Maggio Giugno 2020 - In depth review

Appropriatezza del dispositivo di incannulazione nella gestione della FAV

Abstract

L’incannulazione della FAV in emodialisi utilizza un dispositivo notoriamente dannoso che inoltre espone l’operatore ad un elevato rischio di puntura accidentale. La decennale esperienza giapponese, che ha introdotto con un eccellente tasso di successo un nuovo dispositivo per l’incannulazione rappresentato da una cannula in plastica mandrinata, offre una interessante prospettiva da indagare.

L’obiettivo di questa revisione è verificare se siano descritti in letteratura dei vantaggi nell’utilizzo della cannula in plastica mandrinata in emodialisi rispetto all’ago tradizionale in metallo, in relazione al trauma vascolare meccanico ed emodinamico, adeguatezza del trattamento, comfort del paziente e sicurezza dell’operatore. Lo studio è stato condotto mediante ricerca, revisione e selezione di articoli scientifici attraverso motori di ricerca e riviste specializzate di settore.

Le peculiarità del dispositivo permettono di ampliare le possibilità attualmente esistenti nella pratica dell’incannulazione in emodialisi, producendo outcomes positivi per il paziente e l’operatore. Ciononostante, emerge necessità di ulteriori studi ed un aggiornamento del design del presidio.

Parole chiave: cannula per emodialisi, incannulazione dell’accesso vascolare, fistola arterovenosa

Introduzione

La fistola artero-venosa (FAV) autologa è a tutt’oggi considerata dalle più recenti linee guida di settore [1, 2], il gold standard tra gli accessi vascolari per il trattamento emodialitico, in rapporto al minor tasso di complicanze ed ai maggiori tempi di sopravvivenza. Ciononostante, la sua fragilità è sottolineata da possibili complicanze che possono emergere durante il processo di maturazione, o post-maturazione, spesso correlate all’infissione di aghi metallici [3].

Un’appropriata tecnica di incannulazione dovrebbe andare di pari passo con l’oculata scelta del device: il giusto ago per il giusto paziente. A tal proposito dovrebbero essere valutati bisogni e rischi individuali considerando le preferenze del paziente stesso, valorizzando in tal modo una presa in carico personalizzata e centralizzata, allo scopo di rafforzare la possibilità di raggiungere migliori outcomes in termini di sopravvivenza della FAV e comfort dell’assistito. Il processo di decisione dovrebbe quindi avvenire in discussione con il paziente, mediante una valutazione olistica dei suoi bisogni. Le linee guida 2018 della British Renal Society sui principi per una buona procedura di incannulazione [2] raccomandano come questa debba essere orientata a minimizzare il danno arrecato all’AV, le complicanze, il dolore e l’ansia correlati all’incannulazione.

L’ago tradizionale in metallo è associato ad un elevato rischio di infiltrazione del vaso, di danno endoteliale meccanico ed emodinamico sia durante l’incannulazione che nel corso del trattamento [3]. Le complicanze a carico della fistola arterovenosa correlate all’utilizzo di aghi in metallo non sono eventi rari e possono avere un severo impatto sul trattamento dialitico e sulla salute del paziente, risultando nel rinvio o aborto della sessione dialitica o alla considerazione di soluzioni alternative, meno raccomandate dalle evidenze scientifiche, quali cateterismo venoso centrale (CVC) o protesi arterovenosa (AV graft) [1, 2]. Queste ultime risultano infatti associate, rispetto alla FAV autologa, ad una maggiore incidenza di complicanze postoperatorie e/o necessità di revisioni chirurgiche ed endovascolari; il cateterismo venoso centrale, in particolare, viene associato ad un “significativo aumento dei tassi di morbidità e mortalità” [1].

Gli emodializzati stessi sono considerati una popolazione ad alto rischio di sviluppo di aneurismi e pseudoaneurismi iatrogeni, sia per il reiterato incannulamento degli accessi vascolari, sia per l’eparinizzazione concomitante e/o l’utilizzo di farmaci anticoagulanti per patologie associate [11]. Nonostante già dal 1950 [4] sia stata verificata la natura lesiva degli aghi in metallo a carico dei vasi, con l’identificazione di un “bisogno imperativo che venga inventato un dispositivo più sicuro”, l’incannulazione con ago in metallo è continuata per decadi su quella che è considerata essere l’ancora di salvezza dei pazienti emodializzati. Ciò va però contestualizzato nello scenario sanitario odierno, in un setting clinico in cui la malattia renale cronica è sempre più un problema di interesse sanitario mondiale a causa dell’aumento dei tassi di incidenza, mortalità e disabilità [5]; la popolazione standard di emodializzati è sempre più rappresentata da soggetti geriatrici con pluri-comorbidità [6, 7] quali diabete mellito, nefropatia ipertensiva, dislipidemia, obesità e fumo, tutti fattori che possono incidere gravemente su funzionalità e sopravvivenza della fistola arterovenosa. La procedura di punzione della fistola rappresenta in effetti anche un trauma ricorrente in questa popolazione di pazienti, soggetti a tale procedura due volte a trattamento, per tre sedute settimanali, con un totale di circa 312 punzioni annuali, in un ambiente già di per sé stressante e nella piena consapevolezza dei rischi, in caso di perdita dell’accesso vascolare.

