al contrario siano implicati fattori legati alla proliferazione cellulare influenzati dalla genetica del rene policistico.

 

Conclusioni

La leucopenia linfocitopenica potrebbe essere considerata una manifestazione non cistica extrarenale dell’ADPKD, le cui implicazioni cliniche non sono ancora ben note. L’eziologia non è stata ancora identificata: è possibile che l’ambiente uremico, così come il sequestro dei linfociti da parte degli organi aumentati di volume, possa avere un ruolo. Tuttavia, sembrerebbe che le mutazioni nei geni PKD1 e PKD2 possano essere associate sia ad una ridotta proliferazione sia all’aumento dell’apoptosi dei linfociti.

La linfopenia nel paziente affetto da ADPKD pone alcuni problemi di gestione, legati dapprima al riconoscimento della condizione come benigna ed associata alla malattia e successivamente alla gestione anche in vista del trapianto. In modo particolare l’entità della linfopenia da un lato potrebbe condizionare l’eleggibilità al trapianto alla luce del rischio immediato infettivo, e dall’altro necessita di una personalizzazione e modulazione anche a lungo termine dell’immunosoppressione.

La linfopenia potrebbe essere un’altra delle espressioni della variabilità genotipo/fenotipo della malattia policistica e sarebbe interessante valutarne la prevalenza, le caratteristiche ed eventualmente relazionarla al genotipo e alla severità di malattia. Studi prospettici condotti specificatamente sulla popolazione ADPKD sono necessari per valutare l’effettiva relazione tra linfopenia e rischio infettivologico ed oncologico, in assenza dei quali ogni conclusione può solo essere dedotta dai dati sulla popolazione generale.

 

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