Abstract
Le intossicazioni da farmaci costituiscono un’importante causa di mortalità e morbilità ed il loro trattamento richiede notevoli risorse economiche. In anni recenti le intossicazioni da sali di litio si sono attestate tra le prime quattro cause di avvelenamenti per le quali si è reso necessario il ricorso a trattamenti di depurazione extracorporea. Il litio rappresenta a tutt’oggi il farmaco di elezione, in monoterapia o in combinazione, nel trattamento del disturbo bipolare. Il tallone d’Achille del farmaco è costituito dal basso indice terapeutico. Infatti, il range terapeutico del litio oscilla tra 0,6 e 1,2 mEq/L e già ad una concentrazione plasmatica di poco superiore – compresa tra 1,5 e 2,5 mEq/L – può essere osservata una tossicità di grado lieve. Tossicità moderata e severa possono manifestarsi rispettivamente per concentrazioni comprese tra 2,5 e 3,5 mEq/L e >3,5 mEq/L. Le terapie sostitutive renali rivestono un ruolo fondamentale, in casi selezionati, nel trattamento dell’intossicazione da litio. Non esiste consenso circa la modalità più adeguata di trattamento in tale contesto. Spesso, nella pratica clinica, la scelta del trattamento è dettata da fattori quali l’esperienza individuale ed il tipo di macchina per dialisi a disposizione. Seppur le attuali linee guida suggeriscano il ricorso a trattamenti intermittenti, le metodiche ibride – tra le quali la più utilizzata è la SLED (sustained low efficiency dialysis) – sembrano presentare le caratteristiche del trattamento ideale in pazienti con intossicazione da litio. Tali metodiche unificano i vantaggi propri sia delle metodiche intermittenti sia di quelle continue, consentendo una efficace rimozione del tossico, minimizzando il rebound post trattamento ed offrendo una rapida risoluzione della sintomatologia associata.
Parole chiave: litio, intossicazioni, dialisi, sustained low efficiency dialysis (SLED)