Va sottolineato, inoltre, come l’utilizzo di un device tagliente di grosso calibro senza dispositivi di sicurezza vada ad aumentare il rischio di puntura accidentale negli operatori, i quali operano in un ambiente già ad elevato rischio di malattia professionale. I reparti di dialisi sono considerati ambienti ad “elevato rischio professionale” per la presenza di patologie infettive a trasmissione parenterale e a causa dell’impiego di circolazione extracorporea (connessione, controllo e disconnessione dal circuito ematico), per l’effettuazione ripetuta di manovre traumatiche invasive (puntura di vasi di grosso calibro ad alta portata ematica), per impiego di materiale lesivo dell’integrità cutanea e tissutale (aghi per fistola di grosso calibro). Nell’unità operativa di emodialisi, la realtà assistenziale in cui gli operatori si trovano ad operare presenta particolarità che richiedono una continua attenzione, al fine di evitare il verificarsi di eventi potenzialmente rischiosi per la propria salute e per quella dei pazienti. Gli infortuni più frequenti risultano riconducibili a casi di lesione cutanea da taglienti, di contaminazione delle mucose orali e congiuntivali da schizzo, di esposizione della cute a sangue nel corso delle manovre di attacco e distacco dei pazienti dal circuito ematico extracorporeo [9].

A tal proposito, uno studio retrospettivo volto a raccogliere dati relativi all’esposizione a materiale biologico negli operatori sanitari riporta come su un totale di 704 incidenti, di cui 472 hanno interessato il personale infermieristico, si evidenzi una elevata percentuale di lesioni percutanee da aghi e taglienti e, in minor misura, da schizzi di materiale organico su cute e mucose. Per quanto concerne l’unità operativa di Nefrologia e Dialisi, i dati raccolti nel periodo 1995-2001 evidenziano che l’8,8% dei soggetti è esposto al rischio biologico, una percentuale definita notevole “se confrontata con le altre unità dell’area medica” [32]. Ad oggi, diversi autori concludono che vi sia il bisogno di un upgrade nel design degli aghi per emodialisi, che permetta di incorporare caratteristiche di sicurezza allo scopo di evitare il rischio di esposizione e/o puntura accidentale [33, 34].

Il Decreto Legislativo 626 art.5 sottolineava, già nel 1994, che “ciascun operatore deve prendersi cura della propria sicurezza e della propria salute”. È importante che gli operatori sanitari acquisiscano una maggiore conoscenza del rischio cui sono sottoposti durante le attività lavorative; ogni attività comprende sempre una quota di rischio e la sicurezza non può essere un valore assoluto, ma il rischio è spesso riconducibile a livelli accettabili attraverso la corretta conoscenza del problema e l’uso di strumenti operativi adeguati.

Un’attenta ricerca, volta al di fuori dei confini europei, rivela come un differente device per l’incannulazione in emodialisi sia parte integrante della pratica standard già da diversi decenni. In Giappone vi sono approssimativamente 300.000 pazienti dializzati ogni settimana, di cui gran parte incannulati con una cannula in plastica mandrinata, piuttosto che con ago tradizionale in metallo, con eccellente tasso di successo, minime complicazioni e nessun incidente medico segnalato [8]. Le cannule in plastica sono da tempo utilizzate in altre aree della medicina, con grande successo. Gli sviluppi nei diversi campi della medicina hanno portato ad un’ottimizzazione del design, della geometria della punta e della modalità di posizionamento nei vasi ematici allo scopo di ridurre il rischio di complicanze; in contrasto, il design degli aghi metallici è rimasto relativamente invariato nel corso degli anni. Le cannule in plastica sono, di conseguenza, il prodotto di prima scelta in questi campi a causa delle più elevate prestazioni e al ridotto rischio di complicazioni [14]. Tuttavia, il mondo dell’emodialisi sembra essere da sempre dominato dagli aghi metallici tradizionali e dai cateteri venosi centrali. Questi dati, assieme all’osservazione di una evidente lacuna nella pratica dell’incannulazione tradizionale che potesse essere colmata con la cannula per fistola, hanno negli ultimi anni stimolato la ricerca (con una certa difficoltà) ed in seguito hanno incoraggiato la parziale introduzione di questo presidio nella pratica dell’emodialisi australiana e canadese, con l’implementazione di protocolli operativi dedicati.

 

Materiali e metodi

Abbiamo voluto verificare che fossero descritti in letteratura dei vantaggi nell’utilizzo in emodialisi della cannula in plastica mandrinata per fistola arterovenosa rispetto all’ago tradizionale in metallo, in relazione al trauma vascolare meccanico ed emodinamico, all’adeguatezza del trattamento, al comfort del paziente ed alla sicurezza e feedback dell’operatore. La metodologia di ricerca ha avuto inizio con la formulazione dei criteri di inclusione/esclusione e di un quesito clinico mediante il metodo “P-I-C-O”.

Dopo l’identificazione delle parole chiave, la ricerca degli articoli è stata inizialmente ristretta solo a studi effettuati negli ultimi cinque anni. In seguito, data la scarsità di articoli in letteratura, la ricerca è stata condotta senza restrizione temporale ed estesa a riviste specialistiche di settore.

Lo studio è stato svolto effettuando una revisione della letteratura specifica o correlata all’argomento nei mesi di agosto, settembre e ottobre 2019. Sono stati ricercati articoli scientifici pubblicati mediante motori di ricerca quali PubMed, ResearchGate, Google Scholar, e riviste specialistiche di settore quali Renal Society of Australasia Journal, SAGEpub (Sage Journal, the journal of vascular access).

 

Risultati

Durante il corso della ricerca sono stati rilevati diversi limiti. Innanzitutto, una carenza generale di studi sul tema in letteratura, spesso limitati a riviste specialistiche di settore australiane e canadesi. Gli studi inoltre non sono testati in setting clinico nel nostro sistema sanitario, non sono a lungo termine, non sono randomizzati controllati, e sono effettuati su campioni relativamente ristretti. È stata inoltre riscontrata una difficoltà ad accedere alla ricerca sulla pratica giapponese.

