Farmaci anti-angiogenici e ipertensione arteriosa: dalla collaborazione multidisciplinare alla maggior cura

Abstract

I farmaci anti-angiogenici sono ampiamente utilizzati in ambito oncologico. Questi hanno come principale bersaglio d’azione il fattore di crescita endoteliale vascolare (VEGF) e i suoi recettori (VEGF-R). La loro funzione principale è ridurre la crescita del tumore primario e delle sue metastasi agendo in particolare sul fenomeno della neo-angiogenesi tumorale. Tuttavia, non sono esenti da effetti collaterali, quali: ipertensione, danno renale acuto (AKI) e insufficienza cardiaca congestizia.
Metodi: studio retrospettivo condotto su 57 pazienti consecutive affette da carcinoma dell’ovaio. Pazienti trattate con Bevacizumab, come trattamento di prima linea, trattamento della recidiva o di mantenimento (2015-2022).
Risultati: secondo la stadiazione FIGO il 98.2% (56 su 57) delle pazienti in studio presentava grado terzo di malattia (G3). Il 49% delle pazienti hanno sviluppato ipertensione dopo l’inizio della terapia con Bevacizumab (82% grado 2 secondo CTCAE v.5). L’89% delle pazienti ipertese ha iniziato un trattamento e la gestione è stata multidisciplinare con consulenza nefrologica nel 68% dei casi. Solo 3 donne su 57 hanno interrotto il trattamento a causa di ipertensione e in uno solo di questi non è stato possibile riprenderlo.
Conclusioni: la valutazione del paziente da parte di un’equipe multidisciplinare (ginecologo e nefrologo) è fondamentale per ridurre al minimo la morbilità e mortalità delle pazienti ed evitare l’interruzione del trattamento antineoplastico.

Parole chiave: farmaci anti-angiogenici, nefrotossicità, proteinuria, ipertensione, tumore ovarico, equipe multidisciplinare

Introduzione

I farmaci anti-angiogenici hanno lo scopo di prevenire e/o rallentare la crescita tumorale. Questi possono causare diversi effetti collaterali, tra i quali emerge l’ipertensione, definita nella Common Terminology Criteria for Adverse Events (CTCAE) come pressione arteriosa (PA) >140/90 mmHg o un aumento della pressione arteriosa diastolica (PAD) >20 mmHg rispetto al basale.

In questo lavoro, che vuole essere un percorso in questo complesso ambito onconefrologico, presentiamo dapprima il caso di una donna di 74 anni affetta da tumore dell’ovaio trattata con Bevacizumab che, a causa dello sviluppo di ipertensione, ha dovuto interrompere il trattamento, ripreso poi grazie alla valutazione della paziente da parte di un’equipe multidisciplinare (ginecologo e nefrologo). Vengono quindi riportati i risultati di uno studio retrospettivo su 57 pazienti consecutive trattate con Bevacizumab con lo scopo di verificare se e come la collaborazione interdisciplinare tra nefrologo e ginecologo fosse efficacie e funzionale: è stata valutata l’incidenza di ipertensione e proteinuria, se fosse stato richiesto consulto specialistico nefrologico e se fosse stato completato il trattamento. 

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Mieloma multiplo, discrasie plasmacellulari e rene: pochi sintomi ma gravi danni

Abstract

Il mieloma multiplo rappresenta una delle principali patologie oncologiche universali e per le sue caratteristiche cliniche, spesso risulta diagnosticato solo tardivamente quando ha già determinato effetti sistemici con conseguente maggiore difficoltà terapeutica e minori risultati prognostici. Attraverso il caso clinico discusso in questo articolo, vogliamo porre l’attenzione sulle manifestazioni, spesso aspecifiche, di questa patologia e sulla necessità di un corretto inquadramento clinico e diagnostico. Verranno inoltre esaminate le principali manifestazioni renali secondarie al deposito di immunoglobuline sia in sede glomerulare che tubulare.

Parole chiave: AKI, mieloma multiplo, discrasie plasmacellulari, danno renale

Introduzione

Il mieloma multiplo (MM) è una patologia che rientra nel gruppo delle neoplasie ematologiche associate a discrasie plasmacellulari (PCD). È la diretta conseguenza di una proliferazione incontrollata di un clone plasmacellulare cui consegue l’anomala produzione di immunoglobuline monoclonali (Ig) o di catene leggere libere (free light chain, FLC) che, una volta eliminate dalla circolazione ematica attraverso l’emuntorio renale, determinano sovente un danno d’organo [1]. Le PCD comprendono uno spettro relativamente ampio di malattie come: il mieloma multiplo, l’amiloidosi AL, il plasmocitoma solitario e la gammopatie monoclonale di incerto significato (MGUS). La distinzione tra le varie forme di mieloma dipende da alcune caratteristiche quali la quantità di proteina monoclonale sierica, la percentuale di plasmacellule nel midollo osseo e la presenza di danno d’organo.

Recentemente è stato introdotto il termine di gammopatia monoclonale a significato renale (MGRS) che sottolinea il ruolo diretto che le immunoglobuline hanno sull’eziopatogenesi del danno d’organo anche in assenza dei criteri necessari per la diagnosi di mieloma multiplo [2].

 

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Efficacia del SUPRA HFR nel trattamento del danno renale acuto in corso di mieloma multiplo

Abstract

L’insufficienza renale acuta (AKI) è una complicanza frequente del mieloma multiplo (MM) con significato prognostico sfavorevole.

La rimozione delle catene leggere in associazione alla terapia ematologica sembra offrire vantaggi significativi sul recupero funzionale renale.

La variante SUPRA dell’emodiafiltrazione con reinfusione endogena (HFR,) attraverso l’utilizzo combinato di membrana ad alto cut-off senza perdita di albumina e cartuccia adsorbente si colloca tra le metodiche “emergenti” di rimozione delle catene leggere.

Riportiamo la nostra esperienza di trattamento di 7 pazienti con SUPRA HFR per AKI dialisi-dipendente in corso di MM. Al termine del ciclo di trattamento con SUPRA si è osservata una riduzione complessiva delle catene leggere da un minimo del 24% ad un massimo del 90% (mediana 74%) rispetto al valore basale.

Tutti i pazienti hanno avuto un recupero della funzione renale, nonostante talora il trattamento sia stato avviato tardivamente, con svezzamento dalla terapia sostitutiva in 6 casi.

I nostri dati preliminari dimostrano una buona risposta funzionale renale al trattamento con SUPRA HFR in associazione alla chemioterapia nell’AKI da MM, con possibilità di risposte anche tardive e suggeriscono di estendere l’utilizzo della metodica in questo ambito, anche alla luce del rapporto favorevole costo/beneficio e della “semplicità” degli schemi di trattamento utilizzati.

Parole chiave:

Insufficienza renale acuta, emodiafiltrazione, mieloma multiplo

Introduzione

Il coinvolgimento renale è una complicanza frequente del mieloma multiplo (40-50% dei casi) e può essere di entità estremamente variabile sino a richiedere il trattamento dialitico sostitutivo in circa l’8-10% dei casi (1, 2).  

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