Iperossaluria primitiva: caso clinico e prospettive terapeutiche

Abstract

L’iperossaluria primitiva (PH) è una malattia genetica rara a trasmissione autosomica recessiva, caratterizzata da una elevata produzione endogena, e conseguente eccessiva escrezione urinaria di ossalato (Ox). Essa causa accumulo di cristalli di ossalato di calcio in vari organi e tessuti tra cui ossa, cuore, arterie, cute e, soprattutto, nel rene dove si verificano condizioni di nefrolitiasi ossalo-calcica, nefrocalcinosi ed insufficienza renale cronica (IRC) progressiva. Oltre ad alcune forme secondarie a malattie enteriche, da farmaci o dietetiche, si conoscono tre forme di PH (PH1, PH2 e PH3), causate da differenti difetti enzimatici.

Oggi la diagnosi precoce, con l’ausilio di indagini biochimiche e genetiche, consente di prevenire le complicanze, instaurando una strategia terapeutica che comprende il trapianto di fegato e di fegato-rene, con miglioramento della prognosi di questi pazienti.

In questo lavoro descriviamo il caso clinico di una paziente affetta da PH1 in trattamento emodialitico extracorporeo e riportiamo gli ultimi risultati della ricerca che potrebbero cambiare la vita dei pazienti affetti da PH.

 

Parole chiave: iperossaluria primitiva, PH, nefrocalcinosi, insufficienza renale cronica

Caso clinico

In questo lavoro descriviamo il caso clinico di una donna di 61 anni di razza caucasica che, 12 anni fa, veniva in consulenza direttamente dal Pronto Soccorso del nostro ospedale con un quadro di insufficienza renale cronica (IRC) terminale. L’anamnesi familiare era positiva per ossalosi renale: un fratello della paziente era infatti deceduto all’età di 33 anni per nefropatia da ossalato di calcio (come da referto della composizione chimica del calcolo), trattata con terapia emodialitica intervallata da due trapianti di rene sia da donatore vivente (la madre), che da donatore cadavere. 

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