Dopo una revisione della letteratura disponibile, 23 articoli scientifici sono stati selezionati ed inclusi del progetto di studio. In relazione al quesito di ricerca, sono stati esplorati vari aspetti dell’utilizzo della cannula in plastica per fistola rispetto all’ago tradizionale in metallo:

  • trauma: in termini di danno meccanico ed emodinamico a carico dell’AV;
  • adeguatezza del trattamento: correlata al raggiungimento di parametri utili ad ottenere una ottimale filtrazione extracorporea;
  • sicurezza e comfort del paziente: correlato alla possibilità di movimento, alla percezione del dolore, al rischio di eventi avversi durante emodialisi domiciliare notturna, alle potenziali complicazioni ed interventi conseguenti;
  • sicurezza e feedback dell’operatore: correlato al rischio di malattia professionale (puntura accidentale, contatto con sangue) ed alle difficoltà tecnico-procedurali;
  • costi.

 

Discussione

Struttura e caratteristiche dei presidi

Gli aghi in metallo composti in acciaio inossidabile possono essere dotati di punta tagliente o smussa, progettati per la tecnica di incannulazione Buttonhole, oppure essere dotati di una affilatura intermedia. Sono inoltre spesso dotati di un rivestimento in silicone che ne facilita l’inserimento, conferendogli minor resistenza all’attrito. L’ago tradizionale è dotato di ali in plastica per assicurare il dispositivo alla cute e parte della punta (bevel) può essere dotata di uno o due fori posteriori (back eyes ovali o ellissoidali), i quali dovrebbero essere lisci e piatti in modo che i bordi non lesionino il vaso durante l’inserimento o la rimozione dell’ago; l’ago arterioso dovrebbe sempre esserne dotato, allo scopo di massimizzare il flusso dall’AV e ridurre il bisogno di rotazione dell’ago o la possibilità di un suo capovolgimento [1]. Un flusso ottimale può infatti impedire l’aspirazione della parete interna del vaso da parte dell’ago e ridurre la necessità di ruotarlo, procedura potenzialmente traumatizzante per la FAV [31].

Altra opzione è rappresentata dal device noto come “cannula per fistola”, “catetere per fistola”, “cannula in plastica” o “ago in plastica”, progettato specificatamente per l’incannulazione di fistole in emodialisi e considerata altamente biocompatibile [15]. Il design di base è rappresentato da un ago in metallo tagliente ospitato all’interno di una cannula in plastica flessibile e duttile, la quale avrà quindi un diametro interno maggiore. L’ago in metallo è in sostanza un mandrino che ha lo scopo di accedere al lume vascolare e guidare l’inserimento della cannula nel vaso, fungendo da introduttore.

Fig. 1: Componenti di una cannula in plastica (per gentile concessione di Nipro Medical Europe)

Appena avvenuto l’accesso del mandrino al vaso – il feedback all’operatore sarà un flashback ematico nell’HUB del presidio – esso viene retratto, mentre la cannula viene spinta e deposta in sede del lume vascolare, lasciando quindi solo la porzione flessibile in plastica duttile del presidio all’interno del vaso (vedi Figure 1, 2, 3, 4, 5).

La cannula in plastica (e non il suo introduttore) può essere dotata all’estremità di fori laterali appositamente progettati per la gestione ed ottimizzazione del flusso ematico, ma può risultare non dotata di ali in plastica per assicurare il presidio alla cute. Il presidio in questione può essere dotato di sistemi di sicurezza allo scopo di rendere più sicure le manovre di connessione e disconnessione dal circuito extracorporeo ed abbattere il rischio di contaminazione e puntura accidentale dell’operatore, quali il sistema di isolamento della punta del mandrino alla retrazione, la valvola anti-reflusso ematico, le connessioni con sistema Luer-Lock.

L’alta biocompatibilità della cannula in plastica estende il suo utilizzo a pazienti con ipersensibilità a leghe metalliche, evento non comune ma possibile. In tal caso l’utilizzo di un ago in metallo rappresenta una controindicazione assoluta che necessita la valutazione di opzioni alternative, con costi e rischi correlati [15,16].

Fig. 2: Punzione della fistola con cannula in plastica (per gentile concessione di Nipro Medical Europe)
Fig. 3: Flashback ematico nell’HUB del catetere (per gentile concessione di Nipro Medical Europe)
Fig. 4: Retrazione del mandrino (per gentile concessione di Nipro Medical Europe)
Fig. 5: Sistema di isolamento della punta alla retrazione completa del mandrino (per gentile concessione di Nipro Medical Europe)

La dimensione dell’ago influenza il flusso sangue effettivo e la qualità del trattamento stesso. Una scelta appropriata del calibro dovrebbe avvenire in relazione alla velocità della pompa ed il flusso disponibile dall’AV, in modo da ottimizzare l’efficienza del trattamento emodialitico; cambiamenti del calibro dovrebbero richiedere prescrizione medica, a causa del potenziale impatto sul flusso sanguigno e sul trattamento stesso.

