Indici di predittività di maturazione della fistola artero-venosa per emodialisi nel mapping vascolare preoperatorio

Abstract

La fistola artero-venosa (FAV) rappresenta l’accesso vascolare di prima scelta per il trattamento emodialitico, il suo allestimento non può prescindere da una corretta valutazione preoperatoria finalizzata ad individuare i vasi eleggibili e a stimare la possibilità di riuscita dell’intervento. L’eco-color Doppler fornisce una serie di dati morfologici e funzionali in grado di ottimizzare il numero di accessi vascolari utilizzabili ai fini dialitici. Scopo dello studio è stato quello di individuare parametri eco-color Doppler preoperatori in grado di predire la maturazione della FAV. Sono stati arruolati 44 pazienti, allestite 44 FAV. In fase preoperatoria sono stati valutati: il calibro della vena cefalica e dell’arteria radiale; la portata dell’arteria radiale; il calibro, gli indici di resistenza e la portata dell’arteria omerale. È stato inoltre eseguito il test di iperemia reattiva. La valutazione postoperatoria condotta a 30 giorni dall’allestimento della FAV ha misurato: la portata della FAV; gli indici di resistenza dell’arteria omerale; il calibro della vena efferente dalla FAV. I risultati hanno mostrato una correlazione tra la portata della FAV e il calibro della vena cefalica, il calibro dell’arteria radiale e dell’arteria omerale. La portata dell’accesso vascolare correlava inoltre con la riduzione degli IR dopo test dell’iperemia e, in fase postoperatoria, con il calibro della vena cefalica efferente l’anastomosi. Suddivisi i pazienti in due gruppi: gruppo “A” (pazienti con FAV mature) e gruppo “B” (pazienti con FAV non mature), si sono evidenziate differenze statisticamente significative tra i dati eco-color Doppler dei due gruppi. La creazione di curve ROC ha permesso di individuare parametri e valori cut-off (Δ IR = 0.15; Δ portata = 150 ml/m) capaci di predire il buon esito della FAV. In conclusione, lo studio identifica misure che potrebbero essere utili, assieme ad altre, per la realizzazione di uno score in grado di predire il buon esito dell’accesso vascolare.

Parole chiave: eco-color Doppler, fistola artero-venosa, indici di resistenza, portata della fistola, iperemia reattiva

Introduzione

L’insufficienza renale cronica (IRC) è uno stato di malattia di grande impatto sulla sanità pubblica: il numero di pazienti è in costante ascesa a causa dell’aumento dell’età della popolazione generale e delle patologie ad essa correlate, quali ipertensione e diabete tipo 2. Si stima che circa 850 milioni di persone nel mondo siano affette da IRC e, di conseguenza, risulta in costante incremento il numero di pazienti con malattia renale che necessita del trattamento emodialitico [1].

Come è noto, l’accesso vascolare di prima scelta per l’esecuzione della terapia dialitica è rappresentato dalla fistola artero-venosa con vasi nativi in considerazione di una minore incidenza di complicanze infettive e trombotiche; di una ridotta morbilità e mortalità; una maggiore durata se confrontata agli innesti protesici ed ai cateteri venosi centrali [23].

Il buon funzionamento della FAV è uno degli obiettivi più importanti per migliorare la qualità di vita e delle prestazioni sanitarie dei pazienti in trattamento emodialitico. Le linee guida internazionali raccomandano un adeguata valutazione preoperatoria del patrimonio vascolare del paziente che ormai non può più prescindere dall’utilizzo dall’indagine eco-color Doppler [4]. L’esame deve essere eseguito in maniera metodica, con la raccolta di una serie di informazioni morfologiche e funzionali delle strutture vascolari che vengono valutate [3]. L’uso dell’imaging eco-color Doppler da parte dello specialista ha consentito di incrementare il numero di pazienti eleggibili per l’intervento di allestimento di FAV utilizzando vasi nativi grazie al mapping vascolare pre-operatorio, che consente di identificare strutture vascolari adatte [59].

 

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L’ultrasonografia nella diagnosi e nel management della nefrolitiasi: stato dell’arte e prospettive future

Abstract

L’iter diagnostico per giungere ad un corretto management del paziente con nefrolitiasi costituisce un tema centrale dell’attività clinica del nefrologo. Negli ultimi anni i tassi di incidenza e prevalenza della nefrolitiasi hanno mantenuto un trend in continua crescita nel mondo, mostrando una stretta correlazione con altre patologie croniche quali diabete mellito, ipertensione arteriosa, obesità, sindrome metabolica e insufficienza renale. Le linee guida internazionali indicano la tomografia computerizzata come metodica di prima scelta per tutti i pazienti adulti con sintomatologia acuta sospetta per nefrolitiasi ostruttiva. La pielografia endovenosa è più utile nel follow-up dei pazienti con nefrolitiasi recidivante e composizione del calcolo già nota, mentre gli elevati costi e i lunghi tempi di acquisizione delle immagini limitano l’utilizzo routinario della risonanza magnetica. Le ultime innovazioni tecnologiche hanno permesso di ridurre sempre di più il dislivello tra ultrasonografia e tomografia computerizzata. Il corretto settaggio dell’apparecchio ecografico, il ricorso a nuovi parametri per la determinazione della dimensione del calcolo e l’uso appropriato del modulo color Doppler contribuiscono a migliorare la risoluzione dell’immagine e, quindi, l’accuratezza diagnostica dell’ultrasonografia. Obiettivo di questa review è stato riesaminare le ultime evidenze sui fattori di rischio e sulla fisiopatologia della nefrolitiasi e mettere a confronto le diverse tecniche di imaging nella gestione del paziente con calcolosi renale, ponendo l’accento sul ruolo dell’ultrasonografia e sulle strategie (sia attuali che in fase di studio) volte a migliorarne l’accuratezza diagnostica.

