Gli inibitori della Neprilisina nei pazienti affetti da Malattia Renale Cronica e Sindrome Cardio-Renale

Abstract

I pazienti affetti da malattia renale cronica (CKD) presentano una maggiore incidenza di eventi cardiovascolari (acuti e cronici) che, a loro volta, comportano un rischio aumentato di progressione verso la malattia renale cronica terminale (end – stage renal disease – ESRD)
L’inibizione della neprilisina, oltre ad offrire un nuovo target terapeutico nei pazienti affetti da scompenso cardiaco, potrebbero rappresentare una strategia di potenziale miglioramento negli outcomes, sia cardio-vascolari che renali, dei pazienti affetti da CKD.
L’inibizione della neprilisina, favorendo una maggiore biodisponibilità dei peptidi natriuretici atriali, determina un incremento della diuresi e della natriuresi, oltre ad esercitare un’azione di inibizione del sistema renina – angiotensina – aldosterone (RAAS).
L’inibizione del RAAS, a sua volta, genera una serie di controregolazioni in grado di bilanciarne gli effetti sfavorevoli in corso di CKD e di insufficienza cardiaca (HF).
L’idea del blocco della neprilisina non è recentissima, ma i primi farmaci impiegati, essendo molecole di associazione con antagonisti dell’angiotensina II (ARBs), risultavano gravati da un’incidenza inammissibile di angioedema.
Tra le molecole di ultima generazione in grado di esercitare un’azione inibente specifica sul recettore della neprilisina e su quello dell’angiotensina II, grazie alla associazione con il valsartan, vi è l’LCZ696 (sacubitril/valsartan) che ha mostrato evidenti benefici sia nel trattamento dell’ipertensione arteriosa che nell’insufficienza cardiaca.

Parole chiave: Neprilisina, peptidi natriuretici, sacubitril/valsartan, ipertensione arteriosa, scompenso cardiaco, CKD

INTRODUZIONE

I pazienti affetti da CKD presentano un rischio più elevato, rispetto alla popolazione generale, di progressione verso l’ESRD (1, 2), nonché un’incidenza particolarmente elevata di morbidità e mortalità cardiovascolare. Diversi fattori di rischio cardiovascolare, tradizionali e non, concorrono alla maggiore incidenza di eventi cardiovascolari nella popolazione affetta da CKD: aterosclerosi, infiammazione cronica, ipertensione arteriosa, iperattività del sistema nervoso simpatico ed un rimodellamento strutturale cardiaco (ad es. ipertrofia ventricolare sinistra) fattore quest’ultimo che può condurre ad una situazione di scompenso cardiaco (2).

Nella naturale evoluzione della CKD e delle sue complicanze, l’aterosclerosi, che rappresenta il primum movens nelle alterazioni a carico del sistema cardio-vascolare, perde man mano importanza nella genesi della mortalità cardio-vascolare. Allo stato attuale, le alterazioni strutturali presenti a livello cardiaco sono considerate le principali responsabili della maggiore incidenza di aritmie cardiache, quali la fibrillazione atriale e gli episodi di morte cardiaca improvvisa (3).
 

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