Per i tentativi iniziali è raccomandato l’utilizzo di aghi di minor calibro (17G) nelle prime 3-6 settimane di incannulazione, per poi progredire, dopo due settimane di incannulazioni senza complicazioni, ad un calibro maggiore (16G), in modo da poter incrementare il flusso sanguigno utile per la filtrazione ematica [2]. Per quanto concerne la cannula in plastica, è importante precisare come l’introduttore metallico sia dotato di un diametro minore rispetto a quello della cannula che lo ospita. Alcune cannule sono descritte con due valori differenti di Gauge (diametro interno ed esterno), oppure può essere riportata la sola dimensione dell’introduttore o del diametro interno della cannula. Il catetere di una cannula con diametro utile al trattamento sarà quindi introdotto con un ago di dimensione minore, permettendo un diametro di puntura inferiore e quindi meno lesivo dell’integrità tissutale [15] (Tabella I).

Dimensione (gauge) Lunghezze disponibili in Europa per l’ago in metallo Lunghezze disponibili in Europa per la cannula in plastica
14G 20, 25 mm 25, 32, 38 mm
15G 15, 20, 25, 32 mm 25, 32, 38 mm
16G 15, 20, 25 mm 25, 32, 33, 38 mm
17G 15, 20, 25 mm 25, 32, 33, 38 mm
18G 20 mm 25 mm

Tab. I: Misure disponibili in Europa in base al rapporto dimensione-lunghezza [15].

Allo scopo di prevenire la penetrazione dell’ago nella parete posteriore del vaso (infiltrazione), con conseguente stravaso, dovrebbe essere adottata la lunghezza minore possibile del presidio; ciononostante, per raggiungere FAV situate in profondità, come nel caso di pazienti obesi, potrebbe essere necessario adottare una lunghezza maggiore [31]. A tal proposito, le cannule in plastica sono disponibili in commercio in lunghezza massima maggiore rispetto all’ago tradizionale e, data la differente tecnica di incannulazione, che prevede la non completa inserzione del mandrino tagliente all’interno del vaso, il rischio di infiltrazione durante la procedura di incannulazione risulta comunque minore. La lunghezza maggiore del presidio potrebbe però comportare un aumento della difficoltà di manipolazione da parte dell’operatore, poiché costretto ad impugnarlo più lontano dall’estremità distale, fattore che va ad amplificare ogni movimento di manipolazione del presidio sul punto di inserzione [15].

 

Outcomes correlati all’incannulazione

A causa dell’effetto combinato tra alta prevalenza di determinate patologie ed invecchiamento progressivo della popolazione generale [6], vi è spesso bisogno di allestire o revisionare FAV autologhe con vasi non propriamente indicati in termini di traiettoria, outcomes di incannulazione e sito stesso di creazione. A tal proposito viene evidenziato un vantaggio della cannula in plastica in termini di potenziale ampliamento del numero di siti utili per l’incannulazione della fistola: è in grado di estendere tale possibilità a FAV immature, profonde, tortuose, traumatizzate o localizzate in zone di difficile accesso, quale la fossa cubitale e la zona del gomito [3,8,18,23,28,29], la cui incannulazione con ago in metallo esporrebbe ad un elevato rischio di infiltrazione e per cui non raccomandata. Viene sottolineato da alcuni autori come tale capacità possa eventualmente permettere una più efficiente rotazione dei siti di inserzione da parte dello staff, procedura associata alla tecnica di incannulazione scalare (Rope Ladder) piuttosto che a quella zonale (ad area) [10] e che è a tutt’oggi una tecnica di incannulazione non raccomandata perché correlata ad un elevato rischio di sviluppo aneurismatico con complicanze correlate. In uno studio focalizzato sull’incannulazione esclusiva di fistole difficili [29] sono state utilizzate, da parte di 7 infermieri di emodialisi, 226 cannule in plastica su 23 pazienti durante 107 sessioni emodialitiche; l’indicazione maggiore all’utilizzo era rappresentata dalla presenza di fistola profonda, incannulazione difficoltosa nota, precedente formazione di ematoma che limitava i siti di punzione accessibili. I risultati mostrano un flusso sangue effettivo 300ml/min raggiunto per l’87% (72 di 83 sessioni) e tra 230 e 280 ml/min per i restanti. La pressione media arteriosa e venosa è stata di 140 (40-200) e 130 (100-200) mmHg rispettivamente. Nella maggior parte dei casi è stata usata una cannula di calibro 15G (218/226). Si sono verificati 24 tentativi di incannulazione falliti, che hanno causato infiltrazione. L’autore conclude sostenendo che le cannule per emodialisi in plastica possono permettere un’esecuzione soddisfacente della dialisi raggiungendo i parametri di flusso desiderati, specialmente in pazienti con accesso vascolare difficoltoso. In specifici casi l’incannulazione con ago in metallo è resa difficoltosa da fattori multipli, quali presenza di pazienti scarsamente collaboranti, oligofrenici, bambini o pazienti in emodialisi notturna, i cui stessi movimenti potrebbero causare danno ingente alla parete vascolare per la presenza della porzione affilata dell’ago che impatta con le pareti. A tal proposito, anche secondo le recenti linee guida [1,2], la cannula in plastica può estendere di molto il comfort e la sicurezza dell’assistito, data la possibilità di movimento dell’arto per l’assenza di porzione tagliente nel vaso. Nelle linee guida KDOQI 2018 della National Kidney Foundation, nella conclusione, gli autori sostengono che le cannule in plastica per fistola possono permettere ai pazienti una maggiore mobilità, con un minor rischio di infiltrazione grazie al lume flessibile e smussato all’interno del vaso; tale aspetto è, per l’appunto, di particolare importanza nel caso di pazienti agitati, anziani e fragili che non tollerano l’immobilizzazione spesso necessaria durante la dialisi, così come per l’emodialisi notturna e altre modalità che richiedono una maggiore frequenza settimanale di incannulazione. Viene inoltre specificato come il catetere flessibile possa rendere più sicuro accedere alla fossa cubitale e ai vasi tortuosi, aumentando così il numero dei potenziali siti per l’incannulazione [23].