 

Parole chiave: nefrolitiasi, diagnostica per immagini, ultrasonografia, ecografia B-Mode, eco color Doppler, twinkling artifact

Introduzione

Il management del paziente con colica renale richiede un lavoro di equipe multidisciplinare, in cui i contributi del nefrologo e dell’urologo sono determinanti per giungere a una diagnosi eziologica precoce. La nefrolitiasi è senza dubbio una delle cause più frequenti di colica renale, i cui tassi di prevalenza e incidenza sono in continua crescita a livello globale. La vecchia concezione della nefrolitiasi come di una patologia circoscritta all’apparato urinario appare ormai obsoleta: le attuali evidenze scientifiche dimostrano infatti che essa è responsabile di numerose complicanze sistemiche, non per ultima una maggiore predisposizione allo sviluppo di insufficienza renale cronica. Sebbene l’anamnesi e l’esame obiettivo siano tappe fondamentali nell’iter diagnostico del paziente con colica renale, le tecniche di imaging sono di grande ausilio per il clinico al fine di una rapida diagnosi differenziale e consentono di acquisire alcune importanti informazioni, quali l’esatta determinazione della sede e delle dimensioni del calcolo, necessarie per pianificare la strategia terapeutica più opportuna. Obiettivi di questa review sono stati quelli di riesaminare le ultime evidenze sui fattori di rischio e sulla fisiopatologia della nefrolitiasi e di mettere a confronto le diverse tecniche di imaging nella gestione del paziente con calcolosi renale, ponendo l’accento sul ruolo dell’ultrasonografia e sulle strategie (sia attuali che in fase di studio) volte a migliorarne l’accuratezza diagnostica.

 

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Studio pragmatico sul ruolo degli ultrasuoni nel management delle complicanze infettive del catetere peritoneale

Abstract

L’utilizzo degli ultrasuoni (US) è di importanza essenziale per la diagnosi precoce di coinvolgimento del tunnel nei pazienti portatori di catetere peritoneale con infezione dell’Exit Site (ESI), per il follow up terapeutico dell’infezione del tunnel (TI) e soprattutto per valutare la prognosi nei casi di infezione profonda. L’infezione dell’Exit Site (ESI) è tra le principali cause di peritonite, in quanto è frequente l’invasione dei batteri della cuffia profonda attraverso l’exit site e la propagazione attraverso il tunnel sottocutaneo. L’uso degli US è oggi ampiamente riconosciuto, in corso di ESI consente di identificare i foci persistenti d’infezione come aree ipoecogene pericatetere e soprattutto permette di verificare la risposta alla terapia antibiotica.  Dal gennaio 2012 a dicembre 2015 sono stati sottoposti a controllo ecografico ed eco color Doppler del catetere peritoneale, 8 pazienti affetti da peritonite e/o infezione dell’ES.  Questo lavoro descrive come il follow-up ecografico del catetere peritoneale, implementato dal color Doppler, sia efficace per prevenire le peritoniti correllate all’ESI in quanto ci suggerisce inequivocabilmente il timing per l’intervento chirurgico di cuff shaving, intervento di rimozione della cuffia esterna. Infatti l’utilizzo del color Doppler permette di differenziare le aree essudative da quelle di intensa proliferazione vascolare e di intervenire tempestivamente per prevenire il rischio di cronicizzazione dell’infezione, evitando così, la propagazione dell’infezione alla cuffia profonda, eventuale peritonite nonché di salvare il catetere.

Parole chiave: catetere peritoneale, ecografia, Eco color Doppler

Introduzione

L’utilizzo degli US è di importanza essenziale per la diagnosi precoce di coinvolgimento del tunnel nei pazienti portatori di catetere peritoneale con infezione dell’Exit Site (ESI), per il follow up terapeutico dell’infezione del tunnel (TI) e soprattutto per valutare la prognosi nei casi di infezione profonda(10). L’infezione dell’Exit Site è tra le principali cause di peritonite, in quanto è frequente l’invasione dei batteri della cuffia profonda per la propagazione attraverso il tunnel sottocutaneo.   L’ecografia del tunnel rappresenta oggi un esame insostituibile per scoprire la sorgente d’infezione nei pazienti con peritonite (1,3,4).  In questo studio i pazienti in dialisi peritoneale, in corso di ESI o di peritonite venivano sottoposti ad una valutazione ecografica del catetere peritoneale dall’emergenza fino alla cuffia profonda(8).  La presenza di eritema e secrezione purulenta intorno all’emergenza fa porre diagnosi clinica di infezione dell’exit site (Fig 1), la presenza di eritema e edema cutaneo lungo il decorso del catetere fa diagnosticare l’infezione del tunnel. L’esame ecografico, in caso di infezione del tunnel consente di scoprire con facilità di esecuzione e con alta sensibilità anche piccole aree di raccolta liquida, lungo tutto il decorso sottocutaneo: l’ES, la regione della cuffia esterna, il tratto intercuffie, fino alla cuffia profonda (Fig 2, Fig 5).  Il controllo ecografico ed eco color Doppler del catetere peritoneale è oggi ampiamente riconosciuto, in corso di ESI e consente di identificare i foci persistenti d’infezione come aree ipoecogene pericatetere e soprattutto permette di verificare la risposta alla terapia antibiotica (5, 6). Infatti in corso di terapia, la persistenza o la non riduzione delle aree ipoecogene depone per una cattiva prognosi, cronicizzazione dell’infezione dell’ES e alto rischio di peritonite (1, 4, 6).
 

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