Abstract
Il trapianto di rene è ampiamente riconosciuto come il trattamento sostitutivo d’elezione della malattia renale terminale. È stato, infatti, dimostrato che sottoporre il paziente a trapianto di rene ancor prima dell’inizio della terapia dialitica garantisce sia la migliore sopravvivenza del soggetto che dell’organo trapiantato. Tuttavia, a causa della considerevole discrepanza fra il numero di donatori e i soggetti in lista di attesa, la maggior parte dei candidati a trapianto di rene necessita di un lungo periodo di terapia dialitica prima di ricevere un organo.
Per molti anni la dialisi peritoneale e l’emodialisi sono state considerate terapie sostitutive contrastanti. Recentemente questa visione dualistica è stata messa in discussione da dati emergenti a supporto dell’idea che l’approccio più appropriato sia quello personalizzato. Infatti, passaggi di metodica dialitica accuratamente pianificati e coscienziosamente determinati sulla base delle particolari esigenze del singolo paziente nello specifico momento permettono di ottenere i risultati più soddisfacenti.
Degno di nota è il fatto che le attuali evidenze favoriscono nei pazienti candidabili a trapianto di rene l’utilizzo della metodica peritoneale. In questa specifica popolazione i vantaggi della dialisi peritoneale sono rappresentati, infatti, da un più lungo mantenimento della funzione renale residua, una superiore qualità di vita, una minore incidenza di ritardata ripresa funzionale dell’organo trapiantato, una migliore sopravvivenza e una riduzione dei costi associati alla metodica.
Parole chiave: dialisi peritoneale, trapianto di rene, emodialisi, terapia sostitutiva renale, lista di attesa, funzione renale residua, qualità di vita, ritardata ripresa funzionale