Fig. 6: Cannule in plastica con valvola anti-reflusso stabilizzate al braccio del paziente (per gentile concessione di V.Smith, tratto da “Plastic Cannula use in Haemodialysis Access”[10])
Trauma meccanico

Nella gestione di pazienti allo stadio terminale della malattia renale cronica (CKD stage V) in trattamento di purificazione extracorporea, la funzionalità e la preservazione dell’AV è un fattore di fondamentale importanza. Ogni complicanza acuta di un AV, associata alla procedura di incannulazione o riposizionamento dell’ago, espone a danni che potrebbero comportarne la disfunzione, con conseguente potenziale fallimento dell’AV ed il bisogno di ricorrere a cateterismo venoso centrale o revisione chirurgica dell’accesso vascolare.

Il trauma meccanico a carico delle fistole arterovenose autologhe o protesiche da parte di un ago in metallo è a tutt’oggi ben indagato in letteratura. Tali eventi lesivi, non rari, possono avere un severo impatto sul trattamento dialitico, risultando nel rinvio o aborto della sessione dialitica, nell’impossibilità ad utilizzare la fistola per alcune sedute e/o nella necessità di inserimento di un catetere per emodialisi, aumentando il rischio di accumulo di liquidi e prodotti tossici nell’organismo del paziente, che è già in condizione precaria. Gli interventi diagnostici o terapeutici che ne possono conseguire non solo aumentano il carico di malattia in questa popolazione di pazienti, ma aggiungono un carico economico sul sistema sanitario, a causa dei costi associati a tali servizi [3]. Secondo le linee guida KDOQI 2018, data la dipendenza da cateteri per emodialisi e l’aumentato rischio di infezione e complicanze dovuti al fallimento precoce della FAV, è altamente auspicabile l’introduzione di un nuovo device per incannulazione che possa potenzialmente ridurre questi rischi. Sebbene con la tecnica Buttonhole, mediante ago con estremità smussa, sia stata ipotizzata una significativa riduzione nel tasso di ematomi e migliore sopravvivenza della FAV, i risultati a lungo termine mostrano evidenze contrastanti e rilevano un aumento del rischio di infezione.

A tal proposito viene sottolineata la necessità di trial randomizzati che indaghino la possibile riduzione del tasso di formazione di ematomi con l’utilizzo di cannula in plastica (allo stesso modo dell’ago smusso), associato ad un minor rischio di infezione e una migliore sopravvivenza della FAV [23].

Per quanto concerne il danno meccanico prodotto dalla cannula in plastica, dall’analisi degli studi risulta opinione comune che il suo utilizzo, grazie alla natura plastica e duttile del catetere e della differente tecnica di incannulazione, possa diminuire il tasso di infiltrazione/stravaso e di sessioni abortite in fase di incannulazione e/o durante il trattamento [2,3,8,11,14,16,17,18,19,20,21,22,23]. Riportiamo, tra gli altri, i dati di uno studio randomizzato pilota canadese [11] il cui obiettivo era quello di valutare la fattibilità di un trial randomizzato allo scopo di comparare i due devices nello sviluppo di complicanze che necessitino di intervento diagnostico o chirurgico (aneurismi, stenosi). Sono stati arruolati 33 soggetti, derivanti da una coorte di 420, senza significative differenze in termini di sesso, età, annata di inizio del trattamento, cause della malattia renale, posizione o anzianità dell’AV. Successivamente, i soggetti sono stati randomizzati in due gruppi a seconda del device utilizzato: metallo n=17, plastica n=16. L’incannulazione è stata eseguita esclusivamente con tecnica Rope Ladder, la lunghezza del presidio è stata scelta in rapporto alla profondità del segmento di incannulazione; il calibro utilizzato è stato di 15G per aghi in metallo e 17G per cannule in plastica (entrambi disponibili in lunghezze di 25mm e 33mm), mentre la valutazione è stata eseguita prima e durante la procedura di incannulazione, così come durante il trattamento, con l’ausilio di ultrasuoni. Le complicanze sono state identificate da clinici (nefrologi e chirurghi vascolari) non informati della partecipazione allo studio. I risultati mostrano il verificarsi di 17 eventi avversi, di cui 9 nel gruppo metallo (53%) e 8 nel gruppo plastica (50%). Un paziente del gruppo metallo ha sviluppato infiltrazione con largo ematoma durante i primi mesi di studio ed ha necessitato di continuare l’incannulazione con la cannula in plastica. Le procedure per trattare le complicanze lungo il segmento di incannulazione sono aumentate da 0.41 a 1.29 per paziente nel gruppo in metallo e diminuite da 1.25 a 0.69 per paziente nel gruppo plastica (p=0.004). Il rischio relativo di subire un intervento è stato più alto nel gruppo in metallo. Il tempo di primo intervento si è evoluto in favore della cannula in plastica (p=0.069). In conclusione, l’autore indica un diminuito carico di malattia in relazione alla procedura di incannulazione e minori infiltrazioni durante il trattamento nel gruppo plastica. Il follow-up è stato di 13 mesi dall’ingresso in studio.

 

Trauma emodinamico

A proposito del danno emodinamico a carico della FAV generato da un ago in sede del lume vascolare, il flusso laminare della circolazione sistemica risulta disturbato nel sito di inserzione per tutta la durata del trattamento dialitico e, di conseguenza, l’intima della parete vasale potrebbe rispondere attivando cascate biochimiche che possono contribuire alla proliferazione della neoinitima e allo sviluppo di ispessimento neointimale (NIH), fattori contribuenti noti per la genesi di lesioni stenotiche e consequenziali trombosi.

In uno studio volto ad esaminare, mediante modello computazionale, l’efficacia della cannula in plastica con valvola anti-reflusso [14], viene posta enfasi sul confronto delle condizioni emodinamiche prodotte da un ago metallico in simili condizioni. Viene preso in considerazione un presidio di calibro 15G inserito in una vena cefalica idealizzata di diametro 10mm, assumendo che le pareti non siano complianti a causa dell’arterializzazione dopo la creazione della FAV, stabilizzato con angolo di 10° (comune alla pratica clinica) e testato mediante fluido newtoniano con caratteristiche di densità e viscosità similari al sangue, con BFR di 200ml/min, 300ml/min e 400ml/min in tre differenti posizioni della punta nel vaso (terzo superiore, metà e terzo inferiore della vena).

Nella cannula in plastica sono identificate strutture di flusso ematico simili a quelle dell’ago venoso, in quanto entrambi i devices producono getti ad alta velocità che risultano poi in flussi disturbati a valle della zona di impatto del getto. Le differenze emodinamiche tra la cannula in plastica e l’ago risultano minori; l’ago in metallo dimostra un leggero vantaggio dovuto alla presenza di regioni di dimensione lievemente minore ad alto tempo medio di stress da taglio (shear stress) sulla parete vascolare e di tempo di residenza. L’abbondante flusso ematico che esce attraverso i fori laterali della cannula evidenzia però un vantaggio di design rispetto a quello dell’ago in metallo, dove il “back eye” dell’ago in metallo si dimostra altamente inefficace. La presenza dei quattro fori laterali nella cannula produce infatti una ragionevole distribuzione del flusso, il quale aiuta a ridurre la velocità del getto principale, come mostrato anche nei cateteri periferici. La riduzione della velocità del getto principale può ridurre il tempo medio di stress da taglio sulle pareti vascolari e sulla la zona di impatto, prevenendo la formazione di flussi secondari con alti tempi di residenza. L’evoluzione del design e l’ottimizzazione della geometria delle cannule in plastica permette che il 50% del flusso ematico entri attraverso i fori laterali durante l’estrazione del sangue dal corpo, contribuendo ad incrementare l’esaurimento del getto. L’autore sostiene, inoltre, che l’utilizzo della cannula in plastica in emodialisi potrebbe ridurre il rischio di infiltrazione a causa del design della punta. La tecnica della rotazione dell’ago, eseguita con gli aghi in metallo allo scopo di alleviare la pressione, risulta non necessaria con cannula a causa del design simmetrico e della grande influenza dei fori laterali.

Fig. 7: Estremità affilata del mandrino ospitato dal catetere in plastica con fori laterali (per gentile concessione di Nipro Medical Europe)

 Adeguatezza dialitica

In considerazione dell’adeguatezza dialitica, diversi studi riportano il raggiungimento di ottimali parametri emodialitici [14,20,21,24,25,28,29,30]. È dimostrato il raggiungimento di flusso sangue (BFR) effettivo di 300ml/min con cannula in plastica di calibro 15G nell’87% di 83 sessioni di trattamento (di cui le restanti tra 230/280ml/min) con pressione arteriosa media di -140mmHg e venosa di 130mmHg [36]. È inoltre riportato un BFR di 200ml/min con calibro 15G e di 250ml/min con 17G, senza superare le pressioni arteriosa o venosa di +/- 140mmHg [15]. La cannula presenta un minor calibro di puntura con un maggiore calibro interno, i quali permettono di raggiungere un maggior flusso, massimizzando l’efficienza, con minori complicanze vascolari. È dimostrato come il suo utilizzo possa ridurre la pressione arteriosa e venosa senza ridurre l’efficienza dialitica, con un conseguente profilo emodinamico migliore: il flusso di sangue effettivo, il numero di litri dializzati ed i Kt/V risultano migliorati significativamente [24,25]. È stato possibile utilizzare calibri di puntura minori (cannula 16G vs ago in metallo 15G) con calibro interno maggiore (14G) che ha permesso il raggiungimento di un più alto flusso ematico effettivo [24].

I risultati dei modelli computazionali indicano che con la cannula in plastica si possa utilizzare un maggior flusso ematico senza aumentare il rischio di danno endoteliale, aumentando così l’efficienza della filtrazione ematica e riducendo la durata del trattamento [14]. L’alto livello di flusso ematico che esce attraverso i fori laterali della cannula (27% vs <1% attraverso il back eye dell’ago in metallo), evidenzia inoltre migliore efficacia anche nell’estrazione di sangue da una fistola rispetto all’ago arterioso in metallo.

L’autore di uno studio descrittivo sull’emodialisi notturna [16] sconsiglia l’utilizzo di aghi metallici taglienti a causa del rischio di infiltrazione durante il trattamento, proponendo l’utilizzo di ago cannula mediante tecnica Rope Ladder, o Buttonhole, in accordo con specifici protocolli. Uno studio analitico caso-controllo con lo scopo di analizzare dati collezionati per un periodo di 5 anni su 33 pazienti in emodialisi notturna domiciliare, riporta l’utilizzo della cannula in plastica (16 o 17G) mediante tecnica Buttonhole negli ultimi 10 mesi di trattamento. Gran parte dei pazienti è stata in grado di incannulare autonomamente la FAV mediante cannula in platica ed iniziare il trattamento in autonomia [35]. In uno studio osservazionale descrittivo [27], l’utilizzo della cannula per emodialisi domiciliare notturna è stato però giudicato difficoltoso, tale da preferire la sua sostituzione con aghi in metallo a punta smussa per l’incannulazione mediante tecnica Buttonhole.

 

Percezione del dolore

Alcuni studi comparativi volti a valutare la percezione del dolore riportano outcomes mediamente positivi a favore della cannula in plastica. Uno studio volto a valutare il dolore mediante “Numeric Rating Scale” durante l’inserimento/rimozione dei due dispositivi (ago in metallo, cannula in plastica), nonché durante il trattamento, riportano un punteggio medio a favore della cannula in plastica in termini di dolore rilevato. I pazienti hanno inoltre parlato di un aumento del comfort con la cannula in plastica, essendo in grado di muovere il braccio in sicurezza durante il trattamento [19]. In uno studio prospettico non randomizzato controllato, i risultati della “Visual Analogue Scale” dimostrano una percezione del dolore significativamente minore durante incannulazione e rimozione della cannula in plastica rispetto agli aghi in metallo; tale differenza, però, non è stata rilevata mediante l’utilizzo del questionario “Short-Form McGill Pain Questionnaire” [25]. Uno studio riporta invece come l’incannulazione con cannula in plastica sia stata percepita dai pazienti come più dolorosa rispetto a quella con ago in metallo; l’autore conclude attribuendo la causa alla mancanza di esperienza nella manipolazione del presidio da parte degli operatori [24].

A tal proposito, alcuni studi [10,26,27] riportano ostacoli iniziali da parte degli operatori nell’utilizzo della cannula in plastica poiché richiede una tecnica differente rispetto a quella adottata con ago tradizionale. Il personale “anziano” si è mostrato più restio ad apprendere questa nuova tecnica. Inoltre, maggiori difficoltà pratiche sono state segnalate dallo staff senza esperienza di cateterismo venoso periferico in altri settings sanitari; a tal proposito, outcomes positivi sono stati rilevati nello staff con esperienza di utilizzo di CVP, il quale ha recepito la tecnica come di facile esecuzione.

 

Criticità della cannula in plastica

Si sono riscontrate alcune criticità in merito al design della cannula in plastica: rispetto all’ago tradizionale, la distanza maggiore che separa l’HUB dall’estremità del mandrino comporta una maggiore difficoltà intrinseca di manipolazione del presidio. Tale fattore sottolinea la necessità di una maggiore abilità pratica dell’operatore, in quanto l’inesperienza potrebbe aumentare il rischio di fallimento della procedura di incannulazione; quest’ultimo, tuttavia, avrebbe un esito molto meno catastrofico rispetto al verificarsi dell’episodio con ago in metallo.

Nonostante la pratica di riposizionamento dell’ago sia considerata una procedura ad alto rischio di lesione della FAV, e perciò non raccomandata, l’impossibilità di esecuzione di tale procedura con la cannula è stata segnalata dagli operatori come una delle condizioni che ne aumentano la difficoltà di utilizzo.

A tal proposito, il flashback ematico non pulsante nell’HUB potrebbe ingannare l’operatore, portandolo a retrarre precocemente il mandrino e procedere con la cannula, esitando per l’incapacità di questa ad accedere al lume vascolare nel caso di accesso non ottimale. Il fallimento della procedura si traduce nella necessità di eseguire un nuovo tentativo a causa dell’assenza di una estremità tagliente che permetta la pratica di riposizionamento.

Considerate le difficoltà intrinseche correlate al design della cannula in plastica (lunghezza maggiore, assenza di ali per la stabilizzazione, HUB più distante dall’estremità del presidio rispetto all’ago standard) e la necessità, in accordo con le linee guide più recenti, di una incannulazione “One Shot” della fistola senza successivo riposizionamento, l’incannulazione in emodialisi con cannula in plastica, è considerata una “skill” da acquisire con adeguato processo di addestramento e affiancamento di personale specializzato, identificato nel “Vascular Health Nurse” [10,17].

Nonostante i possibili benefici della cannula in plastica, i costi maggiori vincolati al prodotto fanno sì che il suo utilizzo sia stato spesso destinato prioritariamente a sottopopolazioni di pazienti. L’utilizzo della cannula in plastica comporta infatti costi diretti maggiori rispetto all’ago in metallo. Tuttavia, il suo utilizzo potrebbe risultare in un minor danno ai vasi, con l’abbattimento del tasso di infiltrazione, di sviluppo di ematomi ed aneurismi e, a lungo termine, con una minore incidenza di trombosi e stenosi delle FAV; ciò potrebbe incrementare la sopravvivenza delle FAV, riducendo l’ospedalizzazione e i trattamenti, aspetti da prendere in considerazione in una corretta analisi razionale del rapporto costi-benefici [15].

 

Conclusioni

Dallo studio DOPPS 2018 [5] emerge come il tasso di successo nell’utilizzo di FAV e FAVp sia stato nettamente maggiore in Giappone rispetto ad Europa e Stati Uniti. Data la quasi totalità dei pazienti giapponesi incannulati con cannula in plastica, fattore identificabile come sostanziale differenza nella pratica tra paesi in questione, è ipotizzabile che tale presidio possa esser stato un fattore contribuente. Lo stesso sembrerebbe accadere nello studio di Smith et al. [10] in cui, dopo l’implementazione della cannula in plastica, viene riportato un aumento nell’unità di emodialisi della percentuale di successo (indicatori di performance) da 50% a 78%.

Data l’unicità delle caratteristiche di design e della geometria della cannula in plastica (malleabilità, lunghezze maggiori disponibili in commercio, dotazione e disposizione di fori laterali), essa introduce innovazioni che hanno il potenziale di ampliare significativamente le possibilità nella pratica dell’incannulazione, con outcomes positivi per il paziente e per l’operatore e senza pregiudicare l’efficienza dialitica.

Il suo utilizzo permette l’ampliamento del numero dei siti di incannulazione (vasi profondi, tortuosi, traumatizzati, fragili, non maturi o localizzati in zone di difficile accesso), aumenta il comfort in una popolazione di pazienti già gravati da un carico di malattia con implicazioni socio-psicologiche, riduce drasticamente il rischio di infiltrazione vascolare durante il trattamento e lo sviluppo di complicazioni correlate (quali aneurismi, pseudo-aneurismi e stenosi, causa primaria di fallimento dell’AV), permette il raggiungimento di elevati flussi ematici ed il miglioramento dell’adeguatezza emodialitica e, non meno importante, migliora la sicurezza individuale e ambientale. I flussi emodinamici lievemente favorevoli nell’ago in metallo non giustificano il loro utilizzo esclusivo.

Il danno emodinamico generato dalla geometria della cannula e dai flussi utili al trattamento sembra essere equiparabile a quello dell’ago tradizionale a parità di calibro interno, ma con il vantaggio che il diametro di puntura è inferiore eppure è possibile raggiungere una maggiore velocità di flusso ed efficienza nell’estrazione ematica. L’efficienza dialitica risulta quindi ottimizzata grazie alla possibilità di accedere ad alti flussi, sostenuti da parametri pressori ottimali, che permettono di diminuire i tempi di trattamento.

La sicurezza dell’operatore risulta potenziata dall’assenza di taglienti alla rimozione del presidio dal vaso e grazie alla presenza di optional aggiuntivi progettati ad-hoc, quali il sistema di isolamento della punta tagliente del mandrino, connessioni Luer-Lock e valvola anti-reflusso ematico, che rendono più sicure ed efficienti le manovre di connessione-disconnessione dal circuito extracorporeo. Il design della cannula dovrebbe essere migliorato allo scopo di risolvere alcuni deficit che ne rendono difficile la manipolazione, esponendo a potenziali fallimenti della procedura.

La pratica dell’emodialisi domiciliare (e domiciliare notturna) dimostra potenziali outcomes positivi per il paziente in rapporto al comfort, data la capacità di movimento dell’arto, e alla sicurezza, in termini di minor possibilità di infiltrazione e dislocazione del presidio, con conseguenti danni ingenti alla fistola. L’incannulazione con cannula in plastica in questa tipologia di trattamento è stata spesso associata alla tecnica Buttonhole. In merito al rischio di infezione correlato alla tecnica con ago smusso, viene sottolineata da recenti linee guida la necessità di trial randomizzati che indaghino la possibilità di una riduzione del tasso di formazione di ematomi con utilizzo della cannula in plastica (allo stesso modo dell’ago smusso) ma associato ad un minor rischio di infezione e una migliore sopravvivenza della FAV [23].

Nei vari settings, emerge la necessità di condurre studi randomizzati controllati, la cui fattibilità risulta già indagata [11], su campioni ampi così che possano generare dati obiettivi approfonditi. Lo scopo non dovrebbe essere quello di confermare quanto già suggerito dal senso comune, ovvero la minor lesività di un presidio di natura plastica duttile dall’estremità smussa rispetto ad uno in metallo tagliente, ma piuttosto indagare la dinamica dei flussi e la pervietà dell’AV a lungo termine, uniti ad analisi costi-benefici che considerino le potenziali complicanze correlate ed i relativi interventi. Il possibile aumento dei costi correlati all’implementazione della cannula in plastica andrebbe confrontato con il potenziale abbattimento di costi a lungo termine. La cannula permette di usufruire con successo di accessi vascolari difficili in pazienti che sarebbero altrimenti destinati ad un futuro riposizionamento chirurgico dei vasi o posizionamento di CVC, con rischi e costi correlati.

Una effettiva introduzione del presidio nelle unità di dialisi, sostenuta da protocolli operativi e da un adeguato processo di addestramento degli operatori funzionale a colmare la mancanza di competenze specifiche nella manipolazione di questa cannula, potrebbe consentire il raggiungimento di migliori outcomes per il paziente e per l’operatore, rilevabili mediante il monitoraggio continuo ed attraverso sondaggi costruiti secondo appropriati disegni di studio.

Il cambiamento può risultare un percorso difficile ma la ricerca e l’analisi delle esperienze passate di altri professionisti possono contribuire a garantire l’implementazione di nuovi presidi nel mondo dell’emodialisi. In questo contesto, si dovrebbe porre l’attenzione sulla valutazione olistica dei bisogni assistenziali e sulla corretta informazione dell’assistito riguardo le possibilità disponibili, allo scopo di favorire una presa in carico personalizzata e centrata sulla persona. In futuro, il quesito dovrebbe essere posto da una prospettiva differente, rendendo necessario giustificare l’utilizzo di un ago in metallo tagliente per fistola rispetto ad un dispositivo differente, non viceversa. In accordo con quanto sostenuto dagli operatori sanitari giapponesi, la risposta potrebbe essere: “Non troviamo alcuna ragione plausibile di utilizzare un presidio che sia dannoso per il paziente e per gli operatori stessi” [8].

 

 

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